• Non ci sono risultati.

Il modello democratico – corporativo

la regolamentazione della professione giornalistica

2.3 Il modello democratico – corporativo

Il terzo e ultimo modello di giornalismo delineato da Hallin e Mancini viene definito democratico corporativo e risulta ascrivibile alla zona continentale e settentrionale dell’Europa. A seconda del bilanciamento delle caratteristiche assunte nei vari ordinamenti e del loro grado di fedeltà rispetto al modello ideale si possono individuare tre gruppi: il primo (più rigoroso) composto dai paesi scandinavi (Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia), il secondo da Austria, Paesi Bassi e Svizzera e il terzo da Germania e Belgio, che si pongono a metà strada tra il modello liberale e quello pluralista polarizzato. Le caratteristiche principali del modello sono chiaramente riassunte dagli stessi studiosi:

“La cosa che colpisce del modello democratico-corporativo è la coesistenza di caratteristiche che in altri modelli sono assolutamente contrapposte – spiegano Hallin e Mancini –: forti industrie commerciali della comunicazione sono coesistite con i mass media molto politicizzati e con un alto grado di parallelismo politico; un alto parallelismo politico è coesistito con un alto livello di professionalizzazione giornalistica; e una forte tradizione liberale di libertà di stampa e d’informazione sono coesistite con un tenace intervento statale nel settore dei media come in altri settori della società”148.

La graduale transizione liberale che accumuna dal punto di vista storico questi ordinamenti avvicina il modello democratico – corporativo a quello pluralista polarizzato, ma, allo stesso tempo, la supremazia sociale della borghesia commerciale è più simile all’esperienza dei sistemi anglosassoni. Questo ha favorito da un lato lo sviluppo di una stampa spiccatamente politica, rappresentativa dei numerosi gruppi sociali di interesse esistenti (da qui la definizione democratico – corporativo) e, dall’altra, lo sviluppo di un vero e proprio mercato dell’informazione, dominato da imprese giornalistiche indipendenti e autonome rispetto ai poteri costituiti.

148 D.C. HALLIN; P. MANCINI, Modelli di giornalismo, Mass media e politica nelle democrazie occidentali op. cit. 68-69

127

L’elevato livello di parallelismo politico della stampa, contrariamente a quanto avvenuto negli ordinamenti mediterranei, non ha perciò rallentato il processo di professionalizzazione giornalistica, così come una forte e antica tradizione liberale della libertà di stampa non ha impedito allo Stato di intervenire spesso e in modo decisivo nel settore dei media. Nonostante la commistione di caratteristiche opposte, questo modello non deve essere considerato come una “via di mezzo” tra quelli pluralista polarizzato e liberale quanto come un sistema a sé stante dove ogni elemento apparentemente discordante trova una sua ragione d’essere. La stretta relazione tra stampa e politica, ad esempio, si comprende, considerata l’elevata differenziazione religiosa prima (con la diffusione del protestantesimo che contribuì anche a mantenere un basso livello di analfabetismo), e politica poi, che ha favorito la costituzione di istituzioni sociali e subculture politiche di cui la stampa si è sempre fatta portavoce149. In concomitanza con la nascita dei giornali di partito, però, inizia a profilarsi anche una forte stampa a carattere commerciale e a circolazione di massa, che ha di fatto impedito che si installasse quel rapporto di dipendenza economica o clientelismo rispetto alla politica a favore, invece, di un approccio più liberale fondato sul prodotto informativo e sulla pubblicità. È vero, inoltre, come riportato dagli stessi studiosi, che la stampa del modello democratico – corporativo, dagli anni ’80 fino ad oggi, è andata progressivamente distaccandosi dalla trattazione delle notizie a meri fini politici o con intenti di mobilitazione sociale: pur mantenendo una tradizione di raffinata critica politica si è comunemente accettato il principio della separazione tra commento e cronaca e si è parallelamente sviluppato un carattere critico a prescindere dall’appartenenza o vicinanza ideologica. Anche l’elevato livello di diffusione dei giornali è un dato interessante che ha contribuito alla costruzione di solidi mercati della comunicazione e di una eterogenea “domanda di informazione” dal basso. Lo sviluppo della stampa in senso

149 “La stampa è concepita come strumento di identificazione e di organizzazione all’interno dei gruppi sociali, e anche di discussione, confronto e conflitto” op. cit. 137

