2. Perseo, Atena e la decapitazione della gorgone Medusa
2.2 Il mito sulle lastre Campana
Il mito di Perseo è notevolmente diffuso nelle rappresentazioni delle terrecotte Campana303: l’episodio dell’uccisione della Medusa e della consegna del gorgoneion ad Atena è attestato in diversi contesti, quasi unicamente pubblici e di ambito sacrale. In queste raffigurazioni, l’azione dinamica narrata sembra presentarsi a prima vista come un motivo decorativo statico: la testa della Gorgone ne occupa il centro – e solitamente anche la maggior parte dello spazio-; alla sua sinistra si innalza Perseo, alla sua destra Atena304. Entrambi i personaggi, nella posizione dei corpi e nella gestualità, appaiono pressoché simmetrici, muovendosi – secondo una formula arcaistica – in punta di piedi. Il fatto che maggiormente colpisce è che Perseo compie o ha appena compiuto il suo gesto senza voltare la testa305: ciò si deve all’influsso dei rigorosi principi compositivi che qui sono in vigore; i motivi caratteristici della narrazione realistica cedono il posto ad una concezione artistica che non aspira ad una rappresentazione narrativa dell’episodio mitologico, bensì ad una esclusivamente evocativa. Su una delle varianti dei rilievi (fig. 4)306, l’eroe sembrerebbe proteggersi gli occhi con il mantello, teso davanti al volto dal braccio sinistro alzato: un elemento veramente innovativo, che determina una rottura completa con la tradizione mitologica tramandataci dalle fonti letterarie307. A parere di Borbein tuttavia, potrebbe essere soltanto un espediente decorativo per riempire la superficie del rilievo e fare pendant alla superficie dello scudo sorretto da Atena, rendendo la composizione quasi perfettamente simmetrica308. Nel medesimo gruppo di lastre, nello scudo di Atena in secondo piano appare sempre riflessa la testa di Medusa, per quanto in vista frontale, del tutto irrealistica309. Anche se il corpo di Medusa non è presente, Perseo è
303 Per la trattazione delle lastre Campana raffiguranti Perseo e la Gorgone, vedi Von Rohden 1911, p. 14 ss., tavv. XVII-XXIII, e Borbein 1968, pp. 178 ss., tavv. XXXIV-XXXVII.
304 L’iconografia è stata ampiamente descritta da Schauenburg, op.cit., 1960, pp. 29 ss. 305 Ciò si era verificato talvolta anche nell’arte arcaica; v. Schauenburg 1960, p. 23. 306 Cfr. Borbein 1968, tav. XXXV.
307 Luc., DMAr XIV, 2: «Atena, presentando lo scudo, gli mostrò riflessa in uno specchio l’immagine della
gorgone. Perseo, afferrando con la sinistra la chioma, guardando l’immagine e tenendo con la destra l’harpe, le troncò il capo e volò via prima che si destassero». Pellino 2006, p. 28, n. 33.
308 V. Borbein 1968, p. 178. La ricerca di Borbein sulle composizioni simmetriche ha dimostrato come gli artisti italici abbiano ridisegnato lo schema delle raffigurazioni in cui gli elementi non erano originariamente distribuiti in rapporto all’asse; la composizione simmetrica diventa uno strumento di semplificazione iconografica, volto spesso, come nel caso delle lastre Campana, ad enfatizzare un contenuto con fini narrativi ben precisi. Cfr. A. H. Borbein, Zur Bedeutung symmetrischer Kompositionem in der hellenistich-italischen
und spätrepublikanisch-römischen Reliefplastik, in Hellenismus in Mittelitalien, Göttingen 1976, pp. 502-
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rappresentato nel momento in cui ne sta recidendo o ha appena reciso la testa310 (tanto che l’eroe infatti stringe ancora con la mano destra l’harpe), nel chiaro intento di far emergere il solo gorgoneion al centro della composizione. I singoli motivi principali, ripresi da modelli più antichi – in questo caso arcaici -, vengono estrapolati dal loro contesto originario per costituire una nuova elaborazione più elementare e semplificata, che non risponde più ai canoni del naturalismo, ma piuttosto ad un linguaggio simbolico. Una tale composizione è tipicamente romana; lo stile eclettico è frutto dei diversi prototipi acquisiti ed assimilati, benché l’episodio della decapitazione di Medusa sia così comune fin dagli inizi della tradizione artistica greca da rendere difficile dare una qualche indicazione su quelli che possono aver costituito gli eventuali modelli dei nostri rilievi. Schauenburg ha comunque dimostrato che le lastre Campana rappresentano l’unica testimonianza post-arcaica di Perseo in posizione diritta mentre porge la testa appena recisa della Gorgone311.
