LE MATERIE DELLA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA
2.2. Le materie di giurisdizione esclusiva previste dal decreto legislativo n°80 del
Come sappiamo il criterio di riparto delle giurisdizioni tra il giudice ordinario e il giudice amministrativo si basa sulla situazione giuridica lesa: la tutela del diritto soggettivo è affidata al giudice ordinario, quella dell’interesse legittimo al giudice amministrativo. Tale regola è stata sul punto di essere modificata per effetto di un progetto di riforma costituzionale, approvato dalla commissione bicamerale istituita con la legge costituzionale n°1 del 24 gennaio 1997.
Tale riforma voleva sostituire il criterio della situazione giuridica soggettiva con quello basato sulla materia, con la conseguenza che ciascun giudice (ordinario e amministrativo) avrebbe avuto una piena cognizione della controversia riguardante la materia attribuita alla propria giurisdizione, a prescindere dalla natura della situazione giuridica soggettiva lesa e, quindi, dalla distinzione tra azione autoritativa o non autoritativa della Pubblica Amministrazione.
C’è da dire che, nonostante la non attuazione del progetto di revisione costituzionale in relazione al sistema di riparto, tale idea di riforma gettò comunque le basi, in quel determinato
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momento storico, per l’emanazione della legge delega n°59 del 1997 e del decreto legislativo n°80 del 1998. Il legislatore, in vista della riforma costituzionale, aveva delegato il Governo (legge 15 marzo 1997, n°59, art. 1, lett. g) ad emanare decreti che conferissero al giudice ordinario la materia del rapporto di impiego con le Pubbliche Amministrazioni (art. 29, decreto legislativo n°80 del 1998 che ha sostituito l’art. 68, decreto legislativo 3 febbraio 1993, n°29) e al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, le materie dei servizi pubblici, dell’urbanistica ed edilizia (artt. 33 e 34, decreto legislativo 31 marzo 1998 n°80).
Il decreto legislativo del 1998, agli artt. 29, 33 e 34, determinò, quindi, un aumento delle controversie di competenza del giudice ordinario e allo stesso tempo conferì alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le materie dei servizi pubblici, dell’edilizia e dell’urbanistica, andando così ad aumentare le materie attribuite al giudice amministrativo in modo da compensare e riequilibrare la distribuzione delle controversie tra il giudice ordinario e il giudice amministrativo.
Questo nuovo atteggiamento, ossia elevare il numero delle controversie di competenza del giudice ordinario ed estendere la giurisdizione esclusiva ad ampi e importanti settori della vita economica (oltre alle molte materie già di competenza del giudice amministrativo in via esclusiva), portò ad affermare che, nella pratica, l’individuazione della giurisdizione operante dipendesse sempre più frequentemente dalla materia in cui cadeva la controversia, piuttosto che la natura della situazione giuridica soggettiva lesa. Ciò portò ad applicare maggiormente la regola di riparto basato sulla materia, piuttosto che quella vigente
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in Costituzione all’art. 103 e quindi si ebbe una trasformazione del criterio di riparto da parte del legislatore ordinario, non tenendo conto che tale operazione era possibile solo attraverso una riforma costituzionale57.
Andando ad analizzare le nuove materie inserite dal decreto legislativo n°80 del 1998, notiamo che all’art. 3358
si è voluto attribuire al giudice amministrativo in giurisdizione esclusiva tutto ciò che fosse raggruppabile sotto l’etichetta “pubblici servizi”. Tale tipo di atteggiamento ha posto in risalto i problemi derivanti dal criterio della materia nel riparto della giurisdizione; infatti, analizzando questo macrosettore devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo riscontriamo due problemi, uno sostanziale e uno processuale. Il primo, deriva
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Cfr. A. FABBRI “Giurisdizione esclusiva: i modelli processuali” Giappichelli editore- Torino p. 291-296.
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Art. 33 del d.ls. n°80 del 1998 “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti al credito, alla vigilanza sulle assicurazioni, al mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481. Tali controversie sono, in particolare, quelle:
a) concernenti la istituzione, modificazione o estinzione di soggetti gestori di pubblici servizi, ivi comprese le aziende speciali, le istituzioni o le società di capitali anche di trasformazione urbana;
b) tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi;
c) tra le amministrazioni pubbliche e i soci di società miste e quelle riguardanti la scelta dei soci;
d) in materia di vigilanza e di controllo nei confronti di gestori dei pubblici servizi;
e) aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale;
f) riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione, con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona e delle controversie in materia di invalidità.
All'articolo 5, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, sono soppresse le parole: "o di servizi"”.
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dal fatto che il legislatore si è dimenticato di dare una definizione di servizio pubblico e si è solo limitato ad esemplificare i settori e le attività che potevano essere considerati pubblici ai fini dell’individuazione della giurisdizione; così il 1°comma della norma imponeva all’interprete di considerare sicuramente ricompresi nella sua previsione i servizi “afferenti al credito, alla vigilanza sulle assicurazione, al mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazione e ai servizi di cui alle legge n°581 del 1995”. A sua volta il 2°comma dell’art. 33 andava ad indicare le tipologie d’elezione delle controversie relative ai pubblici servizi quali individuati (anche se non esaustivamente “Tali controversie sono, in particolare, quelle […]”) dal comma precedente, attraverso un’elencazione per lettere 59.
