• Non ci sono risultati.

QUALI INDICATORI MATERIALI DI ATTIVITA’ COMMERCIALI?

3. IL MERCATO NELL’ALTO MEDIOEVO: PROSPETTIVE ARCHEOLOGICHE

3.3. L’ARCHEOLOGIA DEI MERCATI NELL’ITALIA CENTRO-SETTENTRIONALE

3.3.1. QUALI INDICATORI MATERIALI DI ATTIVITA’ COMMERCIALI?

Particolarmente problematica appare inoltre l’identificazione di validi indicatori archeologici di scambi e commerci.

Come abbiamo visto monete e manufatti d’importazione di largo consumo, come i materiali ceramici, sono i più comuni indicatori di attività commerciali. È ben noto però come l’Italia centro settentrionale si caratterizzi per la scarsità dei ritrovamenti numismatici, soprattutto se paragonati a quelli delle regioni nord-Europee. 133

Tuttavia, sebbene il ridotto numero di monete rinvenute in contesto di scavo renda difficile l’identificazione dei centri di scambio, questo non implica un minore sviluppo della

131

Lo scavo condotto dal Gruppo Archeologico Torinese e dalla Soprintendenza Archeologica del Piemonte è stato parzialmente pubblicato in: PANTÒ (G.), “Bric San Vito”, 1994, pp. 340-343; PANTÒ (G.), “Bric San Vito”, 1995, pp. 371-372 e per i materiali PANTÒ (G.), “Produzione e commerci”, 1998, p. 276.

132

Sul sito di S. Dalmazzo nell’alto medioevo e sullo scavo della chiesa si vedano:UGGÉ (S.), “Culti santoriali in ambito piemontese”, 2003, pp. 153-165; MICHELETTO (E.), La chiesa di S. Dalmazzo, 1999 e MICHELETTO (E.), “Indagini archeologiche”, 2000, pp. 308-314.

133

Una disamina della monetazione e dei ritrovamenti monatali in Italia in: ROVELLI (A.), “La funzione della moneta tra l’VIII ed il X secolo”, 1994, pp. 521-537 e ROVELLI (A.), “Coins and trade”, 2009, pp. 45-76.

68 rete commerciale dell’Italia centro-settentrionale rispetto a quella delle regioni dell’Europa settentrionale. Una recente disanima dei ritrovamenti numismatici effettuati nell’area alpina ha infatti mostrata la ricchezza e la varietà delle monete altomedievali rinvenute.134 Tra queste vi sono infatti denari carolingi, sceattas anglosassoni, monete arabe e bizantine. Ricchezza e varietà che è stato possibile riscontrare anche nei rinvenimenti degli Appennini settentrionale e dell’area dell’Adriatico settentrionale, ossia in corrispondenza dei passaggi obbligati dei flussi commerciali. Flussi commerciali che dovevano attraversare la Pianura Padana nel loro percorso da est ad ovest, da nord a sud, e viceversa. Resta da chiarire perché in un’area economicamente sviluppata e ricca di città come quella padana gli scavi restituiscano un così esiguo materiale numismatico.

Detto questo, il vasellame ceramico rimane il principale indicatore di scambi disponibile nell’identificazione dei siti di mercato. Tuttavia, prima di affrontare questo argomento, credo sia necessario soffermarci sulla questione del grado di rappresentatività della ceramica nel quadro del consumo e, più in generale, degli scambi commerciali, che vede, allo stato attuale, la maggior parte dei rinvenimenti ceramici dell’Italia centro- settentrionale apportare dati che appaiono contraddittori, soprattutto se messi a confronto con quelli relativi alla pietra ollare. Si riscontra infatti che, mentre la maggior parte dei prodotti ceramici, tra VIII e X secolo, mostrano una riduzione selettiva dei tipi e delle aree di confronto, a cui si associa la rara o trascurabile presenza di ceramiche fini, la pietra ollare, prodotta in area alpina, presenta una diffusione capillare in tutta l’Italia settentrionale ed oltre.135