La scena della decapitazione della gorgone Medusa ci viene attestata sulle terrecotte Campana in tre diverse varianti iconografiche312. Nel primo gruppo (fig. 4)313, il gorgoneion è molto grande e dettagliatamente costruito; sopra un’artificiosa pettinatura con trecce laterali e fasce doppie di capelli, è sistemato un diadema con piccolo disco, sovrastato da un bocciolo fra due grosse foglie, che si innalza tra le ampie ali spiegate da una parte e dall’altra. Il volto è circondato da quattro coppie di serpenti, due annodati sotto il mento a formare una sorta di
310 È lo stesso fenomeno di semplificazione volta ad esprimere immediatamente e direttamente un simbolo, un messaggio, che ritroviamo nel corso dell’arte romana; così come anche la composizione simmetrica si dimostra frequentemente un fenomeno del tutto di tradizione italica. V. Borbein 1968, p. 104 ss., e specialmente Borbein 1976, art. cit.
311 Vedi Schauenburg, 1960, pp. 21 ss.; Borbein richiama il confronto con le scene rappresentate sulle fasce decorative dello scudo di Olimpia (citato a nota 275) e ricollega il tipo a modelli orientali, come quello del rilievo da Karkemiš ora al museo di Ankara (D. G. Hogarth, Carchemish: report on the excavations at
Djerabis on behalf of the British Museum, I, Londra 1914, tav. B, 15b). Cfr. Borbein 1968, p. 179, n. 948.
312 Cfr. Von Rohden 1911, pp. 14 ss.
313 Borbein 1968, tav. XXXIV, 1-3; XXXV. Di questa tipologia ci sono attestati una lastra a Napoli, Mus. Naz. (Borbein 1968, tav. XXXV), trovata nella zona dell’anfiteatro a Capua assieme a porzioni di un secondo esemplare (Von Rohden 1911, p. 15 ss., 251, tav. XXVI; V. Spinazzola, Le arti decorative in Pompei e nel
Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Milano 1928, tav. 16; Pellino 2006, p. 25 ss.); due frammenti
precedentemente a Roma, Coll. Wollmann, Inst. Neg. Rom. 61.1161 (Borbein 1968, tav. XXXIV, 2; parte superiore del corpo di Atena e parte dello scudo) e 61.1162 (ibid., tav. XXXIV,1; corpo di Perseo dal collo alla coscia), entrambi scrupolosamente lavorati e probabilmente facenti parte della stessa lastra; un frammento con Atena (fino alla coscia), lo scudo e parte del gorgoneion che si trova al Mus. Naz. Romano, inv. 62714 (ibid., tav. XXXIV,3), la cui fattura è mediocre e poco differenziata; un frammento di una lastra meticolosamente realizzata, di cui rimane l’attaccatura di una gamba di Perseo, un lembo della sua veste, la sua mano con la lama e una parte della Gorgone, ora a Bonn, Ak. Kunstmus. inv. D 402. Cfr. Borbein 1968, pp. 179-180, nota 950. Pellino ricorda anche una lastra frammentaria al Palazzo dei Conservatori (Von Rohden, tav. XLIX, figg. 1-2), i frammenti di Milano (ibid., p. 15, fig. 18) e del Vaticano (ibid., p. 16, fig. 19), un frammento al Wagner Museum di Würzburg, inv. n. H. 2713 (L. Jones Roccos, in LIMC VII, 2, s.v. “Perseus”, tav. 133 d) e uno al Museo di Köln (K. Berger, Campanaplatten im Römisch-Germanischen
75 torques314. L’eroe, con clamide, calzari alati e diadema regale, è raffigurato barbato ed è in
