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DIEGO MARTĺNEZ TORRÓN, CRITICA SOCIALE NEL QUIJOTE ATTRAVERSO LA FOLLIA DEL CAVALIERE

ERRANTE

Il tema della follia Quijotesca, è stato spesso messo in relazione con l’Elogio

della follia di Erasmo da Rotterdam. Sappiamo che, M. Battaillon44 sosteneva che Cervantes conoscesse Erasmo in maniera indiretta, mentre, A.Vilanova45 affermava che gli elementi riguardanti la follia di don Quijote si trovavano nell’Elogio della Follia di Erasmo e che Cervantes aveva potuto leggere l’opera.

In linea con Francisco Márquez Villanueva46, D. M. Torrón, afferma che Cervantes avrebbe appreso da Erasmo l’arte dell’ironia. Infatti, secondo quest’ultimo, l’autore del Quijote, ironizza sulla società del suo tempo. Secondo Torrón, don Quijote non è uno stolto, anzi è un idealista intelligente la cui follia viene inizialmente parodiata. Nonostante Bataillon, Vilanova e F. Márquez Villanueva, abbiano visto una relazione fra il Quijote e l’Elogio erasmiano, Torrón sostiene che la follia di don Quijote non abbia aspetti comuni a quella erasmiana, che è piuttosto una buffonesca e ludica stoltezza, allegra e carnevalesca. Ciò che Erasmo voleva dimostrare è che la stupidità impera nel mondo e nella società, il che allontana le due opere.

Occorre operare una distinzione fra i termini latini stultitia e dementia. In latino dementia significa Follia, mentre stultitia significa stupidità. Allora nella

Stultitiae laus, Erasmo critica e ridicolizza la stupidità umana, e non la follia

come concetto in generale, oltre che le convenzioni sociali. Erasmo fa una satira dell’intellettuale ma si burla anche dell’ignorante, in un gioco di ironie e doppi sensi finisce sempre per affermare il contrario di ciò che dice. All’interno del gioco però egli separa sempre i due concetti, la stoltezza, la stupidità, l’attitudine vitale dell’ignorante e la follia come insania, infermità,

44

Op. cit. vedi nota 37, «Un problema de la influencia de Erasmo en España. El Elogio de la

locura», pp. 327-47.

45

Op. cit. vedi nota 38.

46

58 alienazione mentale. È un libro moderno, ironico, anticlericale che difende una fede interiore.

Torrón interpreta la follia di don Quijote attraverso due passaggi dell’opera, a parer suo, significativi. Il primo si trova nella seconda parte, capitolo XVIII. Quando il Cavaliere dal verde gabbano chiede a suo figlio, don Lorenzo, di intrattenersi con il cavaliere errante per sapere cosa ne pensa di lui, se sia matto o savio. Il poeta don Lorenzo risponde così : «No le sacarán del borrador de su locura cuantos médicos y buenos escribanos tiene el mundo: él es un entreverado loco, lleno de lúcidos intervalos»47. Mentre la prima parte, capitolo XXXVII, contiene una frase importante : «(...) de que no poco se admiraron y rieron, por parecerles lo que a todos parecía: ser el más extraño género de locura que podía caber en pensamiento disparato»48. Secondo Torrón questa frase riassume il tema della follia nel romanzo cervantino. Difatti, il narratore mostra dall’esterno la follia di don Quijote.

«A todos parecía», isola il cavaliere, individuo che occupa una posizione di marginalità davanti al senso comune di tutti.

«Locura extraña», si tratta di una follia letteraria dalla quale il lettore può trarre degli insegnamenti.

«Pensamiento disparato» la follia di don Quijote suscita il riso nel lettore, che lo contempla dalla sua prospettiva reale. Il contrasto tra visione idealista del cavaliere e quella realista di Sancho si arricchisce nella seconda parte, quando il narratore si è affezionato al suo personaggio e trasmette tutto l’amore verso di lui e il suo idealismo. La sua follia si riduce alla sua ossessione di rivivere i libri di cavalleria. Ma in realtà Cervantes, attraverso il folle don Quijote critica i valori cavallereschi astutamente, evitando così la censura. Se nella prima parte lo rende ridicolo, nella seconda la follia fa parte della grandezza del personaggio. Anche Sancho è contagiato dalla follia del padrone, tanto da credere di poter governare l’isola Barataria. Don Quijote non solo confonde realtà e fantasia, ma vive in un romanzo. Sembrerebbe un libro scritto per far ridere, in relatà Cervantes attua con una fine tecnica ironica una critica della

47 Op. cit. vedi nota I, p. 846. vol. I. 48

59 cultura spagnola dell’epoca. Secondo Torrón, il folle è nel Quijote colui che fa o dice cose non permesse al resto dei cittadini, oppressi da un rigido sistema sociale, come era a quel tempo in Spagna e in tutto l’Occidente . Perciò la follia qui è un modo di prendersi gioco della censura, e anche una forma di marginalità. Don Quijote inizialmente è presentato in modo grottesco, dalle sue avventura ne esce tutto ammaccato, suscitando il riso nel lettore. Però man mano che la storia avanza i protagonisti si trasformano, essi lottano instancabilmente contro le avversità, superando le sofferenze, in cerca di se stessi. La follia di don Quijote è il sale della vita. È credere nell’ideale cavalleresco e non rendersi conto della realtà che si impone ineluttabilmente. Un po’ come la follia dei filosofi neoplatonici che in tempo di colera, carestia, mendicità, guerre, rivolgevano i loro pensieri verso essenze irraggiungibili. Se la follia di Alonso Quijano viene dai libri di cavalleria, è possibile che il romanzo sia solo una critica, di ciò che anche gli erasmiani avevano già criticato, i libri di cavalleria? Oppure si potrebbe stabilire un nesso fra lo spirito della cavalleria andante e lo spirito cavalleresco della società spagnola del Siglo de Oro?

Il teatro aureo è imbevuto di spirito cavalleresco. Lo spirito cavalleresco del Siglo de Oro si basa sul concetto di onore, sul coraggio, sull’aristocrazia spirituale, sul rispetto della donna. La figura del caballero nasce da un modo di vivere che era tipico degli aristocratici medievali e che i libri di cavalleria riflettevano. In seguito, il Siglo de Oro ne ereditò lo spirito. Se si accetta ciò, la questione della parodia cervantina basata sulla follia del protagonista prende un'altra accezione : don Quijote durante il suo viaggio incontra tutte le classi sociali della società spagnola del XVI secolo, e il pensiero critico dell’autore verso di esse fa capolino dietro le parole del folle protagonista, che in questo modo risulta inattaccabile. Quindi, dietro l’apparente critica dei libri di cavalleria si nasconde invece, una critica verso la società spagnola del Siglo de Oro, i cui valori si ispiravano allo spirito cavalleresco rappresentato nel teatro di Lope e dei suoi discepoli. La follia è quella della società spagnola del XVI secolo, che trasforma la realtà con l’immaginazione attraverso il codice cavalleresco del Medioevo. Secondo Torrón il Quijote è il testo di critica

60 sociale e ideologica più fine dell’epoca, attento a non incorrere in problemi con la censura, grazie alla follia del protagonista. Cervantes voleva dimostrare che l’idealismo cavalleresco della società, conduceva alla follia, all’evasione dall’autentica realtà e prima o poi alla decadenza. La follia di don Quijote perciò risiedeva nel credere che l’ideale cavalleresco potesse diventare realtà.

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