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1. Le lastre Campana: analisi e problemi di studio

1.1 Le scelte iconografiche

1.1.4 Temi dionisiaci

Il tema decorativo in assoluto più popolare ed apprezzato nel genere delle terrecotte Campana è rappresentato dall’intera e complessa compagine dei temi dionisiaci o bacchici. Il numero di presenze di figure e scene di questo tipo è altissimo159: si varia dai semplici busti,

maschere o teste bacchiche, a scene dell’infanzia di Dioniso e del suo tiaso, a raffigurazioni della vendemmia o della pigiatura, a figure di menadi danzanti, eroti, sileni, satiri vecchi o giovani, ebbri o cavalcanti pantere, fino agli episodi delle celebrazioni misteriche dei culti, dell’epifania del dio e della sua processione trionfale. Ogni singola scena è chiaramente

155 T. Hölscher 1967, pp. 68 ss. Strazzulla cita il ritrovamento nell’area di due piccole protomi di cavallo ad alto rilievo, nel riempimento di un vano sottostante la casa di Augusto, dove è stata ritrovata anche una piccola ara con dedica alla Vittoria (F. Schippa, Una dedica alla Vittoria dalla casa di Augusto al Palatino, RendPontAcc LIII/LIV, 1980/81, p. 290 ss.). Cfr. Strazzulla 1990, p. 121.

156 Nei primi anni del principato, la figura di Vittoria assume un ruolo di grande rilevanza all’interno dell’ideologia religiosa: allacciandosi alla tradizione dei grandi dinasti ellenistici, Ottaviano - in seguito alla battaglia di Azio - fonda la città di Nikopolis sul promontorio dell’Epiro di fronte al golfo d’Ambracia (Cass. Dio. LI, 1,3; Strab. X, 2,2; Paus. V, 23,3); a Roma si moltiplicano le immagini di Vittorie nell’apparato decorativo dei grandi monumenti pubblici (ad es. la nuova Curia e il fregio del Tempio del Divo Giulio), così come in elementi minori dell’edilizia pubblica e privata. Assumono quindi un particolare significato l’identificazione accertata del tempio di Vittoria sul Palatino e il riconoscimento di una sua importante fase edilizia in età augustea. Cfr. Strazzulla 1990, pp. 122-123, con relativa bibliografia.

157 M. Museer (a cura di), I riflessi di Roma: impero romano e barbari del Baltico. Milano, Altri Musei a

Porta Romana. 1 marzo - 1 giugno 1997; L’Erma di Bretschneider: Roma 1997, pp. 76-78. V. relativa

bibliografia.

158 V. Strazzulla 1990, pp. 124-125.

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riconoscibile dagli attributi di ciascuna figura del corteo bacchico: il tirso, la corona di edera o di vite, il timpano o altri strumenti musicali come il doppio flauto o la cetra, grappoli d’uva, vasi potori (tra cui il kantharos), il pedum160. Purtroppo, come Von Rohden e Winnefeld hanno

sottolineato161, nella maggioranza dei casi le lastre si sono preservate in uno stato fortemente frammentario, al punto che spesso i rilievi sono stati ricomposti in modo del tutto arbitrario, senza alcun solido fondamento, e l’assegnazione di alcuni frammenti all’una o all’altra tipologia è stato frutto della soggettiva discrezione di ciascuno studioso. Il dio può essere raffigurato con aspetto giovanile, imberbe, o adulto e barbato; spesso è ebbro, sorretto da satiri o un erote alato, e danza o tiene un tirso sulla spalla. Le scene sono essenzialmente di carattere narrativo ed evocativo, slegate da un contesto mitologico preciso; l’immagine di Dioniso rappresentato da solo – con i suoi caratteristici attributi – o associato ai vari personaggi del suo corteggio ha offerto questo tema ad un’ampia varietà di raffigurazioni, che si erano imposte nella produzione artistica già dal VI secolo a.C.: le molteplici valenze del dio si prestavano bene alla realizzazione di scene di elevato carattere decorativo, contemporaneamente ricche di significati simbolici. Dall’età augustea, in particolare, la raffigurazione dei temi dionisiaci si arricchì di una nuova connotazione, quando i satiri e tutti i seguaci di Bacco cominciarono ad essere visti anche come rappresentanti di un mondo pastorale pacificato e sereno, riflettendo il ruolo rilevante che svolgeva la “campagna”, simbolo di prosperità, nella propaganda politica del princeps. Numerosissime sono le lastre Campana con scene di vendemmia162 (appartenenti tutte al tipo di coronamento), dove due satiri, inginocchiati e disposti simmetricamente ai lati di un tronco di vite, ne raccolgono i grappoli che cadono nelle ceste ai loro piedi (tav. 11 a). Il valore simbolico è offerto dalla presenza di Dioniso nella vite stessa, che muore e rinasce attraverso il vino; la scena è una creazione originale di questo genere di terrecotte e non trova confronti in nessun’altra classe di materiali163

. Il tema sembra esser stato destinato alla decorazione di edifici abitativi, anche se non esclusivamente, frequentemente associato a quello della pigiatura164 (tav. 11 b). Così, grazie alla presenza dei personaggi della cerchia

dionisiaca, azioni della vita quotidiana vengono caricate di un valore soprannaturale e mitologico. Anche altre scene dovevano originariamente essere composte a formare un fregio continuo; ciò è dimostrato da una serie di esemplari di rivestimento, tutti provenienti da Cuma,

160 Bastone ricurvo caratteristico dei pastori e dei cacciatori di lepri. 161 V. Rohden 1911, p. 30.

162 Cfr. Von Rohden 1911, pp. 61-65, figg. 116-127.

163 R. Paris, Le lastre Campana: Dioniso e il suo corteggio, in T. Ceccarini (a cura di), I due mondi del vino.

Il mondo di Dioniso e quello degli uomini, (Catalogo della Mostra, Velletri, 29 Febbraio – 29 marzo 1996),

Roma 1996, pp. 74-76.

