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1. Le lastre Campana: analisi e problemi di studio

1.2 I principali contesti di ritrovamento delle lastre Campana

1.2.1 I santuari di Cosa e Gabii

Uno degli scavi più rappresentativi a questo proposito è stato quello effettuato a Cosa, nell’area del Capitolium, che si è dimostrato davvero ricco di materiali e assolutamente preciso circa i dati di ordine stratigrafico185. I frammenti di lastre Campana venuti alla luce sono

numerosissimi (oltre seicento) e, escludendone venticinque di condizioni illeggibili, sono attribuibili a sei tipologie diverse e sproporzionalmente distribuiti tra esse: la lotta per il tripode

184 M. J. Strazzulla, L’ultima fase decorativa dei santuari etrusco-italici: le lastre «Campana», in E. Rystedt – C. Wikander – O. Wikander (a cura di), Deliciae fictiles, Proceedings of the First International Conference

on Central Italic Architectural Terracottas at the Swedish Institute in Rome, 10-12 december 1990;

Stockholm 1993, pp. 229-306. [da ora in poi Strazzulla, 1993]

185 F. E. Brown – L. Richardson – E. Hill Richardson, Cosa II. The Temples of the Arx, in «MAAR» 26, 1960, pp. 296-300. [da ora in poi Richardson, 1960].

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tra Eracle e Apollo, Perseo e la gorgone Medusa, Apollo Citaredo assieme a Nike libante e tre scene del thiasos dionisiaco186. Almeno quattro di queste tipologie sono state prodotte e

probabilmente vendute per costituire un paio, dato che presentano dei bordi in connessione. In particolare, dovevano presentarsi in coppia la lastra con un giovane Bacco e un satiro che ne porta un’anfora187

(centosettanta frammenti) e quella con un Sileno supportato da Cupido assieme a una menade danzante188 (centoventuno); l’altro abbinamento era formato da Bacco

barbato con menade danzante189 (trentatré) e Apollo citaredo con Nike190 (diciassette frammenti).

Inoltre, nuovi motivi tipici del loro repertorio iniziarono ad apparire nella quinta fase decorativa del tempio (secondo la suddivisione di Richardson191), se si prendono in

considerazione le lastre di rivestimento e coronamento che, oltre agli antichi tradizionali temi geometrici e vegetali a palmette contrapposte o palmette e nastri, mostrano anche gorgoneia  al posto di teste bacchiche, nel rivestimento delle travi orizzontali - e modanature ad ovoli, tralci floreali e rami d’acanto intrecciati in complessi giochi stilistici192. Inizialmente la

cronologia di questa fase decorativa era stata fissata dagli studiosi intorno al 50 a.C., poiché frammenti di questa tipologia di lastre erano stati rinvenuti all’interno della struttura del muro di recinzione, innalzato sulla fronte del Capitolium e che si data sulla base di elementi stratigrafici in età augustea. Tuttavia, gli scavi urbani hanno dimostrato un’inequivocabile interruzione nella vita della città dopo una violenta calamità193 verificatesi nel 70 a.C. circa e i cui effetti si sarebbero prolungati fino all’inizio dell’età augustea: appare perciò più opportuno datare la ridecorazione del tempio alla successiva ripresa cittadina. Oltre a ciò, è stato notato che il riutilizzo delle terrecotte nel muro di recinzione augusteo interessa solo una piccola parte

186 Sono temi mitologici di rigorosa impostazione classicistica, che vedremo essere funzionali alla propaganda e celebrazione del nuovo ordine augusteo, come in particolare la contesa del tripode e l’offerta della protome di Medusa da parte di Perseo ad Atena, soggetti documentati proprio nell’area del santuario di Apollo Palatino a Roma. Per l’interpretazione semantica del tipo con Apollo e Vittoria sacrificanti, di stile decisamente arcaizzante rispetto agli altri soggetti presenti, e il possibile significato dell’accoppiamento tra lastre con scene dionisiache e scene apollinee, vedi Strazzulla 1990, pp. 111-125 e pp. 134.

187 Von Rohden, pp. 39-41, tav. CI, 2. 188 Ibid., pp. 41-42, tav. C, 1.

189 Ibid., pp. 36-37, fig. 74 (forse in questo esemplare i bordi sono stati ricostruiti in modo erroneo). 190 Ibid., pp. 17-19, tav. CXI, 2-3.

