• Non ci sono risultati.

Milites e mercanti: fortune economiche e partecipazione politica in età consolare.

Grafico 2: Immissione di nuove famiglie nel gruppo di governo (1099-1190).

III.3. Milites e mercanti: fortune economiche e partecipazione politica in età consolare.

L’identificazione del gruppo di governo consolare come militia cittadina permette di superare una lettura dell’affermazione del comune genovese che enfatizza in maniera eccessiva il ruolo – come si è visto affatto misurabile – ricoperto dai visconti e dalle clientele ecclesiastiche all’interno della compagna, in connessione con un’espansione economica già percepibile nel corso del secolo XI. Tale interpretazione ha portato a rappresentare il gruppo dirigente genovese come un insieme chiuso, dominato da un’oligarchia egemone che fonda il proprio potere soprattutto sul possesso di terra, un possesso che le permette di investire ingenti capitali nel commercio mediterraneo739. Sulla

base di un presupposto che si rivela falso (il fatto che i governanti siano sempre scelti tra i membri di questa “oligarchia”740), la formazione del comune consolare è stata perciò vista come punto

d’arrivo di un’evoluzione tutta economica, che porta i cittadini detentori di grandi rendite fondiarie a organizzarsi in difesa di una posizione privilegiata in campo commerciale.

Il riconoscimento dell’azione di un insieme di milites alla base dello sviluppo delle strutture di governo cittadine rimanda invece a una situazione di conflitto interno che era già stata rilevata nei suoi contorni generali – senza coglierne la caratterizzazione in senso militare né la netta tendenza all’apertura – da chi più recentemente si è occupato delle trasformazioni istituzionali occorse a Genova tra la fine del secolo XI e l’inizio del successivo. In sostanza, l’individuazione di una conflittualità latente, che trova con ogni probabilità un forte motivo di inasprimento nelle polemiche nate attorno alle istanze riformiste papali e all’opportunità di partecipare alla crociata indetta dallo stesso Urbano II741, ha permesso di isolare un contesto specifico e condivisibile di origine politica

del comune genovese, senza però saper offrire spiegazioni convincenti dal punto di vista sociale742.

739 È questo il modello proposto da Lopez, Aux origines cit. (si vedano in particolare le pp. 442 sgg.). Esso ha

influenzato – in maniera più o meno diretta e con sfumature differenti – la storiografia meno recente relativa all’origine e allo sviluppo socio-politico del comune consolare genovese. Così, per esempio, Romeo Pavoni parla (in termini decisamente lopeziani) di un «ceto dirigente … costituito da possessori fondiari di origine feudale, che non ruppero completamente con gli schemi giuridici ed economici di questa istituzione, ma li adattarono alle esigenze dello sviluppo capitalistico» (Pavoni, Liguria medievale cit., p. 248).

740 Lo stesso Lopez afferma «que les chefs de la Compagna et de la Commune, les consuls, sont toujours choisis parmi

les descendants des vicomtes et des défenseurs ecclésiastiques»: Lopez, Aux origines cit., p. 443.

741 Per le vicende relative alla Chiesa cittadina tra i secoli XI-XII e le implicazioni che esse hanno con il giuramento

della compagna si veda V. Polonio-J. Costa Restagno, Chiesa e città nel basso medioevo: Vescovi e Capitoli

Cattedrali in Liguria, in «ASLI», n. s., XXIX/1 (1989), in particolare alle pp. 125-126.

742 Già lo stesso Lopez aveva individuato nella guerra il volano principale per l’avvio del commercio marittimo, che si

sarebbe però basato principalmente sulle rendite che lo studioso chiama “feudali”, cioè sul possesso di terra di antica pertinenza pubblica o ecclesiastica, usurpata dai funzionari marchionali e dai clientes vescovili (Lopez, Aux origines cit., pp. 437 sgg., e in particolare la p. 446).

Riguardo alla comparsa di un regime consolare a Genova, Romeo Pavoni ritiene invece che nel 1100 sia giunto al potere «un partito che avversava la posizione di neutralità assunta dal comune nello scontro fra la Cristianità occidentale e l’Islam, e sosteneva la partecipazione alla Crociata, perché interessato all’acquisizione di privilegi in Siria e in Palestina che favorissero una maggiore penetrazione genovese in quest’area» (si cita da Pavoni, Liguria

medievale cit., p. 249, ma questa tesi è approfondita in Id., Dal comitato di Genova al comune, in La storia dei Genovesi cit., V, pp. 151-175). Sebbene, come si è visto, tale lettura non sia accompagnata da un superamento

dell’idea di un comune socialmente “bloccato”, essa coglie comunque una componente di conflittualità politica che risulta condivisibile.