questa variante che sembra proteggersi dallo sguardo della Medusa alzando il braccio sinistro di fronte a sé per sollevare il proprio mantello. La dea Atena è vestita di un peplo cinto a pieghe molto fitte – di foggia arcaizzante -, dell’egida e di un elmo corinzio ad alto lophos; essa “riflette” l’immagine del gorgoneion antistante con il suo scudo, inciso con baccellature a sbalzo sul bordo, a differenza delle altre varianti dove questo è aniconico: potrebbe essere la traduzione del tentativo dell’officina produttrice di rendere la scena il più possibile attinente all’antica tradizione mitografica315
. Le figure di Perseo e della dea si presentano in una postura esageratamente rigida, con i piedi allungati a passo di danza, le pieghe artefatte e manierate delle vesti, la lunga acconciatura a riccioli accuratamente ordinata: reminiscenze tipiche di carattere fortemente arcaistico, a cui si conformano perfettamente l'accumulo sfarzoso e la preziosa stilizzazione dei dettagli. La cornice superiore è solitamente ornata da un kyma ionico, mentre inferiormente si trovano piccoli gorgoneia alternati a palmette pendule.
Fig. 4. Lastra Campana con Perseo, Atena e la testa di Medusa; variante 1. Da Capua; Napoli, Museo Nazionale. (Borbein 1968)
314 Gorgoneia simili compaiono sulle lastre Campana anche come motivi decorativi: su una lastra di coronamento del Museo dei Conservatori a Roma (Von Rohden 1911, pp. 174 ss., 179, tav. XXXVI,1) e su un analogo esemplare cumano della Gliptoteca di Monaco; con quasi identica pettinatura su due lastre all’Antiquarium di Berlino (V. Rohden, tav. CXV, 1 e CXI, 1); infine poco diversa su una Aufsatzplatte del I a.C., pertinente alla decorazione del corpo centrale e del giardino porticato della villa di Settefinestre. Cfr. Pellino 2006, p. 30, n. 42.
315 Cfr. Pellino 2006, p. 29. Da notare il fatto che il gorgoneion riflesso presenta un’acconciatura del tutto diversa da quella della gorgone centrale, con una fila simmetrica di riccioli a lumachella.
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La seconda variante (fig. 5)316 è ancora fondamentalmente arcaizzante nei caratteri stilistici, ma è una traduzione molto semplificata e più libera del primo tipo (più rigido e ampliato orizzontalmente), i cui tratti anticheggianti vengono piuttosto attenuati, nonostante la rigorosa composizione simmetrica e il fitto panneggio del peplo della dea. Difatti le capigliature di Perseo e Atena sono abbastanza semplici e le loro figure sono rese in modo più naturalistico; il gorgoneion è più piccolo ed essenziale rispetto alla tipologia precedente, oltre che meno adornato, essendo privo del diadema. Intorno ad esso tuttavia, per conferirgli la dovuta rilevanza in quanto comunque fulcro della composizione, le altre due figure sono disposte in maniera tale che sia lo scudo di Atena che il mantello di Perseo si rapportano allo stesso modo alla testa di Medusa: il mantello dell’eroe, avvolto intorno al suo braccio sinistro, scende ad inquadrare il gorgoneion e lo scudo della dea, aniconico, è sorretto più in basso rispetto alla prima versione. Il suo profilo viene così delineato da entrambe le parti, inquadrato e aumentato di volume grazie a tale espediente visivo317.
