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Il riconoscimento di Teseo da parte del padre Egeo

3. Il mito di Teseo

3.2 La selezione iconografica e le attestazioni archeologiche

3.2.3 Il riconoscimento di Teseo da parte del padre Egeo

La variante originale e più antica di questa raffigurazione, datata da Von Rohden alla prima età augustea681, non ci è purtroppo testimoniata da esemplari completi, ma è stata ricostruita grazie all’integrazione dei frammenti conservati a Jena, a Berlino e Vienna682

. Inizialmente la scena era stata interpretata come la guarigione di Macaone operata da Nestore683, episodio della tradizione omerica in cui Macaone, figlio di Esculapio, uno dei principi greci feriti

680 V. F. Ficoroni, Le maschere sceniche e le figure comiche d'antichi romani descritte brevemente... e

dedicate all'eccellentissimo signore Paolo Ippolito de Beawillier, 1736, p. 143 e Campana, Antiche Opere in Plastica, pp. 31, 52.

681 Cfr. Von Rohden 1911, p. 100 ss.

682 Rispettivamente Jena, Universitäts-Museum, dalla Collezione Campana, tav. LXVIII; Berlino, Antiquarium n. 246, dalla collezione v. Koller; Wien, Österreichisches Museum n. 3963. Vedi Von Rohden 1911, tav. LII.

683 Si vedano Seroux D’Agincourt, Recueil de Fragmens de Sculpture antique en Terrecuite, Parigi 1814, tav. 4, 1, p. 15-16; J. Winckelmann, Monumenti antichi inediti, II, Roma 1767, tav. 127.

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durante l’assedio di Troia, viene assistito e ristorato da Nestore con una bevanda curativa684

. Il personaggio ritratto è invece Teseo, riconosciuto dal padre Egeo con un intenso sguardo nel momento in cui questo gli porge la tazza piena di veleno, come gli aveva suggerito la perfida moglie Medea685. L’eroe, sul cui fianco sinistro pende la spada del padre e che ne calza anche i sandali, è seduto, vestito solo della clamide che poggia sulla sua spalla, cadendogli sulla schiena e ammassandosi sulla sedia, mentre un lembo ricade sulla sua coscia e un altro penzola in basso. Proteso verso di lui Egeo, con alti stivali, chitone e mantello sulla spalla destra, in atteggiamento apparentemente brusco sorregge con la mano sinistra l’avambraccio del giovane, mentre con l’altra afferra la ciotola con il veleno portandola verso la bocca di Teseo. Subito dietro il re di Atene, in scala più piccola, Medea – caratterizzata da corti capelli ricci e da labbra carnose come una barbara – in chitone e mantello. Le figure si stagliano su un rialzo di fondo irregolare, tanto che solo le gambe della sedia si appoggiano direttamente sull’orlo del fregio sottostante. Questa differenziazione della superficie del suolo è tipica dell’età augustea, così come il naturalismo dell’inclinazione della testa di Teseo verso la ciotola e della veste che scende alle sue spalle; nelle varianti più tarde invece, i personaggi si appoggiano direttamente sull’orlo del fregio inferiore senza alcun indicazione del terreno, le figure sono lavorate meno accuratamente, soprattutto nelle teste e nelle mani, i motivi delle vesti sono assai semplificati e anche le fasce decorative sono trattate con negligenza, nonostante le forme di base rimangano quelle augustee.

Frammenti di una lastra Campana con questo tema provengono dalla villa di Q. Voconio Pollione a Marino. I resti del complesso sono situati sui colli che guardano veso nord e a Roma, in mezzo ad una linea ininterrotta di ruderi appartenenti ad antiche ville romane, di modello uniforme, a grandi terrazze sorrette da muraglioni rettilinei686. Il proprietario è stato identificato grazie ad un’iscrizione conservataci su una conduttura di piombo, che aveva la funzione di portare l’acqua dalla piscina presente nel giardino fino al palazzo687

: un membro

684 Om., Il., XI, 505, 517, 617-636. Macaone, ferito da Paride, viene tratto fuori dalla mischia da Nestore, che lo conduce alla tenda e gli presta soccorso; Ecamede, figlia di Arsinoo fatta schiava da Nestore, prepara al ferito una tazza con una bevanda ristoratrice, che poi l’amico gli porge.