164 Cfr. ibid., pp. 65-69, figg. 128-139; p. 249, 2, tav. XX. L’episodio non è semplicemente evocativo di un momento del processo produttivo del vino, ma anche della presenza della divinità nell’uva che sta per trasformarsi nella bevanda. Per questo motivo, il soggetto si trova frequentemente dalla ceramica greca ai sarcofagi romani, dove viene paragonato alla morte del corpo che rinasce con l’eternità dell’anima.

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che presentano lo stesso tipo di cornice superiore e inferiore: sono i rilievi raffiguranti Dioniso appoggiato ad un satiro e baccante165, sileno con Eros e menade166, Dioniso e satiro con anfora

a punta167. Una composizione movimentata, dove la figura del dio sembrerebbe essere stata ispirata dai tipi statuari prassitelici del IV secolo a.C., notevolmente rielaborati e riadattati alle esigenze decorative dell’arte romana168

.

Anche le immagini riconducibili all’infanzia di Dioniso, come per esempio il dio bambino cullato da un satiro e una menade danzanti169 oppure nascente da una foglia di acanto capovolta tra due satiri musicanti inginocchiati170 (tav. 12), costituirebbero un motivo iconografico che ben si conforma allo spirito del nuovo programma artistico augusteo, che, dopo la battaglia di Azio, fa del motivo della rinascita e del rinnovamento uno dei temi più ricorrenti nella produzione artistica: un dio nascente, simbolo di una nuova epoca171. Il primo soggetto potrebbe essere ulteriormente riferito all’iniziazione di un neofita durante una cerimonia di culto per la presenza del neonato e per la cesta in cui è adagiato, il liknon – elemento essenziale del rituale -. Il liknon infatti dall’età ellenistica assume un significato sempre più legato alle cerimonie culto, fino all’accostamento che lo stesso Virgilio (Georg. I, 65) fa dell’idea di purificazione delle anime attraverso i misteri del Liber Pater172 con quella di purificazione del frumento attraverso l’atto setacciare il grano con il vaglio-liknon173. E come si è appena osservato con la figura di Apollo, il concetto della purificazione, dell’espiazione delle proprie colpe al fine del passaggio ad una nuova era è un elemento fondamentale dell’ideologia del principato. E questa interpretazione legata al messaggio augusteo di rinascita può trovare ulteriore conferma dal fatto che proprio alcuni frammenti di lastre raffiguranti la scena di Dioniso nascente, ora al museo di Velletri, proverrebbero dai resti di una villa rustica, scoperta un secolo fa in località Madonna degli Angeli e nota come “villa di San Cesareo”, che una recente ipotesi vuole identificare con l’antica residenza degli Ottavi, dove lo stesso

165 Ibid., pp. 38-39.

166 Ibid., pp. 41-42, fig. 78. 167 Ibid., pp. 39-41, figg. 76-77. 168 Paris, art.cit., pp. 75-76.

169 Cfr. Von Rohden 1911, pp. 3, 37-38, fig. 75. 170 Ibid., pp. 73-75, tav. XXIII.

171 T. Ceccarini – A. Germano – R. Petrilli, Dalla Villa di Gaio Ottavio a Velletri alla casa di Augusto sul

Palatino, Archeologia Viva n. 162, novembre/dicembre 2013, pp. 62-68.

172 Dio di carattere agreste e considerato protettore della fecondità, fu ben presto assimilato, forse sin dal VI sec. a.C., al Dioniso ellenico e fu considerato il dio del vino: è per questa ragione che nell'arte romana è sempre rappresentato sotto l'aspetto di Dioniso, con le sue caratteristiche fisiche, i suoi attributi ed i suoi compagni, sia nella scultura che nella pittura. Cfr. A. Bruhl, s.v. Liber Pater, in Enciclopedia dell' Arte Antica, 1961.

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Ottaviano avrebbe trascorso la sua giovinezza174: dovette essere ingrandita quando Augusto, dopo la battaglia di Azio e poi divenuto ufficialmente imperatore, pur realizzando sul Palatino la sua residenza ufficiale con annesso tempio di Apollo, molto probabilmente decise di mantenere questa villa di campagna, il cui apparato decorativo ci ha restituito quindi temi iconografici riconducibili all’arte augustea175.

Volendo infine oltrepassarne l’esegesi politica, per i privati cittadini i temi del vino, dell’erotismo e della musica non erano altro che la celebrazione della vita nella sua pienezza e in tutti i suoi aspetti, compresa la sfera femminile e quella infantile, solitamente trascurate nel mondo antico e specialmente in quello romano. Senza contare che per gli iniziati ai culti di Bacco – duramente repressi con il Senatus consultum de Bacchanalibus del 186 a.C. e di nuovo in auge dall’epoca di Pompeo e Cesare - rappresentavano la promessa di una vita eterna, ultraterrena, grazie alla valenza misterica dei riti176. In ogni caso la sua funzione forse più immediata e popolare, in quanto soggetto desunto da un repertorio di antica origine molto noto e apprezzato177, era legata non solo ad un forte valore apotropaico, ma soprattutto al suo

carattere estetico e decorativo.