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In questo capitolo prenderemo in considerazione i dati a disposizione utili per costruire un modello che dia conto sul piano cognitivo dei processi (introdotti dalla prospettiva narratologica) di organiz-zazione degli eventi in storie. L’analisi dei processi di rappresentazione narrativa a partire dal para-digma cognitivista costituisce un crocevia di questioni importanti: tale analisi permette infatti di in-dagare i correlati cognitivi tanto dei processi che impongono una struttura narrativa all’esperienza quanto dei processi di elaborazione di storie coerenti. Da questo punto di vista, la discussione dei sistemi cognitivi a fondamento dell’elaborazione narrativa apre la pars costruens del nostro lavoro. I prossimi due capitoli tentano di far luce sull’architettura cognitiva che sostiene la costruzione del pensiero narrativo a partire dalla tesi fondamentale che le proprietà essenziali del piano narrativo siano connesse a una rete specifica di sistemi di elaborazione: una rete di sistemi proiettivi e forte-mente ancorati all’interazione tra l’ambiente e i corpi degli individui.

Prima di prendere in considerazione la nostra specifica proposta, iniziamo dal modello più utilizzato in narratologia cognitiva per dar conto dell’elaborazione narrativa: il modello che fa appello ai concetti di frame e script. Tali concetti sono stati introdotti in ambito cognitivista da Minsky (1975) per spiegare in che modo la mente umana, al fine di integrare informazioni parziali in quadri di rife-rimento concettuali più ampi, possa accedere ad un archivio di conoscenze situazionali e contestuali registrate nella memoria. Minsky e altri studiosi (ad es., Abelson & Schank 1977) descrivevano la mente umana nei termini di un sistema fondato su costrutti di organizzazione dell’informazione de-rivati dall’esperienza e coinvolti nella costruzione di interpretazioni convenzionali secondo cui le nuove informazioni vengono ricondotte a quelle già contenute in memoria. In altre parole, le espe-rienze sono comprese a partire da un confronto con un modello stereotipico, derivato da espeespe-rienze simili: ogni nuova esperienza viene valutata sulla base della sua conformità o difformità rispetto a

uno schema pregresso (Calabrese 2012). Se i frames forniscono delle strutture di dati per rappresen-tare situazioni stereotipiche, gli scripts concernono conoscenze implicite e aspettative all’interno di un frame che, sulla base di inferenze, permettano di comprendere sequenze di eventi. Prima della svolta narrativa, nell’ambito dell’intelligenza artificiale vi erano stati alcuni tentativi di applicare le nozioni di frame e script alla narrazione. Un caso esemplificativo è quello di Mandler (1984) con l’introduzione del concetto di “grammatiche del racconto su base cognitiva”, intese come rappresen-tazioni formali dei meccanismi cognitivi messi in atto per individuare la struttura fondamentale delle storie, scomponibili in sistemi di unità e principi da cui costruire sequenze.

Il presupposto su cui si fonda oggi l’applicazione del modello del frame e degli scripts al piano narrativo riguarda un punto che abbiamo già anticipato: la svolta cognitivista in narratologia ha pro-fondamento revisionato i rapporti tra testo e fruitore ponendo l’accento sul repertorio di esperienze e conoscenze personali che guiderebbe e strutturerebbe l’atto di lettura. Iser (1976) aveva anticipato la questione, promuovendo il lettore e le azioni implicate nella sua reazione al testo a cornice di riferi-mento nell’indagine sul potenziale pragmatico del testo. Individuando nei cosiddetti blanks (‘vuoti’) di significato lasciati aperti dal testo – nell’indeterminatezza del testo – l’aspetto chiave su cui deli-neare una teoria della narrazione, la teoria della ricezione di Iser colloca al centro i processi necessari a comporre il mondo del testo secondo un’interazione biunivoca tra struttura testuale e mente del fruitore. La narratologia cognitiva riprende tale teoria nel tentativo di focalizzare l’attenzione sulla relazione tra informazioni immagazzinate in memoria ed esperienza effettiva del lettore per dar conto della produzione e della comprensione di storie. A questo proposito, Herman (2002) utilizza il con-cetto di “repertori esperenziali” per richiamarsi alle strutture mentali necessarie a ricostruire il tempo, lo spazio e le azioni – le sequenze di eventi – di una narrazione a partire dal proprio bagaglio espe-renziale.

Come sappiamo, in effetti, la narratologia aveva individuato come essenziali della narrazione proprietà riguardanti la rappresentazione di sequenze di eventi. In chiave cognitiva, la domanda è:

come elaboriamo tali proprietà? Nel tentativo di spiegare in che modo elaboriamo sequenze coerenti di eventi costruendo uno storyworld articolato, i narratologi cognitivisti combinano la rappresenta-zione di eventi con la teoria del frame (ad es., Emmott 1997; Hogan 2003; Hühn & Kiefer 2005;

