• Non ci sono risultati.

L'evoluzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'evoluzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo"

Copied!
193
0
0

Testo completo

(1)

1

INDICE

INTRODUZIONE ... 4

CAPITOLO I: NASCITA ED EVOLUZIONE DELLA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO ... 7

1.1 Nozione di giurisdizione esclusiva e riforma del 1923 ... 7 1.2. La giurisdizione esclusiva con l’entrata in vigore della Costituzione e l’istituzione dei TAR ... 13 1.3 Il Decreto Legislativo n°80 del 1998 e la Legge n°205 del 2000 ... 19 1.4 La sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004, n°204 ... 23 1.5. La giurisdizione esclusiva nel codice del processo amministrativo ... 30 CAPITOLO II: LE MATERIE DELLA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA ... 39

2.1 Le prime materie riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dopo l’unità di Italia ... 39 2.2. Le materie di giurisdizione esclusiva previste dal decreto legislativo n°80 del 1998 ... 47 2.3 La giurisdizione esclusiva con la legge 21 luglio del 2000, n°205 ... 56 2.4 Materie della giurisdizione esclusiva dopo le sentenze della Corte Costituzione n°2004 del 2004 e n°191 del 2006... 61 2.5 Elenco delle materie di giurisdizione esclusive previste dal codice del processo amministrativo ... 65 2.6 I casi di giurisdizione esclusiva eliminati e quelli introdotti dalla giurisprudenza ... 82 CAPITOLO III: LA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA DEL GIUDICE AMMNISTRATIVO TRA RAPPORTI DI DIRITTO PUBBLICO E RAPPORTI DI DIRITTO PRIVATO ... 87

(2)

2

3.1 Problemi irrisolti dopo l’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n°204 del 2004; ... 87 3.1.1. Il risarcimento del danno ... 90 3.1.2 Rapporto tra annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto già stipulato tra amministrazione e privato... 116 3.2 Caso di sconfinamento nell’esproprio. E’ il giudice ordinario ad avere giurisdizione ... 119 3. 3 Giurisdizione del giudice amministrativo in tema di diritto al sostegno scolastico del disabile ... 122 3. 4 Controversie riguardanti l’azione di gestione dei rifiuti ... 131 3.5 Conclusioni finali in tema di riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo in relazione alla giurisdizione esclusiva di quest’ultimo ... 139

CAPITOLO IV: LA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA NEI CONTRATTI DI APPALTO ... 144

4.1 Evoluzione della ripartizione della giurisdizione negli appalti ... 145 4.2 Nuova visione del riparto della giurisdizione introdotto con l’ordinanza delle Sezioni Unite n°23067 del 30 ottobre del 2014 157 4.3 La giurisdizione esclusiva in riferimento ai soggetti aggiudicatori ... 162 4.4 La giurisdizione esclusiva nella fase di affidamento dei lavori ... 163 4.5 Valutazioni sulla sorte del contratto di appalto a seguito dell’annullamento da parte del giudice amministrativo dell’aggiudicazione definitiva... 166 4.5.1 Analisi delle varie ipotesi dottrinali dei poteri esercitati dal giudice amministrativo in sede di pronuncia sull’efficacia o meno del contratto di appalto: in specie, ipotesi di giurisdizione innominata di merito e ipotesi di giudizio di equità di matrice civilistica ... 172

(3)

3

4.5.2. Analisi dell’ipotesi di giurisdizione esclusiva di sola

legittimità ‘speciale’ ... 177

4.6 La discrezionalità del giudice amministrativo in caso di dichiarazione di inefficacia del contratto pubblico a seguito di annullamento dell’aggiudicazione e comminazione delle sanzioni alternative... 182

CONCLUSIONI ... 186

BIBLIOGRAFIA ... 189

(4)

4

INTRODUZIONE

La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è stata oggetto, dal 1923 ad oggi, di diverse modifiche che ne hanno mutato i suoi tratti caratterizzanti in diverse occasioni.

Tale tipo di giurisdizione ha lo scopo di semplificare il giudizio di controversie in cui i diritti soggettivi e gli interessi legittimi sono correlati tra loro; infatti, essa riconosce al giudice amministrativo la cognizione anche sui diritti soggettivi ed evita, in questo modo, che le parti in causa debbano esperire due distinti giudizi, uno di fronte al giudice amministrativo e l’altro davanti al giudice ordinario.

La motivazione che mi ha spinto a compiere questo elaborato è capire se, davvero, le varie riforme conseguitesi in materia, abbiano semplificato il procedimento, dettando in modo preciso e netto i casi in cui è il giudice amministrativo ad avere cognizione anche sui diritti soggettivi, o, al contrario, se i vari interventi, a volte molto diversi fra loro, abbiamo complicato maggiormente la ripartizione di giurisdizione.

Per poter rispondere a tale quesito compirò, nel primo capitolo, un excursus storico, utile per mettere in evidenza le principali riforme e le importanti conseguenze da esse derivanti. In particolare, verranno analizzati il decreto legislativo n°80 del 1998 e la conseguente legge n°205 del 2000; essi, infatti, hanno comportato un cambiamento molto rilevante nella giurisdizione esclusiva, in quanto sono andati a sostituire il tradizionale criterio di riparto, basato sulla causa petendi, con quello della materia,

(5)

5

determinando una forte espansione delle materia attribuite alla giurisdizione esclusiva. Per questo è stato necessario l’intervento della Corte Costituzionale che, con la sentenza n°204 del 2004, ha delineato nuovamente i caratteri della giurisdizione esclusiva, circoscrivendo le materie ad essa attribuite e prevedendo di nuovo il criterio di riparto originario.

Nel secondo capitolo verranno elencate le materie attribuite alla giurisdizione esclusiva dall’art. 133 del codice del processo amministrativo. Prima di arrivare a tale elencazione, però, metterò in evidenza le prime competenze attribuite alla giurisdizione esclusiva dall’art. 29 del regio decreto n°1054 del 1924, soffermandomi, anche, sulle questioni sorte sui diritti patrimoniali consequenziali. Analizzerò, poi, le materie aggiunte dalle riforme del 1998 e del 2000 e le successive limitazioni introdotte con la sentenza n°204 del 2004, con cui la Corte Costituzionale ha devoluto alla giurisdizione esclusiva solo alcune controversie in materia di pubblici servizi, non tutte come era previsto originariamente.

Infine, farò una breve disamina delle materie riservate alla giurisdizione esclusiva che sono state previste o eliminate dalla giurisprudenza.

Nel terzo capitolo, verrà messo in luce il complicato rapporto fra giudice amministrativo e giudice ordinario. Partirò dal valutare quale sia il giudice competente a decidere sul risarcimento del danno causato dalla pubblica amministrazione nell’esercizio della propria attività amministrativa, fino ad arrivare ad analizzare, in tema di contratti pubblici, il rapporto tra annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto già

(6)

6

stipulato tra amministrazione e privato per poter andare a capire quale sia il giudice che ha giurisdizione in materia.

A conclusione di tale capitolo, verranno esaminate delle decisioni giurisprudenziali recenti. Esse saranno utili a far comprendere se la giurisprudenza ha raggiunto l’intento di delineare, in modo sempre più chiaro, la competenza del giudice amministrativo quando i confini tra diritti soggettivi e interessi legittimi sono così labili da non riuscire ad individuare in modo agevole quale sia il giudice competente a decidere la controversia.

Infine, nel quarto capitolo, saranno esaminate, nello specifico, le controversie riguardanti il contratto di appalto, materia, questa, affidata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Mi soffermerò soprattutto sulla nuova visione del riparto della giurisdizione, introdotto con l’ordinanza delle Sezioni Unite n°23067 del 30 ottobre del 2014 e sulla sorte di tale contratto a seguito dell’annullamento da parte del giudice amministrativo dell’aggiudicazione definitiva. Saranno presi in considerazione, infine, i poteri che esercita il giudice amministrativo in sede di pronuncia sull’efficacia o meno del contratto di appalto.

