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L'ESEMPIO DI

KAWAGOE

Nelle due immagini è riportato un esempio di utilizzo della tecnica di dozō-zukuri nella regione di Kantō, in particolare a Kawagoe, dove l'ultimo strato di finitura, shikkui, assumeva la colorazione tipicamente nera a cui è stato attribuito il nome di

edoguro.

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posizionati orizzontalmente detti shakuhachidake 尺八竹, legati a loro volta a delle canne di bambù verticali, tatedake 縦竹, attraverso l’utilizzo di una cordicella di paglia chiamata nawa 縄; questo intreccio andava a definire quella che era la base di partenza sopra il quale venivano applicati poi i vari strati di intonaco che andavano a formare il classico muro costruito con tecnica dozō-zukuri32. Si trattava

della metodologia più efficace allora conosciuta per combattere la frequente propagazione degli incendi, specialmente nelle zone urbane con densità elevata, ed è per questo che veniva utilizzata in modo diffuso nonostante i lunghissimi tempi di assemblaggio richiesti e gli alti costi di realizzazione, perché a lungo termine si rivelava essere comunque la scelta più saggia da effettuare in termini di risultati. Ogni muro poteva essere leggermente diverso dall’altro, questo perché non c’era un numero fisso, definito, di strati da costruire uno dopo l’altro, ma in linea di massima quelli realizzati meglio arrivavano ad essere formati anche da sedici o più strati; ogni strato era costituito da intonaco di argilla che incorporava paglia tritata in quantità variabile e che era sempre alternato con una mano di sabbia umida irrigidita detta sunazuri 砂摺り che serviva perlopiù ad aumentare l’adesione tra uno strato e l’altro di intonaco33. A prescindere

dal numero di strati applicati in successione, il telaio di base non cambiava la sua conformazione, non

29. MOTOO, Japanese Castles, cit. p. 98 30. Ibidem, p. 98

31. ITOH TEIJI, CHARLES S. TERRY (tradotto da), Kura: Design and Tradition of the Japanese Storehouse, Kodansha

International Ltd., Tokyo, San Francisco e New York 1973, pp. 98

32. Ibidem, p. 85

33. Ibidem, pp. 85-86 98

COSTRUIRE I CASTELLI IN EPOCA TOKUGAWA

1657 il tenshu viene completamente distrutto da un incendio, definito il grande incendio di Meireki,

Meireki no taika 明暦の大火, che ha raso al suolo

gran parte della città castello che lo circondava29.

Altre cause ancora potevano essere gli incendi provocati da terremoti o più semplicemente da armi da fuoco o frecce infuocate.

La soluzione che viene adottata per far fronte a questo pericolo prevede largo utilizzo di spessi strati di intonaco; molti muri vengono costruiti secondo la tecnica ookabe-zukuri, ma questa risultava efficace solo fino ad un certo punto perché non permetteva di raggiungere grandi spessori, cosa che invece facevano le murature costruite con la tecnica maggiormente utilizzata per la costruzione resistente al fuoco, cioè la dozō-zukuri 土蔵造30. Alcune forme

embrionali di questa tecnica erano già probabilmente utilizzate durante il periodo Kamakura, ma non essendo arrivato fino ai giorni nostri alcun esempio fisico di tali costruzioni non è possibile stabilire quante affinità ci fossero con la forma oggi conosciuta; quest’ultima inizia a manifestarsi a metà circa del periodo Edo, per poi raggiungere l’apogeo della diffusione durante il XIX secolo, soprattutto nella regione di Kantō31. Il telaio era costituito da

pali in legno posizionati a circa 90 centimetri l’uno dall’altro, attraversati e resi stabili da travi principali chiamate tooshinuki 通し貫 e da elementi in bambù

anche quattro anni prima di arrivare all’applicazione della finitura36; data la complessità della tecnica

richiesta per la costruzione di dozō-zukuri i lavori venivano spesso affidati ad una figura specializzata,

