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CAPITOLO II DAL BRAND ALLA BRAND EQUITY

4. CREARE E SOSTENERE BRAND EQUITY

4.2. Marketing mix e brand equity

Nel corso della trattazione, sono state evidenziate le dimensioni comuni alla maggior parte dei framework riguardanti la brand equity e gli elementi fondamentali che,

199 Cfr. T.A.S

TEWART, “A Satisfied Customer In Not Enough”, Fortune, 21 july 1997, pagg. 112- 113.

200

Cfr. T.O. JONES – W.E. SASSERS JR., “Why Satisfied Customers Defect”, Harvard Business

Review, 1995, November-Dicember, pagg. 88-99.

201 Cfr. A. M

UNIZ – T. O‟GUINN, “Brand Community”, Journal of Consumer Research, 2001, Vol. 27 (4), pagg. 412-432.

nell‟approccio customer-based, devono essere sostenuti al fine di creare una marca solida e che consenta di godere di un forte e difendibile vantaggio competitivo. È stata altresì rilevata l‟importanza delle esperienze pregresse dei consumatori e dall‟insieme di stimoli, messaggi, immagini ed associazioni che questi ultimi ricevono, creano ed elaborano nel corso del tempo in relazione ad un determinato brand. Di conseguenza, è possibile affermare che la brand equity può essere generata e sostenuta rafforzandone gli elementi che la compongono, riscontrando l‟esistenza di numerose variabili “antecedenti” per ogni dimensione della marca; queste ultime possono essere influenzate dalle azioni di marketing poste in essere dall‟impresa, in quanto la brand equity rappresenta, in ultima analisi, l‟effetto cumulato degli investimenti di marketing realizzati nel tempo. Un‟elevata consapevolezza, unita ad associazioni forti, alta qualità del prodotto e fedeltà, può essere sviluppata attraverso accorti investimenti di lungo termine. Pertanto, la marca dovrebbe essere gestita nel corso del tempo in maniera coerente, proteggendo le fonti di brand equity attraverso adeguati e mirati programmi di marketing.

Molti ricercatori stanno da tempo suggerendo che le scelte di marketing e le condizioni del mercato possono influenzare il maniera rilevante il livello di brand equity. Ad esempio, Simon e Sullivan elencano le spese pubblicitarie, l‟età della marca, la forza vendita, l‟entry order ed il portafoglio clienti tra i fattori che possono condizionare la brand equity202; altri Autori propongono differenti strumenti, tra i quali le pubbliche relazioni, la garanzia203, il packaging, gli slogan, il naming204, gli eventi promozionali e così via. Il ruolo degli investimenti di marketing come “antecedenti” della brand equity, oltre al supporto teorico fornito da numerosi framework, ha trovato conferma anche attraverso ricerche empiriche, le quali, tra i numerosi strumenti a disposizione delle imprese, si sono focalizzate sul ruolo di alcune delle classiche leve del marketing:

- investimenti in comunicazione (tra cui, principalmente, quelli pubblicitari); - politiche di prezzo;

- sales promotions;

202 Cfr. C.J. S

IMON – M.W. SULLIVAN, “The measurement and determinants of brand equity: A financial approach”, Marketing Science, 1993, Vol. 12 (1), pagg. 28–52.

203 Cfr. W.B

OULDING –A.KIRMANI,op. cit., 1993.

204 Cfr. K.K

ELLER –S.HECKLER –M.J.HOUSTON, “The Effects of Brand Name Suggestiveness on Advertising Recall” Journal of Marketing, 1998, Vol. 62, pagg. 48-57.

- strategie distributive (intensità e qualità del punto vendita).

Tali elementi possono influenzare la brand equity in maniera più o meno diretta, impattando sulle singole componenti in maniera più o meno specifica ed incisiva. Ciascuno di essi è a di seguito analizzato nel dettaglio.

