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Il meccanismo di delegificazione

La delegificazione è un meccanismo con il quale il legislatore delega alle fonti

secondarie materie che in precedenza erano regolate da norme primarie. Tuttavia, è bene

327L'art.1c.2Tuf il legislatore provvede a dare una elencazione degli strumenti finanziari eventualmente integrata dalle fonti di rango regolamentare ai sensi dell'art.18c.5 Tuf. Su tali beni di secondo grado la contrattazione non è libera ma soggiace a un insieme di norme previste dal Tuf. In base a tale assunto il legislatore ha semplicemente denominato una fattispecie già esistente da distinguere ai fini della regolamentazione proprio per il carattere di interesse collettivo che rivestono gli scambi su tali beni. Riserva di legge ex art.41 c.3 cost. (Costi Enriques 2004). D'altra parte il fenomeno dell'innovazione finanziaria richiede una possibilità di ampliamento della categoria degli strumenti finanziari in relazione all'introduzione sul mercato di nuove tipologie. L'oggetto dell'innovazione è sempre un'attività

finanziaria con i suoi connotati in termini di natura dell'emittente di rapporto giuridico tra questi e il possessore di tasso di interesse di valuta di denominazione scadenza negoziabilità e altre condizioni accessorie.

L'art.18c.5 Tuf fronteggia due tipi di innovazione: una in termini di prodotto caratterizzato da un processo di scomposizione e ricomposizione delle caratteristiche elementari di strumenti finanziari già esistenti per dare origine a un nuovo strumento finanziario, l'altro sull'introduzione di condizioni di negoziabilità in un mercato regolamentato di prodotti finanziari già esistenti.

328Carbonetti '96: Anzitutto la classe e) è più ampia di quella delineata nel corrispondente terzo trattino dell'art.1n.4 della direttiva, in quanto comprende anche i titoli normalmente negoziati che permettono di acquisire, oltre che i valori mobiliari in senso tecnico, anche altri strumenti finanziari quali le quote di organismi di investimento collettivo e i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario. In secondo luogo, solo nella nozione interna, in tutte le classi dei contratti derivati l'oggetto e il parametro di riferimento possono essere costituiti da merci. Infine i contratti a termine (lett.h) sono definiti in termini più ampi della corrispondente sez.B dell'allegato alla direttiva.

evidenziare che quella del Tuf non è delegificazione in senso tecnico, intendendo per tale

quella esercitata mediante la procedura introdotta per i regolamenti governativi

329

. Il Tuf

invero disciplina “l'indice” della regolamentazione delle materie, in passato normate da una

moltitudine di leggi, e, nel contempo, istituisce un apparato fondato sulla “cogestione” del

potere normativo tra Parlamento e Autorità indipendente. Nell’istituire una disciplina di

fonte primaria meno invasiva rispetto a quella preesistente, il Tuf procede direttamente

all’abrogazione della marea di leggi che sistematizza: eppure il legislatore assume un

atteggiamento analogo a quello della delegificazione in senso tecnico, in quanto in

concreto devolve interi ambiti di materie al potere di normazione secondaria della

CONSOB

330

.

Analoga è la ratio, quella di ridurre l’inflazione legislativa e di accelerare gli iter

necessari per la normazione, troppo farraginosi almeno fintantoché si continuerà a vigere

in un sistema di bicameralismo perfetto. Nel caso del Tuf però il meccanismo è

dirompente, essendo incontestato il fatto che la materia è ormai derubricata alla sede

regolamentare e potendo tranquillamente una deliberazione successiva della CONSOB

abrogare il regolamento precedente e disciplinare la medesima materia. Come nel caso dei

regolamenti governativi, una successiva legge potrebbe sempre intervenire per

“rioccupare” gli ambiti delegati (c.d.rilegificazione)

331

. Il parallelismo tra la delega ai

regolamenti governativi ed il rinvio alla normazione della CONSOB, inoltre, offre lo

spunto per un’ulteriore constatazione: la logica del Tuf, contrariamente alla soluzione dei

regolamenti governativi, si è concretizzata perfettamente e senza turbolenze ascrivibili al

periodo di rodaggio

332

.

329Nel senso che si tratta di delegificazione S. Nicodemo, Gli atti normativi delle Autorità indipendenti, Padova, 2000, p. 136, la quale, già in riferimento agli atti emanati ex art. 20 della l. 1/1991, sostiene che essi si possono “ricondurre alla categoria delle disposizione di forza regolamentare e di natura delegata”

Contra Filippo Durante per il quale non viene mutuato il congegno previsto dal secondo comma dell’art.

17 della l. 400/1988: ovvero il fatto che è la legge successiva, secondo il tradizionale criterio cronologico, ad abrogare quella precedente, quantunque sotto la condizione sospensiva dell’entrata in vigore dei regolamenti cui essa rinvia.

330Così M. Bessone, I mercati mobiliari, p. 4, rileva che la differenza con la delegificazione in senso tecnico è solo quantitativa e non anche qualitativa.