(7)

7

CAPITOLO I

NASCITA ED EVOLUZIONE DELLA

GIURISDIZIONE ESCLUSIVA DEL GIUDICE

AMMINISTRATIVO

Sommario: 1.1 Nozione di giurisdizione esclusiva e riforma del 1923; 1.2. La giurisdizione esclusiva con l’entrata in vigore della Costituzione e l’istituzione dei TAR; 1.3 Il Decreto Legislativo n°80 del 1998 e la Legge n°205 del 2000; 1.4 La sentenza della Corte Costituzionale n°204 del 2004; 1.5. La giurisdizione esclusiva nel codice del processo amministrativo.

1.1 Nozione di giurisdizione esclusiva e riforma del 1923

La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo può essere definita come quel tipo di giurisdizione del giudice amministrativo dove questi, oltre a giudicare dell’esercizio del potere pubblico finalizzato alla tutela di interessi legittimi del privato, “conosce anche di tutte le questioni relative a diritti soggettivi”1. Tale forma di giurisdizione nacque dall’esigenza di evitare di esperire due distinti giudizi (uno davanti al giudice

1

l’art 30 del Regio Decreto 26 giugno 1924, n°1054 affermava che “nelle materie deferite alla esclusiva giurisdizione del Consiglio di Stato, questo conosce anche di tutte le questioni relative a diritti”.

(8)

8

amministrativo e l’altro di fronte al giudice ordinario) nel caso in cui le due posizione soggettive (interessi legittimi e diritti soggettivi)2 fossero fra loro correlate. Le “materie deferite alla giurisdizione esclusiva” sono quindi riservate alla cognizione di un solo ordine giudiziario, indipendentemente dal tipo di situazione soggettiva coinvolta nella controversia ed in tal senso la giurisdizione appare esclusiva di quel giudice, e pertanto escludente ogni altro potere concorrente di altri corpi giudiziari3. la semplificazione voluta dalla riforma, però, ha creato difficoltà interpretative e applicative complesse al punto che è necessario domandarsi se la istituzione della giurisdizione esclusiva abbia soddisfatto il desiderio di semplificare, ovvero abbia determinato una complicazione maggiore di quella legata al riparto di giurisdizioni.

Volendo fare un excursus storico delle giurisdizione esclusiva possiamo dire che essa fu introdotta con la legge 30 dicembre del 1923, n°2840 (cui fece seguito il testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con r.d. 26 giugno del 1924, n°1054); in dottrina c’è chi ritiene che, per talune materie, essa, addirittura, fosse preesistente alla legge abolitrice del contenzioso amministrativo (legge 20 marzo 1865, n°2248, all. E), per altre fosse istituita in seguito al 1889 (anno di istituzione della Sezione IV del Consiglio di Stato)4.

2

la legge 7 marzo 1907, n°62 ha segnato in modo rilevante il sistema della giustizia amministrativa italiano prevedendo una distinzione tra la giurisdizione amministrativa e quella ordinaria nei termini di una distinzione fra posizioni soggettive.

3

B. SASSANI, “La Giurisdizione Esclusiva”, in Trattato di diritto amministrativo a cura di CASSESE, Milano Giuffré, 2003, V tomo, 2°edizione, p. 4661.

4

L. BERTONAZZI, In tema di giurisdizione esclusiva, in Riv. dir. Proc. Amm., 2000,III, p. 929.

(9)

9

La Legge del 1923 cercò di risolvere i problemi esistenti attraverso due innovazioni:

a) al giudice amministrativo, in caso di normale giurisdizione di legittimità, fu riconosciuta la possibilità di una cognizione incidentale dei diritti, eccetto le questioni riguardanti lo stato e la capacità delle persone e la querela di falso che furono riservate sempre al giudice ordinario. Ciò comportò un ampliamento della cognizione del giudice amministrativo visto che quest’ultimo “è autorizzato a decidere di tutte le questioni pregiudiziali od incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale di sua competenza” (art. 28, t.u. Cons. St e art. 8, l. TAR); però, tale cognizione, fu meramente strumentale alla corretta valutazione della attività amministrativa e dell’interessere legittimo coinvolto da questa nel caso di specie, dal momento che nella giurisdizione di mera legittimità “l’efficacia della cosa giudicata rimane limitata alla questione principale decisa nel caso” (art. 28, 2°comma, t.u. Cons. St.). Tale possibilità di una cognizione incidentale dei diritti permise di avere un giudizio unico, non dovendo così sospendere il processo davanti al giudice amministrativo e rimettere le parti avanti al giudice civile.

b) la legge elencò una serie di materie, fra cui il pubblico impiego, dove il giudice amministrativo aveva la possibilità, oltre di giudicare gli interessi legittimi, di conoscere e giudicare “in via principale” anche i diritti soggettivi che fossero rilevanti per la decisone; per questo, in tali casi, il riparto fra giurisdizione amministrativa e ordinaria fu regolato attraverso il c.d. criterio

(10)

10

delle distinzioni delle materie5 e non col quello di differenziazione fra interessi legittimi e diritti soggettivi. Da ciò derivò che “le questioni relative a diritti” appartenevano legittimamente al c.d. oggetto del processo e quindi la titolarità, conformazione e lesione del diritto soggettivo coinvolto nella controversia erano oggetto diretto della cognizione, con conseguente efficacia del giudicato della relativa decisione. Da questo punto di vista, la riforma del 1923 comportava un certo recupero della logica propria del modello di contenzioso amministrativo precedente al 18656; però, le materie affidate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo erano tassative (cioè non individuate in via esemplificativa) e quindi tale giurisdizione aveva carattere di specialità. Inoltre, in questi casi, nelle vertenze per diritti soggettivi il giudice aveva gli stessi poteri di cognizione e di decisione a lui spettanti in caso di giurisdizione sugli interessi legittimi (art. 29, 2° e 3° comma, t.u. Cons. Stato)7. Nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva, la tutela dei diritti era ‘aggiuntiva’ rispetto a quella degli interessi e quindi il giudice amministrativo poteva esercitare solo una giurisdizione di legittimità (ipotesi normale), ma aveva il potere, eccezionalmente, esercitare una giurisdizione “anche in merito”8

. Infine, anche nelle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, venivano riservate al

5

Art. 29, 1°comma e art 30, 1°comma, t.u. Cons. Stato. 6

A. TRAVI, Lezioni di Giustizia Amministrativa, Torino, Giappichelli, 2000, p. 41.

7

A. TRAVI, Lezioni di Giustizia Amministrativa, Torino, Giappichelli, 2012, p. 38 “il giudizio non era sottoposto alle regole del codice di procedura civile sulla tutela dei diritti, ma era la tutela dei diritti che veniva assoggettata alle regole del giudizio amministrativo. Pertanto l’assegnazione di una materia alla giurisdizione esclusiva comportava conseguenze importanti sulla tutela dei diritti”.

8

(11)

11

giudice ordinario “le questioni attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali alla pronuncia di legittimità dell’atto o provvedimento contro cui si ricorre”9. La dottrina e la giurisprudenza identificarono tali diritti patrimoniali come diritto al risarcimento del danno derivante dall’annullamento di un provvedimento amministrativo incidente su un diritto soggettivo.

