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Il primo a parlare di mobbing quale condizione di persecuzione psicologica nell’ ambiente di lavoro è stato alla fine degli anni Ottanta lo psicologo svedese Heinz Leymann che lo definiva come una comunicazione ostile e non etica diretta in maniera sistematica da parte di uno o più individui generalmente contro uno singolo , progressivamente spinto in una posizione in cui è privo di appoggio e di difesa. In Italia è stata introdotta la tematica del mobbing dallo psicologo tedesco Harald Ege, che per primo nel 2002 ha pubblicato un metodo per il riconoscimento del danno da mobbing e del fenomeno stesso tramite il riconoscimento di sette parametri ( il cosiddetto Ege 2002) .

Questa pratica è spesso condotta con il fine di indurre la vittima ad abbandonare da sé il lavoro, senza quindi ricorrere al licenziamento o per ritorsione a seguito di comportamenti non condivisi (denuncia ai superiori o all’ esterno di irregolarità sul posto di lavoro), o per il rifiuto della vittima di sottostare a proposte o richieste immorali ( sessuali, di eseguire operazioni contrarie a divieti deontologici o etici ) o illegali.

Per potersi parlare di mobbing, la pratica persecutoria deve essere funzionale all’ espulsione del lavoratore, cagionandogli una serie di ripercussioni psico-fisiche che spesso sfociano in specifiche malattie ( disturbo da disadattamento lavorativo, disturbo post-traumatico da stress ) ad andamento cronico. Va sottolineato che attività mobbizzante può anche non essere di per sé illecita o illegittima o immediatamente lesiva, dovendosi considerare la sommatoria dei singoli episodi che nel loro insieme tendono a produrre il danno nel tempo. In effetti, l’ ingiustizia del danno, vale a dire dell’ evento lesivo non previsto né giustificato da alcuna norma dell’ Ordinamento giuridico, deve essere sempre ricercata valutando unitariamente e complessivamente i diversi atti.

Nella prassi, si distingue fra mobbing gerarchico o verticale e mobbing ambientale o orizzontale; nel primo caso, gli abusi sono commessi da superiori gerarchici della vittima, nel secondo caso sono i colleghi della vittima ad isolarla, a privarla apertamente dell’ ordinaria collaborazione , dell’ usuale dialogo e del rispetto.

La pratica del mobbing sul posto di lavoro si esplica mediante la vessazione sistematica di un lavoratore dipendente o di un collega di lavoro con diversi metodi di violenza psicologica o addirittura fisica. Ad esempio: sottrazione ingiustificata di incarichi o della postazione di lavoro , dequalificazione delle mansioni a compiti banali ( fare fotocopie, ricevere telefonate, compiti insignificanti, dequalificanti o con scarsa autonomia decisionale) così da rendere umiliante il proseguo del lavoro; rimproveri, richiami, espressi in privato ed in pubblico anche per banalità ; dotare il lavoratore di attrezzature di lavoro di scarsa qualità o obsolete, arredi scomodi , ambienti male illuminati ; interrompere il flusso di informazioni necessario per l’ attività ( chiusura della casella di posta elettronica , restrizioni sull’ accesso a Internet) ; continue visite fiscali in caso di malattia ( e spesso al ritorno al lavoro, la vittima trova la scrivania sgombra). Altri elementi che fanno configurare il mobbing, possono essere “doppi sensi” o sottigliezze verbali quando si è in presenza del collega oggetto di mobbing, cambio di tono nel parlare quando un superiore si rivolge al

collega vittima, dare pratiche da eseguire in fretta l’ ultimo giorno utile. Un esempio può essere : un collega, in presenza di altri colleghi , li invita ad una cena chiedendo ad ognuno di loro “allora te l’ ha detto Caio che stasera vieni con noi a cena? , mentre al collega mobbizzato dice invece “ tu non vieni ?”. Molte volte succede che “ l’ ordine “ di aggressione al collega mobbizzato venga dall’ alto e sia finalizzato alle dimissioni di qualcuno. In questo caso i colleghi che effettuano il mobbing eseguono servilmente le disposizioni del superiore anche se il collega mobbizzato non ha fatto niente di male . Tutte queste situazioni ed in genere gli attacchi verbali non sono facilmente traducibili in “prove certe“ utilizzare in un eventuale processo per cui è difficile dimostrare la situazione di aggressione.

Secondo un’ indagine del 2000, il 16% dei lavoratori inglesi denuncia di essere vittima di mobbing; l’ Italia è ultima nella classifica UE con un 4.2%. Alcuni contratti sindacali, come quello dei metalmeccanici in Germania , prevedendo un risarcimento di circa 250.000 euro per i lavoratori mobbizzati.