685 Il merito della corretta interpretazione va a O. Müller, in Archäol. Zeitung 1862, p. 287, e in Göttinger

gelehrte Anzeigen 1834, p. 925.

686 I primi ruderi della villa, con il suo lussuoso apparato decorativo, furono scoperti nel maggio del 1880, mentre si costruiva un tronco della ferrovia Ciampino-Marino tra la tenuta delle Frattocchie e le vigne del Sassone (di proprietà Colonna) e di Marco Andreola. Gli scavi furono intrapresi e continuati da Lanciani e Boccanera. Vedi R. Lanciani, La villa Castrimeniese di Q. Voconio Pollione, in BCAR XII, 1884, p. 141 ss. 687 IIX QVOCOI/ POLLIONIS / QVOCONI POLLIONIS / IERAX FECI / T (C.I.L. XV, 7851-52). Il nome è inoltre ripetuto in tutte le fistulae acquarie dell’edificio e su un’iscrizione votiva probabilmente pertinente ad un’edicola dedicata ad una divinità egizia (C.I.L. XIV, 2427) . Cfr. Lanciani 1884, p. 153 ss.

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dell’antichissima gens Voconia, originaria di Aricia. La villa doveva aprirsi a settentrione in una grande terrazza porticata su tre lati e si presenta costituita da due complessi: il primo, rivolto a nord verso il giardino terrazzato e rispondente perfettamente al modello della domus

Vitruviana688, risale sicuramente agli ultimi anni della repubblica o ai primi dell’Impero e ciò è

dimostrato dalla struttura dei muri in opera reticolata senza legamenti o spigoli di mattoni, dalla perfezione dei mosaici monocromi, dai colonnati di pietra albana rivestiti e scanalati con stucco dipinto, tecnica caratteristica dell’età augustea. La parte meridionale invece sarebbe un ampliamento posteriore forse dell’inizio del II secolo689

. Secondo Lanciani, Q. Voconio Pollione potrebbe essere identificato in un personaggio vissuto nel II secolo, epoca a cui rimanda lo stile dei caratteri dell’iscrizione (di cui era dedicatario) rinvenuta nella villa presso il sacrario di Serapide e Iside; più precisamente a cavallo dei regni di Adriano e Antonino Pio. Una calamità naturale attestataci dalle evidenze archeologiche e avvenuta alla fine del II secolo potrebbe essere stata la causa di un cambiamento di proprietà, di cui abbiamo testimonianza grazie al rinvenimento del nome Praefernius Petus iscritto nelle condutture che alimentano la fontana presente nell’atrio690

. Rizzo691 ipotizza che l’edificio originario possa essere appartenuto a uno dei tre membri della famiglia Voconia vissuti nel I a.C. e molto noti all’epoca: il primo Voconio, legatus o praefectus classis nel 73 a.C. assieme a Lucullo in guerra contro Mitridate e ricordato da Plutarco, Luc. 13, 1-2; un secondo, edile della plebe nel 60, e infine l’ultimo, legatus cum imperio di Pompeo nel 49 a.C.692

Dalla villa proviene una grande quantità di lussuose decorazioni, fra cui statue, frammenti di marmo, antefisse, lastre Campana693: nell’enorme tablino sono stati rinvenuti tre simulacri marmorei, un Apollo, un Ercole di tipo atletico (con la spoglia leonina sostenuta dal braccio sinistro) e una statua eroica694, che il Lanciani immaginava rappresentare forse un imperatore

divinizzato, poiché la testa non è quella pertinente, mentre la sala absidata – che si apriva esclusivamente sul portico esteriore – ha restituito una statua di Marsia in pavonazzetto, molto

688 Si rispetta il tradizionale schema con vestibolo, atrio, tablino, triclinio, stanze laterali e peristilio.

689 Presenta infatti una pianta non più regolare, ambienti ricchi di nicchie e absidi, un’opera reticolata più grossa e con spigoli e legamenti in mattoni. Cfr. Rizzo 1976/77, p. 9.

690 Cfr. Lanciani 1884, p. 165 ss. 691 V. Rizzo 1976/77, p. 9 ss.

692 Entrambi sono ricordati da Cicerone, rispettivamente in Cluent., 147-148, e in Ad Att., VIII, 15, 3. 693 Il materiale è andato ben presto smembrato in vari musei e collezioni, ma la maggior parte di esso è oggi conservato al Museo Nazionale Romano e in quello di Karlsruhe. Alcune lastre Campana non sono state destinate alla vendita e, rimaste di proprietà Colonna, sono ancora visibile murate nelle pareti dell’atrio d’ingresso alla Galleria Colonna a Roma. Cfr. Rizzo 1976/77, p. 7, n. 6.