La dottrina non accolse favorevolmente quanto previsto dal r.d. 30 dicembre 1923, n°2840; un eminente studioso di nome Lessona ritenne che tale riforma poneva le premesse per una graduale riduzione delle potestà attribuite al giudice ordinario. Un altro autore, Salemi, ritenne che si fosse compiuto un nuovo passo avanti verso il ristabilimento completo del contenzioso amministrativo. In generale possiamo dire che i giudizi negativi sulla riforma del 1923, da parte della dottrina, erano da attribuirsi alla percezione che gli studiosi si erano fatti di essa. Tale legge era vista come un “attentato” alle sacre tavole ottocentesche le quali consacravano il giudice ordinario come giudice dei diritti soggettivi, ivi compresi quelli azionati nei confronti della pubblica amministrazione; la riforma fu altresì vista come il preludio ad una tutela “affievolita” dei diritti soggettivi trasferiti nell’area del giudice amministrativo, soprattutto in considerazione del fatto che l’introduzione della giurisdizione amministrativa esclusiva non fu accompagnata dall’introduzione di norme processuali adeguate all’esigenza di tutela dei diritti soggettivi. Pertanto possiamo dire che l’introduzione della giurisdizione amministrativa nel nostro ordinamento è avvenuta tra molti tentennamenti e scetticismi. In base al progetto presentato al governo dalla commissione reale, la giurisdizione

9

(12)

12

esclusiva del giudice amministrativo sembrerebbe implicare la cognizione in via principale dei diritti soggettivi; però, la relazione di accompagnamento a tale progetto pare, invece, circoscrivere l’area della giurisdizione amministrativa esclusiva alla cognizione delle questioni pregiudiziali ed incidentali di diritto che possono insorgere in talune materie. Un autore, Ledda, ritenne che dell’intendimento di attribuire al giudice amministrativo esclusivo soltanto questioni pregiudiziali e incidentali relative a diritti deve tenersi conto per determinare la reale portata dell’art 8, 1°comma del progetto10. Secondo tale

autore è vero che in tale disposizione manca l’esplicita limitazione alle questioni pregiudiziali e incidentali, ma purché non sembra verosimile che nella redazione del testo normativo la commissione abbia perso di vista i termini del problema che dichiarava di voler risolvere, può ritenersi in maniera ragionevole che le questioni principali su diritti secondo l’intendimento dei compilatori della relazione dovessero restare soggetti alla giurisdizione del giudice ordinario.

10

Progetto della Commissione reale presentato al Governo nel 1916, art8, 1°comma: “nelle materie deferite all’esclusiva giurisdizione delle Sezioni contenziose del Consiglio di Stato queste giudicano anche delle questioni relative a diritti e del risarcimento dei danni che sia richiesto accessoriamente”.

(13)

13

1.2. La giurisdizione esclusiva con l’entrata in vigore della Costituzione e l’istituzione dei TAR

Dal testo unico 26 giugno 1924, n°1054 all’entrata in vigore della Costituzione la situazione rimase sostanzialmente invariata.

La Carta Fondamentale (negli art. 24, art. 103, 1°comma, art. 113, 1° e 2°comma, art. 111, ultimo comma) definisce l’ambito di giurisdizione amministrativa come quella intesa alla “tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi”11. E’ sovente affermato,

infondatamente, che le norme costituzionali sulla giustizia amministrativa abbiano solo recepito il sistema introdotto dalle leggi fondamentali del 20 marzo 1865 (allegato E) e del 31 marzo 1889 n°599212 e le modifiche ad esso avvenute a partire dagli anni ’20 e consolidatesi negli anni ’4013. Tale assetto prevedeva

che le controversie con le Pubbliche Amministrazioni fossero affidate alla cognizione di due ordini giurisdizionali a seconda che riguardassero questioni di diritti o di interessi legittimi. Successivamente, la giurisprudenza stabilì che, a fronte dell’esercizio di poteri amministrativi di carattere discrezionale o comunque autoritativo, le situazioni soggettive di diritto dovessero essere tutelate davanti al giudice amministrativo (c.d. dottrina della degradazione) comportando così una riduzione a

11

Costituzione, art 103, 1°comma. 12

Sistema poi definito da Cass. SS.UU. 24 giugno del 1981 n°460, caso Laurens che stabilì la rigidità del sistema del riparto come quello fondato sulla distinzione tra controversie concernenti diritti e controversie concernenti interessi.

13

(14)

14

casi marginali della competenza del giudice ordinario nelle controversie amministrative.

Sicuramente possiamo affermare che è vero che il testo costituzionale confermi la duplicità delle giurisdizioni, il criterio di riparto fondato sulla distinzione tra situazioni soggettive, la possibilità che in determinate materie il giudice amministrativo conosca anche delle controversie riguardanti i diritti, e che arrivi persino a stabilire il limite del controllo in Cassazione delle decisioni del Consiglio di Stato ai motivi attinenti alla giurisdizione14. La Costituzione, però, si spinge anche oltre prevedendo principi innovativi dell’antico sistema. In particolare, stabilisce il principio della pienezza della tutela giurisdizionale nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni; esso si ricava dall’art. 24, che afferma che la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi è equiparata a quella dei diritti come tutela piena (cioè in grado di utilizzare tutti gli strumenti previsti dall’ordinamento), e dall’art. 113, 2°comma, che prevede che questa tutela non possa essere esclusa a fronte di determinati atti o limitata a particolari mezzi di impugnazione.

Inoltre, nell’ambito dell’Assemblea Costituente si sviluppò un ampio dibattito, sulla base di una proposta fatta dall’on. Calamandrei, proprio sull’unità o pluralità delle giurisdizioni e più precisamente se sopprimere le Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e affidare così la cognizione delle controversie con le Pubbliche Amministrazioni alla giurisdizione ordinaria (prevedendo delle Sezioni Specializzate all’interno di essa). Calamandrei voleva conferire all’autorità giudiziaria una tutela veramente piena nell’ambito di ogni controversia con le

14

(15)

15

Pubbliche Amministrazioni15. A questa posizione si opposero la maggior parte dei membri della Commissione e successivamente fu rigettata dall’Assemblea; la maggioranza dei Costituenti ribadì la permanenza della duplicità delle giurisdizioni, del Consiglio di Stato.

Inoltre, il progetto di Costituzione elaborato dalla Commissione conteneva norme in parte diverse da quelle tradotte nel testo. E così, l’art. 95, 2°comma, del progetto (corrispondente, in parte, all’art. 103, 1°comma) prevedeva che al Consiglio di Stato spettasse “la Giurisdizione nelle materie e nei limiti stabiliti dalla legge” e l’art. 103 del progetto (corrispondente, in parte, all’art. 113, 1° e 2° comma) prevedeva: “la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi verso gli atti della Pubblica Amministrazione è disposta in via generale dalla legge e non può essere soppressa o limitata per determinate categorie di atti”. E l’art. 102 del progetto (corrispondente, in parte, all’art. 111, ultima comma) prevedeva “il ricorso per Cassazione secondo le norme di legge” contro ogni sentenza o decisione pronunciata dagli organi giurisdizionali sia ordinari che speciali. Queste norme del progetto recepirono l’opinione che dovesse essere mantenuto il sistema di tutela giurisdizionale come sistema fondato sulla duplicità delle giurisdizioni e che dovesse essere conservato il Consiglio di Stato come organo anche con funzioni giurisdizionali. Mentre da questi testi non deriva l’impostazione del sistema di riparto tra le due

15

Calamandrei riteneva che il cittadino avrebbe potuto “ricorrere

all’autorità giudiziaria ordinaria non soltanto per chiedere la reintegrazione del proprio diritto soggettivo violato da un atto della pubblica amministrazione, ma anche per chiedere l’annullamento o la modificazione per i motivi di legittimità o di merito stabiliti dalla legge, dell’atto amministrativo lesivo del suo interesse”.

(16)

16

giurisdizioni fondato sulla distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi (in realtà, il progetto di Costituzione rinviava alla legge la definizione dell’ambito e dei contenuti della giurisdizione stessa). Però, accadde che tale criterio di ripartizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo comparse nel testo finale approvato dall’Aula negli artt. 103, 1°comma e art. 113, 1°comma, come anche la menzione delle “particolari materie” nelle quali il giudice amministrativo possa conoscere anche di diritti soggettivi16.

Possiamo affermare, quindi, che ci sia stata una certa trascuratezza circa l’impatto che l’art. 103, 1°comma e l’art. 113, 1°comma avrebbero avuto sul sistema positivo (soprattutto laddove cristallizzano l’antico sistema di riparto fondato sulla distinzione tra interessi legittimi e diritti, anziché rinviare alla legge, come proposto dalla Commissione, l’individuazione delle controversie da sottoporre all’una o all’altra giurisdizione) e circa la previsione inserita all’ultimo momento, “particolari materie”, riguardante la giurisdizione esclusiva.

