1. OUTBOUND OPEN INNOVATION: COMPRENSIONE DELLA STRATEGIA E
1.7. I mercati per le tecnologie e lo sviluppo di capacità dinamiche
Come si è precedentemente osservato, il valore delle tecnologie è un fattore di elevata importanza nel successo delle transazioni tecnologiche. La difficoltà che le aziende possono incontrare nel valutare le proprie tecnologie può far accrescere notevolmente i costi di transazione (Arora, Forsfuri e Gambardella, 2002). Le pratiche contabili e le norme, utilizzate in passato dalle aziende, erano basate sulla valutazione di beni materiali e tangibili. I beni immateriali come le tecnologie, invece, richiedono valutazioni differenti e più complesse. La compresione dei mercati per le tecnologie può aiutare in tale scopo. In particolare, attraverso l’esecuzione di transazioni nei mercati per le tecnologie si migliora la capacità di valutazione per le proprie tecnologie. Le transazioni infatti, forniscono una misura oggettiva dei beni precedentemente trasferiti e permettono di fare confronti in
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caso di situazioni analoghe. Le tecnologie sono beni altamente differenziati e il loro prezzo riflette fattori idiosincratici per entrambi, acquirente e venditore. Di conseguenza, qualsiasi misura monetaria potrebbe risultare non corretta. I mercati per le tecnologie consentono di considerare il contributo della tecnologia in vari campi, separandola dal contesto in cui è stata creata e quindi anche da altri beni materiali posseduti dall’azienda. Ciò assume particolare importanza per le imprese che non dispongono di risorse a valle per commercializzare le tecnologie dal momento che riuscirebbero ugualmente a beneficiare dalla tecnologia senza necessariamente acquisire capacità a valle (Arora, Fosfuri e Gambardella, 2002). Con mercato per le tecnologie ci si riferisce a transazioni che consentono l’uso, la diffusione e la creazione di tecnologie (Arora, Fosfuri, Gambardella, 2002). Le tecnologie si presentano in forme diverse, per esempio sotto forma di proprietà intellettuale (brevetti), beni intangibili (software) o servizi tecnici; inoltre, possono essere anche incorporate in prodotti finiti. Ciò implica che anche le transazioni possono assumere forme diverse: si può concedere in licenza la proprietà intellettuale ma anche stabilire collaborazioni mediante cui sviluppare ulteriormente tecnologia o crearne una nuova. (Arora, Fosfuri, Gambardella, 2002). I mercati per le tecnologie differiscono in modo significativo dai mercati per i prodotti (Ziegler, Ruether, Bader e Gassmann, 2013). E’ risaputo che un mercato funziona correttamente quando:
Acquirenti e venditori sono informati e consapevoli delle opportunità commerciali;
Si possono facilmente verificare le caratteristiche prestazionali e l’utilità dei prodotti;
Vi è la presenza di un gran numero di acquirenti e venditori; Si possono stipulare ed attuare contratti a basso costo.
I mercati per i prodotti soddisfano abbondantemente questi requisiti (Teece, 1998). Ciò non può essere riscontrato invece nei mercati per le tecnologie. Questi ultimi infatti sono caratterizzati principalmente da:
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Esiguo riconoscimento delle opportunità: in genere gli acquirenti non sono ben informati sui beni intangibili posseduti dalle altre aziende ed i venditori non sono in grado di individuare con facilità potenziali acquirenti per i propri beni. Limitata possibilità di negoziazione: spesso i venditori preferiscono non negoziare le proprie tecnologie a causa della paura che la divulgazione, seppur effettuata tramite accordi non-disclosure, possa in qualche modo compromettere i diritti della proprietà intellettuale.
Incerti diritti legali: i venditori potrebbero non essere ben consapevoli di fattori quali l’applicabilità di restrizioni d’uso e diritti di sublicensing. O semplicemente potrebbero non essere in grado di quantificare ed incassare royalties.
Varietà della proprietà intellettuale: sebbene possano essere svolte più transazioni per un determinato pezzo di proprietà intellettuale, la proprietà intellettuale è altamente variegata. Ciò può complicare lo scambio a causa della difficoltà che insorge nell’eseguire una corretta valutazione della stessa. Inoltre, sia acquirenti che venditori potrebbero desiderare di personalizzare le transazioni, provocando, di conseguenza un aumento dei costi delle transazioni e delle difficoltà nella definizione dello scambio (Teece, 1998).