Hühn 2008; Stockwell 2002). Tale connubio fornirebbe «a finer-grained vocabulary for describing what earlier narratologists characterized as reader’s tendency to organize event sequences into sto-ries» (Herman 2002, p. 98). Questo approccio combinato enfatizza il fatto che il concetto di eventful-ness possa essere inquadrato in riferimento a meccanismi predittivi guidati da aspettative sugli eventi, aspettative che costituiscono un prerequisito della loro leggibilità. Il frame guida le attese rispetto a

certe situazioni ma di per sé non è sufficiente per una comprensione dell’esperienza; per questo in-tervengono gli scripts attraverso i quali è possibile codificare gli accadimenti secondo processi dina-mici che inquadrano in modo specifico certe attese relativamente al verificarsi di certe sequenze di eventi. Lo sviluppo di questo meccanismo duplice a partire dai 3 anni di età ci permette di districarci nella sfera dell’agire e viene sfruttato dal dominio narrativo (Culpeper 2001). Grazie agli scripts, in particolare, è possibile costruire rappresentazioni di storie a partire dai pochi indizi forniti del testo:

a riempire i vuoti intervengono i nostri repertori di esperienze (Herman 2003a). La narrazione è, in questa prospettiva, la costruzione di relazioni e associazioni tra strutture semiotiche caratterizzate da specifiche risorse cognitive.

Un caso di applicazione della teoria dei frames alla narrazione è il modello di Fludernik (1996, p. 17), che parte dalle situazioni di vita reale inquadrandole in termini di «holistic situation schemata», vale a dire di repertori di azioni e motivazioni immagazzinate in memoria da cui attingeremmo per rapportarci a nuove situazioni. Secondo Fludernik, nel rapportarci ai testi narrativi faremmo ricorso a un simile sistema di dinamiche cognitive che coinvolgerebbe tanto «parameters of real-life experi-ences [like] the schema of agency as goal-oriented process of reaction to the unexpected […], and the natural comprehension of observed event processes including their supposed cause-and-effect expla-nations» (ibid., p. 43), quanto frames più specifici. In buona sostanza, di fronte ai testi di finzione applicheremmo certi stili cognitivi a seconda della configurazione assunta al loro interno da specifici contrassegni – specificatamente la voce narrante, la prospettiva e il modo narrativo. Ad esempio, in un racconto in cui il narratore è palese siamo propensi ad attivare un telling frame, poiché ricono-sciamo che l’azione comunicativa è guidata da una voce che racconta qualcosa. Viceversa, nel caso in cui un testo ci catapulta all’interno di un personaggio e della sua interiorità senza che sia il narratore a presentarci chiaramente i suoi pensieri, è più probabile l’attivazione di un experiencing frame che porta a interpretare il testo come il racconto di un’esperienza vissuta dal personaggio. D’altra parte, i racconti in cui l’accesso all’interiorità dei personaggi è problematizzato e il narratore dissemina poche tracce di sé attiverebbero il viewing frame in cui percepiamo insieme al personaggio, senza fare di-rettamente esperienza della sua sfera emotiva. Al bagaglio di frames di natura esperenziale vanno aggiunti, inoltre, quei materiali che derivano da precedenti esperienze narrative – literary schemas – e che ugualmente orientano l’interpretazione di un testo sulla base di aspettative (Stockwell 2002).

Come sottolinea Fludernik, la natura di queste strutture è olistica e permette di modulare i processi di lettura in base all’attribuzione di coerenza al testo. Poiché i processi interpretativi raramente seguono un percorso lineare in cui venga attivato un solo frame, Jahn (1997) considera l’atto di lettura nei termini di una competizione tra frames che chiama continuamente in causa salti cognitivi volti alla selezione della struttura di volta in volta più appropriata.

Il riferimento all’applicazione di queste strategie di attribuzione di senso attive nell’esperienza effettiva al contesto delle situazioni narrative permette di tematizzare il ruolo di un lettore reale e di ancorare i processi di narratività alla nostra esperienza quotidiana. D’altra parte, l’approccio basato sulla costruzione di modelli mentali a partire da frames e scripts ha il merito di aver dissolto la distin-zione poco plausibile tra pensiero scientifico e pensiero narrativo operata da Bruner (1986) soppian-tandola con una visione più unitaria dei processi cognitivi. Detto questo, la concezione dei modelli mentali basata sugli scripts e sui frames è caratteristica delle scienze cognitive di prima generazione e si porta dietro i limiti di quel paradigma interpretativo. Un limite cruciale di questa concezione è che fa riferimento a sistemi che rappresentano e memorizzano situazioni stereotipate, tralasciando completamente il problema di dar conto di come sia possibile costruire rappresentazioni complesse di sequenze di eventi non stereotipate che si dispiegano lungo l’asse temporale. I sistemi di memoria coinvolti nell’elaborazione di frames e scripts non sono cioè sufficienti a supportare la costruzione del piano temporale che, come abbiamo visto, è decisivo della coerenza narrativa e caratterizza in modo duplice gli eventi che pertengono al mondo della storia e gli eventi rappresentati emergenti dall’interazione tra storia e lettore. Come vedremo, un modo proficuo per dar conto dei processi nar-rativi in riferimento alle proprietà che abbiamo individuato come essenziali è inquadrarli all’interno del framework delle scienze cognitive di seconda generazione; tale framework ha aggiornato la teoria dei modelli mentali e fornisce delle coordinate utili per spiegare in che modo la temporalità, l’espe-renzialità o la prospettiva siano elementi necessari della narratività. Lo spostamento di prospettiva prende avvio dalla discussione dei sistemi cognitivi di natura proiettiva che costituiscono l’infrastrut-tura psicologica alla base dell’elaborazione narrativa di eventi.