Tali considerazioni ci fanno notare che nella Costituzione c’è molto di innovativo; certamente, in essa, non sono presenti i vecchi idola residuati dall’esperienza precedente, come ad esempio il principio, consolidatesi in giurisprudenza, della “degradazione” dei diritti soggettivi a fronte del potere amministrativo. Tale dottrina è infondata e viene smentita ogni volta che si afferma che il diritto soggettivo resta tutelato davanti al giudice ordinario a fronte del potere amministrativo, salvi i casi eccezionali in cui i diritti soggettivi sono tutelati davanti al

16

ciò è discordante da quanto previsto nel progetto, visto che in esso il criterio di riparto tra le giurisdizioni sarebbe stato stabilito dal legislatore senza alcun vincolo costituzionale.

(17)

17

giudice amministrativo. Infatti, se la Costituzione avesse voluto affermare che i diritti soggettivi di fronte all’esercizio del potere amministrativo si configurano sempre come interessi legittimi, non avrebbe avuto senso stabilire che il giudice amministrativo tuteli, in casi particolari, sia interessi legittimi che diritti soggettivi17.

Il modello di giustizia amministrativa fissato dalla Costituzione si è consolidato, nei decenni successivi, fino alla svolta degli ultimi anni ’90. In questo quadro, però, è necessario ricordare la Legge n°1034 del 1971 istitutiva dei TAR. Per quanto riguarda la logica della giurisdizione esclusiva presso tali organi possiamo dire che è quella di affidare ad un unico organo giurisdizionale la cognizione relativa a settori dove risulta particolarmente complessa la distinzione tra posizioni di diritto soggettivo e di interesse legittimo; tale giurisdizione è eccezionale e in essa i TAR hanno cognizione, oltre sull’atto amministrativo, sul rapporto e possono emettere sentenze di annullamento e sentenze di condanna al pagamento di somme e in ordine ai diritti patrimoniali consequenziali18. Con riferimento alle sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro è necessario sottolineare come, sulla base del tenore letterale dell’art. 26 della legge n°1034 del 1971, esse, secondo parte della dottrina, sono ammissibili solo laddove il TAR abbia, oltre alla giurisdizione esclusiva, anche quella di merito19.

17

Cfr. CERULLI IRELLI, “La giurisdizione amministrativa nella Costituzione”, www.astrid-oline.it/rassegna/Rassegna-28/20-11-2009/Cerulli_Irelli_La_giurisdizione_amministrativa_nella_Costituzione_09 _10_09.pdf.

18

Art 7 della L.n°205 del 2000. 19

Cfr. L’ambito ed i caratteri della giurisdizione esclusiva dei TAR, www.ildirittoamministrativo.net/giursdizione-esclusiva-tar.htm.

(18)

18

Infine, è doveroso ricordare quanto previsto dall’art. 30, t.u. Cons. St e dall’art. 7, l. TAR; essi, attribuendo al giudice ordinario sia le questioni pregiudiziali concernenti stato e capacità e all’incidente di falso sia le questioni attinenti a diritti patrimoniali anche consequenziali alla pronuncia di legittimità dell’atto o provvedimento contro cui si ricorre, limitavano la conoscibilità e la decidibilità dei diritti in giurisdizione esclusiva. La dottrina ha spesso criticato l’ambiguità della formula “diritti patrimoniali consequenziali” e l’incongruità della disciplina, arrivando anche ad esprimere dubbi sul suo effettivo valore normativo auspicando l’abrogazione della riserva ritenuta generatrice di instabilità pratica e di contraddizione sistematica20. La giurisprudenza regolatrice della Corte di Cassazione, dal canto suo, aveva dato un’interpretazione restrittiva dell’espressione, facendo rientrare nel patrocinio del giudice amministrativo le controversie risarcitorie in materia di concessioni ex art. 5, 1. TAR21. Inoltre, le Sezioni Unite, nell’ambito del pubblico impiego, hanno ridimensionato il potere del giudice ordinario, a favore di quello del giudice amministrativo, andando a restringere la riserva della questione patrimoniale consequenziale a casi specifici di previo annullamento dell’atto illegittimo (in via giudiziale, ovvero di sua revoca in sede di autotutela)22; in

20

A. ROMANO TASSONE, Sulla genesi della formula “diritti patrimoniali consequenziali”, in Studi per Lorenzo Campagna, II, Milano, Giuffrè, 1980, p. 303-324; F. PISILLO, Competenza esclusiva del giudice amministrativo e “questioni patrimoniali conseguenziali”, in Dir. Proc. Amm., 1984, p.234 ss. 21

Cass., sez. un., 21 maggio 1982, n°6132 (inedita); Cass., sez. un., 24 novembre 1994, n°9969 (inedita); Cass., sez. un., 28 novembre 1996, n° 10614, in Foro amm., 1998, p. 2641; Cass., sez. un., 21 febbraio 1997, n°1618.

22

Cass. Sez. un., 29 novembre 1997, n°11890, in Giust. Civ., 1998, I, p. 1960; Cass., sez. un., 19 marzo 1997, n° 2436, in Giust. Civ. 1997, I, p. 2785. Cass., sez. un., 29 novembre 1996, n°10677, in Giust. Civ., 1997, I, p. 2786.

(19)

19

questo modo le materie di giurisdizione esclusiva sono state estese con sempre maggiore ampiezza dalle leggi.

1.3 Il Decreto Legislativo n°80 del 1998 e la Legge n°205 del 2000

L’orientamento del legislatore a favore della giurisdizione esclusiva ha avuto una svolta decisiva alla fine degli anni ’90 con l’adozione degli artt. 33 e ss. del decreto legislativo 80 del 1998 attuativo della delega di cui all’art. 11, 4°co., lett g) della legge n°59 del 1997; articoli poi novellati mediante l’inserimento nell’art. 7 della legge n°205 del 2000.

In queste norme, effettivamente, la giurisdizione esclusiva ha avuto una estensione precedentemente inusitata sia mediante la previsione tra le materie che ne sono oggetto, dei ‘servizi pubblici’ (art. 33), sia attraverso l’estensione della giurisdizione esclusiva in materia di urbanistica ed edilizia, anche alle controversie concernenti “comportamenti” delle Pubbliche Amministrazioni soggetti alle stesse equiparate (art 34)23. Inoltre, Cass., sez. un., 14 novembre 1996, n°9972 (inedita); Cass., sez. un., 1 ottobre 1996, n°8593 (inedita); Cass., sez. un., 23 giugno 1995, n°7008, in Giur. It., 1996, I, c. 978; Cass., sez. un., 13 aprile 1995, n°4208; Cass., sez. un., 8 febbraio 1995, n° 1444 (inedita); Cass., sez un., 10 giugno 1994, n°5643, in Rass. Avv. St., 1994, I, p. 458; Cass., sez. un., 26 maggio 1994, n°5123, in Resp. Civ. prev., 1994, p. 1083; Cass., sez. un., 25 novembre 1993, n°11649, in Giust. Civ., 1994, I, p. 1571.

23

Cfr CERULLI IRELLI, “La giurisdizione amministrativa nella Costituzione”, www.astrid-oline.it/rassegna/Rassegna-28/20-11-2009/Cerulli_Irelli_La_giurisdizione_amministrativa_nella_Costituzione_09 _10_09.pdf.

(20)

20

l’art 35, 4°comma del d.lg. 80 del 1998 ha riformulato l’art 7, 3°comma, l. TAR (abrogando implicitamente il corrispondente art. 30, t.u. Cons. St.) e ha attribuito al giudice amministrativo la giurisdizione sulle questioni patrimoniali consequenziali senza distinzione tra ipotesi di giurisdizione esclusiva tradizionale e ipotesi di giurisdizione esclusiva ai sensi degli artt. 33 e 34 dello stesso decreto; in questo modo è venuto meno il limite alla giurisdizione esclusiva consistente nei “diritti patrimoniali consequenziali”. Questa norma ha suggellato il processo di restrizione progressiva dell’ambito di applicabilità della riserva al giudice ordinario imponendo di guardare alla giurisdizione esclusiva in una prospettiva non più condizionata da quei limiti, in stretta correlazione con l’art. 35, 1°comma, secondo cui il giudice amministrativo “nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso le reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto” 24

.