Certamente non si può negare il ruolo svolto dagli interessi mercantili nello sviluppo del gruppo dirigente che, prima della fine del secolo XII, istituisce a Genova un governo di tipo consolare. Tuttavia l’attività commerciale è soltanto uno degli elementi (forse il più remuneratizio, ma non ne abbiamo alcuna prova) sui quali si fonda la preminenza economica di tale gruppo. Senza dubbio quest’ultimo è formato da un insieme di mercanti, possessori fondiari, banchieri, clientes delle istituzioni ecclesiastiche, professionisti del diritto, ma il solo elemento che ne caratterizza l’identità è la capacità di combattere in maniera qualitativamente migliore rispetto al resto della popolazione, che si acquisisce non attraverso l’accesso rituale a un’élite formalmente chiusa, ma attraverso la traduzione dell’eminenza economica in superiorità anche militare. Come si è visto, soltanto chi possiede quest’ultima caratteristica, e assume conseguentemente lo stile di vita proprio della militia, è in grado di accedere al vertice del governo comunale, un governo che fonda il proprio potere in primo luogo sulle capacità di mantenere la concordia in città743 e di assicurare adeguate abilità per

una proficua conduzione della guerra744.

Tale interpretazione permette di comprendere da un lato la continua tendenza all’allargamento del gruppo di potere (e il possesso di conoscenze in campo militare anche da parte di quei soggetti da poco ascesi al vertice politico745), e dall’altro l’esistenza di gruppi famigliari che – nonostante

risultino economicamente molto attivi sia sul piano commerciale sia su quello patrimoniale – non accedono mai al consolato o vi accedono soltanto parecchio tempo dopo l’attestazione del loro impegno economico. Per poter osservare al meglio quest’ultima peculiarità si propongono ora alcuni brevi esempi di profili di famiglie scelti secondo un criterio di significatività consapevolmente arbitrario, per poter poi trarre conclusioni di carattere generale746.

Nella sua sintesi relativa al pieno medioevo genovese, Valeria Polonio descrive la base sociale del primo comune come gruppo «formato da elementi di estrazione viscontile e avvocatizia, da proprietari terrieri divenuti vassalli del vescovo, da discendenti di coloro che hanno rivestito la più alta magistratura, da grandi mercanti», un gruppo che risulta «limitatamente permeabile da parte di elementi nuovi» e caratterizzato da «grande prestigio, connesso a volte con le capacità militari e le tradizioni ideali e rituali della cavalleria». La studiosa offre un profilo indubbiamente completo dell’élite consolare genovese, cogliendo anche una tendenza all’apertura che tratta però con molta circospezione, dovuta all’influenza degli studi (tutti di impronta lopeziana) sull’economia cittadina nel secolo XII, e soprattutto alla indisponibilità – nel momento della scrittura del saggio a cui si fa riferimento – di modelli interpretativi fondati su un sistematico studio prosopografico dei gruppi che governano i comuni consolari (Polonio,

Da provincia a signora del mare cit., pp. 139, 159).

743 Lo stesso Caffaro, parlando del periodo appena precedente al giuramento della compagna del 1099, affianca i

concetti di consulatus e concordia: Annali Genovesi cit., I, p. 111.

744 Anche chi possiede le competenze giuridiche necessarie allo sviluppo istituzionale del comune potrebbe non essere

del tutto alieno a questa stile di vita: risulta molto suggestiva in tal senso la notizia (da considerare con cautela, vista la tardività e la mancanza di testimonianze precedenti) relativa al fatto che Macrobio, il notaio al quale Caffaro detta il testo dei suoi Annales, risieda in una torre (Il Cartolare di Giovanni Scriba cit., I, doc. 320, p. 168).

745 Un ulteriore esempio a sostegno di questa affermazione potrebbe essere quello relativo al console Guglielmo

Modiusferri, unico esponente della propria famiglia a essere eletto per svolgere tale incarico, tra la fine degli anni

Settanta e l’inizio del decennio successivo del secolo XII: durante il suo secondo e ultimo mandato (1182) egli «cum exercitu et cum Alexandrinis aggressus est castrum Silvani, et obsedit illud, et cum gaudio et victoria Ianuam remeavit». Evidentemente anche individui di così recente ascesa poltica possiedono le capacità necessarie per poter guidare l’esercito comunale (Annali Genovesi cit., II, p. 18). Il «castrum Silvani» è identificabile con l’attuale località di Silvano d’Orba (in provincia di Alessandria), situata sulla direttrice che da Genova, attraverso il passo del Turchino, conduce ad Alessandria, pochi chilometri a nord rispetto allo spartiacque appenninico.