Ciò ci deve far ricordare che il vasellame ceramico rappresenta solo una parte della produzione artigianale e che sovente questi tipi di contenitori erano sostituiti da altri realizzati in legno. Anche nei casi dei contenitori da trasporto le botti e le casse dovevano sostituire le anfore nel trasporto delle derrate alimentari. Anche i manufatti ceramici,

134

SACCOCCI (A.), “Tra est ed ovest: circolazione monetaria nelle regioni alpine”, 2005, pp. 103-121. 135 Sulle caratteristiche e la diffusione della ceramita altomedievale nell’Italia settentrionale: B

ROGIOLO (G.P.)- GELICHI (S.) (a cura di), Le ceramiche alto medievali, 1996; In particolare BROGIOLO (G.P.) - GELICHI (S.),

“Conclusioni”, 1996, pp. 224-225. Sulla diffusione della pietra ollare: ALBERTI”(A.), “Produzione e commercializzazione della pietra ollare”, 1999, pp. 335-339.

69 sebbene molto diffusi, possono dunque fornire una visione parziale e distorta sugli scambi e sui commerci.136

Detto ciò appaiono particolarmente interessanti le recenti indagini nell’emporium altomedievale di Comacchio, che stanno fornendo nuovi dati sulla vitalità degli scambi e dell’economia nell’Italia settentrionale e nuovi indicatori archeologici di scambi e commerci a livello regionale ed internazionale.137

In questi ultimi anni il sito di Comacchio è stato paragonato agli emporia di Hamwich e di Dorestad, sia per il suo ruolo di intermediazione commerciale tra Oriente ed Occidente sia per i suoi rapporti integrati e regolari con le aree dell’entroterra.138 Il parallelo con Dorestad si allarga anche alle strutture portuali costituite da ampie banchine e piattaforme ritrovate durante gli scavi effettuati nella zone di Villaggio S. Francesco.139 In questi scavi, ed in quelli dell’area intorno alla cattedrale della città, la sequenza stratigrafica altomedievale di VII-IX secolo ha restituito un’ampia gamma di materiali tra cui contenitori anforici, vasi in pietra ollare, ceramiche depurate e invetriate, contenitori vitrei.140 In particolare le ricerche archeologiche hanno portato all’identificazione di un particolare tipo di contenitori da trasporto che sono stati denominati “anfore globulari” (Figura 1). Si tratta di piccoli contenitori a corpo globulare caratterizzati da colli cilindrici o troncoconici con anse più o meno arcuate e a sezione prevalentemente ovale. Questo tipo di anfore, databili tra VII e IX secolo, provenienti probabilmente dal Mediterraneo orientale, dovevano essere destinate soprattutto al trasporto dell’olio, come sembrano mostrare le analisi effettuate su alcuni di questi manufatti. Esemplari simili sono stati identificati anche tra i materiali recuperati a Torcello, in contesti databili all’età carolingia, e in città quali Verona, Brescia e Milano. Si

136

NEGRELLI (C.), “Produzione, circolazione e consumo”, 2007, pp. 437-471. 137 Per un quadro generale dei rinvenimenti effettuati a Comacchio:G

ELICHI (S.) (a cura di), Comacchio e il suo

territorio”, 2007 e GELICHI (S.), L’isola del vescovo, 2009. Per le ultimissime scoperte si veda anche: GELICHI (S.), “Venice, Comacchio and the Adriatic emporia”, 2010, pp. 149-157 e GELICHI (S.)et alii, C.S., “La storia di un

emporio dimenticato: Comacchio e l’archeologia”, C.S. 138 C

ALAON (D.), Prima di Venezia, 2005.

