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Capitolo Quarto

MARIO E SILVA/A

Età: circa 60

Località dell’abitazione: Arsina, colline lucchesi Composizione del nucleo familiare: sposati, due figli Attività: entrambi pensionati

Data della visita: 04/06/2008

La casa è circondata da 7000 mq di terreno, suddivisi tra orto, uliveto e giardino; la cura e le attenzioni elargite per il loro mantenimento rivelano la passione per fiori e piante, e il tempo libero che entrambi vi dedicano quotidianamente. L’abitazione, dove oggi risiedono soltanto i genitori, è ancora il fulcro attorno a cui ruotano figli e nipoti. Più di una stanza è attrezzata per accoglierli e ospitarli, come si vede dai lettini, dal fasciatoio e dagli stivaletti per la pioggia ordinati secondo misura. Una vena artistica emerge in ogni componente della famiglia: i figli si dilettano tra pittura e architettura, mentre i genitori coltivano l’hobby della scultura e della fotografia. Tra i

progetti comuni della coppia c’è l’impegno in un’associazione di volontariato che opera in Ruanda, paese da cui provengono i manufatti artigianali che ci mostrano con evidente partecipazione.

Dal diario di campo:

“'on suonare, bussare! Bimbi che dormono”. Il cartello creato appositamente per i venditori ambulanti fa sentire un pò intruse anche noi, e la bistecca sulla brace ci segnala che non abbiamo molto tempo a disposizione. Ci sembra di cogliere ovunque la presenza del nonno materno. Sono tante le sculture ereditate da lui che Silvana ci mostra con orgoglio ... lei sembra attivare la propria attenzione solo nel momento in cui parla di suo padre e delle opere da lui realizzate. Tenta addirittura di ridare forma e contorni ad alcune di queste per restituire loro compiutezza e per preservarle.

Le vecchie macchine fotografiche di Mario se ne stanno appoggiate su un ripiano dello studio a prendere polvere. Non sono più utilizzate da diversi

dedicata ai passatempi di Mario, sono ancora tanti gli elementi che rimandano alla sua passione per il viaggio: foto paesaggistiche alle pareti, pellicole scadute ma ancora intatte, svariati souvenir di mete visitate, e un’estesa fila di note riviste che descrivono lidi per sognare a occhi aperti. L’interlocutore ci confida che le riviste di turismo fanno parte di una collezione acquisita dal padre, un’operazione di recupero con cui ha assecondato un suo spiccato interesse e che, al contempo, gli ha regalato un prezioso ricordo del genitore. Mario ci presenta una propensione al viaggio che ha tutta l’aria di un’attitudine esclusiva, una sorta di desiderio ricevuto in dote per via patrilineare, in grado di donargli loquacità eccezionalmente in questo spazio dedicato all’esplorazione del mondo.

Anna: Questo è un tavolino che [...] ci siamo fatti costruire

appositamente per metterci la collezione di conchiglie ...

La collezione di conchiglie dentro al tavolo rivestito di vetro al piombo è in bella vista al centro del soggiorno di Anna e Luigi, e si ammira agevolmente stando seduti sui divani. La copertura del tavolino fu pensata per lasciare visibile il materiale marino senza rischi per le acrobazie dei due figli, all’epoca ancora piccoli e vivaci.

Luigi: Alcune le ho trovate io, so’ stato in Australia per cui le ho portate io dall’Australia [...] questa qui la chiamo la conchiglia assassina ... mentre sulla barriera corallina [...] ho trovato tutti questi coralli ... altre me l’hanno regalate ... questa viene dalla Somalia ... queste qui le ho comprate ... questi sono dei fossili ... molte cose sono della barriera corallina ...