694 Apollo: Roma, Mus. Naz. Inv. 38 (la statua è stata trasferita nel 1949 al Palazzo della Provincia al posto del Torso Valentini); Ercole: Roma, Mus. Naz. Inv. 29; statua eroica: Roma, Mus. Naz. Inv. 25. Cfr. Rizzo 1976/77, p. 9, n. 20-22.

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somigliante al Marsia capitolino695. Lungo i lati del porticato sono venuti alla luce numerosi frammenti di lastre di sima fittili con pantere ai lati di un kantharos, una con Eroti e gorgoneion e antefisse del tipo della Fortuna Augusta, raffiguranti la Vittoria alata con trofeo in piedi sul globo tra due Capricorni696.

Le terrecotte Campana di Marino annoverano numerose e differenti tipologie di soggetti697: sileno ubriaco con Psyche ed Eroti698, vendemmia699, pigiatura700, maschere bacchiche701,

vittorie sacrificanti702, amazzoni e grifi703, scene nilotiche704, donne inginocchiate ai lati di un gorgoneion705, donne alate che suonano fra racemi706 e sospese tra spirali e racemi707, palmette e gorgoneia tra nastri serpeggianti708, palmette e fiori di loto709, oltre a numerosi piccoli frammenti dispersi e non identificabili.

Di una lastra di coronamento con il riconoscimento di Teseo da parte del padre710 (fig. 27) resta la parte superiore del corpo della donna a sinistra incedente verso destra. La variante è identificabile con quella rappresentata dall’esemplare conservato a Londra711

(fig. 28): essa presenta delle variazioni innovative rispetto al modello originario più antico; ai lati del gruppo centrale con Teseo, Egeo e Medea, si aggiungono altre due figure femminili stanti. Questa seconda tipologia è attestata da pochissimi frammenti, tanto che la figura della donna a sinistra

695 Lanciani 1884, p. 158 ss., tav. XVII-XIX; F. Muthmann, Der hängende Marsyas, in Corolla Ludwig

Curtius, zum sechzigsten Geburtstag dargebracht, Stuttgart 1937, p. 118 ss., tav. 38. Datata alla prima età

antonina. Cfr. R. Neudecker, Die Skulpturen-Ausstattung römischer Villen in Italien, Mainz 1988, pp. 168- 170.

696 V. Lanciani, in NSA 1884, p. 394 ss., e Rizzo 1976/77, p. 18-19.

697 L’intera serie con le collocazioni e i confronti bibliografici si deve a Rizzo 1976/77, p. 10 ss. 698 Roma, Mus. Naz., Inv. 11122, lastra di coronamento; Von Rohden 1911, p. 49 ss. tav. CII, 2.

699 Roma, Mus. Naz., Inv. 4375 e Palazzo Colonna, inv. 11a e 36b (frammenti di una lastra di coronamento); Roma, Mus. Naz., Inv. 4373a e 4373c. Rispettivamente Von Rohden 1911, p. 61, fig. 116; variante nuova; variante incerta.

700 Roma, Mus. Naz., Inv. 4373b e Palazzo Colonna inv. 11b, d e 36 a, c, d; Roma, Mus. Naz., Inv. 11135, 11110, 11181, 11121, 11180 (frammenti di lastre di coronamento). Von Rohden 1911, pp. 66 ss., fig. 130, 134, 138 e variante tavv. CXXVI.

701 Variante incerta (Von Rohden p. 78); la lastra è dispersa, viene descritta da Lanciani in NSA 1884, p. 106. 702 Roma, Mus. Naz., Inv. 4379, 11134, 11173 (frammenti di lastre di coronamento); Von Rohden 1911, p. 85, fig. 169, tav. XXXVII, 1-2.

703 Roma, Mus. Naz., Inv. 11128, 4389 (frammenti di lastre di coronamento); Von Rohden 1911, p. 126, fig. 240, tav. XCIII, 1.

