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La modalità deontica (dal greco dein, dovere) è invece correlata al senso di necessità e di dovere, inteso in senso negativo sotto forma di divieto: devi fare

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GIACALONE RAMAT A.,op cit. in Sobrero A.A.( a cura di) ,1993, p. 382. 33

BALDASSARRI D., L’Italiano e lo Straniero- comunicare in Italiano Seconda Lingua, Edizione Guerra, Perugia 2008, cit. pp.58-59

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meno chiasso, bisogna sbrigarsi, qui non si può fumare. Caratteristica di base

della modalità deontica è , pertanto, il fatto che essa si manifesta nelle situazioni in cui la realizzazione di una determinata azione dipende da un agente esterno e diverso da quello del verbo modale 34.

Dire: devo studiare, non è affatto lo stesso che dire: voglio studiare. È chiaro infatti che, nel primo caso, la realizzazione dell’azione è condizionata da una volontà esterna al soggetto che compie. La modalità deontica è quindi correlata alla nozione di concessioni o permessi. Frasi o necessità, sono da considerarsi portatrici di una modalità deontica in quanto realizzazione dell’azione dipende da un soggetto diverso da quello del verbo modale.

È chiaro che le varie modalità non sono racchiuse ognuna nel suo compartimento stagno, nel senso che non si manifestano separatamente ma, anzi, appiano in maniera congiunta all’interno di uno stesso evento comunicativo: se preferisce (modalità epistemica) può pagare con la carta di

credito ( modalità deontica).

Abbiamo detto che le ricerche relative alla modalità del verbo sono scarse e frammentarie. E non è sempre facile distinguerle l’una dall’altra. Tuttavia, sulla base di osservazioni relative all’acquisizione dell’Italiano Seconda Lingua non pare troppo azzardato affermare che essa attraversa tre stadi principali.

a) Nel primo stadio la modalità viene espressa in forma implicita. I parlanti

stranieri non hanno ancora acquisito i mezzi lessicali appropriato ad esprimerla e fanno ricorso ad elementi paraverbali (accento, intonazioni)

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SERIANNI L., Italiano: Grammatica, Sintassi, dubbi ,Garzanti, Milano 1997, XI, 46, cit. p. 279.

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ed extraverbali (gesti, espressioni del volto). La ricostruzione integrale dei contenuti comunicativi viene affidata, anche stavolta, alla capacità interpretativa e alla volontà cooperatività del parlante nativo.

b) Nel secondo stadio il parlante straniero riesce ad individuare elementi

forme esplicite per esprimere la modalità, attraverso l’utilizzo di opportuni elementi lessicali, flessi spesso in maniera rudimentale: penso, credo, non

so, forse, certamente, (relativamente alla modalità epistemica), devo, bisogna (relativamente alla modalità deontica), e posso, voglio

(relativamente alla volontà bulemaica). L’espressione della modalità deontica in particolare può, a questo stadio, apparire ancora difficoltosa e rimanere sottintesa; non di rado essa viene esplicitata attraverso l’infinito presente del verbo che esprime l’azione.

- Come mai, perché?

Perché studiare.

Ah perché dovevi studiare.35

c) Nel terzo stadio, quello più avanzato, la modalità viene espressa in chiare

forme esplicite, utilizzando opportunamente i mezzi grammaticali di cui la Seconda Lingua dispone. Come già notato, l’uso del condizionale e del congiuntivo per esprimere le modalità bulomaica ed epistemica appare in una fase avanzata, se escludiamo il verbo volere in prima persona (vorrei) che appare, come si è detto, abbastanza precocemente. In una fase avanzata, si verifica che certe forme verbali subiscano degli “spostamenti modali”, come avviene nelle produzioni dei nativi. Questo fenomeno va

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BERNINI G., Lexical Expression of modality in second langages: The case of italian modal

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ad investire, in particolare, il futuro, che viene usato per formulare dubbi e congetture (saranno le due) piuttosto che certezze (ti chiamerò domani), e i verbi dovere e potere che, accanto ad una modalità deontica (devi fare i

compiti, puoi aprire la finestra?), assumono anche i valori epistemici

(deve/dovrebbe aver un mucchio di soldi, può/potrebbe essere al bar).