139

CALAON (D.), “Lo scavo di Villaggio S. Francesco”, 2007, pp. 505-530. 140 Sui ritrovamenti materiali: C

ALAON (D.) et alii, “ …castrum igne combussit…”, 2006, pp. 19-48; NEGRELLI (C.), Produzione, circolazione e consumo”, 2007, pp. 437-471; CALAON (D.)-GELICHI (S.)-NEGRELLI (C.), “ Tra VII e VIII

secolo: i materiali ceramici”, 2009, pp. 38-39; FERRI (M.), La produzione del vetro”, pp. 33-35.; ALBERTI (A.), “E per la cucina? La pietra ollare”, 2009, pp. 40-41.

70 tratta tuttavia di un tipo di anfora di recente identificazione e mancano ancora dati su una loro eventuale diffusione anche in contesti rurali. 141

Figura 1: Tipologia delle anfore globulari da Comacchio (Negrelli 2007)

141

NEGRELLI (C.), 2007, Produzione, circolazione e consumo”, 2007, pp. 437-471. Alcuni accenni su questo problema in: NEGRELLI (C.) C.S.,“Verso la definizione degli indicatori ceramici altomedievali: anfore ed altro vasellame nell’alto Adriatico tra VII e VIII secolo.”, C.S.

71 Lo stesso si può dire per un altro prodotto ceramico recentemente identificato a Comacchio: la ceramica depurata ad impasto chiaro (Figura 2). Si tratta di contenitori ceramici chiusi (brocche ed anforette) di diverse dimensioni, ma particolarmente omogenei dal punto di vista delle caratteristiche fisiche macroscopiche, caratterizzati da un impasto molto chiaro con decorazioni a crudo costituite da intrecci di fasci di linne sulle spalle o sulle parti mediane delle pance. Sebbene siano possibili confronti con produzioni laziali e dell’Italia meridionale, la loro diffusione nell’area nord-adriatica e le analisi degli impasti lasciano supporre che si tratti di produzioni locali forse realizzate negli stessi empori della costa nord-adriatica. Anche per questi manufatti si è proposta un interpretazione quali piccoli contenitori da trasporto adatti alle piccole imbarcazioni utilizzate nei trasporti fluviali. Le ceramiche depurate ad impasto chiaro, una produzione standardizzata, ben identificabile e dalla ristretta cronologia (probabilmente tra VIII e IX secolo), potrebbe essere un buon indicatore dei rapporti commerciali a livello locale. Tuttavia, come per le anfore globulari, questa forma ceramica è stata identificata solo di recente, e nonostante sia possibile immaginare una sua diffusione nella pianura padana non disponiamo ancora di dati al riguardo. 142

Figura 2; Tipologia della ceramica depurata da Comacchio (Negrelli 2007)

142

72 Altri due possibili indicatori di scambi e commerci sono i contenitori vitrei e quelli in pietra ollare. Tuttavia nel caso dei contenitori in vetro mancano in Italia settentrionale produzioni di forme particolari che possano essere associate ad un determinato luogo di produzione. La maggior parte delle tipologie vitree prodotte tra tardo antico ed alto medioevo presentano caratteristiche comuni e, inoltre, la miscela vetrificabile non è in grado di fornire elementi sul luogo di produzione, essendo la maggior parte dei vetri italiani prodotti partendo da semilavorati provenienti dalle coste israeliane, libanesi e siriane.143 Di maggiore interesse potrebbero essere i semilavorati come i lingotti di vetro rinvenuti nello scavo del villaggio di X secolo di S. Agata Bolognese e a Lomello che presentano confronti con materiali simili rinvenuti in Francia, a St. Denis, sede di un’importantissima fiera.144 Nel caso della pietra ollare invece, nonostante siano noti gli ateliers di fabbricazione nelle alpi occidentali, la sua capillare distribuzione in tutta l’Italia settentrionale (non vi è praticamente sito altomedievale che non ne presenti una certa quantità) la rende inidonea ai fini della nostra ricerca.145

In conclusione non disponiamo per il momento di indicatori archeologici di commerci che consentano una sicura identificazione di luoghi di mercato. Attendiamo fiduciosi i risultati delle ricerche negli emporia nord-adriatici.