704 Frammenti di lastra di coronamento, variante incerta. Roma, Mus. Naz., Inv. 11188; Von Rohden 1911, p. 155 ss.

705 Lastra di coronamento dispersa; v. Von Rohden 1911, tav. XXXVI, 2.

706 Lastra di coronamento. Roma, Mus. Naz., Inv. 11185; Von Rohden 1911, p. 198, fig. 401.

707 Frammenti di lastra di coronamento. Roma, Mus. Naz., Inv. 11076, 11074; Von Rohden 1911, tav. LXVIII.

708 Lastra di rivestimento. Roma, Mus. Naz., Inv. 11118; Von Rohden 1911, p. 225, fig. 455. 709 Roma, Mus. Naz., Inv. 4374; Von Rohden 1911, p. 220, fig. 451.

710 Roma, Mus. Naz., Inv. 11075; Von Rohden 1911, fig. 187, p. 101

711 Londra, Brit. Mus., inv. D 607: vedi Von Rohden 1911, p. 101, fig. 187. Descritta da T. Combe, A

description of the collection of ancient Terracottas in the British Museum, Londra 1810, tav. 4, 1 e da F.

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si ritrova solo su un altro frammento proveniente dai Colombari di Livia sulla Via Appia, che vedremo a breve712.

Fig. 27. Frammento di lastra Campana con il riconoscimento di Teseo dal padre, da Marino, villa di Q. Voconio Pollione. Roma, Museo Nazionale Romano (Rizzo 1976/77)

Fig. 28. Variante più tarda con il riconoscimento di Teseo dal padre. Londra, British Museum (Von Rohden 1911)

Diversi frammenti provengono dalla parte meridionale della villa, in particolare dalle camere prossime alla sala absidata713; mentre per tutti gli altri gruppi non è possibile stabilire

712 Forse alla stessa variante appartiene un frammento del Mus. Naz., inv. 62903, che conserva solo l’estremità sinistra della lastra. Cfr. Rizzo 1976/77, p. 23, n. 104.

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l’esatto luogo di ritrovamento. Sembra comunque che la maggior parte delle lastre sia stata rinvenuta nelle aree settentrionale e orientale del complesso, presso i portici dell’atrio e del giardino a terrazze, e in quella meridionale, quasi sicuramente destinata ad uso termale714. Rizzo, nel tentativo di attribuire le lastre ai diversi ambienti, si chiede se esse possano essere state ammucchiate in depositi, nel momento in cui sono state staccate per essere sostituite da un’eventuale nuova decorazione marmorea della villa. Tranne le sime, sono riconoscibili quasi tutte come lastre di coronamento e mancano di una qualsiasi traccia di grappe di collegamento; la maggior parte di esse condivide lo stesso impasto di argilla rossiccia. Essendo testimoniati un gran numero di soggetti di tipi diversi, nel caso di scene ripetute o simili si potrebbe pensare all’impiego per la decorazione di uno stesso ambiente: questo potrebbe essere il caso delle lastre con vendemmia e pigiatura, identiche nelle misure e nel fregio di coronamento e che sembrano anche stilisticamente uscite dalla stessa officina715, ed è possibile che insieme ad esse venissero usate anche quelle con donne inginocchiate ai lati di un gorgoneion, che condividono con queste le stesse misure e lo stesso tipo di fregio. Le lastre con vendemmia e quelle con pigiatura appartengono alle varianti più antiche delle rispettive tipologie (età augustea)716, mentre l’origine del tipo con Sileno ubriaco, Psyche ed Eroti è posta da Von Rohden alla metà del I secolo; la variante delle donne inginocchiate ai lati del gorgoneion è riconoscibile in quella più antica ed usata per le lastre di rivestimento, databile all’età augustea, così come quella della Vittoria sacrificante717. Anche gli esemplari con Amazzoni e grifi rientrano nelle varianti più antiche; le figure di suonatrici alate sono invece databili a tutta la prima età imperiale, dato che sono molto diffuse su vasi aretini, stucchi del I a.C. (ad esempio quelli della Farnesina), sia su rilievi di marmo718; allo stesso periodo Von Rohden data la

variante dei rilievi con gorgoneia e palmette con nastri serpeggianti.

Alla fase decorativa più antica, rilevabile nel ninfeo e nel portico antistante, sono attribuibili le lastre di sima con pantere ai lati di un oggetto centrale; ad un periodo subito posteriore appartengono tutte le altre lastre, che riprendono principalmente sia motivi

713 Cfr. Lanciani, in NSA 1884, p. 83 ss.: “ventisette pezzi di terracotta, appartenenti a quattro fregi diversi […] elegantissimi”. Secondo Rizzo tra questi potrebbero essere comprese le scene di vendemmia e di pigiatura. Cfr. Rizzo 1976/77, p. 19.