Alcuni individui identificati con il cognome di Toxicus risultano già attestati alla metà del secolo XII, quando prendono parte ad alcuni viaggi di commercio per investire capitali che gli sono affidati da esponenti di famiglie già ben inserite nell’élite consolare747. Se si ricalcassero le suggestioni

proposte da Lopez già negli anni Trenta del Novecento, si potrebbe affermare come i Tossico rappresentino un caso paradigmatico rispetto al modello di famiglia mercantile in ascesa: assenza di una base patrimoniale consistente, rischiosa partecipazione in prima persona ai viaggi di commercio marittimo per sfruttare capitale messo a disposizione da famiglie già affermate, prime piccole acquisizioni patrimoniali con i proventi di queste attività mercantili e graduale crescita fino al raggiungimento di una situazione economica di alto livello, che permette di disporre di cospicui capitali propri e addirittura di acquistare terra dalle famiglie di più antica eminenza748.

I primi piccoli capitali, probabilmente rimpinguati da alcune operazioni immobiliari749, offrono

infatti ai Tossico la possibilità di ingrandire il giro dei propri affari, e soprattutto di acquisire una disponibilità monetaria e una solidità patrimoniale di assoluto rilievo. Alla fine del secolo, Alda figlia di Guglielmo dispone di una somma di ben 250 lire che ha ricevuto in eredità dal padre: si tratta di una cifra importante per una donna, cioè per un soggetto che possiamo ragionevolmente considerare come economicamente debole750. Anche i quattro zii della stessa Alda dimostrano di

una scelta che tuttavia lascia spazio a parecchie perplessità (Bach, La cité de Gênes cit., pp. 116-133). Tra le famiglie considerate dallo studioso, alcune sono infatti documentate con continuità soltanto a partire dagli anni Ottanta-Novanta del secolo (Barlaria, Barbavaria, de Cruce) e altre accedono al consolato già nel periodo precedente la prima nomina di un podestà forestiero, a poca distanza cronologica dall’attestazione delle proprie attività economiche (Cavarunco, Scotto). Non è naturalmente accettabile la definizione di Bellobruno de Castro, genero di Rosso de Volta, come individuo non appartenente al gruppo consolare, al quale tra l’altro accede in prima persona nel 1191 e nel 1195, in qualità di magistrato dei placiti: l’attenzione che Bach gli rivolge deriva dalla considerazione che lo studioso danese ha per il consolato dei placiti, il quale, secondo lui «n’avait guère d’importance politique» (op. cit., p. 125). Analoghe considerazioni si possono fare per quanto riguarda la famiglia Fornari, che in realtà accede al consolato del comune già e continua la sua attività politica per tutta l’età consolare: in virtù di una visione del passaggio al regime podestarile come risultato di una vera e propria rèvolution voluta da una fazione aristocratica e da un elemento “popolare”(op. cit., pp. 156-160), Bach non ritiene che «la famille ait fait partie de la coterie de dirigeants, mais plutôt de l’opposition au consulat» (op. cit., p. 132). Tra le otto famiglie proposte dallo studioso, soltanto i Malfiliaster sono effettivamente impegnate per un lungo periodo ai massimi livelli della politica cittadina e non accedono mai al consolato.

747 Nell’aprile 1157 Lanfranco Tossico è menzionato in qualità di testimone in un atto che riguarda il pagamento di 10

lire da Guglielmo de Pilodo a Marchese Della Volta (Il Cartolare di Giovanni Scriba cit., I, doc. 178, pp. 94-95). Pochi mesi più tardi, nell’agosto dello stesso anno, Giovanni Tossico riceve in prestito marittimo dal medesimo Marchese Della Volta 40 lire, che investirà in Alessandria d’Egitto (op. cit., I, doc. 231, pp. 124-125). Sempre nell’agosto 1157, Giovanni riceve poi altre 45 lire da Ottone iudex, membro di spicco della famiglia de Castro: anche questo denaro è portato ad Alessandria, dove Giovanni lo cambierà in moneta di Costantinopoli oppure lo investirà comperando pepe e altre spezie (op. cit., I, doc. 238, p. 129; doc. 243, p. 132).

748 Si veda in particolare Lopez, Aux origines cit., pp. 448-450 e, per gli sviluppi duecenteschi che portano le famiglie

mercantili di recente ascesa ad acquistare terre e case dagli antichi detentori del capitale fondiario, Id., Studi

sull’economia genovese nel medio evo, Torino 1936, pp. 206 sgg.