Quindi, come possono le aziende sfruttare proficuamente i mercati per le tecnologie? La risposta a questo quesito risiede nel concetto di sviluppo delle capacità dinamiche.
Le capacità dinamiche possono essere definite come una raccolta aggregata di conoscenze, routine e strutture organizzative che consente all’azienda di "integrare, costruire e riconfigurare le competenze interne ed esterne per affrontare ambienti in rapido cambiamento" (Bianchi, Chiesa e Frattini, 2009; Teece et al. 1997). In tale contesto, il vantaggio competitivo non deriva esclusivamente dalle risorse possedute dall’impresa ma anche dal modo in cui quest’ultime vengono “manipolate” al fine della creazione del valore. In altre parole, lo sviluppo delle capacità dinamiche può essere visto come un insieme di processi strategici ed organizzativi specifici mediante cui convertire le risorse tecnologiche in valore economico (Bianchi, Chiesa e Frattini, 2009).
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Nel loro articolo “Exploring the microfoundations of external technology commercialization (ETC)”, Bianchi, Chiesa e Frattini hanno proposto un quadro teorico a supporto del processo di commercializzazione delle tecnologie (Figura 1) in cui si nota come lo sviluppo delle capacità dinamiche sia fondamentale nel raggiungimento delle performance desiderate.
Figura 1 – Quadro teorico a supporto a supporto del processo dell’ETC (fonte: Bianchi, Chiesa e Frattini, 2009)
Il quadro teorico è formato da quattro blocchi principali: Risorse, Performance, Capacità dinamiche e Fondamenti. I Fondamenti sono costituiti da: Organizzazione, Processi e Persone.
Risorse: equivalgono ai beni tecnologici, posseduti dall'azienda, potenzialmente in
grado di determinare un vantaggio competitivo se commercializzati esternamente.
Performance: rappresenta la quota di profitti derivanti dalla commercializzazione
delle tecnologie;
Capacità dinamiche: sono le capacità organizzative che un’azienda deve
sviluppare per sfruttare esternamente le risorse. Le capacità dinamiche possono essere disaggregate in due funzioni critiche:
Identificare nuove opportunità per la commercializzazione delle tecnologie: si riferisce alla capacità dell’azienda di filtrare e interpretare informazioni ottenute mediante l’esplorazione sia dei mercati che delle tecnologie esterne, al fine di individuare nuove opportunità per la
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commercializzazione delle tecnologie proprietarie e selezionare quelle con maggiori probabilità di successo.
Cogliere le opportunità precedentemente individuate: una volta individuata l’opportunità, l’azienda deve agire prontamente per realizzarla. Perciò la capacità di cogliere le opportunità si riferisce alla capacità dell’azienda di selezionare modelli di business e partner idonei alla commercializzazione delle tecnologie.
Fondamenti: sono definiti come l’insieme di processi, procedure, strutture
organizzative, regole decisionali e abilità distinte necessari allo sviluppo delle capacità dinamiche. Possono essere suddivisi in tre categorie:
Processi: Le soluzioni adottate dall'azienda in termini di fasi, attività e compiti per intraprendere concretamente la commercializzazione delle tecnologie. I processi dovrebbero essere supportati da opportuni strumenti manageriali quali: Metodologie di pricing dell’IP; Uso dei canali di comunicazione per segnalare l’intenzione di vendere una tecnologia; Uso di intermediari.
Organizzazione: Le dimensioni organizzative che facilitano lo sviluppo delle capacità dinamiche comprendono le strutture, le metriche e premi necessari per dirigere, controllare e motivare le persone a svolgere compiti critici.
Persone: Le abilità, le competenze e le conoscenze del personale sono fondamentali per lo sviluppo delle capacità dinamiche.
Da questo quadro teorico si evince che le risorse da sole, non sono sufficienti per raggiungere le prestazioni desiderate. Grazie allo sviluppo delle capacità dinamiche, un’azienda può essere in grado di trasformare le tecnologie in valore economico (Bianchi, Chiesa e Frattini, 2009).