Dunque, la norma delegante, cui sono seguiti gli artt. 33, 34 e 35 del decreto legislativo n°80 del 1998, ha segnato un cambiamento di rilievo storico nell’ordinamento, in quanto il tradizionale criterio di riparto delle giurisdizioni, fondato sulla causa petendi, è stato soppiantato e sostituito dal criterio della “materia”25

; e così le ipotesi di giurisdizione esclusiva, non sono più configurabili alla stregua di circoscritte aree ritagliate in base

24

SASSANI, “La giurisdizione esclusiva”, in Trattato di diritto amministrativo a cui di CASSESE, Milano Giuffré, 2003, V tomo, 2°edizione, p. 4667.

25

Si è reso residuale il tradizionale criterio generale di riparto, basato sulla distinzione tra diritti e interessi legittimi e sono stati rimessi alla sola cognizione del giudice amministrativo i diritti e gli interessi, nelle vaste materie in considerazione.

(21)

21

alla distinzione fra interessi legittimi e diritti soggettivi, ma hanno subito una forte espansione. Ciò significa che il criterio tradizionale sopra detto può operare solo in via residuale e cioè al di fuori delle aree nelle quali opera il criterio della materia.26

Il superamento del meccanismo della doppia tutela ha comportato una rivalutazione della giurisdizione esclusiva; infatti, è venuta meno la possibilità di considerare tale giurisdizione come un forma peculiare di giurisdizione di legittimità eccezionalmente estesa propter opportunitatem a posizioni di diritto soggettivo. In questo modo si è confermata la tesi di chi affermava che la specificità della giurisdizione esclusiva stesse proprio nel prevedere un processo in cui il giudice conosca congiuntamente, unitariamente e pienamente le controversie incentrate su rapporti, controversie sfocianti comunque in accertamento delle posizioni reciproche delle parti indipendentemente dall’inquadramento della posizione del privato in termini di interesse o di diritto. Inoltre, la riscrittura dell’art. 35 da parte dell’art. 7, legge n°205 del 2000 oltre a confermare questo assetto per la giurisdizione esclusiva, ha attribuito al giudice in giurisdizione generale di legittimità il potere di decidere dei diritti patrimoniali consequenziali ed ha assimilato a questi “tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno”. Però, tale legge, prevedeva che la cognizione del medesimo diritto spettasse al giudice di legittimità solo nel caso in cui esso trovasse la sua fattispecie nell’effettivo esercizio di tale giurisdizione; altrimenti, la tutela giurisdizionale del diritto al risarcimento era di competenza del giudice civile

26

L. BERTONAZZI, In tema di giurisdizione esclusiva, in Riv. dir. Proc. Amm., 2000,III, p. 959.

(22)

22

secondo la clausola generale dell’ordinamento sulla falsariga della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n°500 del 1999. Situazione completamente diversa si prospettava nel caso in cui il diritto al risarcimento del danno era ricollegato a materie attribuite alla giurisdizione esclusiva, in tale situazione si prevedeva che le relative controversie spettassero pleno jure (e senza eccezioni) al giudice amministrativo. La legge n°205 del 2000, quindi, non affermava l’esistenza di una aprioristica giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per la materia del risarcimento del danno ingiusto da c.d. “lesione di interesse legittimo”27.

Tutte queste considerazioni fecero sorgere il problema della sistemazione concettuale della giurisdizione esclusiva e l’esigenza di una disciplina apposita del processo di tale tipo di giurisdizione. Sorsero, in quegli anni, opinioni contrastanti sul tema. Alcuni ritenevano che l’istituzione della giurisdizione esclusiva avrebbe comportato solo un’eccezionale estensione della causa petendi, ma non avrebbe inciso né sul tipo di giurisdizione, che si determinava di legittimità o di merito, né sui poteri del giudice, né sul rito (rito e poteri che sarebbero stati conformati dal tipo base di giurisdizione)28, e tale visione si basava sulla distinzione, compiuta dalla giurisprudenza29, tra il regime dei c.d. “atti autoritativi” e il regime dei c.d. “atti

27

Cfr. SASSANI, “La giurisdizione esclusiva”, in Trattato di diritto amministrativo a cui di CASSESE, Milano Giuffré, 2003, V tomo, 2°edizione p. 4667.

28

Si rinvia a R. MEREGAZZI, “La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, in Atti del Congresso celebrativo del centenario delle leggi amministrative di unificazione”, Milano, Giuffrè, 1968, p.21.

29

Cons. St., sez. V, 1 dicembre 1939, n°795, in Foro amm., 1941, I, p. 42 ss. “Caso Ricardi”.

(23)

23 paritetici”30

e portava a separare concettualmente una giurisdizione esclusiva in materia di interessi legittimi da una giurisdizione esclusiva in materia di diritti soggettivi. Invece, altri ritenevano che la giurisdizione esclusiva fosse un tipo di giurisdizione distinto da quella di legittimità e da quella di merito e questo determinava l’ampliamento della portata materiale della giurisdizione del giudice amministrativo, attribuendogli anche la cognizione dei diritti soggettivi in date materie.

1.4 La sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004, n°204

Le disposizioni contenute negli artt. 33 e 34, decreto legislativo n°80 del 1998 hanno fatto sorgere un lungo dibattito riguardante l’opportunità di un mantenimento di un sistema duale di giurisdizioni, in quanto hanno sperimentato un’operazione che, essendo volta a trasformare oltre che quantitativamente anche qualitativamente e ontologicamente l’oggetto della cognizione del giudice amministrativo in sede esclusiva, presupponeva un

30

SASSANI op. cit p. 4670 “... venivano postulati due tipi di atti

dell’amministrazione assoggettabili a giudizio: da un lato quelli “autoritativi”, cioè provvedi mentali e, in quanto espressivi della supremazia del soggetto pubblico, correlati a meri interessi legittimi, e soggetti a meccanismo impugnatorio entro l’ordinario termine di decadenza, e, dall’altro, quelli c.d. “paritetici” cioè espressione di situazioni in cui l’azione dell’amministrazione si pone sullo stesso piano della sua controparte privata, e rispetto ai quali –dovendosi applicare l’ordine concettuale che presiede al trattamento processuale degli atti di diritto privato - appare concepibile una tutela dichiarativa soggetta solo agli ordinari termini di prescrizione…”.

(24)

24

radicale ripensamento delle fisionomia stessa del sistema di giustizia amministrativa. Però, in opposizione a tale operazione normativa di ampliamento legislativo delle ipotesi di giurisdizione esclusiva, una parte della dottrina e della giurisprudenza ha voluto rilanciare il mito dell’unità della giurisdizione; infatti, la Corte Costituzionale, attraverso la sentenza n°204 del 2004, avviò una fase diversa, che aveva lo scopo di delimitare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Tale sentenza intervenne sulla questione relativa alla compatibilità degli artt. 33 e 34, decreto legislativo n°80 del 1998, con l’art. 103 della Costituzione che prevedeva, e prevede, che le ipotesi di giurisdizione esclusiva possono essere individuate dal legislatore solo limitatamente a “particolari materie”; per questo la Corte Costituzionale sostenne che la previsione della Carta Fondamentale stabilisse un limite alla discrezionalità legislativa, imponendo che fosse considerata la natura delle situazioni soggettive coinvolte e non il mero dato, puramente oggettivo, delle materie. Infatti, sempre secondo la Corte “il vigente art. 103, 1°comma, Cost., non ha conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare “particolari materie” nelle quali “la tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione” investe “anche” diritti soggettivi”31

. Ciò sta a significare che il legislatore ordinario ha il potere di ampliare l’area della giurisdizione esclusiva ma solo con riguardo alle materie (in tal senso particolari) che, in assenza

31

(25)

