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1.1 . Il teatro nella vita di Marcel Proust

1.6. Il mondo come teatro e come spettacolo

1.6.1. La metafora nell’estetica proustiana

Prima di addentrarmi nel nocciolo della questione, relativa al parallelismo costruito dall’autore tra il mondo teatrale e la vita vera, è opportuno sottolineare il ruolo decisivo giocato dalla metafora nell’estetica proustiana.

Lo scrittore farcisce letteralmente la propria prosa di paragoni, in quanto « seule la

métaphore peut donner une sorte d’éternité au style »,108 ma « à la condition que le

rapport entre les deux objets soit “unique”, “nécessaire”, “inévitable” ».109

Quindi, secondo Proust, la metafora appare come il vero e proprio fondamento della bellezza artistica ed è principalmente l’assenza della stessa a portarlo a criticare lo stile di un grande della letteratura francese quale Flaubert, nel quale non trova « une seule belle métaphore ».110

Così, riecheggiando la teoria delle corrispondenze baudelairiane, da cui è profondamente influenzato, Proust afferma:

On peut faire se succéder indéfiniment dans une description les objets qui figuraient dans le lieu décrit, la vérité ne commencera qu’au moment où l’écrivain prendra deux objets différents, posera leur rapport, analogue dans le

107 Shakespeare, Macbeth, a cura di Nemi D’Agostino, Garzanti Libri s.p.a., Milano 2005, Atto V, Scena V, p. 204.

108 Réné De Chantal, Marcel Proust: critique littéraire, 2 vol., Presses de l’Université de Montréal, Montréal 1967, I, p. 340.

109

Ibidem

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monde de l’art à celui qu’est le rapport unique de la loi causale dans le monde de la science, et les enfermera dans les anneaux nécessaires d’un beau style, ou même, ainsi que la vie, quand, en rapprochant une qualité commune à deux sensations, il dégagera leur essence en les réunissant l’une et l’autre, pour les soustraire aux contingences du temps, dans une métaphore, et les enchaînera

par le lien indescriptible d’une alliance de mots.111

Tuttavia, tale « alliance de mots » viene costruita in maniera originale dall’autore, poiché essa si fonda su una contiguità di tipo spazio-temporale, come sottolineato da

Gérard Genette, il quale introduce il termine di « métaphores diégétiques »,112 ovvero

si tratta essenzialmente di metafore a fondamento metonimico.

Ecco allora che per Genette, nella scrittura di Proust, vi è una sorta di rapporto di filiazione della metafora alla metonimia ed infatti afferma: « Métaphore et métonymie

se soutiennent et s’interpénètrent ».113

Inoltre, nella concezione proustiana, la metafora aiutando gli individui durante il lungo percorso alla ricerca della verità, può assumere anche un vero e proprio ruolo salvifico;

essa “racchiude in sé la segreta promessa della redenzione”,114 come evidenziato da

Mariolina Bongiovanni-Bertini.

Infine, la sovrabbondanza di figure retoriche è confermata anche da Léo Spitzer, il quale afferma: « La Recherche est constellée des métaphores parfois encastrées l’une dans l’autre, ou développées dans l’oubli du récit principal qu’elles enrichissent,

constituant un “excès de la comparaison”. » 115

111 T. R., p. 341.

112

Gérard Genette, Figures II, Seuil, Paris 1966, p. 16.

113 Ibidem

114 AA.VV., Proust e la critica italiana, a cura di P. Pinto e G. Grasso, Orsa Maggiore Editore S.p.A., Torriana (Forlì) 1990, pp. 325-326 .

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1.6.2. À la recherche du temps perdu

E’ possibile, a questo punto, concentrare l’attenzione sull’opera vera e propria ed un primo diretto riferimento all’immagine del mondo come teatro si ha nel terzo volume, in cui l’autore afferma perentorio : « le monde n’étant pour cela qu’un plus grand théâtre ».116

In realtà, già nell’esordio, è lo stesso narratore a riferirsi alle difficoltà avute nell’infanzia nel prendere sonno, senza aver ricevuto il bacio calmante della

buonanotte della madre come: « le théâtre et le drame de mon coucher ».117

In aggiunta, sempre nel terzo volume, viene rappresentata la commedia della finzione mondana avente come protagonisti gli amici del giornalista, aggredito fisicamente da Saint-Loup a teatro, in un suo eccesso d’ira.

Di fronte all’onta subita dal loro compagno, non volendo in alcun modo essere coinvolti in prima persona e temendo per la loro stessa incolumità, i giovani fingono di non accorgersi dell’accaduto e da consumati attori:

[…] l’un avait aussitôt détourné la tête en regardant avec attention du côté des coulisses quelqu’un qui évidemment ne s’y trouvait pas ; le second fit semblant qu’un grain de poussière lui était entré dans l’œil et se mit à pincer sa paupière en faisant des grimaces de souffrance; pour le troisième, il s’était élancé en s’écriant : « Mon Dieu, je crois qu’on va lever le rideau, nous n’aurons pas nos places.118

Ecco, quindi, come l’arte della dissimulazione e della recitazione non appartenga solo ai professionisti dello spettacolo, ma ciascun individuo è in realtà pronto ad interpretare differenti ruoli, al fine di salvaguardare la propria persona, in una società in cui l’ipocrisia regna sovrana.

