• Non ci sono risultati.

La ricerca neuropsicologica e neurofisiologica delinea un quadro articolato rispetto ai processi a fon-damento della rappresentazione di eventi. Un dato acquisito di tale ricerca è che la rappresentazione del dispiegarsi degli eventi è affidata a meccanismi specifici per differenti tipologie di eventi (Schac-ter & Tulving 1994). Una distinzione classica è quella in(Schac-terna ai sistemi di memoria a lungo (Schac-termine tra memoria semantica e memoria episodica (Tulving 1972, 1985): sebbene vi sia dibattito riguardo alla natura di tale distinzione e alla relazione tra la funzione e il sostrato neurale dei due tipi di me-moria (ad es., Rubin & Umanath 2015), è generalmente riconosciuto che la meme-moria semantica ge-stisca informazioni sganciate dalle coordinate spazio-temporali che vanno a costituire conoscenze generali sul mondo del soggetto mentre la memoria episodica immagazzina informazioni situazionali

relative a eventi specifici dell’esperienza personale. Comunemente ci si riferisce al lavoro della me-moria semantica come a una forma di sapere / conoscere qualcosa del mondo e a quello della meme-moria episodica come al ricordare la propria esperienza. Lo studio della rappresentazione cognitiva di eventi gestita dai sistemi di memoria episodica fornisce indicazioni utili rispetto alla questione dell’elabo-razione narrativa dell’esperienza e di come questa possa essere poi sfruttata nella produzione-com-prensione di storie. Tale studio, infatti, si rivela cruciale nell’indagine di un livello specifico della rappresentazione di eventi, quello dei modelli situazionali (Johnson-Laird 1983; Zwaan et al. 1995;

Zwaan & Radvansky 1998). Se la costruzione di modelli mentali fa riferimento alla rappresentazione di eventi in generale (Speer, Reynolds, & Zacks 2007; Zacks et al. 2007), i modelli situazionali sono legati a una rappresentazione complessa di eventi specifici e si caratterizzano per essere multidimen-sionali. Il carattere multidimensionale di tali modelli si lega all’elaborazione di cinque elementi prin-cipali, vale a dire lo spazio, il tempo, le entità, gli aspetti intenzionali e le relazioni causali che riguar-dano gli eventi considerati (Zwaan & Radvansky 1998). Elaborando simili proprietà, i modelli situa-zionali si caratterizzano come rappresentazioni che conferiscono coerenza al flusso delle esperienze.

Da questo punto di vista, la caratterizzazione della strutturazione dell’esperienza in termini narrativi si lega alla costruzione di modelli situazionali guidati da principi di coerenza.

Prima di addentrarci nei dettagli di una simile ipotesi, è bene sottolineare che quando si guarda alla questione della rappresentazione cognitiva degli eventi una distinzione preliminare è quella che riguarda il contenuto della rappresentazione e il formato della rappresentazione. Qui non ci espo-niamo sul formato dei modelli situazionali; ce ne occuperemo nel Cap. 4 all’interno di una concezione grounded della cognizione. Per il momento ci preme affrontare la questione del contenuto, vale a dire la questione del che cosa i modelli di eventi rappresentino. A tal fine, è utile prendere in considera-zione una distinconsidera-zione specifica tra due processi inerenti la rappresentaconsidera-zione di due diversi tipi di eventi, quella tra modelli di eventi (event model) e modelli episodici (episodic model) (Keven 2016).

I sistemi di memoria che gestiscono la rappresentazione di modelli di eventi sembrano essere filogeneticamente più antichi, tant’è vero che sono presenti nei bambini più piccoli e in molte specie di animali non umani. Tali sistemi si caratterizzano per il fatto di fornire istantanee percettive degli eventi, soprattutto di quelli più recenti. Da questo punto di vista, si tratta di sistemi evolutisi per gestire obiettivi a breve termine e per sostenere un apprendimento basato su esperienze ripetute e guidato da segnali. I sistemi che governano la costruzione di modelli episodici dell’esperienza, vice-versa, organizzano gli eventi secondo un ordine temporale e causale che lega sequenze di eventi in episodi ben strutturati. Le strutture coinvolte nella rappresentazione di modelli di eventi sono definiti sistemi di rappresentazione percettiva (perceptual representation system (PRS)) mentre quelle legate alla costruzione di modelli episodici sono a tutti gli effetti sistemi di memoria episodica (Schacter

1992) e fanno parte di un dispositivo cognitivo più ampio di proiezione temporale del sé definito mental time travel (Suddendorf & Corballis 1997, 2007). In linea con queste considerazioni, Gärden-fors (2004) distingue tra cued representations e detached representations: se il primo tipo di rappre-sentazioni fa riferimento a eventi presenti nella situazione esterna, le detached representations si riferiscono a eventi ed entità non presenti nella situazione corrente. L’insieme di detached represen-tations e delle relazioni che intercorrono tra queste costituisce il mondo interiore (inner world) di un individuo, grazie al quale è possibile simulare scenari differenti e predire azioni alternative per quegli scenari. La capacità di formare rappresentazioni sganciate dal qui e ora caratterizza la specie umana in modo peculiare.