191 Circa 50 a.C.; Richardson 1960, pp. 269-300.

192 Sono tutti verosimilmente provenienti da un’unica officina, anche se non prodotti dalla mano di un unico artista; da essa dovrebbero provenire anche altre terrecotte, rinvenute in altri siti del centro Italia, che presentano elementi in comune, molto vicini per stile, dettaglio e composizione. I siti templari interessati, oltre al Capitolium di Cosa, sono l’Ara della Regina a Tarquinia, i templi repubblicani di Largo Argentina a Roma e il tempio di Juno Sospita a Lanuvio. V. Richardson 1960, pp. 269-270.

193 F. E. Brown, Cosa. The making of a Roman town, Ann Arbor 1980, pp. 73-75. Sappiamo anche che il vicino Tempio di Giove era bruciato in un incendio alla fine del primo quarto del I a.C.: probabilmente anche il Capitolium dovette rimanere considerevolmente danneggiato, dato che la sua quarta fase decorativa si presenta come una sistemazione assolutamente provvisoria.

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del materiale (41 frammenti su oltre 1000 presenti in tutta l’area) e perciò potrebbe facilmente essere attribuibile a cause accidentali, come ad esempio l’impiego di materiale che si fosse fratturato in corso d’opera, se si pensa ad un contestuale intervento di restauro nell’alzato e nella fronte del tempio. In questo caso, le lastre Campana a soggetto figurato sarebbero così comparse nel momento del completamento di una stessa fase decorativa, al suo termine. Nonostante poi la percentuale di ritrovamenti indichi un affollamento di esse in corrispondenza del perimetro esterno del tempio194, possiamo escluderne una pertinenza a questo – come elementi sostitutivi delle precedenti lastre danneggiate – a causa delle loro proporzioni molto più ridotte (44 cm in altezza) rispetto alle dimensioni di tutti gli elementi di rivestimento dell’alzato (tra 56 e 75 cm)195. Anche l’ipotesi di un’utilizzazione come pannelli di decorazione

all’interno dell’edificio templare è stata screditata dai dati di scavo, che vi registrano una presenza quasi nulla di frammenti rinvenuti196. È pur vero che non si può azzardare una collocazione in portici circostanti il santuario, da che per ora non ne è stata accertata la presenza. Strazzulla ammette la possibilità che in questa occasione, e negli edifici templari in genere, le lastre Campana potessero essere destinate alla decorazione delle pareti esterne della costruzione, andando a costituire delle bande orizzontali a circa metà altezza: la studiosa ha richiamato una serie di confronti, tra cui i pannelli marmorei con eroti (tauroctoni, uscenti da cespi d’acanto e con ghirlande) che decoravano il tempio di Venere Genitrice nella sua fase traianea e che, secondo la ricostruzione di Floriani Squarciapino, avevano la stessa funzione197. Essi infatti potrebbero plausibilmente rappresentare la traduzione lussuosa dei precedenti sistemi decorativi fittili, ancora di impianto tradizionale. Oltre poi al tempio di Terracina e al Pantheon di fase adrianea, che presentano simili fasce decorative198, Strazzulla si riallaccia ad

uno dei più famosi rilievi della Tomba degli Haterii199, monumento funerario di età flavia: vi è riprodotto un sepolcro a forma di tempio, le cui pareti sono fittamente decorate con una serie di bande orizzontali, sulle quali si susseguono motivi che certo ben si addicono all’ideologia funeraria, ma parimenti corrispondono sul piano tematico ad alcuni soggetti presenti sui rilievi Campana200.

194 Poco più della metà del totale: centosettantasette frammenti provengono dai livelli in superficie degli scavi sul lato sud, centotrentacinque invece da quelli del lato ovest. Richardson 1960, p. 300.

195 M. J. Strazzulla, Le terrecotte architettoniche, in La romanizzazione dell’Etruria (Catalogo della mostra di Orbetello 1985), Milano 1985, p.100.

196 Rizzo 1976/77, pp. 51-55.

197 M. Floriani Squarciapino, Pannelli decorativi del tempio di Venere Genitrice, MemLinc, s. 8,2, 1950, pp. 61-118. Cfr. Strazzulla 1993, p. 302.

198 Ibid., pp. 103 e 101. 199 Ibid., pp. 102 ss.

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L’esempio di Cosa è un modello ben definito di come si siano articolate le fasi decorative più tarde dei templi etrusco-italici, ormai al loro epilogo, mediante un repertorio ricorrente puntualmente in numerosi rifacimenti templari di età augustea e che da un lato mantiene volutamente modelli tradizionali (aggiornati stilisticamente) nella trabeazione e nella copertura201, dall’altro introduce le lastre Campana figurate in parti accessorie dell’edificio o negli ambienti circostanti.