25

di tale previsione, spetterebbero alla giurisdizione generale di legittimità in quanto in esse vi opera la Pubblica Amministrazione-autorità32. In tal modo la Corte Costituzionale rimarcò che il criterio fondamentale fondato sulla causa petendi era tutt’altro che superato e, inoltre, da ciò ne conseguì che sia la mera partecipazione della Pubblica Amministrazione al giudizio, sia il generico coinvolgimento nella controversia di un interesse pubblico non fossero stati sufficienti a radicare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che restava comunque strettamente collegata con l’esercizio del potere pubblico. Inoltre, l’allargamento delle ipotesi di giurisdizione esclusiva escludeva l’assoggettabilità al sindacato della Cassazione per violazione di legge (art. 111 Cost.) delle controversie attribuite al giudice amministrativo, atteso che avverso le decisioni del Consiglio di Stato (anche di quelle relative ai diritti) è possibile il ricorso per Cassazione soltanto per motivi attinenti alla giurisdizione, mentre questi limiti non sussisterebbero ove la pronuncia sui diritti fosse rimasta al giudice ordinario: in tal modo però non era garantita l’uniforme applicazione del diritto, quando il giudice amministrativo fosse stato a conoscenza di controversie analoghe a quelle giudicate dal giudice ordinario. La ragione della scelta effettuata dalla Carta Costituzionale era comprensibile chiaramente ponendo mente ad un sistema nel quale il giudice amministrativo si occupa di questioni diverse da quelle giudicate dal giudice ordinario: ove invece il primo conosca anche di diritti soggettivi, la limitazione del sindacato operato dalla Suprema

32

Crf. GAROFOLI, “La giurisdizione esclusiva nel codice del processo amministrativo: evoluzione, dubbi interpretativi e posizioni antistoriche”, www.neldiritto.it/appdottrina.asp?id=5693#.VPWMYbYPCT.

(26)

26

corte apriva la via a orientamenti contrastanti dei due ordini giurisdizionali33.

Sulla base di tali criteri, quindi, la Corte dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 33 del decreto legislativo n°80 del 1998, non solo in riferimento alla materia dei servizi pubblici che presentava confini non chiari, ma anche per il riferimento a “tutte le controversie” ricadenti in tale settore dal momento che tale previsione era totalmente svincolata dalla natura delle posizioni giuridiche coinvolte, facendo rientrare nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo controversie in cui non sussistevano legami con posizioni di interesse legittimo e quindi in cui la Pubblica Amministrazione non agiva in alcun modo in veste di Autorità.

Analoghi rilievi sono stati svolti con riguardo all’art. 34 del decreto legislativo n°80 del 1998, che la Corte dichiarò costituzionalmente illegittimo nella parte in cui, comprendendo nella giurisdizione esclusiva, oltre gli “atti e i provvedimenti” attraverso i quali la Pubblica Amministrazione svolgeva la sua funzione pubblicistica in materia di urbanistica ed edilizia, anche

“i comportamenti”, la estendeva a controversie nelle quali la

Pubblica Amministrazione non esercita, nemmeno mediatamente (e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici), alcun potere pubblico.34

33

Cfr. CASSETTA “Compendio di diritto amministrativo”, Giuffrè Editore, 7°edizione, p. 33.

34

RAGANATO, “La giurisdizione esclusiva del G.A. alla luce della giurisprudenza della Corte Costituzionale”, http://www.iusexplorer.it/Publica/FascicoloDossier/La_giurisdizione_esclusi va_del_G_A__alla_luce_della_giurisprudenza_della_Corte_Costituzionale/?i dDocMaster=3580088&idDataBanks=19&canale=13.

(27)

27

La sentenza n°204 del 2004, quindi, nel pretendere l’inerenza all’esercizio del potere della controversia di cui può conoscere, anche in sede di giurisdizione esclusiva, il giudice amministrativo, e nell’escludere che quest’ultimo possa occuparsi del contenzioso riguardante i “comportamenti” e le relative implicazioni risarcitorie, ha fatto nascere diverse dispute, in larga parte svoltasi attorno alla definizione della nozione di “comportamento”, come tale sottratto all’ambito cognitorio del giudice amministrativo.

Maggiormente si è ritenuto che per i giudici costituzionali il comportamento, ossia ciò che non è di competenza del giudice amministrativo, fosse l’intervento non autoritativo dell’amministrazione, non il “non atto”. Più precisamente, stabilito che non c’è comportamento in caso di esercizio del potere, si è preso atto del fatto che non sempre l’esercizio del potere si materializza nell’adozione di una determinazione provvedimentale.

Nell’ambito della nozione di comportamento, quindi, è necessario distinguere i comportamenti in senso tecnico, cioè le condotte dell’amministrazione del tutto svincolate dall’esercizio del potere, dai comportamenti c.d. “amministrativi” che, collegati all’esercizio, pur se illegittimo, di un pubblico potere, continuano a rientrare nella giurisdizione del giudice amministrativo35.

Tali argomentazioni sono state poi riprese dalla stessa Consulta nella sentenza n°191 del 2006, con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 53, 1°comma del D.P.R. n°327 del 2001 nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di

35

(28)

28

espropriazioni anche relativamente ai “comportamenti delle

pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparate”,

non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediamente, all'esercizio di un pubblico potere. Però, a differenza della sentenza del 2004, tale sentenza del 2006 non ha considerato illegittimi i “comportamenti” causativi di un danno ingiusto36 dal momento che essi costituiscono esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità e/o di indifferibilità e urgenza) e possono quindi essere ricondotti all’esercizio del pubblico potere dell’amministrazione.

Più precisamente, mentre la sentenza n°204 del 2004, eliminando dal disposto di cui all'art. 34 del decreto legislativo n°80 del 1998 il riferimento ai “comportamenti” della Pubblica Amministrazione, ha di fatto ridotto l'ambito oggettivo della giurisdizione esclusiva, ritenendo che nelle controversie sui comportamenti della Pubblica Amministrazione non venga in rilievo l'esercizio della funzione pubblica, neppure indirettamente; invece, la sentenza n°191 del 2006 ha chiarito, non eliminando dall'art. 53, 1°comma, del D.P.R. n°327 del 2001, il riferimento ai “comportamenti” (ed, in tal senso, “correggendo il tiro” della precedente pronuncia), come anche con riguardo all'attività non provvedimentale della Pubblica Amministrazione tutto ruoti intorno al collegamento con l'esercizio del potere pubblico.

Concludendo, possiamo dire che è stata ritenuta conforme alla Costituzione la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative a “comportamenti” collegati all’esercizio, pur se illegittimo, di un

36

(29)

29

potere pubblico, non anche di “comportamenti” posti in essere in carenza di potere ovvero in via di mero fatto37. Da ciò deriva che il sistema di riparto di giurisdizione del giudice amministrativo, sia in sede di legittimità sia (in particolare) in sede esclusiva, risulta strettamente connesso alla veste autoritativa assunta dalla Pubblica Amministrazione. Sicuramente, tale veste sarà più facile da identificare quando l’attività amministrativa si esplichi attraverso atti e provvedimenti formali, ma sarà più problematica la sua identificazione allorquando l'attività amministrativa si compia attraverso comportamenti dovendosi distinguere tra c.d. comportamenti amministrativi e c.d. comportamenti in via di mero fatto, a seconda che tali comportami siano o meno collegati all’esercizio del potere da parte della Pubblica Amministrazione. È quindi necessario tracciare una linea di discrimen fra questi due tipi di comportamenti: in primo luogo vanno escluse dal novero dei comportamenti amministrativi le condotte che la Pubblica Amministrazione tiene nell’esercizio dei poteri privati che le competono, non nella qualità di autorità ma, nelle vesti privatistiche di datore di lavoro, di creditore, di contraente e di socio. In secondo luogo, al contrario, anche il provvedimento nullo, in quanto esistente e qualificabile come tale, deve considerarsi un esercizio, ancorché gravemente malato e

37

Cfr. V. RAGANATO “La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alla luce della giurisprudenza della Corte Costituzionale” “deve ritenersi conforme a Costituzione la devoluzione alla giurisdizione

esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative a comportamenti collegati all'esercizio, pur se illegittimo, di un pubblico potere” (cd. comportamenti amministrativi); mentre “deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima la devoluzione alla giurisdizione esclusiva di comportamenti posti in essere in carenza di potere ovvero in via di mero

fatto (cd. comportamenti meri)”,

http://www.iusexplorer.it/Publica/FascicoloDossier/La_giurisdizione_esclusi va_del_G_A__alla_luce_della_giurisprudenza_della_Corte_Costituzionale/?i dDocMaster=3580088&idDataBanks=19&canale=13.

