1. Le lastre Campana: analisi e problemi di studio
1.1 Le scelte iconografiche
1.1.5 Scene di vita quotidiana
Mi sembra infine necessario ricordare anche quella parte di produzione Campana che non è stato frutto dell’influenza di modelli neoattici o greci; frequentemente infatti, abbiamo avuto
174 Qui il giovane Gaio Ottavio avrebbe trascorso parte della giovinezza presso i nonni paterni, sottraendosi così alla guerra civile tra Cesare e Pompeo che dal 49 a.C. imperversava a Roma. L’origine veliterna della
gens Octavia è attestata a Velletri da alcune iscrizioni e da fonti latine e pure un’antica tradizione locale
voleva che lo stesso Gaio Ottavio, poi Augusto, fosse nato appunto a Velitrae, l’odierna Velletri (tale interpretazione sarebbe suggerita dallo storico Svetonio nella sua Vita dei Cesari, II, 1, dove parla di una residenza della famiglia degli Ottavi). Cfr. T. Ceccarini – A. Germano – R. Petrilli, art.cit., pp. 62-68. 175 È stata la donazione al Museo archeologico di Velletri (nel 2003, da parte del cittadino veliterno Marcello Pellegrini, la cui proprietà si trova nella zona di Madonna degli Angeli) di un consistente nucleo di terrecotte Campana a far riaprire il dibattito sulla villa di San Cesareo. Nonostante l’iniziale incertezza circa la provenienza, per i motivi iconografici rappresentati e la pregevole esecuzione esse sono riconducibili senza dubbio agli ultimi decenni del I sec. a.C. e al primo decennio del I sec. d.C.; gli studi effettuati hanno permesso di definirne origine, uso e significato, e anche di ipotizzare come contesto di appartenenza la cosiddetta Villa degli Ottavi. I centocinquanta frammenti della raccolta Pellegrini sembrerebbero la prova di queste affermazioni, grazie ai motivi iconografici propri del programma augusteo che offrono anche numerose analogie con le lastre rinvenute sul Palatino. Cfr. T. Ceccarini – A. Germano – R. Petrilli, art. cit. 176 S. Toso, Fabulae graecae: miti greci nelle gemme romane del I secolo a.C., L’Erma di Bretschneider 2007, pp. 193 ss.
177 Vedi C. Isler-Kerényi, Dionysos nella Grecia arcaica: il contributo delle immagini, Roma 2001; si vedano ad esempio anche le rappresentazioni sui rilievi neoattici (M. P. Guido-Baldi, Un rilievo neoattico da
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testimonianza di rilievi dal gusto narrativo, i cui motivi – ricollegabili all’arte di tradizione italica - sono ispirati a vicende della vita reale quotidiana: pompae trionfali, spettacoli da circo, come corse di carri, cavalieri, venationes, ma anche cortei di carri con prigionieri, processioni sacrificali, scene di palestra o di teatro, e tanti altri178. Sono particolarmente interessanti le raffigurazioni di giochi e gare circensi, in cui – almeno nella maggior parte degli esemplari – è ben riconoscibile il Circo Massimo. Un solo esemplare conserva una scena con corse di bighe179 (tav. 13), sul cui sfondo sono visibili settori della cavea, le mete e i delfini sorretti dalle colonne. Molto più frequenti le lastre con le corse di quadrighe180 (tav. 14); la ricca ornamentazione che si vede raffigurata sulle mete trova riscontro in una notizia tramandataci da Svetonio, secondo cui l’imperatore Claudio fece rivestire di oro le mete che prima erano in tufo e in legno: per questo motivo, basandosi anche sulla documentazione ricavata dai laterizi, Tortorella data le suddette terrecotte in questo periodo, ο al massimo agli inizi dell'età neroniana181. Lo stesso studioso ha proposto un’identificazione anche per il piccolo edificio a pianta circolare o poligonale e a più piani, merlato o con tetto conico, da cui si vedono affacciati spettatori, spesso presente in questa tipologia di scene182: potrebbe essere il tribunal
iudicum, il palco per i giudici situato in prossimità delle mete e vicino alla linea che segnava la
fine della corsa, o plausibilmente una delle phalae, le torri alzate sulla spina per gli spettatori e per i venatores in occasione delle venationes. Proprio le immagini di queste ultime gare costituiscono un altro cospicuo gruppo dei rilievi Campana, con il combattimento contro le belve sul lato del Circo Massimo, in svolgimento o presso ai carceres o sul lato opposto183. Tutti i rilievi presentano chiari riferimenti all’epoca imperiale, periodo in cui queste iconografie devono essere apparse sulle lastre Campana; simili composizioni tuttavia non dovrebbero essersi diffuse molto prima, dato che le numerose raffigurazioni di corse dei carri nel circo presenti su mosaici, sarcofagi e lucerne sono tutte più recenti.
178 Vedi V. Rohden 1911, pp. 131 ss. (“aus dem Römischen Leben”), e Borbein 1968, p. 39 ss. (quest’ultimo ritiene che i modelli di talune di queste raffigurazioni vadano cercati nella pittura trionfale).
179 V. Rohden, p. 138, fig. 256.
180 Ibid., pp. 136-138. L’autore ci conferma qui che le lastre non venivano soltanto impiegate singolarmente, ma potevano – come per altre tipologie – essere adattate come coppia per costituire un unico modulo compositivo: in questo caso esistono attestazioni di lastre con corse di quadrighe aventi come controparte scene di incidenti fra carri nel circo, iconografia in seguito molto utilizzata nei sarcofagi per alludere ai pericoli della vita e alla morte.
181 Suet., Claud. XXI, 7. Cfr. Tortorella, Roma 1981, p. 74. 182 Ibid., p. 74-75.
183 V. Rohden, tav. LXXIV, rispettivamente 2 e 1. Tortorella ritiene che queste due serie di rilievi siano attribuibili all’età augustea, considerando che la sistemazione delle uova e dei delfini sulla spina del Circo costituiscono termini post quem.
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Ovviamente, vi sono moltissimi altri temi che possono essere ritenuti di considerevole rilevanza nel genere dei rilievi Campana; certi non figurano solo a causa della scarsa incidenza nei ritrovamenti archeologici, nonostante siano portatori di un messaggio efficace ed eloquente. Altri ancora, infine, possono essere annoverati tra quelli più importanti per il genere di queste terrecotte e più espressivi e significativi per gli scopi della propaganda augustea: questi saranno trattati a breve.
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