Estremamente significativo è il fatto che numerosi altri santuari, come Gabii, Ardea, Lanuvio, siano puntualmente interessati dall’impiego di tale tipo di decorazione fittile. Nel cosiddetto tempio di Giunone a Gabii, accanto al rifacimento di lastre e antefisse che mostrano i motivi tradizionali202, secondo i moduli individuati a Cosa, sono state rinvenute lastre

Campana in corrispondenza di uno dei lati lunghi dell’edificio e nei pressi del temenos, con alcuni soggetti ispirati al santuario di Apollo Palatino a Roma: grifi affrontati203, una figura ancora incerta di Apollo o Perseo - rispettivamente davanti a Eracle o Atena204 -, fanciulle che ornano un candelabro e fanciulle ai lati di un tralcio floreale205, Bes tra due sfingi206, Dioniso

con menade danzante207; e ancora le fatiche di Eracle208, satiri su pantere209. Secondo gli scavatori della Escuela Española de Historia y Arqueología en Roma, i pezzi gabini – nonostante il loro stato di frammentazione – possono essere datati come più o meno contemporanei ai manufatti di Cosa, all’incirca alla seconda metà del I secolo a.C.; sicuramente sono frutto di una produzione locale, a giudicare dall’argilla utilizzata210. L’ultima

fioritura edilizia del tempio è probabilmente ricollegabile alla parziale rivitalizzazione in età augustea del centro ormai semiabbandonato211, verosimilmente in rapporto con l’incremento dell’attività estrattiva dalle cave di pietra locale, utilizzata anche per la costruzione del foro di Augusto. Si può pensare che a questo rinnovamento abbiano contribuito anche le fortune in

201 Per il nuovo rivestimento templare furono ordinate da Roma le migliori terrecotte disponibili: belle e regolari nel disegno, assai dettagliate e composte con argilla selezionata di alta qualità. Richardson 1960, pp. 269-270.

202 Lastre di rivestimento con palmette entro nastri o a palmette oblique, lastre di coronamento con motivo a fiamme; v. X. Dupré, Terracotas Arquitectónicas, in M. Almagro-Gorbea (a cura di), El santuario de Junio

en Gabii, Roma 1982, pp. 134-141, 144-147, 166-168.

203 Borbein 1968, tav. XXI. 204 Ibid., tav. XXXIII-XXXV.

205 Per entrambe v. ibid., tav. XLII-XLVIII.

206 M. A. Colini, Antiquarium. Descrizione delle Collezioni dell’Antiquarium Comunale ampliate e

riordinate, Roma 1929, tav. XXXVI. Cfr. M. E. Aubert, Catálogo preliminar de las terracotas de Gabii, in CuadRom 14, 1980, pp. 111-115.

207 Borbein 1968, tav. IV, 1-3. 208 Borbein 1968, tav. XXXI, 1-2.

209 H. Mielsch, Römische Architekturterrakotten und Wandmalereien im Akademischen Kunstmuseum Bonn, Berlino 1971, p. 11, n. 6, fig. 5. Cfr. Aubert, art. cit., p. 114.

210 M. E. Aubert, art.cit., pp. 111-115.

211 La decadenza della città viene attestata soprattutto dalle fonti letterarie; cfr. F. Coarelli, I santuari del

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campo urbano della gens Antistia, un’antica famiglia sabina. Un ramo di essa infatti, gli

Antistii Veteres, ribadì la sua discendenza gabina da Antistius Peto, personaggio eliminato

nella lotta per l’occupazione della città proprio dal re romano Sesto Tarquinio (Liv. 1.53-54), mediante la coniazione di monete – datate 16 e 13 a.C. – che rievocavano l’antico foedus di età regia, assieme ad altre con la dedica ad Apollo Aziaco, per sottolineare il lealismo della famiglia nei confronti di Augusto212.

Le tipologie di lastre Campana rinvenute a Cosa e Gabii spingono anche ad interrogarsi sul problema del rapporto intercorrente tra i soggetti della decorazione figurata e il culto praticato nei relativi templi213. Mentre è possibile riscontrare una perfetta coerenza nel caso del santuario urbano di Apollo Palatino, diversamente nelle realizzazioni periferiche questa sembra smarrirsi: la reiterazione dei soggetti apollinei nel Capitolium di una colonia costiera sembra dimostrare, secondo Strazzulla, che il tempio dell’area Apollinis era ormai riproposto come modello assoluto, aldilà del legame puramente cultuale214. A Gabii la situazione non appare meno complicata, considerando anche alcune obiezioni sollevate da certi topografi della scuola romana circa la tradizionale identificazione del tempio con quello di Giunone, a seguito della scoperta di un santuario suburbano di epoca arcaica, posizionato sulla via per Tibur, e considerando la memoria delle fonti sull’esistenza di un tempio di Apollo nel centro.