Fig. 5 a-b. Frammenti di lastre Campana con Perseo, Atena e il gorgoneion; seconda variante. a) Tübingen, Institut für Klassische Archäologie; b) Roma, American Academy. (Borbein, 1968)
Altra importante variazione è che in questi tipi di rilievi Perseo afferra direttamente la Gorgone per i capelli, abbassando il braccio destro e dando quindi l’idea di non proteggersi più
316 Von Rohden 1911, p. 15 ss. tav. XLIX, 1-2, e figg. 17-19; Borbein 1968, tav. XXXVI, 1-2. Del tipo non rimangono ad oggi lastre complete. L’esemplare del Museo Borgiano considerato perduto da Von Rohden (p. 15, fig. 17), si trova in realtà a Tübingen, Coll. Univ. inv. 1146 (Borbein 1968, tav. XXXVI, 1; K. Kübler, in AA XLII, 1927, p. 46 ss., n. 20, fig. 15). Numerosi frammenti di questa variante di lastre sono stati rinvenuti negli scavi dell’Arx di Cosa (v. Richardson 1960, pp. 298 ss., tav. 58 “tipo 5”; Borbein 1968, tav. XXXVI, 2): dall’analisi delle circostanze di ritrovamento, come abbiamo detto precedentemente, sono datate fra la seconda metà del I a.C. e il I secolo. Cfr. Borbein 1968, p. 180, nota 952.
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la vista con il mantello. Gli esemplari di Cosa mostrano bene infine che la scena figurata viene chiusa inferiormente da un fregio con patere e bucrani, assai raro e che si è riscontrato solo in casi eccezionali come le lastre del Palatino (appartenenti all’ultima variante)318
.
Nelle raffigurazioni del terzo gruppo (fig. 6)319 infine, mancano le pronunciate caratteristiche arcaiche e il processo di semplificazione è stato attuato del tutto, con la scena depurata da tutti quegli elementi che nelle altre versioni rispecchiavano una sorta di horror
vacui320. I tratti arcaizzanti sono quasi completamente assenti nella disposizione delle pieghe delle vesti dei due personaggi e nel disegno della testa di Medusa; la stessa composizione, pur attenendosi comunque allo schema di base del primo tipo, rimanda a tipologie statuarie di tipo severo. Ciò è ben visibile nella figura di Perseo, che appare in linea con il tipo dell’Apollo raffigurato nelle lastre con la lotta per il tripode321: il corpo, viso e capelli e la veste infatti risultano quasi identici e le diversità si devono solo al differente impiego322. Diversamente dalle altre due tipologie di varianti, l’eroe è qui raffigurato nel suo aspetto giovanile, senza barba323; la sua clamide è meno riccamente panneggiata, ma risulta più naturalistica, quasi come se realizzata con stoffa più morbida. Atena indossa un peplo aderente aperto sul fianco e sopra di esso l’egida; sulla testa porta sempre l’elmo con l’alto triplice lophos. Particolare la resa del Gorgoneion, più grande rispetto al gruppo tipologico precedente, con aspetto più umano e quasi sorridente; i capelli sono sciolti e scompigliati, il volto largo e schiacciato: ci si
318 Per le lastre da Cosa vedi nota precedente. Lo stesso fregio si ritrova anche su una serie di rilievi con
Frauen auf Akanthisblätter, di cui un esemplare di provenienza ceretana interamente conservato è ora nella
collezione Campana al Louvre (Von Rohden 1911, pp. 224-225, tav.III). Cfr. Pellino, pp. 28-29, n. 35. 319 Von Rohden 1911, tav. XXI-XXV. Un frammento di questa tipologia di lastre si trova in Vaticano, Mus. Greg. Etr., inv. 14463 (V. Rohden, tav. XXXIV, 1; Borbein 1968, tav. XXXVII,1) e un altro è conservato a Londra (V. Rohden, tav. XXXIV, 2); un pezzo molto lacunoso conserva la figura dell’eroe priva della testa (Borbein 1968, tav. XXXVII,2). Altri esemplari appartenevano alla collezione Campana, ma sono stati ritoccati e restaurati (Von Rohden, p. 16). Cfr. Borbein 1968, pp. 180-181, nota 953. Fino ad allora si conosceva solo parzialmente come doveva presentarsi la lastra, poiché gli esemplari rinvenuti ne conservavano solo la parte sinistra. Frammenti appartenenti a tre lastre, e che hanno permesso di avere una quadro completo di questa terza tipologia, sono stati recuperati successivamente durante gli scavi nel santuario di Apollo Palatino (v. Carettoni 1973 e Strazzulla 1990), di cui parleremo approfonditamente in seguito. Recentemente infine, un frammento corroso con solo parte del busto e del braccio dell’eroe è venuto alla luce da uno strato di livellamento di età neroniana (post incendio del 64 d.C.) nell’area della Meta Sudans, riconosciuto pertinente alla decorazione augustea-tiberiana di una struttura del Palatino nord- orientale (A. Caravale, Terrecotte architettoniche riutilizzate nel restauro di Claudio, in Meta Sudans I, 1996, pp. 139 ss.). Cfr. Pellino 2006, p. 28, n. 32.