Investimenti in comunicazione

In relazione alle attività di comunicazione, è d‟obbligo sottolineare come, soprattutto nell‟ambito dei beni di largo consumo, la pubblicità sia ancora lo strumento più utilizzato, e sia capace di condizionare la forza della marca e delle relative associazioni in diversi modi. Alcuni Autori hanno dimostrato come il valore assoluto degli investimenti pubblicitari eserciti un effetto positivo sulla brand equity e le sue componenti205. Tuttavia, oltre all‟ammontare monetario in valore assoluto delle spese in advertising, un fattore molto rilevante è rappresentato dalla percezione che i consumatori hanno delle spese in pubblicità e, più in generale, in attività di marketing communication a supporto della marca206. Le spese pubblicitarie percepite, infatti, non esercitano un effetto positivo solo sulla brand equity tout court, ma influenzano anche ciascuna delle sue componenti. In primo luogo, infatti, la percezione relativa agli investimenti in comunicazione contribuisce a generare presso i consumatori la sensazione che i manager nutrono grande fiducia nei prodotti proposti sul mercato. In particolare, una delle conseguenza degli sforzi pubblicitari si estrinseca in una maggiore qualità percepita da parte di clienti e prospect; molte ricerche hanno confermato che le attività di marketing communication costituiscono un fondamentale indicatore esterno di qualità207. Come già in precedenza sottolineato, ingenti sforzi in comunicazione si traducono in un segnale di qualità dei beni offerti dall‟impresa e di commitment del management nei confronti della marca, il che implica un livello di qualità superiore del prodotto nella mente dei consumatori. L‟intensità degli investimenti pubblicitari gioca un ovvio ruolo sulla

205

Cfr. C.J. COBB-WALGREN – C. BEAL – N. DONTHU, “Brand Equity, Brand Preferences, and Purchase Intent.” Journal of Advertising, 1995, Vol. 24 (3), pagg. 25-40.

206 Cfr. R.C

HAY –G.TELLIS, “Role of communication and service in building and maintaining brand equity”, in E.MALTZ (ed.), “Managing Brand Equity”, Marketing Science Institute, Cambridge, UK, 1991, pagg. 26–27; W. BOULDING – E. LEE – R. STAELIN, “Mastering the mix: Do advertising, promotion, and sales-force activities lead to differentiation?”, Journal of Marketing Research, 1994, Vol. 31 (2), pagg. 159–172.

207 Cfr. D.A.A

AKER –R.JACOBSON, “The financial information content of perceived quality”, Journal

consapevolezza e notorietà della marca, creando riconoscimento e ricordo; attraverso un‟elevata esposizione, inoltre, il processo di acquisto è facilitato in quanto aumenta la probabilità che il brand sia incluso nel gruppo di alternative tra cui il consumatore effettua la scelta (il succitato consideration set)208. Sulla base del modello della “gerarchia degli effetti”, la pubblicità è anche collegata positivamente alla fedeltà alla marca, in quanto ne rinforza e migliora le attitudini presso i consumatori209. Inoltre, il sostegno all‟inclusione della marca nel consideration set, che supporta la ripetizione dell‟acquisto e, supporta la generazione di quella che è stata sopra definita come behavioural loyalty. Investimenti pubblicitari consistenti, infine, consentono di creare e sostenere associazioni forti e favorevoli alla marca, generando una positiva brand image e incrementando conseguentemente la percezione della brand equity.

Politiche di prezzo

I consumatori utilizzano il prezzo come un importante segnale estrinseco e come indicatore della qualità o dei benefici forniti dal prodotto. Brand collocati in un‟alta fascia di prezzo sono spesso percepiti come di elevata qualità e meno vulnerabili ad attacchi dei concorrenti di tipo price-based rispetto alle marche che competono in un classe di prezzo inferiore210. Di conseguenza, tale elemento è in molti casi considerato come “vettore” di qualità percepita, con la quale esiste, dunque, una correlazione positiva. Studi e ricerche, tuttavia, non hanno rilevato alcuna significativa relazione tra prezzo ed altre dimensioni della brand equity, come la fedeltà e le associazioni di marca. I consumatori fedeli, come detto, non sono sensibili ai cambiamenti di prezzo, che non costituisce un rilevante criterio di valutazione del prodotto211. La mancanza di relazione direzionale tra politiche di pricing e brand associations dipende dal fatto che diverse strategie di prezzo possono

208 Cfr. J.R.H

AUSER –B-WERNERFELT, “An evaluation cost model of consideration sets”, Journal of

Consumer Research, 1990, Vol. 16 (4), pagg. 393–408.

