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Scelte non sempre consapevol

METODI E TECNICHE

5 L’unità didattica per l’insegnamento

5.2 Scelte non sempre consapevol

Qual è l’approccio metodologico più adeguato ed efficace per insegnare italiano L2 agli alunni immigrati che hanno nello stesso tempo la necessità di imparare a comunicare e a studiare nella nuova lingua?

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FREDDI G., Il bambino e la lingua. Psicolinguistica e glottodidattica, Liviana – Petrini, Torino 1990.

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Cfr. TITONE R., Psicodidattica, La Scuola, Brescia 1976;

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Ciò che si osserva nelle scuole che hanno un’esperienza consolidata di inserimento degli alunni non italofoni è una sorta convivenza tra approcci metodologici mutuati dall’apprendimento/insegnamento della lingua straniera e approcci didattici adottati in classe con gli apprendenti e propri della riflessione/esplorazione della lingua materna. Da una prima fase (due o tre mesi, in genere) durante la quale si cerca di “ritagliare” del tempo e di proporre attività di sviluppo comunicativo ripetute, graduali, a forte base lessicale e grammaticale, si passa piuttosto in fretta a richiedeste di prestazione proprie del curricolo comune, rivolte all’alunno straniero in una forma e a un livello più bassi ( gli si chiede di solito di raggiungere gli “obiettivi minimi”).

Dal punto di vista didattico e dei metodi adottati, due sembrano essere le impostazioni prevalenti alle quali gli insegnati si richiamano116:

 un approccio di tipo grammaticale, centrato sulla riflessione linguistica. In questo caso , la programmazione è definita in base della tradizionale progressione delle strutture grammaticali e si utilizza per lo più il metodo fonico- sillabico per l’alfabetizzazione. La lingua da apprendere diventa da

subito anche oggetto di studio su cui portare l’attenzione, con un’impostazione metodologica tradizionalmente utilizzata per

l’insegnamento dell’italiano ai bambini nativi.

La scansione del lavoro- didattico segue quindi la sequenza lettere- sillaba- parole e quella delle strutture grammaticali, utilizzando spesso anche termini metalinguistici per classificare e riconoscere le diverse strutture. La funzione e il ruolo dell’insegnate sono centrali: è l’insegnante a

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proporre l’attività, stimola, spiega, gestisce, la conversazione e l’interazione con l’alunno.

 Un secondo gruppo di insegnati si richiama invece all’approccio

comunicativo e ai metodi attivi. In questo caso la centralità non è più

nell’insegnate e nella lezione, ma nella relazione insegnate- alunno. Viene dedicato maggiore spazio alla conversazione, ma spesso vi è una scarsa programmazione e una certa improvvisazione in nome dell’importanza comunicativa.

Anche in questo caso però nella parte dell’intervento didattico dedicata all’alfabetizzazione si ricorre al metodo fonico- sillabico, senza distinguere anche i fra i tempi propri della comprensione e quelli della produzione- elaborazione.

In entrambi i casi, il tempo dedicato alle attività di lettura/scrittura e di prima alfabetizzazione o “rialfabetizzazione” in L2 è preponderante. Si ritiene che l’alunno non italofono possa disporre di input comprensibile e interessanti nei momenti ludici.

5. 3 L’evoluzione dei metodi

Innanzitutto, va detto, che l’evoluzione dei metodi117 linguistici delinea una sorta di destrutturazione: da forme e proposte compatte, solide e univoche, centrate sul

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Definire che cosa si intende per metodo nell’insegnamento linguistico non è facile. A volte gli approcci metodologici si sviluppano a partire da teorie relative all’apprendimento o alla natura del linguaggio, altre volte propongono una serie di tecniche o una nuova combinazione di procedure e di elementi già noti. In molti casi inoltre i materiali didattici disponibili non esplicitano il metodo al quale si riferiscono, oppure sono applicazione didattica di più approcci metodologici. Riteniamo che sia comunque utile esplorare le diverse opzioni metodologiche per poterle riconoscere, criticare, utilizzare o comporre con maggiore consapevolezza.