320 Vedi Carettoni 1973, p. 76.
321 Von Rohden 1911, p. 19 ss.; Borbein 1968, p. 176 ss.
322 Sull’Apollo della lastra con la lotta per il tripode la clamide ricade in modo più simile a quella sul braccio sinistro di Perseo; Borbein richiama il confronto con la lastra di alta qualità rinvenuta sul versante orientale del Campidoglio (v. p. 176, nota 928). Cfr. Borbein 1968, p. 181, nota 955.
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ricorda della sua origine mostruosa solo per il nodo di serpenti sotto al mento e l’attaccatura a forma di corna sulla fronte324.
Fig. 6. Frammento di lastra Campana con Perseo, Atena e il gorgoneion; terza variante. Dal Santuario di Apollo Palatino. (Strazzulla, 1990)
Anche se tutte e tre le versioni erano già in circolazione all’epoca di Augusto, è improbabile a parere di Borbein che si siano formate indipendentemente l’una dall’altra; è possibile che risalgano ad un prototipo comune325, che ha subito poi un’evoluzione nelle varie
officine a seconda delle differenti necessità e dei gusti artistici. Basandosi sul noto processo evolutivo delle terrecotte Campana, egli ipotizza che la prima variante sia quella più arcaica, riccamente configurata, la quale è stata via via semplificata con la standardizzazione della
324 Sul processo di umanizzazione del Gorgoneion, v. E. Buschor, Medusa Rondanini, Stuttgart 1958. Cfr. Borbein 1968, p. 181, nota 959.
325 Borbein richiama una più antica raffigurazione presente su un’urna tardo-etrusca a Perugia (E. Brunn-G. Körte, I rilievi delle urne etrusche, III, Berlino 1916, p. 213, tav. 140,9): Perseo attacca la testa di Medusa, raffigurata ancora più grande che nei rilievi Campana e sempre occupante il centro della scena; la composizione è simmetrica, come da tradizione italica, e realizzata in piena coerenza con essa, tanto che a destra del Gorgoneion non appare Atena, ma una riproduzione speculare di Perseo. Cfr. Borbein 1968, p. 179, nota 944.
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produzione326. Strazzulla al contrario sostiene, plausibilmente a ragione, che siano state invece le lastre palatine (fig. 6) ad aver costituito il prototipo per le altre due varianti: quest’ultime rappresenterebbero infatti, in diversa misura, la rottura dell’ottima combinazione di elementi arcaizzanti e classicistici, rilevabile nella cosiddetta “terza variante” e tipica dei prodotti artistici di età augustea, e sono quindi da considerarsi entrambe più tarde. In particolare la lastra da Capua del I tipo (fig. 4) appare subito meno raffinata, banalizzando il modello originale. Si tratterebbe di un vero e proprio netto scadimento sul piano formale, con la scelta di uno specifico linguaggio arcaistico che propone delle figure quasi tozze e di altezza diversa – pregiudicando l’armoniosità della simmetria - e dove Perseo ha persino perduto la sua identità di giovane eroe, risultando quasi assimilato ad un tipo di Eracle327. Se quindi il
prototipo dell’intera serie è rappresentato dagli esemplari del Palatino con l’eroe giovane e imberbe, evolutisi poi fino alla canonizzazione rappresentata dalla lastra capuana, è ipotizzabile che i rilievi della seconda variante, conservatisi in gran numero negli scavi di Cosa, rappresentino effettivamente un anello di congiunzione tra le due varianti, la versione tipologica di passaggio328.
326 Questa teoria era stata sostenuta anche da Schauenburg 1960, pp. 29 ss. 327 Cfr. Strazzulla 1990, p. 48-49.
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