209

Cfr. M.L. RICHINS, “Social Comparison, Advertising, and Consumer Discontent”, American

Behavioral Scientist, 1995, Vol. 38 (4), pagg. 593-607.

210 Cfr. W.B.D

ODDS –K.B.MONROE –D.GREWAL, “Effects of Price, Brand, and Store Information on Buyers‟ Product Evaluation” Journal of Marketing Research, 1991, Vol. 28 (3), pagg. 307-319.

211 Cfr. K.H

ELSEN –D.SCHMITTLEIN, “Understanding Price Effects for New Nondurables: How Price Responsiveness Varies Across Depth-of-Repeat Classes and Types of Consumers”, European Journal

of Operational Research, 1994, Vol. 76 (2), pagg. 359-374; Cfr. D.MEER, “System Beaters, Brand Loyals, and Deal Shoppers: New Insights Into the Role of Brand and Price”, Journal of Advertising

essere collegati alla marca in maniera egualmente forte per i benefici che ogni strategia fornisce ai consumatori. Un prodotto di tipo low-price offre la cosiddetta

transaction utility (es.: pagando meno del prezzo di riferimento interno del

consumatore), laddove un prezzo elevato conferirebbe un‟immagine di elevata qualità (acquisition utility), portando ad una riduzione del rischio per l‟acquirente. La leva del prezzo, dunque, è in grado di generare e sviluppare brand equity principalmente impattando sulla qualità percepita del prodotto e dell‟azienda che lo propone sul mercato.

Sales promotions

Da quanto appena affermato, appare chiaro come le promozioni di vendita basate sul prezzo (sconti, ribassi di breve periodo, coupon, ecc.), a dispetto degli eventuali vantaggi in termini di vendita ed introiti finanziari di breve termine, possano addirittura erodere la brand equity nel lungo periodo. In primo luogo, tale strumento non costituisce un mezzo adeguato di sviluppo della brand equity in quanto può essere facilmente adottato, copiato e contrastato da parte dei competitor, incoraggiando vendite e comportamenti di brand-switching solo momentanei. La natura temporanea delle promozioni crea una sensazione di beneficio di breve periodo, che si esaurisce nel momento in cui l‟operazione cessa. Attività basate su riduzioni di prezzo possono danneggiare la marca ingenerando confusione nella mente dei consumatori: differenze non anticipate tra il prezzo atteso e quello osservato creano discontinuità ed incertezza, che possono tradursi in un‟immagine ed un livello di qualità percepita instabili ed incoerenti, influenzando negativamente le decisioni di acquisto e causando un decremento della brand equity212. Inoltre, le promozioni di prezzo non durano abbastanza, non consentendo di stabilire associazioni forti e durature; sacrificare advertising in favore di promozioni, dunque, ridurrebbe le brand associations, portando, ancora una volta, ad uno svilimento della marca e dalla sua immagine213. Poiché, come sottolineato, i risultati in termini di brand-switching sono limitati e di tipo temporaneo, le operazioni di riduzione del prezzo non sono strumenti efficaci neanche a creare o migliorare la fedeltà alla

212

Cfr. A.F.VILLAREJO-RAMOS –M.J.SÀNCHEZ-FRANCO, “The impact of marketing communication and price promotion on brand equity”, Brand Management, 2005, Vol.12 (6), pagg. 431-444.

213 Cfr. T.A. S

HIMP, Advertising, Promotion, and Supplemental Aspects of Integrated Marketing

marca214. Infatti, in seguito all‟acquisto ed alla prova iniziali, tale strumento fallisce nello stabilire uno schema di acquisto ripetuto, in quanto i consumatori sono attratti quasi esclusivamente dalla succitata transaction utility, perdendo interesse nel brand quando la promozione termina.