sakan 左官37. Lo scopo finale era quello di rivestire

completamente la struttura in legno, di seppellirla sotto un strato protettivo spesso circa 20-30 centimetri e nel caso di Himejijō alcune porzioni di muro, come quelli esterni del piano terra del tenshu, raggiungono anche i 60 centimetri di spessore, senza lasciare praticamente nessuna parte di legno esposta all’interno di tutto il complesso; il castello risulta interamente ricoperto con shikkui di colore bianco brillante, da cui gli è valso il nome 白鷺城, pronunciato hakurojō o shirasagijō, cioè airone bianco, senza dimenticare nemmeno le grate e le persiane delle finestre, le chiusure dei sama o gli spazi sotto ai cornicioni, che vengono chiamati hachimaki 鉢巻38 e risultano sporgenti perché fittamente

intonacati; in particolare le porte scorrevoli, hikido 引 戸39, e le finestre resistenti al fuoco grazie all’utilizzo

del rivestimento in shikkui vengono chiamate

tsuchido 土戸40 (per le porte a battente intonacate si

usa invece il termine kannonbirakitobira 観音開扉). A conclusione dell’opera complessa del dozō-zukuri c’era la realizzazione della copertura, che prevedeva che le tegole venissero incastrate in uno spesso strato di fango. In aggiunta a quanto detto finora,

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34. JAANUS <http://www.aisf.or.jp/~jaanus/deta/d/dozouzukuri.htm>

35. ITOH, Kura: Design and Tradition, cit. pp. 92 36. Ibidem, pp. 85-90 37. JAANUS <http://www.aisf.or.jp/~jaanus/deta/d/dozouzukuri.htm> 38. MOTOO, Japanese Castles, cit. p. 98 39. JAANUS <http://www.aisf.or.jp/~jaanus/deta/d/dozouzukuri.htm> 40. MOTOO, Japanese Castles, cit. p. 98

COSTRUIRE I CASTELLI IN EPOCA TOKUGAWA

ne venivano aggiunti ulteriori di rinforzo nemmeno quando gli strati applicati erano più di sedici. Così come nel muro in stile ookabe-zukuri, anche qui il primo strato, quello che va ad ancorarsi direttamente alla struttura del telaio, viene definito aranuri, e ha un aspetto più grezzo, meno rifinito rispetto a quelli che lo andranno a rivestire. A seguire vengono applicati una serie di strati di terra argillosa con paglia tritata e di sunazuri, che insieme vanno a costituire una parte del muro definita tarumaki 樽巻き, quella che corrisponde sostanzialmente al corpo centrale. A questo punto viene applicato uno strato di intonaco, il cosiddetto oonaoshi 大直 , seguito poi dal nakanuri, nome che assume sempre il penultimo strato, e dall'uwanuri, l’ultimo strato, esattamente come accade per la tipologia ookabe-zukuri34. Per ultimo

veniva poi applicato uno strato di finitura, anche questo già analizzato in precedenza, detto shikkui, solitamente bianco, ma spesso anche nero, che in quel caso assumeva un nome specifico, edoguro 江 戸黒35, cioè nero Edo, perché usato soprattutto nel

XIX secolo nella regione di Kantō per gli edifici che si affacciavano sulla strada. È doveroso ricordare che gli strati erano applicati uno per volta, ed ogni volta bisognava rispettare i tempi di asciugatura dello strato precedente, che a volte arrivavano anche a sei mesi, quindi più il muro doveva essere spesso più i tempi di realizzazione si dilatavano, potevano volerci

Le due fotografie mostrano due differenti metodologie di protezione delle strutture dagli incendi.

In alto è possibile osservare la tecnica dozō-zukuri applicata al castello di Himeji, dove lo strato di finitura shikkui rende il castello interamente bianco, andando a rivestire ogni sua piccola parte, compresa la parte inferiore dei cornicioni. A destra invece viene mostrato il castello di Matsumoto con le tavole shitami-itabari rivestite da uno strato di laccatura.

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