Il secondo problema, quello processuale, si è manifestato in quanto nella sfera dei servizi pubblici tipi di attività, come il servizio farmaceutico, i trasporti, le telecomunicazioni, l’energia elettrica e il gas erano svolte soprattutto da soggetti privati e ciò comportava che le relative controversie non si instaurassero necessariamente tra un soggetto privato ed una Pubblica Amministrazione, ma anche tra soggetti privati60.
Vediamo alcune delle controversie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo da parte dell’art. 33 del decreto legislativo n°80 del 1998.
La lettera a della norma individuava le controversie “concernenti la istituzione, modificazione o estinzione di soggetti gestori di pubblici servizi, ivi comprese le aziende speciali, le
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Cit. B. SASSANi “La giurisdizione esclusiva” op. cit. p. 4694. 60
Cfr A. FABBRI “La giurisdizione esclusiva: i modelli processuali”, Giappichelli Editore- Torino, p. 296-297.
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istituzioni o le società di capitali anche di trasformazione urbana”. Probabilmente la ratio della disposizione era quella di riportare alla giurisdizione esclusiva le controversie riguardanti le tematiche organizzative dei servizi però la previsione testuale era talmente ampia che creava incertezza su quale fosse realmente l’ambito della norma. Infatti, in base al tenore letterale della norma risultavano devolute alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo non solo le questioni riguardanti gli atti amministrativi adottati dalla Pubblica Amministrazione (assunzione del servizio pubblico, determinazione delle modalità organizzative), ma anche quelle relative all’effettiva costituzione, modificazione o scioglimento di soggetti di diritto privato come le società di capitali, con partecipazione, anche minoritaria, pubblica. Attribuire alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo controversie riguardanti aspetti di diritto societario, nelle quali fosse assente la Pubblica Amministrazione ed aventi ad oggetto solo diritti soggettivi, creava forti incongruenze nel processo amministrativo61. La situazione non migliorò neanche con le modifiche che furono apportate dall’art. 7 della legge n°205 del 2000 che escludeva dall’area dei servizi pubblici il credito e il mercato mobiliare.
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La giurisdizione del giudice amministrativo può sussistere a condizione che una delle parti sia una Pubblica Amministrazione, resistente o ricorrente, purché si tratti di Pubblica Amministrazione. Inoltre, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo presuppone che la cognizione del giudice riguardi sia interessi legittimi che diritti soggettivi, per cui se venisse meno la Pubblica Amministrazione come parte del processo amministrativo, quindi, l’esercizio del potere, essa diverrebbe una giurisdizione di soli diritti soggettivi, contrariamente alla sua ratio: E. FOLLIERI, “Il privato parte resistente nel processo amministrativo nelle materie di cui agli artt. 33 e 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n°80, in Dir. proc. amm., 1999, p. 634 ss.; A. FABBRI “Giurisdizione esclusiva: i modelli processuali”, Giappicchelli Editore – Torino p. 298.
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La lettera b si riferiva alle controversie “tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi”. Tradizionalmente tali controversie sono sempre state di competenza del giudice amministrativo. Tale prescrizione, inoltre, manteneva fermo il principio della necessaria presenza del soggetto pubblico nelle controversie devolute al giudice amministrativo. Tale principio venne confermato dall’art. 7 della legge n°205 del 2000 visto che eliminò la previsione di cui alla lett. c) dell’art. 33, 2°comma, decreto legislativo n°80 del 1998 la quale devolveva alla giurisdizione esclusiva le controversie tra amministrazioni pubbliche e i soci di società miste.
La lettera e, originariamente d, contemplava le controversie “in materia di vigilanza e di controllo nei confronti dei gestori dei pubblici servizi”. La disposizione poneva serissimi problemi di coordinamento con le molteplici discipline speciali vigenti e, sul piano generale, con la resistenza e con i limiti di applicabilità della legge n°689 del 1981 (normativa generale in materia di sanzioni pecuniarie erogate nell’esercizio di poteri di vigilanza). Tale norma faceva ricomprendere nella giurisdizione esclusiva la materia del danno da omesso o cattivo controllo dell’autorità regolatrice e le eventuali richieste di ristoro del pregiudizio subito dalla Pubblica Amministrazione nell’ipotesi di violazione degli obblighi discendenti dal rapporto di gestione.
La lettera d, originariamente e, richiamava le controversie “aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale”. Tale norma veniva interpretata facendo
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ricomprendere in essa ogni settore in cui sarebbe stato svolta una gara pubblica, anche se il servizio oggetto di appalto non fosse pubblico e sebbene la gara fosse gestita da un soggetto privato.