Per muoversi in un mondo mutevole costituito da avvenimenti, gli animali sono dotati di un PRS che permette loro di percepire gli oggetti e le proprietà che li riguardano costruendo modelli più o meno complessi degli eventi. In assenza di un sistema capace di individuare regolarità e costruire euristiche, non sarebbe possibile per gli organismi comprendere eventi che accadono rapidamente senza chiamare in causa un enorme carico computazionale. Un sistema simile è necessario per predire gli eventi prima che accadono e per controllare il dispendio cognitivo. Un’ipotesi molto accreditata – la cosiddetta Event Segmentation Theory (Zacks et al. 2007) – è che tale sistema funzioni attraverso la segmentazione del flusso di esperienza in eventi discreti (per una rassegna si veda Zacks & Tversky 2001). Analogamente al processo di percezione degli oggetti che si basa su cambiamenti fisici per discriminare proprietà differenti (ad esempio, il contorno o la forma), la percezione di eventi è stret-tamente legata alla capacità di individuare i confini percettivi di un evento (ad esempio, l’inizio e la fine). Vi sono numerose evidenze che testimoniano l’importanza di simili processi di segmentazione per la costruzione di modelli di eventi (si veda Zacks & Swallow 2007). Ad esempio, la comprensione della lingua dei segni sembra essere facilitata nei casi in cui le sequenze di azioni siano caratterizzate da maggiori cambiamenti (Parish et al. 1990). Anche i gesti improvvisati sembrano caratterizzarsi secondo una certa strutturazione che appare “naturale”, vale a dire più facile da percepire sulla base di un processo di discriminazione degli elementi (Christensen, Fusaroli, & Tylen 2016; Goldin-Mea-dow et al. 2008). Gli individui che sono più abili nella segmentazione di eventi e che discriminano maggiori dettagli sembrano anche ricordare meglio quegli stessi eventi (Zacks et al. 2006). Comples-sivamente, gli studi sulla memoria suggeriscono che utilizzare dettagli percettivi come i confini tra eventi è parte delle strategie di elaborazione degli eventi. In riferimento alle strutture cognitive spe-cifiche implicate nella comprensione degli eventi mentre questi accadono, la memoria di lavoro rap-presenta il dispositivo cardine (Baddeley 2003). Mantenendo una serie di raprap-presentazioni che faci-litano predizioni, tale dispositivo orienta l’aggiornamento dei modelli di eventi costruiti on-line.

Se il PRS permette l’elaborazione online di eventi del mondo e la formazione di scripts a partire da situazioni che si ripetono con una certa stabilità e frequenza (Keven 2016), la memoria episodica lega assieme gli output del PRS con informazioni provenienti da altre strutture cognitive consentendo una rappresentazione olistica di episodi multidimensionali (Schacter 1992). Organiz-zando gli eventi in una rappresentazione coerente che fornisce un modello integrato del contesto si-tuazionale (Radvansky & Zacks 2014), i sistemi di memoria episodica impongono una struttura nar-rativa all’esperienza conferendovi coerenza (Beach & Bissell 2016). Mandler per prima (1984) ha mostrato come i sistemi di memoria operino in conformità a una strutturazione narrativa dell’espe-rienza: è più difficile memorizzare ciò che non è stato organizzato narrativamente. D’altra parte, altri autori hanno sottolineato come la cognizione in generale fornisca alla specie umana una specifica attitudine ad organizzare narrativamente l’esperienza collocando gli eventi in strutture ampie e in-trecciate che ne facilitino l’interpretazione; Gazzaniga (2012), ad esempio, fa riferimento a un parti-colare sistema dell’emisfero sinistro definito interprete che imporrebbe una struttura story-like agli eventi, grazie all’integrazione di informazioni provenienti da altri sottosistemi in una storia ordinata e unitaria.