128

commerciale, assicurando ingenti introiti alle imprese, ha reso possibile una precoce emancipazione della professione giornalistica intesa come condizione di autonomia rispetto ad altre occupazioni (contrariamente agli esordi del giornalismo nel modello pluralista polarizzato) e dalla stessa classe politica. Gli operatori dell’informazione hanno sempre avuto una maggiore tendenza a qualificarsi quali appartenenti ad una determinata classe professionale piuttosto che in relazione alla propria ideologia politica e ciò è confermato anche dalla precoce affermazione di organizzazioni lavorative, sindacati, enti preposti alla tutela della categoria150. Si registrano, inoltre, un elevato grado di autonomia lavorativa (confermato dai sondaggi rivolti agli stessi giornalisti con indici molto bassi rispetto alla percezione e al pericolo di pressioni interne ed esterne sul loro lavoro), e di responsabilità nell’esercizio della professione rispetto all’interesse pubblico. Rispetto a questo ultimo punto, si consideri la presenza di svariati press councils, costituiti su iniziativa degli stessi giornalisti e delle organizzazioni degli editori piuttosto che dello Stato. “La loro funzione si esplica soprattutto nella formulazione dei codici etici seguiti dai giornalisti e dalle organizzazioni degli editori. Solo la Danimarca devia in qualche modo da questo modello: il suo press council fu istituito dall’Atto di obbligazione dei media nel 1992, che trasformò in legge il codice etico che era stato adottato 25 anni prima dagli editori. Il sindacato dei giornalisti aveva rifiutato di approvarlo, adducendo come motivo il fatto che i professionisti e le testate avrebbero dovuto crearsi i propri criteri etici151.

Si procede ora nell’analisi della regolamentazione della professione giornalistica negli ordinamenti tedesco e belga, esemplari del modello democratico corporativo, pur con qualche similitudine anche con gli altri modelli.

150 Hallin e Mancini riferiscono della prima associazione dei giornalisti norvegesi costituita nel 1883, di quella tedesca (VDJ) del 1895 e del primo sindacato di categoria nei Paesi Bassi del 1894

129

2.3.1 Disciplina ed etica della professione giornalistica in Germania e Belgio In Germania, lo status del giornalista professionista viene delineato a partire dall’art. 5 della Legge fondamentale, che tutela la libertà di espressione e di informazione garantendo la stampa rispetto a qualsivoglia forma di censura preventiva. Non esiste una precisa definizione legale per colui che intenda svolgere professionalmente l’attività di informazione a mezzo stampa, qualificandosi questa quale percorso di libero accesso in assenza di vincoli o restrizioni di sorta152. Questo non significa che la stampa (e chi vi lavora) sia un’istituzione priva di regole: queste si ricavano in primis dal Press Codex (di cui diremo), dalle leggi sulla stampa federali e dei Länder (Pressegesetze) aventi ad oggetto gli standard di condotta dei giornalisti e le regole sul corretto esercizio della professione153, dalle leggi sul lavoro, dai contratti collettivi siglati dai sindacati e dagli accordi di categoria per i giornalisti freelance. Questa normativa si applica alla stampa tradizionale (cartacea) e, in maniera residuale rispetto alla legislazione speciale, a quella telematica o elettronica154. Pur essendo demandata una notevole ampiezza di manovra nell’ambito della regolamentazione sull’attività svolta dal giornalista, niente è dato riguardo alle sue specifiche di formazione o praticantato, sebbene la consapevolezza della necessità di una preparazione specifica abbia portato, in Germania come in Italia, all’avvio di numerosi corsi di studio professionalizzanti nel giornalismo e nel mondo della comunicazione. Nonostante il regime di libero accesso alla professione, in Germania quasi tutti i giornalisti sono in possesso di una carta di identificazione professionale, detta Pressausweiss, che viene rilasciata ai fini di facilitare le relazioni pubbliche dei giornalisti e le procedure di accreditamento e identificazione necessarie all’accesso in strutture pubbliche e private dove si svolgono eventi

152 Report “The status of journalists in Europe” 14505 febbraio 2018, Council of Europe, Parlamentary Assembly

153 Quali ad esempio la disciplina sulla segretezza delle fonti, sull’accesso alle informazioni pubbliche, sugli obblighi di smentita e rettifica e i diversi gradi di responsabilità civile, penale e disciplinare previsti in caso di violazione.