La lettera e, originariamente lettera f, contempla le controversie “riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell’espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell’ambito del Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione, con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona e delle controversie in materia di invalidità”. Tale settore era il più consistente del contenzioso in materia dei servizi pubblici e attribuiva al giudice amministrativo molte controversie che prima appartenevano al giudice civile; inoltre, fungeva da norma di chiusura rispetto ad ogni controversia nascente in caso di espletamento di pubblici servizi e non ricompresa nelle previsioni di cui alle lettere precedenti.
L’art. 34, del decreto legislativo n°80 del 1998, novellato dall’art. 7, legge n°5 del 2000 estese la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alla materia dell’urbanistica ed edilizia; tale articolo, infatti, al 1°comma devolveva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia di urbanistica e di edilizia”. Al 2°comma aggiungeva che “agli effetti del presente decreto la materia dell’urbanistica concerne tutti gli aspetti dell’uso del territorio” e al 3°comma fissava i limiti esterni della giurisdizione, statuendo che “nulla è innovato in ordine a) alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque
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pubbliche; b) alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti le determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”62
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La norma, derivante dal combinato disposto dei primi due commi, ricomprendeva tutte le controversie riguardanti le materie richiamate, attraverso un doppio sistema di chiusura.
Da un lato venivano affidate alla giurisdizione esclusiva tutte le controversie in cui la Pubblica Amministrazione era parte, indipendentemente dal tipi di attività di queste. Questo era possibile in quanto l’art. 34 affidava al giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto “gli atti e i provvedimenti”, ma anche quelle relative ai “comportamenti” e ciò significava completare il quadro di rilevanza della tipologia di azione del soggetto pubblico, ricomprendendovi tutti i fatti giuridici ad essa imputabili e la eventuale inazione del soggetto pubblico.
Dall’altro lato il 2°comma prescriveva che la definizione di urbanistica fosse di ampia portata, totalizzante (“tutti gli aspetti dell’uso del territorio”) così da inglobare e superare tutte le nozioni date in precedenza63.
In questo modo, non sembrava possibile seguire la tesi secondo la quale per identificare la materia devoluta alla giurisdizione esclusiva dei TAR fosse necessario osservare la distinzione tra urbanistica e tutela dell’ambiente e del paesaggio,
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R. TISCINI, “La giurisdizione esclusiva”, in Il Processo davanti al giudice amministrativo, a cura di B. Sassani e R. Villata, Torino, Giappichelli, 2001, p. 346 ss.
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Art. 80, D.P.R. 24 luglio 1977, n°616 definiva “l’urbanistica coe la disciplina dell’uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi, gestionali riguardanti l’operazione di salvaguardia e trasformazione del suolo nonché di protezione dell’ambiente”.
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così da attribuire solo la materia dell’urbanistica al giudice amministrativo in sede esclusiva.
L’unica tesi seguibile era quella in base alla quale nel concetto di materia urbanistica vi dovessero rientrare tutti i profili connessi in modo diretto o indiretto al territorio, compreso anche la gestione (del territorio), la tutela dell’ambiente, dei valori artistici, storici e paesaggistici e la conservazione e il godimento estetico del territorio. Tale interpretazione fu accolta dal Consiglio di Stato che affermò che la materia dell’urbanistica prevista dall’art. 34 riguardava qualsiasi trasformazione del territorio, l’ambiente, il paesaggio e tutti gli elementi ad esse appartenenti (cioè l’aria, l’acqua, il suolo) dal punto di vista fisico, materiale e nel loro valore artistico, storico e culturale.
In questa ampia nozione di materia urbanistica erano fatte rientrare anche le controversie in tema di espropriazione e di procedure ablatorie e quindi anch’esse erano sottoposte alla giurisdizione del giudice amministrativo in giurisdizione esclusiva. A nulla sono servite le tesi che consideravano la materia espropriativa estranea al concetto di urbanistica in quanto il 3°comma, lett. b dell’art. 34 escludeva dalla giurisdizione esclusiva solamente le questioni inerenti alla corresponsione delle indennità conseguenti a misure espropriative o ablative; tale prescrizione sarebbe stata inutile se l’intera materia dell’espropriazione fosse stata di per sé esclusa da questo tipo di giurisdizione.
La riforma della giurisdizione predisposta dal decreto legislativo n°80 del 1998 non si è limitata ad incidere sul criterio di riparto della giurisdizione; la delega data dal Parlamento riguardava, infatti, l’estensione della giurisdizione del giudice
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amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno ingiusto. Questo aspetto della riforma fece ritenere che si fosse verificata una svolta decisiva, dal momento che venne superata la riserva prevista dall’art. 7 della legge n°1034 del 1971, in forza della quale, pur nelle materie assegnate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, (in quanto tale estesa alla cognizione anche dei diritti), la cognizione sulle liti concernenti le conseguenze di ordine risarcitorio, e simili, rimaneva conferita al giudice ordinario64.
2.3 La giurisdizione esclusiva con la legge 21 luglio del 2000,