Secondo l’ INAIL , che per prima in Italia ha definito il mobbing lavorativo, qualificandolo come costrittività organizzativa ,le possibili azioni traumatiche possono riguardare la marginalizzazione dall’ attività lavorativa, lo svuotamento delle mansioni , la mancata assegnazione dei compiti lavorativi o degli strumenti di lavoro, i ripetuti trasferimenti ingiustificati , la prolungata attribuzione di compiti dequalificanti rispetto al profilo professionale posseduto o di compiti esorbitanti o eccessivi anche in relazione ad eventuali condizioni di handicap psico-fisici , l’ impedimento sistematico e strutturale all’ accesso a notizie , l’ inadeguatezza strutturale e sistematica delle informazioni inerenti l’ ordinaria attività di lavoro , l’ esclusione reiterata da iniziative formative, il controllo esasperato ed eccessivo.

E’ dunque chiaro che il mobbing non sia una malattia ma rappresenta il termine per indicare la complessiva attività ostile posta in essere da un datore di lavoro per demansionare il lavoratore, isolarlo e obbligarlo al trasferimento o alle dimissioni. Le azioni rientranti nella categoria della costrittività organizzativa coinvolgono direttamente ed in modo esplicito l’ organizzazione del lavoro e la posizione lavorativa e possono assumere diverso rilievo ai fini del riconoscimento della natura professionale del danno conseguente .

La giurisprudenza dispone più frequentemente e facilmente il risarcimento del danno biologico , ma non del danno morale, il mobbing deve aver procurato una delle malattie documentate il letteratura medica per avere diritto ad un’ indennità dall’ azienda.

In Italia, le tutele al licenziamento o trasferimento in altre sedi dei lavoratori sono maggiori che in altri Paesi ed è abbastanza diffusa la pratica di ricorso al mobbing per indurre nel lavoratore le dimissioni laddove il licenziamento è possibile solo per giusta causa ( articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori).

Dopo tale digressione sul mobbing che ho voluto proporre ai lettori in quanto a mio avviso fenomeno ”vergognoso” su cui riflettere; torniamo agli esiti del questionario somministrato da me all’ organico del Comune di Pisa.

Forse, conseguenza della non presenza del fenomeno del mobbing, emerge una nota positiva anche sulle

caratteristiche del lavoro svolto , degli aspetti psico-fisici percepiti poiché di evidenza , almeno mi è

parso , in quanto il campione di risposte è stato esiguo, una componente di soddisfazione all’ interno dell’ ente comunale.

Caratteristiche del lavoro svolto: si avverte nell’ ente fatica fisica, fatica mentale , sovraccarico di

lavoro, silenziosità, monotonia o ripetitività del lavoro, sovraccarico emotivo, isolamento, diretta responsabilità del lavoro, rigidità di norme e procedure.

Percezione degli aspetti psicologici e fisici nell’ ambiente di lavoro: negli ultimi mesi è capitato ai

dipendenti comunali di avvertire mal di testa, difficoltà di concentrazione, mal di stomaco, gastrite, nervosismo, irrequietezza, senso di affaticamento, asma, dolori muscolari e articolari, difficoltà di addormentarsi, senso di depressione.

Dato negativo sembra essere quello relativo al fatto che le persone si sentono poco coinvolte nelle

decisioni ( ciò trova piena conferma anche nel grafico relativo al coinvolgimento del personale alla politica

qualitativa dell’ ente, seconda parte del questionario) , poco informate sui mutamenti organizzativi e

poco ascoltate per quanto concerne il miglioramento funzionale del Comune.

Percezione degli aspetti psicologici e fisici dell’ ambiente di lavoro: in che misura capita di

osservare nell’ ambiente di lavoro fenomeni quali : insofferenza nel recarsi sul posto di lavoro, disinteresse per il lavoro, desiderio di cambiare lavoro e luogo di lavoro, pettegolezzo, risentimento, aggressività e nervosismo, sensazione di contare poco, sensazione di lavorare meccanicamente senza coinvolgimento, lentezza nell’ esecuzione dei compiti, mancanza di idee, assenza di iniziative. 19% 81% 15% 85% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% RISPOSTA AFFERMATIVA RISPOSTA NEGATIVA

L’ interesse di tutti i dipendenti del Comune penso sia quello di migliorare tale criticità, di sentirsi coinvolte nelle decisioni, informate sulle politiche poste in atto ( compresa la politica qualitativa), sui mutamenti organizzativi ed ascoltate per quanto concerne il miglioramento funzionale . Solo migliorando o cercando di migliorare aspetti psicologici e fisici dell’ ambiente di lavoro, è possibile ottenere un miglioramento maggiore del clima organizzativo e dell’ aria che si “respira “ all’ interno dell’ ente comunale.

Il ruolo della comunicazione all’ interno del Comune