749 Nel 1164, per esempio, Giovanni Tossico vende per 15 lire a Marchese de Volta tutto ciò che possiede nel piviere di

San Martino de Yrchis, presso la foce del Bisagno, sulla sponda sinistra del torrente: Il Cartolare di Giovanni Scriba cit., II, doc. 1170, p. 182.

750 A. S. G., Manoscritti, n. 102, c. 26 v. (not. Oberto di Piacenza). Alda dispone che, alla sua morte, gran parte della

somma torni agli zii Buonvassallo, Ottone, Pasquale ed Enrico, quattro fratelli che portano anch’essi il cognome di

Toxicus. Una quota minoritaria (50 lire) andrà invece alla madre Adalasia, che dopo la morte di Guglielmo Tossico

ha sposato un esponente di spicco di una famiglia che accede al consolato a partire dagli anni Sessanta del secolo: Guglielmo Tornello maior.

aver raggiunto una situazione che potrebbe essere considerata come punto di arrivo di questo processo di crescita economica. Nel gennaio 1197 essi vendono un terreno in Rivarolo, sul torrente Polcevera: non ne conosciamo l’acquirente (a causa di una lacuna nel manoscritto), ma il prezzo di 200 lire fa pensare a un’operazione di altissimo livello751. Pochi mesi dopo, un altro atto notarile ci

offre un’immagine dettagliatissima del patrimonio immobiliare dei quattro: i fratelli si dividono infatti tutte le case e le terre che hanno in proprietà, stimate per un valore totale pari a ben 2000 lire752.

Nonostante queste attestazioni di una condizione economica senz’altro privilegiata, i Toxicus non accedono al vertice politico del regime consolare né sembrano mai entrare in relazione con le istituzioni comunali: non si registrano infatti loro presenze all’interno del consilium e neppure una loro partecipazione in qualità di testimoni di qualche atto pubblico. Dopo un importante dossier documentario datato 1197, compreso nel registro del notaio Oberto di Piacenza, cessano anche le notizie relative alle attività economiche della famiglia, che perciò non possiamo osservare nel corso del Duecento753. Rimane perciò la certezza di una crescita economica imponente durante il secolo

XII, alla quale non si accompagnerà mai un concreto impegno in campo politico.

Diverso da quello dei Tossico – almeno per gli sviluppi post-consolari – è invece il caso dei

Noxentia, altra famiglia della quale non possiamo conoscere il contesto sociale di provenienza, ma

che cogliamo già in piena attività alla metà del secolo XII754. Almeno dal dicembre 1154 Ogerio

possiede una casa in Genova, dove Giovanni scriba roga due atti relativi a negozi di poco conto che coinvolgono un membro della domus Di Castello755. Lo stesso individuo risulta poi impegnato, tra il

1155 e l’anno successivo, in due operazioni di carattere immobiliare, con le quali vende altrettanti appezzamenti di terreno situati nell’immediato suburbio, per una cifra totale (34 lire) che, sebbene

751 A. S. G., Manoscritti, n. 102, c. 29 r. (not. Oberto di Piacenza).

752 A Buonvassallo Tossico sono assegnati la «domum novam … positam in Platea Marmorea» e un locum posto in

Sestri Ponente. A Ottone rimane invece parte di una casa che fu di proprietà di Ottone Fornari, e che ora è posseduta dai Tossico in comune con Ugo Fieschi e Oberto Grimaldi, e «omnes domos» che il padre dei quattro possedeva in Prè, nell’immediato suburbio occidentale (Ugo Fieschi è membro di una famiglia che in quegli anni risulta ancora fortemente radicata nei propri possessi signorili nella zona costiera a Levante della città, mentre Oberto Grimaldi proviene da un ambito già inserito nell’élite consolare dagli anni Sessanta del secolo XII). Pasquale Tossico riceve 300 lire in denaro e «medietatem stationis et medietatem turris» che i quattro possiedono «in carrubio recto» in comune con Giacomo de Turca e i Lusio, entrambe famiglie consolari. L’ultimo dei fratelli, Enrico, sarà proprietario di un’altra casa in Platea Marmorea, alla quale si aggiungono 300 lire in moneta. (A. S. G., Manoscritti, n. 102, c. 39 r. – not. Oberto di Piacenza).

753 Non rimane tuttavia esclusa la possibilità di trovare notizie in uno dei tanti registri notarili, anche anteriori alla metà

del secolo XIII, che per questioni di disponibilità di tempo non si sono potuti consultare.