116 C. G., p. 166. 117 Sw., p. 100. 118 C. G., p. 173.

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Successivamente, nel quinto volume, la tormentata storia d’amore vissuta dal narratore con la giovane Albertine, viene sovente paragonata da lui stesso ad una

commedia teatrale, in cui l’amata interpreta il ruolo primario di « grande actrice ».119

Tuttavia, è nel capitolo conclusivo dell’immensa Recherche, che Proust rappresenta in maniera sublime l’idea della vita come spettacolo teatrale; si tratta della descrizione della matinée in casa della principessa de Guermantes, dopo un lungo periodo di assenza del narratore, dalla città di Parigi.

In occasione di questo incontro, egli pensa di ritrovarsi nel bel mezzo di un ballo in maschera, dove stenta a riconoscere gli amici di un tempo, che sembrano essersi travestiti, con grande sapienza, da anziani: « Au premier moment je ne compris pas pourquoi j’hésitais à reconnaître le maître de maison, les invités, pourquoi chacun semblait s’être “fait une tête”, généralement poudrée et qui les changeait

complètement ».120

In particolare, a colpire la sua attenzione è la figura di Monsieur d’Argencourt, il cui travestimento appare magnifico e realistico in ogni dettaglio:

À ce point de vue, le plus extraordinaire de tous était mon ennemi personnel, M. d’Argencourt, le véritable clou de la matinée. Non seulement, au lieu de sa barbe à peine poivre et sel, il s’était affublé d’une extraordinaire barbe d’une invraisemblable blancheur […] c’était un vieux mendiant qui n’inspirait plus aucun respect qu’était devenu cet homme dont la solennité, la raideur empesée était encore présente à mon souvenir, et il donnait à son personnage de vieux gâteux une telle vérité, que ses membres tremblotaient, que les traits détendus de sa figure, habituellement hautaine, ne cessaient de sourire avec une niaise béatitude. Poussé à ce degré, l’art du déguisement devient quelque

chose de plus, une transformation complète de la personnalité.121

Tuttavia, ben presto, il narratore si rende amaramente conto, in un momento di

agnizione cruciale, definito da Liliana Rampello un “colpo di scena”,122 che la

trasformazione attutata dalle persone lì riunite non è voluta.

119 P., p. 60. 120 T. R., p. 227. 121 Ivi, p. 228. 122

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Al contrario, essa è dettata dall’inarrestabile azione distruttrice del tempo che ha ridotto tali individui non in semplici attori, ma addirittura in burattini dalla motricità ridotta e privi della capacità di agire autonomamente:

Des poupées, mais que pour les identifier à celui qu’on avait connu, il fallait lire sur plusieurs plans à la fois, situés derrière elles et qui leur donnaient de la profondeur et forçaient à faire un travail d’esprit quand on avait devant soi ces vieillards fantoches, car on était obligé de les regarder, en même temps qu’avec les yeux, avec la mémoire, de poupées baignant dans les couleurs immatérielles

des années, de poupées extériorisant le Temps.123

Ecco, quindi, che sul palcoscenico della vita inizia ad entrare in scena la morte, scontato epilogo della commedia impersonata da ogni mortale: « Alors la vie nous apparaît comme la féerie où l’on voit d’acte en acte le bébé devenir adolescent,

homme mûr et se courber vers la tombe ».124

Il tempo è il costumista che abbiglia noi tutti in modi differenti, secondo le diverse età della vita e sarà lui ad accompagnarci sino alla fine dei nostri giorni, come sottolineato dalle parole di Mariolina Bongiovanni Bertini:

è proprio il tempo demolitore, il tempo nemico, a dominare la sfilata dei personaggi invecchiati ed ormai prossimi alla morte nel sinistro “ballo mascherato” del Temps retrouvé. È l’incantatore spietato che in un attimo, con un solo colpo di bacchetta magica, fa affiorare in tutti un’unica verità, quella della morte verso la quale procedono, come in una tradizionale e spesso

grottesca danza macabra.125

Detto ciò, secondo Proust, lo spettacolo che ciascuno di noi interpreta non assume i toni funerei della tragedia, ma si tratta di una semplice commedia destinata inevitabilmente, secondo le leggi della natura, a concludersi.

Una caducità alla quale si può comunque porre rimedio, riconoscendo quell’’idea di eternità insita in ogni creazione artistica (letteratura compresa); “nell’universo di

123 T. R., p. 231.

124

Ivi, p. 232.