Le capacità dinamiche sono quindi capacità aziendali “difficili da replicare” che permettono all’azienda di adattarsi alle mutevoli opportunità tecnologiche. Inoltre, consentono all’impresa di “...to shape the ecosystem it occupies, develop
new products and processes, and design and implement viable business models”
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Le capacità dinamiche sono particolarmente rilevanti per aziende multinazionali che operano in ambienti che presentano determinate caratteristiche quali:
1) Apertura al commercio internazionale: l’azienda risulta pienamente esposta alle opportunità e alle minacce dovute al rapido cambiamento tecnologico;
2) Sistemicità del cambiamento tecnologico: più invenzioni devono essere combinate tra loro per creare prodotti e/o servizi che rispondano alle esigenze dei clienti;
3) Esistenza di mercati globali ben sviluppati per lo scambio di beni e servizi; 4) Scarsa presenza di mercati in cui scambiare know-how (Teece,2007).
Ciò può essere riscontrato principalmente nei settori ad alta tecnologia. In tali settori, il successo aziendale non può essere attribuito alla capacità dell’impresa di catturare economie di scala nella produzione o di ottimizzare i processi produttivi. Quindi, gli elementi tradizionali del successo aziendale come possedere beni tangibili, controllare i costi, mantenere alti i livelli di qualità ed ottimizzare gli inventari, non sono leve su cui puntare per raggiungere prestazioni superiori. L’azienda deve piuttosto sviluppare capacità che le consentano di individuare nuove opportunità, combinare invezioni generate internamente con quelle generate esternamente, trasferire efficientemente ed efficacemente la tecnologia sia all’interno che all’esterno delle sue mura, proteggere la proprietà intellettuale ed inventare nuovi modelli di business (Teece, 2007).
Impegnarsi nella R&D e contemporamente ricercare ed assimilare risultati di ricerche svolte esternamente può aprire una moltitudine di opportunità di commercializzazione per le aziende proprietarie di beni intangibili. Tuttavia, ciò può risultare estremamente difficoltoso e costoso. Un’azienda potrebbe non riuscire ad individuare nuove opportunità perchè “prigioniera” delle strategie che in passato l’avevano condotta al successo (Teece, 2007) . Per raggiungere il successo invece, l’impresa deve “aprirsi” ad una nuova e completamente diversa visione dell’ambiente che la circonda. Deve capire come interpretare nuovi eventi e sviluppi e quali segmenti di mercato attirare. Devono inoltre valutare il modo in
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cui le tecnologie possono evolvere e la conseguente risposta di concorrenti, fornitori e clienti a tale evoluzione.
La scoperta e la creazione di opportunità richiedono non solo accesso alle informazioni provenienti dall’ambiente esterno ma anche la capacità di riconoscere, percepire e plasmare gli sviluppi (Teece, 2007). Ciò implica che queste attività dipendono fortemente dalle capacità dei singoli individui incaricati della loro esecuzione. Tuttavia il personale aziendale potrebbe non comprendere appieno la propria importanza nel raggiungimento del successo di tale strategia o potrebbe non concepire gli effettivi benefici derivanti dallo sfruttamento all’esterno dei beni proprietari intangibili. Ne è di esempio la sindrome del “Not- Sold-Here” (NSH) (Chesbrough, 2003c). Il personale “affetto” dalla sindrome NSH dichiarerebbe infatti di voler impedire la vendita delle tecnologie qualora i consueti canali di vendita aziendali non fossero idonei. In altre parole, se non fosse possibile utilizzare internamente la tecnologia, il personale affetto da NSH preferirebbe archiviarla piuttosto che farla sfruttare da terzi. Ma ciò comporterebbe la rinuncia all’opportunità di trarre profitto dal suo utilizzo (Chesbrough, 2003c). Questi atteggiamenti negativi potrebbero essere notevolmente ridotti avviando intense attività di comunicazione finalizzate alla chiara compresione degli obiettivi aziendali da parte di tutto il personale. A tal proposito possono essere d’aiuto dei “promotori” della strategia, solitamente individuati tra gli impiegati “di alto rango” come il Direttore Tecnico o il Capo della Gestione della proprietà intellettuale, che promuovono attivamente i benefici ottenibili mediante le transazioni tecnologiche (Lichtentaler, 2010). Il loro compito consiste nel gestire le attività di technology licensing, assegnare e formare i dipendenti a tempo pieno per l’esecuzione di tali attività e fornire le risorse necessarie. Il loro obiettivo è creare un ambiente di lavoro in cui tutto il personale collabori proficuamente al fine di far accrescere le competenze idonee allo sviluppo di specifici progetti di ricerca di nuove applicazioni e di mercati redditizi per le tecnologie dell’azienda.