331Profilo che è da una parte costituzionalmente necessario, dall’altra costituisce la migliore garanzia che la scelta di attribuire il potere normativo a fonti subordinate sia nel tempo corroborata dal potere politico. 332La Consob operò ab initio la scelta di raccogliere le norme di specificazione al Tuf in tre blocchi –

coincidenti con le principali materie ad essa affidate: intermediazione, emittenti, mercati – in coerenza con la scelta di chiarezza alla base anche della creazione di un Testo Unico. Il risultato è che la

derubricazione di molte materie al rango di normazione secondaria esalta la chiarezza: si può senz’altro affermare, in questo settore molto più che in altri, che oggi nessun operatore può prescindere dalla profonda conoscenza delle norme secondarie, senza che questo fattore determini pregiudizio in termini di certezza del diritto.

Vale la pena puntualizzare che la delegificazione è un fenomeno potenzialmente

diverso da quello denominato deregolamentazione

333

; l’attribuzione di determinati compiti

normativi alle fonti secondarie comporta, anzi, una “ri-regolamentazione” e, comunque,

non è escluso che possa determinare una regolamentazione maggiormente intrusiva. Il

rischio, evidenziato da taluni autori, è che un ampio “mandato” alla normazione di

dettaglio possa indirettamente comportare maggiore pervasività dell’intervento statale

334

.

La CONSOB è comunque vincolata a conformarsi ad un principio di soft regulation

335

ad

elaborare quella che è stata definita “regolazione condizionale”

336

. La conseguenza è che la

delegificazione, in concreto, costituisce in questo campo comunque espressione di un

atteggiamento culturale di maggiore apertura verso l’autonomia privata.

8 Un nuovo spirito europeo

A causa della profonda trasformazione, nel corso dell'ultimo decennio, del mercato

europeo degli investimenti in strumenti finanziari, la direttiva 93/22/CE non fu sufficiente

per la creazione di un vero mercato comune dei servizi finanziari

337

.

Il Consiglio ECOFIN di Lisbona del 17 luglio 2000 istituì un comitato di saggi

presieduto da A. Lamfalussy con lo specifico incarico di elaborare una relazione sulla

333Ci si riferisce ai due sensi tradizionali di deregolamentazione, come evidenziati da A. La Spina e G. Majone, Lo Stato regolatore, Bologna, 2000, p. 127. Il primo coincide con la de-giuridificazione e consiste nella soppressione di una norma, nel declassamento di un fenomeno al ruolo di non giuridico: in tale senso è nozione assolutamente non coincidente con quella di delegificazione, che consiste invece in una ri-regolamentazione. Ma anche nella seconda accezione – quella di regole meno intrusive – essa non coincide necessariamente con il fenomeno della delegificazione, che, sebbene di fatto sia associata ad un atteggiamento maggiormente aperto verso il mercato, è altro concetto giuridico rispetto alla pervasività dello Stato e consiste solo in un’attribuzione di una fonte diversa. Stessa considerazione è realizzata da G. De Minico, Antitrust e Consob. Obiettivi e funzioni, cit, p. 59, che pure aderisce alla seconda accezione e definisce deregulation la devoluzione di poteri normativi compiuta a favore delle agencies statunitensi. 334G. Bruzzone, La regolazione intrusiva oggi, in Mercato Conc. Regole, 2002, p. 467, secondo cui non

esiste necessariamente correlazione tra numero di testi legislativi e regolazione intrusiva. Sul rischio che dalla “ri-regolazione” possa discendere, sotto mentite spoglie, un nuovo modello di regolazione intrusiva, anche S. Cassese, Soffocati da troppe regole, in Il Sole 24 Ore, 16 novembre 1998.

335M. Bessone, I mercati mobiliari, cit, p. 9, evidenzia il ruolo di protagonista svolto dai mezzi e dagli istituti del diritto privato, il cui intero repertorio è utilizzato da soggetti pubblici. Secondo Bessone, la scelta del pluralismo e della privatizzazione e, dunque, dell’abbandono di qualsiasi policy di pubblica direzione è stata compiuta, e “modalità di ordinamento della materia diverse…appartengono ad un passato che non ritornerà”.

336S. Cassese, La Commissione Nazionale per le Società e la Borsa-Consob e i poteri indipendenti, in Riv.

Soc., 1994, p. 416, evidenzia come la CONSOB regola processi, non risultati, e che l’interesse principale

quello dei privati, non quello statale. 337Stefano Bastianon 2008.

regolamentazione dei mercati dei valori mobiliari in Europa. La relazione presentata da

questo comitato introdusse una nuova tecnica legislativa strutturata su un approccio a

quattro livelli, noto come “approccio Lamfalussy” e finalizzata a creare un impianto

giuridico che rispondesse alle esigenze di celerità, efficienza e flessibilità nella

regolamentazione del mercato finanziario.