714 Si veda Rizzo 1976/77, p. 19 ss.

715 Gli esemplari che presentano varianti della scena si possono attribuire a restauri successivi.

716 Ciò sarebbe in contrasto con l’ipotesi di Rizzo, secondo cui queste lastre sono state rinvenute nella parte meridionale della villa, che Lanciani afferma essere posteriore e databile non prima della fine del I secolo: potrebbe essere allora probabile che le terrecotte siano state staccate e poste in un ambiente di deposito in vista della sostituzione con la nuova decorazione marmorea. Cfr. Rizzo, pp. 25-26.

717 Ciò viene ulteriormente dimostrato sia dal fatto che la figura di Vittoria è del tutto simile a quella di alcune gemme di età augustea (Borbein 1968, tav. 15, 3-4), sia perché lastre più complete di questa variante provengono da una villa di Antemnae dell’ultimo secolo della repubblica. Cfr. Rizzo 1976/77, p. 23.

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iconografici che moduli stilistici dell’età augustea: forse i tipi sono perdurati in alcune officine per un tempo più lungo, ma i dati stilistici non indicano una datazione posteriore alla prima metà del I secolo e la presenza di pochi esemplari riconoscibili con varianti posteriori deve essere ricondotta alla necessità di restauri, eseguiti medianti matrici diverse da quelle originarie ormai esaurite. In conclusione, grazie all’analisi di Rizzo719

, è possibile riconoscere due fasi decorative: la prima, più antica e databile ai decenni centrali (50-40) del I a.C., testimoniata dai ritrovamenti del ninfeo a NE, che potrebbe essere anche di poco precedente alla costruzione del corpo centrale della villa; la seconda, caratterizzata dall’impiego di lastre Campana, da riportare alla prima età imperiale, dato che quasi tutte le tipologie sono attribuibili alle varianti più antiche.

Come accennato in precedenza, un altro reperto si deve al complesso sepolcrale dei colombari dei liberti di Livia, venuto alla luce lungo la via Appia nel 1726720; per la struttura muraria in opera reticolata e le iscrizioni rinvenute (molte relative a servi e liberti della famiglia imperiale giulio-claudia), l’edificio è stato datato in età augustea e claudia: sono infatti ricordati Augusto, Livia, Tiberio, Antonia (moglie di Druso Maggiore), Agrippina – forse la figlia di Germanico - e Giulia, figlia di Druso e Claudio. Lo scavo del complesso ha restituito diversi frammenti di terrecotte Campana, che sembrano provenire direttamente dall’interno dei colombari721

, riconducibili a raffigurazioni di maschere bacchiche722, di donne ai lati di un candelabro723, di Vittoria con trofeo724 e del riconoscimento di Teseo da parte del padre.

Tutte le varianti sono molto antiche, appartenenti con molta probabilità alla decorazione originaria del sepolcro; l’esemplare del ciclo di Teseo725

rappresenta invece ancora la seconda variante della tipologia, rappresentata dalla lastra di Londra, dato che ci conserva soltanto la

719 Cfr. Rizzo 1976/77, p. 23 ss.

720 Si vedano F. Bianchini, Camera ed iscrizioni sepolcrali di liberti, servi ed ufficiali della casa di Augusto

scoperte nella Via Appia ed illustrate con le annotazioni di Mons. F. B. Veronese l’anno 1726, Roma 1727;

A. F. Gori, Monumentum sive columbarium libertorum Liviae Augustae, Roma 1727; G. B. Piranesi, Le

Antichità Romane, III (Gli avanzi de’ Monumenti Sepolcrali esistenti in Roma e nell’Agro Romano), Roma

1784, tavv. XXI-XXX; C.I.L. VI, 3926-4326, 33062-33075. Cfr. Rizzo 1976/77, p. 55 ss. 721 Gori 1727, p. 5. Ora conservate tutte al Museo Etrusco Gregoriano.

722 Von Rohden 1911, p. 78 ss., tav. XXXIX,1. Sono riportabili alla variante più antica del tipo, sia per la forma delle maschere, che per le particolarità nella resa dei capelli e della barba del Sileno. Cfr. Rizzo 1976/77, p. 55.