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ruolo e il protagonismo dell’insegnate e dell’oggetto “lingua” si è passati a suggerimenti aperti, con molte possibilità e poche prescrizioni, che assegnano un ruolo sempre più centrale all’apprendente e ai suoi bisogni comunicativi.

La svolta nell’impostazione metodologica avviene a partire dagli anni Settanta quando, in contrapposizione con la nozione di competenza linguistica, si fa

sempre più strada in glottodidattica, la teoria della competenza comunicativa. Si sottolinea non più il concetto di lingua come sistema da conoscere ed esplorare,

ma quello di uso/ comportamento da attivare e promuovere, seguendo i percorsi individuali e la creatività di ogni apprendente. L’evoluzione delle proposte di insegnamento, e dei materiali didattici che ad esse si ispirano, va quindi dall’applicazione di metodi solidamente incentrarti sulla lingua e sulla descrizione sistematica delle sue caratteristiche, verso approcci sempre più eterogenei, che fanno leva su un ruolo più attivo dell’apprendente e quindi attenti alle sue esigenze, bisogni e strategie di apprendimento. La lingua si identifica sempre più in serie di comportamenti (individuali, sociali, interculturali) che sfuggono ad una sistemazione precostituita e l’insegnante deve funzionate sempre di più come un facilitatore del percorso di apprendimento. Questo è tanto più vero se, come nel nostro caso, non si tratta di apprendere una lingua straniera, ma di appropriarsi del codice linguistico del paese nel quale si vive, si studi, si gioco, ecc…

Sulla base di una distinzione ormai consolidata, gli approcci metodologici all’insegnamento di una seconda lingua possono essere classificati come :

- grammaticali; - comunicativi.

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Negli approcci comunicativi, gli obiettivi, le tecniche di insegnamento e la valutazione dell’apprendente sono tutti fondati sulla capacità di comunicare

messaggi. L’alunno sa raccontare un fatto accaduto il giorno precedente?

Sa chiedere il permesso, descrivere un oggetto, esprimere un fatto accaduto il giorno precedente? esprimere uno stato d’animo?

Nel percorso di insegnamento basato sullo sviluppo della competenza grammaticale, obiettivi, proposte e valutazioni si definiscono invece secondo il criterio dell’accuratezza della forma e dell’uso della grammatica e delle strutture linguistiche. Per esempio: l’apprendente sa usare correttamente gli ausiliari nel

passato prossimo? Sa concordare gli articoli, i nomi, aggettivi?

In altre parole, gli approcci di tipo grammaticale insegnano un codice, a parlare del nuovo codice e a riflettere su di esso; gli approcci di tipo comunicativo insegnano invece ad usare la nuova lingua.

Nella valutazione e scelta degli approcci metodologici possiamo individuare, soprattutto in base all’elaborazione dei materiali didattici, tre diversi fai.

A una prima fase in cui erano utilizzati i tradizionali approcci di tipo grammaticale, è seguito un momento di critica degli stessi, con grande diffusione e successo dei metodi comunicativi. Ai fini dell’uso reale della lingua è stata infatti rilevata la scarsa efficacia di un’impostazione rigidamente grammaticale. L’apprendente spesso conosceva strutture e regole del nuovo codice, ma aveva gradi difficoltà a capire e a parlare in una situazione autentiche. L’attenzione prevalentemente sulla forma e sulla correttezza delle strutture metteva in secondo

piano la capacità di ascoltare, comprendere, parlare in situazioni reali. Gli approcci di tipo comunicativo, ribaltando le priorità dell’intervento didattico,

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hanno messo al centro lo sviluppo delle capacità di ascoltare, comprendere dire, dedicando uno spazio marginale alla conoscenza della lingua e alla riflessione grammaticale, di attenzione alle strutture e alla forma, senza necessariamente dover ricorrere all’uso dei termini metalinguistici e all’analisi astratta.

I principali metodi per l’insegnamento della L2

DEDUTTIVI INDUTTIVI FUNZIONALI AFFETTIVO –

CUMUNICATIVI