Al primo livello è prevista l'adozione da parte delle istituzioni comunitarie attraverso

la procedura di co-decisione ex art.251 del Trattato di Roma, di direttive o regolamenti

contenenti i principi quadro dell'azione comunitaria in materia di servizi finanziari. Al

secondo livello l'adozione da parte della Commissione sulla base dei pareri del CESR

(Committee of European Securities Regualtors

338

) e del ESC (European Securities

Committee

339

) in conformità alla procedura di comitologia

340

di atti di primo livello. Al

terzo livello viene previsto il rafforzamento della cooperazione tra le varie autorità

nazionali di vigilanza dei mercati finanziari riunite in seno al CESR al fine di assicurare

un'effettiva e uniforme trasposizione a livello interno degli atti normativi di primo e

338Decisione della commissione 2001/527/CE che istituisce il comitato delle autorità europee di

regolamentazione dei valori mobiliari poi modificata dalla decisione 2004/7/CE. Detto comitato ha natura prettamente tecnica ed è composto da rappresentanti ad alto livello delle autorità nazionali pubbliche competenti per il settore dei valori mobiliari. Questo ha il compito di assistere la Commissione (fuori dalla comitologia) nelle questioni connesse alle politiche in materia di valori mobiliari nonché nella preparazione di progetti di misure di esecuzione sia su richiesta della Commissione che di sua iniziativa. Nella fase 3 detto istituto quale comitato di regolamentazione indipendente di legislatori nazionali con l'incarico di seguire nel dettaglio l'applicazione della nuova regolamentazione da un lato coordina l'attività di recepimento da parte dei singoli stati membri dall'altro assicura che vi sia convergenza a livello sia di regolamentazione che di supervisione, attraverso interpretazioni, raccomandazioni, chiarimenti e standard comuni, promuovendo lo scambio di informazioni e fornendo indicazioni alle autorità nazionali che devono adottare gli atti amministrativi.

339Decisione della commissione 2001/528/CE che istituisce il comitato europeo dei valori mobiliari poi modificata dalla decisione 2004/8/CE. Detto comitato ha natura prettamente politica ed è composto da rappresentanti di alto livello degli Stati membri. Questo in qualità di comitato di regolamentazione ha il compito di assistere la Commissione nelle questioni inerenti alle politiche nel settore dei valori mobiliari nonché in merito ai progetti di proposte di legge che la Commissione decida di adottare in materia. 340Comitologia art. 202 Trattato CE; Decisione 28 giugno 1999, n. 468/1999/CE. Termine che indica lo

studio del ruolo e dei poteri delle diverse istituzioni comunitarie. In particolare, la comitologia punta la sua attenzione sul processo decisionale, che viene sempre più delegato ad appositi comitati piuttosto che esercitato dalle istituzioni deputate. In effetti, anche se la Commissione delle Comunità europee dispone in principio della totalità del potere esecutivo, deve comunque tener conto dei pareri dei comitati speciali incaricati dal Consiglio dell’Unione europea di assisterla. Tali Comitati sono da più parti considerati come organi che privilegiano le pratiche interstatali a scapito delle procedure comunitarie.

Il ruolo e i rapporti tra la Commissione ed i Comitati sono stati definiti dalla decisione del Consiglio, nel giugno 1999, che ha dettato le modalità a cui deve attenersi la Commissione allorquando deve emanare provvedimenti di esecuzione di atti del Consiglio. In particolare tale decisione distingue tra: comitato consultivo, il cui parere non è vincolante per la Commissione che può liberamente discostarsene; comitato di gestione, il cui parere è parzialmente vincolante, poiché la Commissione può adottare un

provvedimento difforme comunicandolo però al Consiglio; comitato di regolamentazione, il cui parere è vincolante. La natura del Comitato è deciso di volta in volta dal Consiglio, all’atto della delega alla Commissione della normativa di attuazione.

secondo livello. Al quarto livello un'attività di vigilanza e controllo da parte della

Commissione sul rispetto da parte degli stati membri degli obblighi derivanti dalla

normativa comunitaria e l'eventuale avvio da parte dell'esecutivo comunitario di procedure

di infrazione ai sensi dell'art.226 del Trattato di Roma.

A oggi le direttive di primo livello adottate in attuazione dell'approccio Lamfalussy

sono quattro: la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio

2003 relativa all'abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (c.d.

direttiva sugli abusi del mercato), la direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio del 4 novembre 2003 relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o

l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari (c.d. direttiva Prospetto), la direttiva

2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 Dicembre 2004

sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli

emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato

regolamentato (c.d. direttiva trasparenza) e la direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo

e del Consiglio del 21 Aprile 2004 relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MIFID).

La normativa di secondo livello è ugualmente ricca e variegata: in materia di abusi di

mercato (le direttive 2003/124-5/CE, 2004/72/CE e il regolamento n.2273/03), in materia

di prospetto informativo (il regolamento n.809/2004 modificato dal reg.n.1787/06), in

materia di trasparenza (la direttiva 2007/14) e con riferimento alla MIFID (la direttiva

2006/73/CE e il regolamento n.1287/06).