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Proust alla spietatezza della morte si contrappone la pietas della poesia, intrisa a sua

volta di una luce non terrena”.126

Infine, oltre alle complesse analogie tra spettacolo e vita soprariportate, numerose sono le metafore costruite ispirandosi al fantasmagorico universo teatrale.

In questa folla di paragoni, citerò due esempi per ciascuno dei sette volumi:

 Et dès que j’eus reconnu le goût du morceau de madeleine trempé dans

le tilleul que me donnait ma tante […] aussitôt la vieille maison grise sur la rue, où était sa chambre, vint comme un décor de théâtre s’appliquer au petit pavillon, donnant sur le jardin, qu’on avait construit pour mes parents sur ses derrières. (Sw., p. 104) ;

 Mais depuis que nous allions à Combray je ne reconnaissais personne

mieux que Françoise, nous étions ses préférés, elle avait pour nous, au moins pendant les premières années, avec autant de considération que pour ma tante, un gout plus vif, parce que nous ajoutions, au prestige de faire partie de la famille (elle avait pour les liens invisibles que noue entre les membres d’une famille la circulation d’un même sang, autant de respect qu’un tragique grec), le charme de n’être pas ses maîtres habituels. (Sw., p. 111) ;

 J’aurais ainsi obtenu un effet de démodé, à aussi bon compte et de la

même façon que cet acteur du Palais-Royal à qui on demandait où il pouvait trouver ses surprenants chapeaux et qui répondait : «Je ne trouve pas mes chapeaux. Je les garde.» (J. F., p. 9) ;

Obligé de rester au salon, comme l’amoureux d’une actrice qui n’a que

son fauteuil à l’orchestre et rêve avec inquiétude de ce qui se passe dans les coulisses, au foyer des artistes, je posai à Swann, au sujet de cette autre partie de la maison, des questions savamment voilées, mais sur un ton duquel je ne parvins pas à bannir quelque anxiété. (J. F., p. 99) ;

 Le père, enorgueilli dans sa douleur par une espèce de gloire, en arrivait

quelquefois à parler de sa fille comme d’une étoile de l’Opéra pour laquelle il se fût ruiné. Françoise n’était pas insensible à tant de mise en scène; celle qui entourait la maladie de ma grand’mère lui semblait un

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peu pauvre, bonne pour une maladie sur un petit théâtre de province. (C. G., p. 321) ;

D’autres portes s’ouvrirent par où entra la soupe fumante, comme si le

dîner avait lieu dans un théâtre de pupazzi habilement machiné et où l’arrivée tardive du jeune invité mettait, sur un signe du maître, tous les rouages en action. (C. G., p. 421).

«Bravo, la vieille!» s’écriait-il en battant des mains comme au théâtre.

(S. G., p. 57) ;

 Mme Verdurin, pour ne pas avoir l’air, vis-à-vis de nouveaux comme M.

de Charlus (que Cottard n’avait pas vu) et comme moi, d’attacher tant d’importance à l’arrivée des Cambremer, ne bougea pas, ne répondit pas à l’annonce de cette nouvelle et se contenta de dire au docteur, en s’éventant avec grâce, et du même ton factice qu’une marquise du Théâtre-Français: «Le baron nous disait justement...». (S. G., p. 303);

Personne n’eût plus pensé à se faire présenter à Mme Verdurin qu’à

l’ouvreuse d’un théâtre où une grande dame a, pour un soir, amené toute l’aristocratie. (P., p. 255) ;

 Vous êtes persuadée que j’avais résolu depuis longtemps de vous

quitter, que ma tendresse était une comédie. (P., p. 330) ;

N’était-il pas, cet hôtel de Balbec, comme cet unique décor de maison

des théâtres de province, où l’on joue depuis des années les pièces les plus différentes, qui a servi pour une comédie, pour une première tragédie, pour une deuxième, pour une pièce purement poétique, cet hôtel qui remontait déjà assez loin dans mon passé […]. (A. D., p. 124) ;

 Presque tous répondent aux questions que nous nous posons par des

affirmations complexes, des mises en scène avec plusieurs personnages, mais qui n’ont pas de lendemain. (A. D., p. 172) ;

 Pourtant des coins de la terre, au ras des maisons, s’éclairaient et je dis

à Saint-Loup que s’il avait été à la maison la veille, il aurait pu, tout en contemplant l’apocalypse dans le ciel, voir sur la terre […] un vrai vaudeville joué par des personnages en chemise de nuit, lesquels, à cause de leurs noms célèbres, eussent mérité d’être envoyés à quelque successeur de ce Ferrari dont les notes mondaines nous avaient si

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souvent amusés, Saint-Loup et moi, que nous nous amusions pour nous-mêmes à en inventer. (T. R., p. 66) ;

 Mais, chose curieuse, lui qui jadis était presque ridicule quand il prenait

l’allure d’un roi de théâtre, avait pris un aspect véritablement grand, un peu comme son frère, à qui la vieillesse, en le désencombrant de tout l’accessoire, le faisait ressembler. (T. R., p. 323).