Luigi ci illustra la provenienza delle conchiglie con una manifesta soddisfazione. La moglie toglie ogni impiccio dal tavolo affinché si riesca a vedere bene l’assortita composizione che ha preso corpo nel corso degli anni. L’Australia, la Somalia, il Nilo e altre località esotiche fanno da sfondo alla lunga rassegna di viaggi che la coppia ha condiviso portandone a casa ricordi e reperti. La loro affezione per questi oggetti è piuttosto evidente: il tavolo col vetro al piombo è il primo elemento che ci viene descritto, entrambi si prodigano in un didascalico elenco della tipologia e dell’origine delle conchiglie, e Luigi ha addirittura dato un soprannome a una di esse, la “conchiglia assassina”. I luoghi visitati non ci vengono presentati come mete vacanziere di riposo o di semplice svago, non hanno affatto l’aria di soggiorni di villeggiatura. Orgogliosi delle proprie gesta turistiche, i coniugi sembrano voler mostrare il proprio lato avventuroso e intraprendente, un’inclinazione alla scoperta del luogo simile a quella espressa da Mario, e incuranti delle norme internazionali che vietano la circolazione di fossili e conchiglie rare, oltre che della delicata fauna delle barriere tropicali, espongono la propria collezione come un prezioso bottino.

Abruzzo è stata trattata e ... è stata messa sotto vuoto ... questa che era, un pitone? Un ...

Luigi: O un boa, un pit ...

Anna: Un boa! Un boa!

Una pelle di boa che occupa un’intera parete, una tartaruga e un ornitorinco imbalsamati, e una vescica d’elefante da cui è stata ricavata un’abat-jour. Inoltre, minerali di vario tipo sono presenti nella versione al grezzo e dopo la lavorazione. Gli interessi di Anna e Luigi hanno dato vita a una collezione di tipo naturalistico, visto che più che nel salotto di un appartamento, a tratti, abbiamo l’impressione di trovarci in un laboratorio di biologia. Ma una cornamusa scozzese degli anni Sessanta incorniciata e appesa al muro, un grande arazzo di artigianato sardo, una vecchia roulette del Settecento, e una baionetta d’epoca fascista rimandano quasi a un tentativo di raccolta etnografica, dove la curiosità scientifica si fonde in modo omogeneo alla fascinazione per le mete lontane:

Anna: Si, viaggiare abbiamo viaggiato parecchio ... Brasile, Australia,

viaggiare per ... tanto per spostarsi e poi tornare come prima ... girare, e conoscere i posti...

Le parole di Anna suggeriscono un’idea del viaggio come approfondimento culturale, un percorso conoscitivo attraverso luoghi, oggetti e tradizioni. E’ il movente colto62, un impulso a partire per raggiungere siti da visitare e da studiare, seguendo stimoli spesso già incontrati in libri, guide e vari media, e facendo ritorno confortati da un’appagante sensazione di arricchimento intellettuale. Si tratta anche di viaggi nell’alterità, escursioni che conducono in ambienti così diversi da quelli d’abitudine che non possono non lasciare tracce: Anna non si muove “tanto per spostarsi e poi tornare come prima”. Le contestazioni ad affermazioni di questo genere si sprecherebbero, a partire da una folta schiera di intellettuali che in questa concezione elitaristica del viaggio vedono i riflessi di un’efficace propaganda di esperti e di operatori turistici: l’immagine costruita sarebbe quella di un viaggiatore attivo e curioso contro quella di un turista passivo e annoiato (Canestrini 2001, p. 14), quella di un esploratore impavido e animato da moti romantici contro quella di un villeggiante con scarsa formazione culturale63. Un simile ritratto risulta in effetti poco convincente – e forse troppo accostabile a facili stereotipi – soprattutto in virtù della sua formula oppositiva, una contrapposizione eccessivamente netta tra le due immagini: cosa significa, infatti, essere “diversi” al ritorno da un viaggio? E chi trascorre le proprie ferie sempre nello stesso posto, rincasando riposato e rigenerato, non ha dunque mutato la propria condizione psicofisica? Ma la ricerca di alterità di questa coppia di collezionisti è ben ravvisabile anche nella custodia di oggetti rari e di difficile reperimento:

Anna: Questo è il bozzolo della seta, l’ho preso in Cina [...] Questo non si trova più, questo l’ho preso in Cina, io ... in un azienda di lavoro della seta ... dove lavoravano con i macchinari di Como [...]