A partire da queste considerazioni, la memoria episodica si presta a costituire la base dell’esperienza poiché consente di elaborare non soltanto eventi ma sequenze di eventi e relazioni tra episodi da un punto di vista prospettico. La specifica funzione di questo componente è, in effetti, quella del binding. L’operazione di binding fa riferimento a due processi tra loro connessi: per un verso, essa richiama il collegamento e il confronto immediato delle relazioni temporali, spaziali e interazionali di elementi di una scena o evento (relational binding; Eichenbaum 2004; Ryan et al.

2000); d’altra parte, esiste un utilizzo più peculiare del termine che si collega alla combinazione di dettagli semantici ed episodici in un quadro narrativo coerente (Keven et al. 2018). In riferimento a questa seconda accezione, la memoria episodica viene anche definita memoria narrativa (Pillemer 1998) o «story-based memory» (Schank 1995). Diversamente dal PRS, la memoria episodica non orienta l’acquisizione di conoscenze generiche bensì trattiene esperienze personali uniche attraverso l’organizzazione e l’interpretazione causale e temporale degli eventi in un tutto coerente. Il processo di binding, infatti, opera secondo tre steps cruciali: innanzitutto, esso lega eventi multipli in una se-quenza temporale; dopodiché, stabilisce legami causali all’interno di questa sese-quenza tra elementi temporalmente distanti tra loro; infine, attribuisce una finalità a certi eventi utilizzandoli come punti focali del processo di rappresentazione (Greenberg & Rubin 2003). Da questo punto di vista, la me-moria episodica immagazzina esperienze che rimangono strettamente connesse alla situazione origi-naria in cui queste si sono svolte.

Il punto rilevante per il presente lavoro è che la narrazione esibisce tutte le caratteristiche proprie di un processo di binding (Keven 2016, p. 2506):

«Narratives mimic the temporal and casual sequence of events and norma-tively contain a setting, a triggering event, a sequence of attempted solutions, and a resolution […]. More importantly, narratives are structured by goals».

In tale prospettiva, il modo in cui la memoria organizza la rappresentazione degli eventi è lo stesso in cui si organizza il piano della narrazione. Questo stretto connubio tra carattere narrativo della me-moria episodica, dunque dell’esperienza, e narrazione si gioca sulla natura costruttiva di tali feno-meni. Contrariamente all’ipotesi più intuitiva, infatti, i ricordi non sono un’esatta copia degli eventi originari a cui si riferiscono ma sono piuttosto il prodotto di processi di ricostruzione, attivi a ogni rievocazione. Provando a mettere ordine nel magma di esperienze e a dare significato agli accadi-menti inserendoli in una trama coerente, la memoria episodica non riproduce bensì ricostruisce ricordi che non necessariamente corrispondono alla realtà (Tulving 2001). Cuciamo insieme alcuni dettagli che ricordiamo e da questi ricostruiamo il gist provando a ordinare gli accadimenti in un quadro coerente (Boyd 2009, p. 154). Similmente, la narrazione è un processo di costruzione basato sulla strutturazione degli eventi secondo proprietà spaziali, temporali e causali che conferiscono coerenza, processo in cui vengono tralasciati dettagli non rilevanti per questa ricerca di coerenza (Goldinger 1998). I dati provenienti dalla ricerca comportamentale e neurofisiologica confermano che nel pro-cesso di comprensione i lettori organizzano l’informazione e costruiscono modelli situazionali im-piegando gli stessi meccanismi coinvolti nell’elaborazione degli eventi dell’esperienza quotidiana (Speer et al. 2009; Zacks et al. 2009). Quello narrativo sembra, prima di tutto, un principio base dell’elaborazione cognitiva dell’esperienza, che caratterizza il modo in cui gli eventi vengono cuciti sul piano temporale. Ne deriva una prospettiva olistica per la quale, legando assieme gli eventi in un tutto causalmente e temporalmente compatto, il piano narrativo «provide a resource for connecting otherwise isolated occurrences into elements of episodes or ‘scenes’» (Herman 2013, p. 237).

Studi cognitivi, neuropsicologici e di neuroimaging supportano l’ipotesi di una connessione funzionale e strutturale molto stretta tra sistemi di memoria episodica e altre capacità cognitive, tra cui la costruzione narrativa (Buckner & Carroll 2007; Hassabis et al. 2007b; Schacter et al. 2007;

Suddendorf & Corballis 2007). Nel Capitolo 4 discuteremo i dettagli di tali studi tratteggiando la rete di abilità e dispositivi coinvolta nell’elaborazione della dimensione narrativa. Nel prossimo paragrafo inizieremo dando supporto empirico alla proposta di considera i sistemi di proiezione temporale come il fondamento cognitivo della narrazione.