754 In realtà un personaggio identificato con il cognome Noscentius, Pasquale, è menzionato da Caffaro tra i «multi de

melioribus Ianuensibus» che partono per la crociata nel 1097, con una spedizione organizzata privatamente. Tuttavia, l’incidentalità di questa testimonianza, che risulta cronologicamente davvero distante dal resto della documentazione che riguarda la famiglia, non consente di restringere in maniera significativa lo spettro delle ipotesi possibili per interpretare questo episodio (Annali Genovesi cit., I, p. 102). Così, Pasquale Noscentius potrebbe essere un individuo appartenente a un gruppo famigliare diverso dai Noxentia della metà del secolo XII, come pure potrebbe appartenervi ed essere identificato come miles cittadino. Ciò non toglierebbe comunque valore all’esempio proposto, perché si ha la certezza – ragionevolmente supportata dall’abbondanza delle fonti disponibili – dell’assenza di membri della famiglia Noxentia dai collegi consolari genovesi.

non sia di scarso valore, non farebbe ancora pensare a una condizione economica di spicco756.

Qualcosa in più si intuisce invece per quanto riguarda l’ambito delle relazioni sociali: la moglie di Ogerio, che compare sempre assieme al marito nelle vendite fondiarie, è senza dubbio imparentata con i Della Volta757, una delle famiglie impegnate con più continuità nel governo del comune

consolare per tutto il secolo XII.

Di diverso tenore è invece la documentazione che riguarda un altro Noxentia, Ingo, non sappiamo in quale grado imparentato con Ogerio. Tra il 1156 e il 1160 egli dimostra di possedere una disponibilità monetaria davvero cospicua, e di investire denaro in contratti di commercio senza prendere sempre parte in prima persona ai viaggi marittimi: con tre sole operazioni egli investe infatti ben 350 lire in una società alla quale partecipa con una quota maggioritaria Ingo de Volta758.

Tale società sembra essere un ulteriore occasione di rafforzamento dei legami sociali che abbiamo già rilevato riguardo a Ogerio, legami che si oltrepassano la durata di una sola generazione. Nel 1170 Ingo Noxentia e il suo omonimo socio de Volta sono accanto alla vedova di Alvernacio, che era stato uno dei membri della societas di commercio, per consigliarla in occasione di un contenzioso con l’arcivescovo per il possesso di un mulino lungo il Bisagno759. Ancora nove anni

dopo abbiamo notizia del matrimonio tra Alda, parente (non sappiamo in quale grado) di Ruggero

Noxentia, e Bertolotto Della Volta760.

Alla fine del secolo XII è questo stesso Ruggero a svolgere un ruolo di rilievo nell’ambito del commercio marittimo. Nel corso del solo anno 1191, il notaio Guglielmo Cassinese roga quattro contratti che lo riguardano, con i quali investe quasi 700 lire verso le piazze siciliane e orientali761.

Dopo la sua morte, avvenuta prima del settembre 1201, i giovanissimi figli riescono a impiegare una somma consistente (225 lire) partecipando al finanziamento di un viaggio in Egitto compiuto dal loro tutore testamentario: si tratta di un concreto esempio di come la trasmissione del patrimonio non passi soltanto attraverso canali immobiliari, ma sia completata da un avviamento alle pratiche commerciali guidato da persone di provata fiducia762.

Nel corso degli primi tre decenni del Duecento, la famiglia non sembra perdere la condizione eminente che l’aveva contraddistinta nel secolo precedente, anche se non sappiamo con certezza

756 Op. cit., I, doc. 30, p. 16; doc. 65, pp. 35-36. Anche l’unica operazione economica condotta da Ogerio di cui siamo a

conoscenza risulta di valore non certo cospicuo: nel settembre 1158 egli infatti stipula un contratto di societas con Ugo Bottino investendo 14 lire. Sebbene la cifra impegnata sia relativamente bassa, il socio scelto da Ogerio è comunque persona di sicura fiducia: Ugo sposerà infatti una sorella di Ogerio, al quale farà promessa di restituire la dote in caso di futura separazione «licentia Ecclesie» (op. cit., I, doc. 503, p. 268; II, doc. 815, p. 5).

757 Essa infatti indica come suo propinquus Marchese Della Volta.

758 Op. cit., I, doc. 133, p. 69-70; doc. 207, p. 109-110; doc. 738, pp. 398-399. 759 Codice diplomatico del monastero di Santo Stefano cit., I, doc. 150. 760 A. S. G., Manoscritti, n. 102, c. 3 v. (not. Oberto Scriba de Mercato).

761 Guglielmo Cassinese cit., I, doc. 248, p. 100; doc. 320, pp. 129-130; doc. 1011, p. 400; doc. 1031, pp. 407-408, 762 Giovanni di Guiberto cit., I, doc. 691, p. 328-329. Il socio viaggiatore è Ogerio di Isola, che nel 1203 è definito