(30)

30

originariamente inefficace, del potere e quindi rientrante fra i comportamenti amministrativi. Inoltre, in riferimento alla carenza di potere possiamo dire che: l’atto affetto da carenza in astratto difetta del presupposto (l’esistenza della norma attributiva del potere), affinché esista un potere da spendere, con la conseguenza che si tratta di un atto inesistente; invece, la nozione di carenza in concreto sembra ricondotta nei casi di cattivo uso del potere che decretano l’annullabilità ai sensi della legge del 1990, n°241, art. 21octies.

Infine, la sentenza n°140 del 2007 della Corte Costituzionale ha chiarito che rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche la cognizione dei diritti fondamentali o inaffievolibili visto che non esiste una norma che riservi esclusivamente al giudice ordinario, escludendo il giudice amministrativo, la tutela dei diritti costituzionalmente protetti.

1.5. La giurisdizione esclusiva nel codice del processo amministrativo

Dopo vari interventi legislativi settoriali e incoerenti, il Parlamento sentì l’esigenza di conferire una delega al Governo, attraverso la legge n°69 del 18 giugno 2009, per poter disciplinare in modo organico il processo amministrativo. Il Governo, a sua volta, avvalendosi della facoltà concessagli dalla legge, affidò la redazione del testo del decreto legislativo al Consiglio di Stato, anche se poi, in sede di approvazione

(31)

31

introdusse delle modifiche sostanziali. Con il decreto legislativo n°104 del 2 luglio 2010 furono approvati quattro allegati: il primo è il codice del processo amministrativo, il secondo contiene le norme d’attuazione al codice, il terzo le norme transitorie e il quarto le norme di coordinamento e le abrogazioni.

In questo modo è stato introdotto per la prima volta nel nostro Paese un ‘codice’ del processo amministrativo38

. In generale la nuova normativa sembra in stretta correlazione con le disposizioni e gli orientamenti giurisprudenziali pregressi e quindi, anche se non sono mancate innovazioni, esso segue l’esigenza di inserirsi e continuare l’assetto precedente.

In quest’ottica di continuità si pone anche l’art.7 c.p.a. 39

, norma riguardante il riparto di giurisdizione del giudice amministrativo; infatti, al 1°comma, utilizzando una formula che riprende il discorso argomentativo contenuto nella sentenza n°204 del 2004 e nella sentenza n°191 del 200640, devolve alla

38

Cfr. TRAVI, Lezioni di Giustizia Amministrativa, Torino, Giappichelli, 2000, p. 45.

39 Art. 7, 1°comma c.p.a. “Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico”; art. 7, 5°comma c.p.a. “Nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall'art. 133, il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi”.

40

Cfr. Relazione di accompagnamento al codice del processo amministrativo

“l’art. 7 definisce la giurisdizione del giudice amministrativo in ossequio alle norme costituzionali e ai noti principi affermati dalla Corte Costituzionale, in particolare nelle sentenze 6 luglio 2004, n°204 e 11 maggio 2006 n°191. In applicazione di tali regole e principi la giurisdizione amministrativa è strettamente connessa all’esercizio o al mancato esercizio del potere amministrativo e in tale ambito rientrano in essa le controversie concernenti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente a detto potere”.

(32)

32

giurisdizione amministrativa, sia di legittimità che esclusiva, le controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e (utilizzando almeno in parte l’art. 103 della Costituzione) di diritti soggettivi in particolari materie. Sempre al 1°comma, l’art. 7 delimita l’ambito di giurisdizione attraverso il criterio della natura di diritto della posizione dedotta in giudizio, invero, possono venire in rilievo le sole controversie concernenti

“l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni”41.

Però, a differenza della Corte Costituzionale che, soprattutto nella sentenza n°204 del 2004, aveva utilizzato in negativo il riferimento ai comportamenti, nel senso cioè, di individuare tutte quelle controversie non riconducibili nell’ambito della stessa, e quindi escludendo che alla giurisdizione esclusiva potessero essere attratti quei comportamenti oggetto di controversie “…

nelle quali la pubblica amministrazione non esercita, nemmeno mediatamente -e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici- alcun pubblico potere”,

l’art. 7 c.p.a. delinea la giurisdizione amministrativa in positivo, nel senso di individuare tutte le controversie rientranti nell’ambito della stessa, includendo, quindi, espressamente nella giurisdizione amministrativa le vertenze nelle quali si faccia questione di “comportamenti” riconducibili “anche mediatamente” all’esercizio del potere42

.

41

Cfr. GAROFOLI, op, cit.

42

GAZZETTA, I comportamenti della Pubblica Amministrazione,

(33)

33

Per poter capire l’effettiva ampiezza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è necessario analizzare in modo ancora più approfondito la nuova previsione normativa; è obbligatorio, quindi, chiarire cosa si intenda per “mancato esercizio del potere amministrativo” così da dare a tale affermazione la giusta interpretazione in modo che l’art. 7 non si ponga in contrasto con quanto previsto dall’art. 103 Cost., dall’art 76 Cost. e dalla legge del 2009 n°69, art 4443; oltre a ciò, diventa centrale comprendere l’esatta identificazione dei comportamenti che, legati mediatamente al potere, vanno assoggettati al vaglio del giudice amministrativo.

Bisogna iniziare ad esaminare la questione tenendo conto del fatto che lo stesso art. 7 del codice devolve, come abbiamo detto, alla giurisdizione amministrativa anche le controversie nelle quali venga in discussione il mancato esercizio del potere amministrativo; la previsione si presta a due contrapposte interpretazione. Secondo la prima può ritenersi che il primo comma dell’art. 7 dia, al giudice amministrativo, la possibilità di conoscere anche dei comportamenti materiali della amministrazione che si inseriscono in una fattispecie in cui il potere non sia mai stato esercitato e anche ove tali condotte incidano su diritti soggettivi (tipico il caso dell’occupazione illegittima) nella ambito della giurisdizione esclusiva. La seconda

del potere, anche se posti in essere nell’ambito di un’attività paritetica della pubblica amministrazione, costituiscono il segmento di una sequenza procedimentale caratterizzata dall’esercizio di una potestà pubblica, e quindi essi non sono meri comportamenti e ciò comporta che essi possono essere attribuiti alla cognizione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo…”.

43

Legge del 2009, n°69, art 44 ha attribuito al Governo la facoltà di riordinare le norme sulla giurisdizione con il limite della conformità al diritto vivente, e segnatamente della giurisprudenza delle magistrature superiori.

(34)

34

interpretazione fa riferimento al mancato esercizio del potere che richiama le sole ipotesi in cui la Pubblica Amministrazione avrebbe dovuto esercitare il potere ed ha mancato di farlo. Trattasi quindi delle controversie riguardanti le ipotesi di c.d. silenzio-rifiuto; tale opzione interpretativa potrebbe per prima cosa apparire recessiva attesa la sua attitudine ad implicare un giudizio di superfluità dell’art. 7 nella parte che si esamina; come è noto le controversie del c.d. silenzio sono da sempre attratta alla giurisdizione amministrativa. Sennonché nell’esaminare la situazione prospettata occorre tenere conto della necessità di attendere ad una interpretazione costituzionalmente orientata del citato art. 7 del codice del processo amministrativo e del riferimento ivi contenuto alle controversie concernenti il mancato esercizio del potere amministrativo.

Già prima del codice del processo amministrativo, la giurisprudenza della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato aveva concordemente sostenuto che, perché possa ritenersi radicata la giurisdizione esclusiva amministrativa, la condotta materiale dell’Amministrazione deve essere correlata all’esistenza di atti amministrativi dei quali si chieda di accertare la legittimità o meno, la condotta materiale cioè deve essere sorretta dalla pregressa adozione di provvedimenti amministrativi.