In definitiva, diversamente dagli altri strumenti di marketing analizzati nella presente sezione, che possono essere considerate come attività di brand building, le promozioni di prezzo rischiano spesso di configurarsi come operazioni di tipo brand-

harming: esse, infatti, a causa del deterioramento della qualità percepita e

dell‟immagine della marca, possono condurre ad un‟erosione del livello di brand equity complessivo.

Strategie distributive

Soprattutto per imprese di tipo B2C, l‟importanza del punto vendita e della sua immagine risulta fondamentale, in quanto il retailer incontra ed interagisce con il consumatore finale, vero destinatario dei prodotti offerti. Selezionare e gestire nella maniera più opportuna i distributori, di conseguenza, diventa un obiettivo di grande

rilevanza per le aziende, al fine di soddisfare i bisogni dei propri clienti. In particolare, un‟immagine upper class dei retailer, al pari del prezzo, può costituire

un efficace segnale di buona qualità, contribuendo ad incrementare la qualità percepita associata al brand ed ai suoi prodotti215, come confermato da analisi e ricerche empiriche216.

La qualità di un determinato brand, dunque, viene percepita in maniera differente a seconda del retailer che lo offre al consumatore finale. Un punto vendita caratterizzato da un‟immagine positiva attrae un “traffico” di acquirenti più elevato, genera una maggiore customer satisfaction e stimola il passaparola positivo tra i consumatori217. Inoltre, la distribuzione attraverso store di alta qualità può contribuire a creare associazioni positive con la marca, contribuendo allo sviluppo di

214 Cfr. R.G

ROVER –V.SRINIVASAN, “Evaluating the Multiple Effects of Retail Promotions on Brand- Loyal and Brand-Switching Segments”, Journal of Marketing Research, 1992, Vol. 29 (1), pagg. 76-89.

215 Cfr. N. D

AWAR – P. PARKER, “Marketing Universals: Consumers‟ Use of Brand Name, Price, Physical Appearance, and Retailer Reputation as Signals of Product Quality”, Journal of Marketing, 1994, Vol. 58, pagg. 81-95.

216

Cfr. W.B.DODDS –K.B.MONROE –D.GREWAL,op. cit., 1991.

217 Cfr. A.R. R

AO –K.B.MONROE, “The Effect of Price, Brand Name, and Store Name on Buyers‟ Perceptions of Product Quality: An Integrated Review”, Journal of Marketing Research, 1989, Vol. 26 (3), pagg. 351-357.

brand equity in maniera superiore rispetto a retailer di livello più basso. In relazione all‟intensità della distribuzione, al fine di migliorare l‟immagine del prodotto, in molti casi le imprese tendono a scegliere modalità di tipo esclusivo o selettivo, piuttosto che intensivo. La tipologia prescelta, in molti casi, è influenzata da teorie in base alla quali alcuni tipi di distribuzione sono più opportuni per determinate categorie di prodotto (es.: distribuzione esclusiva per prodotti di lusso vs distribuzione intensiva per beni di largo consumo). In ogni caso, è da rilevare come, in generale, una elevata disponibilità del prodotto generi una superiore soddisfazione nel consumatore, il quale dovrà affrontare uno sforzo inferiore in termini di costi di ricerca, tempo di viaggio e così via218.

Per l‟acquirente, dunque, la riduzione dei sacrifici legati al processo di acquisto del prodotto fornirà un maggior valore, che si traduce in un incremento della customer satisfaction, della qualità percepita, della fedeltà alla marca e, di conseguenza, in un livello di brand equity più elevato. È stato dimostrato come, ancorchè alcune tipologie di prodotti traggano beneficio da una tipologia distributiva di tipo esclusivo o selettivo, l‟intensità della distribuzione rimanga nel complesso positivamente connessa alla brand equity; tale relazione, infatti, risulta globalmente di segno positivo, anche considerando l‟effetto esercitato dalla categoria di prodotto, che svolge una funzione di moderazione ed influenza l‟interazione tra intensità della distribuzione e brand equity, senza tuttavia alterarne la direzione.

5. UNA NUOVA PROSPETTIVA: BRAND EQUITY E STAKEHOLDER