1.8.3 Il nome

In italiano il nome può appartenere a due generi, maschile e femminile,ed essere di numero singolare e plurale. E queste dicotomie sono all’origine di un fenomeno grammaticale molto importante, l’accordo,che nel caso dell’Italiano è piuttosto complesso. Il nome amica, per esempio, richiede che ad esso si conformino tutti gli altri elementi della frase che lo riguardano ( articolo, aggettivo, verbo: la mia

simpatica amica spagnola è partita). Il problema che si pone al parlante straniero

in questo caso è duplice: egli deve innanzitutto individuare il genere e il numero di appartenenza del nome e poi, sulla base di questa individuazione, accordare ad esso gli altri elementi flessibili della frase. È vero che quando si tratta di essere animati il genere è legato al sesso del referente e l’attribuzione del genere è più semplice e che, in italiano , la maggior parte dei nomi maschile termina in - o e la maggior parte dei femminili termina in - a .

Ma è anche vero che le cose si complicano quando il parlante straniero comincia a rendersi conto che esistono tanti nomi maschili e femminili, con terminazione in - e, tanti nomi maschili che finiscono in – a e, seppur minoritari, nomi femminili che finiscono in – o, nomi al singolare che finiscono in –i, e nomi, singolari e plurali, che terminano con una vocale accentata. Le cose insomma non sono

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affatto semplici. Anche relativamente al genere e al numero del nome, è stato tuttavia possibile individuare vari stadi progressivi di acquisizione.

a) Nel primo stadio il genere e il numero nelle produzioni linguistiche del

parlante straniero, è come se non esistessero. Anche se gli capita di produrre con terminazione giusta (uomo,casa,questura) egli non ne è consapevole e usa le parole, di solito al singolare, senza nessuna riflessione analitica come espressioni formulaiche.

b) Nel secondo stadio l’accordo avviene all’interno di una sintagma nominale, ossia quel “pezzo di frase” costruito attorno ad un nome. A sua

volta questo stadio è suddivisibile in due fasi consequenziali.

b1) Nella prima fase i parlanti avvertono la necessità di attribuire alle

parole un genere e un numero di appartenenza, e si cimentano in primo rudimentale accordo fra il nome e l’articolo. Spesso gioca un ruolo importante l’assonanza per cui le parole terminati in – a vengono comunemente accordate al femminile singolare ( la casa), quelle in – o al maschile singolare (il biglietto), quelle –e al femminile plurale (le

macchine) e quelle in – i al maschile plurale (i libri), con tutte le

produzioni fuorvianti che tale procedura implica ( la cinema, il mano, le

stazione, i chiavi ). È stata comunque notata la tendenza ad attribuire un

genere femminile ai nomi maschile che terminano in –a, piuttosto che un genere maschile ai nomi femminili che hanno terminazione in –o. Questo avviene, verosimilmente, per due motivi: innanzitutto i nomi femminile in –o sono rarissimi rispetto ai nomi maschile in –a; inoltre l’articolo e il nome hanno più spesso la stessa terminazione al femminile che al

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maschile ( la scuola, il libro, lo studente ). Gli apprendenti stranieri realizzano in tali casi dei conguagli analogici del tipo: le lezione

interessante o la problema seria, riscontrabili a volte anche in parlanti

nativi che non abbiano avuto la possibilità di accedere ai gradini alti dell’istruzione, e abbiano perciò perpetuato una condizione di marginalità culturale. Per fare un esempio, il sintagma: la salsa piccanta è stato prodotto da un parlante nativo.

b2) Nella seconda fase, invece, compaiono tracce di accordo tra il nome e

il suo aggettivo: acqua fredda, alberi alti, anche e permangono forme scorrette come: i miei chiavi o le ragazze francese.

c) Un terzo stadio è invece individuabile quando l’accordo avviene

all’interno di un sintagma verbale,vale a dire quella parte di frase il cui nucleo è costituito da un verbo. Anche questo stadio è a sua volta scomponibile in due fasi sequenziali.

c1) Nella prima l’accordo del nome si estende all’aggettivo predicativo,

per cui si avranno produzioni di frasi del tipo: la cucina è piccola, le case

sono belle.

c2)Nella seconda, che presuppone a questo punto competenze linguistiche

avanzate, i parlanti stranieri riescono ad accordare al nome anche il participio passato dei verbi, soprattutto in presenza dell’ausiliare essere:

Maria è andata al cinema, i ragazzi sono partiti ieri, anche se con esiti a

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Va da sé che le corrette assimilazioni della temporalità, della modalità e del nome, non procedono separatamente l’una all’altra ma si interseno e si sovrappongono continuamente durante il percorso di apprendimento dell’Italiano Seconda Lingua.

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CAPITOLO II

INTERFERENZE, VARIAZIONI LINGUSITICHE E