Luigi: Questa è ... questa è un pezzo ...

Anna: Storico!

Luigi: Sì, è la ... è di mio nonno, del fasci ... tempo del fascismo, è una

baionetta ... cioè, più che una baionetta è un pugnale, via [...]

Tanto come viaggiatori che come collezionisti, Anna e Luigi sono affascinati da ciò che appare come tradizionale e autentico. In altre parole, da ciò che comunemente viene contrapposto alla modernità e alla

globalizzazione, fenomeno, quest’ultimo, che non a caso è messo sul banco degli imputati dalla coppia, perché ritenuto responsabile dell’impoverimento della propria collezione, delle proprie ricerche e dei propri sforzi di preservazione.

Luigi: Però, oramai ... il problema è questo, che una volta si trovava tante cose particolari ... ora è ... siamo nel mondo globale ... e allora ‘un c’è più tanto ... per esempio questo coltello qui, quando l’ho preso io, in Inghilterra, era una cosa nuova, ora c’è da tutte le parti, per cui non c’è neanche più gusto a prendere ...

Anna : 'o, no, no ...

Questa dimensione dualistica e per certi versi manichea del corso del tempo, della società e della produzione materiale ad essa legata, si nutre da un lato di un’idealizzazione della tradizione, intesa come condizione immutabile e armonica dei sistemi sociali, e dall’altro, sottovaluta la “pluralizzazione dei mondi di vita” (Bausinger 2008, p. 149), ossia la coesistenza di subculture come caratteristica tipica della modernità (Berger, Berger, Keller 1975, cit. in Bausinger 2008)64. D’altro canto, questo atteggiamento è visto come una modalità dell’agire umano comune alla maggior parte dei collezionisti occidentali, un modo “ancor oggi dominante di collezionare arte e cultura” (Clifford 2000, p.272); salvare artefatti e costumi ponendoli fuori da un tempo

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Bausinger si interroga su quali siano i criteri in base a cui definiamo “tradizionale” un sistema culturale, assumendo implicitamente ogni volta l’esistenza di una controparte “moderna”. La difficoltà di definizione ha che vedere con un’interdipendenza complessa delle due dimensioni, che vivono e si alimentano l’una grazie all’altra. “Come formula di opposizione il tema è antico: tradizione versus modernizzazione”: attraverso un sintetico escursus storico, l’autore descrive l’evoluzione di quest’opposizione e la pesante influenza che su di essa ha avuto la “scoperta” della cultura

lineare e irreversibile, significa presupporre una direzione per lo svolgimento dei processi culturali, e rimanda a un tempo e a una società ideali dove è collocabile la produzione dei beni da collezione. Il “cronotopo”65 è dunque lo scenario immaginario in cui ha luogo la tradizione, quell’assunto storico attraverso cui i collezionisti conferiscono autenticità e rarità ai propri souvenir, e particolarmente a quelli di viaggio, espressioni di culture altre grazie a cui ci si può sentire consapevoli protettori di beni etnografici anziché turisti sprovveduti in cerca di un antidoto alla routine.

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Il sistema arte-cultura elaborato da Clifford spiega la costruzione del concetto di autenticità nelle pratiche di collezionismo occidentali. Il desiderio infinito e sregolato di possesso è alla base della raccolta e dell’accumulo di oggetti; poiché esso non può essere soddisfatto in modo completo, l’individuo collezionista lo sottopone a regole dettate da gerarchie di valori, giustificando così sia il desiderio stesso di possedere che la restrittiva selezione in base a criteri più o meno esclusivi. Tali criteri non sono immutevoli, e in Occidente, dove il tema della temporalità è fatto di trascorsi senza ritorno, la costituzione dei criteri suddetti si basa sull’assunto storico del cronotopo, termine ripreso da Bachtin per indicare la fusione di un tempo e uno spazio, una creazione fittizia in cui si suppone siano accadute storie da

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