723 Variante di Von Rohden 1911, p. 212 ss., tav. IX. Non è riportabile con certezza a nessuno dei tipi; potrebbe essere ricollegata alla variante più antica con donne ai lati di un candelabro (lastra del Vaticano, Mus. Greg., inv. 14455) o anche a quella con Donne tra racemi (Mus. Naz. Rom., inv. 4389). Cfr. Rizzo 1976/77, p. 55.

724 Variante di Von Rohden 1911, p. 192 ss., fig. 388.

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parte sinistra con la donna panneggiata, molto simile all’esemplare di Marino tranne che per la pettinatura (fig. 29).

Fig. 29. Disegno del frammento di lastra Campana dal Colombario dei Liberti di Livia (Gori 1727)

Un cospicuo nucleo di terrecotte architettoniche, fra cui lastre Campana, sono state portate alla luce durante gli scavi del 1907 nella zona del Largo di Santa Susanna sul Quirinale, più precisamente nell’area del Palazzo del Ministero dell’Agricoltura726

. La stessa zona aveva restituito anche una stipe votiva arcaica, databile fra l’inizio del VII e il IV secolo a.C., rinvenuta nel 1878 sotto la scalinata della chiesa di Santa Maria della Vittoria. Per questo motivo, e poiché diverse terrecotte rinvenute si possono considerare con sicurezza pertinenti alla decorazione di un tempio di età repubblicana, Manca di Mores ha proposto che il materiale possa essere riferito alla presenza di un tempio, il cui culto non conosce soluzione di continuità dal VII a.C. fino all’età imperiale avanzata. Le fonti ricordano numerosi edifici presenti sul colle ed alcuni di essi sono stati localizzati grazie alle evidenze archeologiche; la studiosa ha escluso in partenza quegli edifici templari che non presentano, seguendo le testimonianze, caratteri di antichità tali da poterli ricollegare al periodo documentato dalla stipe votiva727,

concentrandosi invece sugli edifici compatibili con questo e presenti sul Quirinale728: il tempio

726 «In prossimità di Via delle Finanze, nell’area del nuovo Palazzo del Ministero per l’Agricoltura»: vedi NSA 1907, p. 504 ss. I frammenti architettonici si trovano nei depositi del Museo Nazionale Romano (Catalogo pp. 349-360). Cfr. G. Manca di Mores, Terrecotte architettoniche e problemi topografici:

contributi all'identificazione del Tempio di Quirino sul colle Quirinale, in Annali della Facoltá di Lettere e

Filosofia, I. Studi classici, n. 6, 1982/83, pp. 323-360.

727 Questo è il caso dei templi del Vicus Longus, come quello di Spes, Pudicitia Plebeia ecc. Cfr. Manca di Mores 1982/83, p. 328.

728 Manca di Mores segue l’elenco degli edifici menzionati nella processione degli Argei, antico documento riportato da Varrone, ling., V, 52, che descrive il percorso seguito dal corteo sacro intorno alla città e le tappe presso ciascun sacrario. Cfr. Manca di Mores 1982/83, p. 328.

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di Quirino sul collis Quirinalis, il tempio di Salus sul collis Salutaris, il tempio di Semo Sancus

Dius Fidius sul collis Mucialis e l’auguraculum sul collis Latiaris729.

Varrone attribuisce a Tito Tazio la dedica di un’ara a Quirino730, mentre la fondazione del sacello è fatta risalire concordemente al regno di Numa Pompilio731. Secondo Cicerone (de

rep., II, 10, 20; de leg., I, 1, 3-5), Romolo sarebbe apparso come fantasma a Iulio Proculo,

dichiarando di essere divenuto dio con il nome di Quirino e ordinandogli di costruire un tempio nel luogo dell’avvenuto incontro; Plinio (Nat. Hist., XV, 29, 120) ricorda che il sacello era in connessione con un un bosco e inoltre con la Porta Quirinalis (Fest., p. 302). Sappiamo dalle fonti che il tempio fu votato dal dittatore L. Papirio Cursore nel 395 a.C., ma che fu dedicato solo nel 293 dal figlio e adornato con le spoglie della guerra sannitica (Liv., X, 46, 7); nel 206 a.C. fu colpito da un fulmine (Liv., XXVIII, 2, 4) e nel 49 a.C. subì un grave incendio, a cui però si diede immediatamente rimedio con un’opera di restauro probabilmente già terminata