Le abilità dei singoli individui, tuttavia, non sono sufficienti. L’individuazione delle opportunità non è un’attività che può essere affidata alle sole particolari capacità degli individui. Per far sì che queste abilità vengano proficuamente sfruttate,
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l’azienda dovrebbe incorporare processi di scansione e monitoraggio degli sviluppi tecnologici interni ed esterni e di valutazione delle esigenze dei clienti espresse e latenti (Teece, 2007).
Bianchi, Chiesa e Frattini nel loro articolo “Exploring the microfoundations of external technology commercialization” forniscono un esempio di come questi processi siano stati messi in atto efficacemente. Chemfirm, l’azienda caso di studio del loro articolo il cui nome è stato modificato per motivi di riservatezza, è una società italiana operante nel settore elettrolchimico. Nel 2007 ha fatturato 250 milioni di euro (5% del quale investito in R&D) e dispone di 680 dipendenti. La sua attività principale consiste nella fornitura di componenti e tecnologie per la produzione di cloro, soda caustica e altre applicazioni elettrochimiche industriali. Essa persegue la strategia di Outbound Open Innovation principalmente mediante la costituzione di joint venture con terze parti, a cui trasferisce tecnologie proprietarie per consentirne lo sfruttamento. I processi che Chemfirm ha incorporato nella strategia aziendale, le hanno permesso di sviluppare elevate capacità dinamiche e conseguentemente migliorare radicalmente le proprie prestazioni (Bianchi, Chiesa e Frattini, 2009).
Il processo mediante cui Chemfirm attua la strategia di Outbound Open Innovation è suddiviso in otto fasi (Figura 2).
1) Esplorazione delle tecnologie esterne e dell’ambiente di mercato: è un processo svolto su base continuativa dal Marketing & Business Development Group mediante cui vengono individuate nuove opportunità di commercializzazione delle tecnologie proprietarie
2) Screening tecnico: una volta rilevata una nuova opportunità, l’unità di R&D effettua uno screening tecnico al fine di valutarne la fattibilità tecnica. 3) Creazione del piano economico: processo svolto dal Marketing & Business
Development Group in caso di risposta positiva della precedente fase di fattibilità tecnica o in caso di scoperta tecnica. In base al piano economico creato, il comitato direttivo scegliere se investire o no nell’opportunità individuata
4) Ricerca interna e qualificazione: in tale fase, la R&D investe fino al 15% del budget a sè destinato per far sì che l’opportunità sia colta con successo
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5) Identificazione e selezione del partner: è una fase svolta in parallelo alla precedente dal Marketing & Business Development, in cui vengono identificati potenziali partner basandosi principalmente sull’utilizzo di social network ed informazioni di mercato. Alla fine di questa fase, viene selezionato il partner ritenuto maggiormente idoneo.
6) Negoziazione: fase condotta dai dirigenti del comitato direttivo in cui si negoziano le condizioni di trasferimento della tecnologia
7) Trasferimento della tecnologia: è l’effettiva esecuzione della transazione 8) Monitoraggio e controllo dell’accordo di collaborazione: è la fase
successiva all’esecuzione della transazione in cui, appunto, viene costantemente monitorato il rispetto degli accordi stipulati in sede di negoziazione
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Per la corretta esecuzione delle attività appena descritte, Chemfirm fa uso di strumenti come: tecniche di pianificazione aziendale, partecipazione a fiere e conferenze, ricorso a esperti di IP esterni per la valutazione dei brevetti e consulenti legali per i contratti (Bianchi, Chiesa e Frattini, 2009).
Il processo appena descritto, essendo stato creato ed adattato al contesto
aziendale di Chemfirm non può essere applicato a qualsiasi tipo di impresa che intenda intraprendere il processo di Outbound Open Innovation. Però può essere Figura 2 – Il processo di Outbound OI di Chemfirm (fonte: Bianchi, Chiesa e Frattini, 2009)
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considerato come base di partenza per la creazione di un modello di supporto al processo di Outbound Open Innovation, che descriverò nel prossimo paragrafo.