Le Sezioni Unite, in specie, hanno ritenuto che la tutela giurisdizionale contro l'agire illegittimo della Pubblica Amministrazione spetta al giudice ordinario ogni volta che il diritto del privato non sopporti compressione per effetto di un potere esercitato in modo illegittimo o, se lo sopporti, quante volte l'azione della Pubblica Amministrazione non trovi

(35)

35

rispondenza in un precedente esercizio del potere, che sia riconoscibile come tale, perché a sua volta deliberato nei modi ed in presenza dei requisiti richiesti per valere come atto o provvedimento “e non come mera via di fatto”44

.

Per la Cassazione, dunque, la giurisdizione del giudice amministrativo presuppone un collegamento con l'esercizio “in concreto” del potere amministrativo. Essa, pertanto, va esclusa quando l'amministrazione agisca in posizione di parità con i soggetti privati, ovvero quando l'operare del soggetto pubblico sia ascrivibile a mera attività materiale, priva di una copertura provvedimentale45.

Il Consiglio di Stato, sebbene talvolta è giunto a esiti applicativi diversi da quelli previsti dalla Cassazione, ha sostenuto che sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie nelle quali si faccia questione di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità, con essa congruenti e ad essa conseguenti, anche se il procedimento all'interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo atto traslativo ovvero sia caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi46.

In base a tale visioni, quindi, vengono in rilievo come comportamenti omissivi le ipotesi di silenzio significativo, come il silenzio assenso (che si ha quando in un procedimento ad

44

Cass., s.u., 2 luglio 2009, n. 15469; da ultimo, id., 25 marzo 2010, n. 7160 e, prima, id. 12 settembre 2008, n. 23561; id. 19 aprile 2007, n. 9323; id. 2 aprile 2007, n. 8210; id. 28 febbraio 2007, n. 4632; id. 7 febbraio 2007, n. 2688; id. 31 ottobre 2006, n. 23339; id. 13 giugno 2006, n. 13659.

45

Cfr. Relazione tenuta al Convegno “Il codice del processo amministrativo”, Lecce, 12 novembre 2010.

46

Cons. St., A.P., 30 luglio 2007, n. 9; id. 22 ottobre 2007, n. 12; di recente, id., sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 92.

(36)

36

istanza di parte, l’amministrazione scaduto il termine non si pronuncia e tale silenzio legittima l’inizio dell’attività), il silenzio diniego (che si ha quando la legge collega all’inerzia della Pubblica Amministrazione il significato di un diniego dell’istanza) e il silenzio inadempimento (che opera quando per legge è disposto che il silenzio significhi rifiuto, non assume però alcun significato decisorio in quanto il terzo potrà ricorrere in sede giurisdizionale come per il silenzio inadempimento).

Per quanto riguarda, invece, i comportamenti mediatamente collegati all’esercizio del potere occorre dire che essi non sono diretta esecuzione di un provvedimento amministrativo, ma presentano un collegamento mediato col potere. Tali comportamenti, anche se posti in essere nell’ambito di un’attività paritetica della Pubblica Amministrazione, sono il segmento di una sequenza procedimentale caratterizzata dall’esercizio di una potestà pubblica e quindi essi non possono essere considerati come meri comportamenti (cioè svincolati dall’esercizio del potere e spettanti alla cognizioni del giudice ordinario) e la loro cognizione è attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in ossequio a quanto stabilito dalla stessa Corte Costituzionale. E’ emblematica l’originaria previsione dell’art. 53 d.p.r. n°327 del 2001, in base alla quale la Corte Costituzionale ha affermato che sussiste la connessione tra l’atto, anche se illegittimo, e il comportamento; essa non viene meno per il solo fatto che si riscontri l’illegittimità del primo, in quanto il comportamento risulta mediatamente collegato all’esercizio di un pubblico potere, nel senso che nel momento in cui il comportamento è stata attuato, sussisteva l’atto, il che vale a giustificare la giurisdizione del giudice amministrativo. Con

(37)

37

particolare riferimento ai comportamenti, quanto previsto dal primo comma dell’art.7 deve essere correlato al terzo comma dello stesso articolo, nel quale si precisa che “la giurisdizione amministrativa si articola in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed estesa al merito” e con il quarto comma, per il quale “sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle Pubbliche Amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma”.

Dall’analisi di queste disposizioni emerge che i comportamenti della Pubblica Amministrazione sono menzionati nel primo comma, relativo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ma non nel quarto comma, concernente l’area del giurisdizione generale di legittimità. Tale scelta è indice della volontà del legislatore di disciplinare in modo esplicito i soli comportamenti che presentano una correlazione più o meno marcata con il potere amministrativo, collocandoli nell’ambito che a loro risulta più adeguato, ovvero nella giurisdizione ordinaria, in quanto potenzialmente lesivi di diritti soggettivi, salvo prevedere per essi la cognizione del giudice amministrativo in sede esclusiva, come avviene esplicitamente per la materia di espropriazione per pubblica utilità (art. 133, 1°comma lett. g) c.p.a.)47.

Nel codice, oltre che nell’art. 7, la materia della giurisdizione esclusiva tratta anche all’art. 133 dove vengono

47

Cfr. E. GAZZETTA, “I comportamenti della Pubblica Amministrazione”,

(38)

38

elencate le varie materie in cui il giudice amministrativo esercita la giurisdizione sia sugli interessi legittimi che sui diritti soggettivi. L’importanza fondamentale della disposizione in commento ai fini dell’esatta individuazione della giurisdizione del giudice amministrativo è confermata dal fatto che il legislatore è intervenuto in più occasioni sull’art. 133 c.p.a., correggendo le ipotesi contemplate e introducendone di nuove.

In particolare, tali modifiche sono state apportate con il decreto legislativo n°75 del 2011, il decreto legislativo 31 marzo del 2011, n°58 e con il decreto legislativo n°195 del 2011. A tali ipotesi, poi, vanno aggiunte le ulteriori previsioni di legge, così come stabilito dal legislatore, al primo comma dell’art. 133. Tale argomento verrà trattato in modo più dettagliato nel prossimo capitolo.

Si può notare, per concludere sul punto, come le novità più significative apportate dal Codice del processo amministrativo abbiano interessato la giurisdizione generale di legittimità, piuttosto che quella esclusiva, e che le due tendano sostanzialmente allinearsi, sebbene non sia stato del tutto realizzato quel modello unico processuale della giurisdizione piena che ci si aspettava e la giurisdizione generale di legittimità non abbia perso del tutto il suo originario carattere impugnatorio-cassatorio.

Riferimenti

Documenti correlati

Nel programma sono presenti i cataloghi con i prodotti dei maggiori fornitori di luci artificiali; compresi di modelli tridimensionali, solidi fotometrici e altri dati tecnici.

L’ecografia del collo, ripetuta presso la Radiologia Pediatrica della Fondazione, mostrava la presenza di “una formazione espansiva grossolanamente ovalare,

della notificazione del ricorso (…) invocando il principio enunciato dall'art. 155, quinto comma, del codice di pro- cedura civile, secondo il quale, se un termine processuale

Among chronic lung diseases, non-cystic fibrosis bronchiectasis (NCFB) has recently received growing attention, mainly due to its increase prevalence worldwide, its impact on quality

Un altro nodo problematico attorno al quale si addensano le considerazioni di molti autori è infine quello della pressione quantitativa della documentazione con- temporanea che

Devonshire, “Extrait de l’histoire d’Égypte”.. Per concludere, si può affermare che gli scambi diplomatici ci permettono di accostarci alla problematica della parola del

Il Legislatore ha, quindi, dato impulso ulteriore a funzioni già esercitate dal P.M., sia nel giudizio annuale di parifica del rendiconto generale dello

In vista della necessità di separare due delle possibili coppie anomeriche derivanti dalla glutationilazione dell’HNE, i componenti della miscela relativa alla