154 Per approfondimenti si rimanda al capitolo relativo all’ordinamento tedesco scritto da Maria Theresia Rörig, contenuto in “L’inquadramento normativo della stampa online” a cura di P. Passaglia, dicembre 2011

130

e conferenze stampa. Il possesso della Carta non rappresenta comunque una condizione al legittimo esercizio della professione; essa viene rilasciata da una delle cinque organizzazioni di categoria (lavorative o sindacali)155 sulla base di proprie condizioni. Ad esempio, la Deutscher Journalisten Verband (DJV), che funziona sia da ente professionale che sindacale, richiede ai giornalisti a tempo pieno la presentazione del proprio contratto di lavoro e ai freelance la dimostrazione della provenienza della maggioranza delle loro entrate dal lavoro giornalistico, di fatto escludendo dalla possibilità di ottenere il riconoscimento per chi svolga l’attività solo in via occasionale. Nel documento recante le linee guida dell’associazione si trova, infatti, una parziale definizione del profilo professionale del giornalista inteso come dipendente (salaried employees) o come freelance che svolge regolarmente il suo lavoro presso una o più agenzie in base a contratti a singola prestazione, individuali o in base ai contratti collettivi di categoria.

Si prevede, inoltre, che:

The exercise of journalism as a profession requires specific skills and is characterized by personal capabilities. In particular these include: (a) social and socio-political sense of responsibility; (b) logical and analytical thinking (c) linguistic expressiveness and reliability (d) empathy and creativity (e) ease in making contacts and cooperating with others (f) readiness to handle conflict and criticism Journalistic work presupposes a comprehensive broad education and the acquisition of expert knowledge. The German Federation of Journalists (DJV) therefore sees matriculation (Abitur) or an equivalent educational qualification as the desirable prerequisite for training to become a journalist. Beyond that the DJV recommends completion of an academic degree. Expertise acquired through a vocational training certificate can also contribute towards becoming a qualified journalist.

155 Tra quelle sindacali distinguiamo: Deutscher Journalisten Verband (DJV); Deutsche Journalisten Union (DJU); Verband Deutscher Sportjournalisten (VDS) mentre quelle professionali sono la Verband Deutscher Zeitungsverleger (BDZV) e Verband Deutscher Zeitschriftenverleger (VDZ)

131

Per il conseguimento dei requisiti richiesti, il DJV prevede lo svolgimento di un periodo di pratica (Volontariat), il conseguimento di un titolo di studio in giornalismo o di altri titoli equipollenti. Si fa, infine, cenno alla necessità per il singolo giornalista di un aggiornamento formativo costante, da effettuarsi nel corso di tutta la carriera professionale156.

A vigilare sul regolare esercizio dell’attività giornalistica a livello professionale è preposto il Deutscher Presserat (Consiglio della stampa tedesco), un organo di autoregolamentazione che ha il compito di dirimere le controversie circa il contenuto delle pubblicazioni sia a mezzo stampa che online. Il Presserat, costituito nel 1956 su iniziativa delle associazioni di categoria a seguito della mancata approvazione di una legge circa la creazione di un apposito ente pubblico157, risulta oggi costituito da un direttivo (Gremium) di otto membri rappresentanti delle organizzazioni, e da un Plenum, che ha il compito di esaminare le questioni rilevando eventuali violazioni del Presscodex tedesco. Lo spettro di sanzioni applicabili dal Presserat in caso di violazione del codice etico vanno dall’ammissibilità senza conseguenze, all’avvertimento (Hinweise), alla disapprovazione ufficiale (Missbilligung), e infine l’ammonimento (Rüge) con obbligo di pubblicazione sulla testata interessata. Il codice etico tedesco (Presscodex) fu redatto dalla commissione etica in collaborazione con i rappresentanti delle organizzazioni di stampa e fu adottato in occasione della conferenza di Bonn il 12 dicembre 1973. Si legge nel Preambolo del Codice: “The journalistic principles define the professional ethics of the Press. These include the duty within the framework of the Constitution and constitutional laws to maintain the standing of the Press and speak up for the freedom of the Press. […] These

156 Per approfondimenti: Vocational profile – journalist. DJV online consultabile all’indirizzo:

https://www.djv.de/fileadmin/user_upload/Infos_PDFs/Flyer_Broschuren/DJV_Wissen_4_ Vocational_Profile.pdf

157 Report “The status of journalists in Europe” 14505 febbraio 2018, Council of Europe, Parlamentary Assembly

132

professional ethics give everyone the right to complain about the Press. Complaints are justified if professional ethics are infringed”.

Seguono undici linee guida, suddivise in altrettante sezioni intitolate alla tutela della libertà e della dignità delle persone interessate dalla pubblicazione, alla doverosa diligenza nello svolgimento delle ricerche e nella selezione delle fonti di informazioni, all’obbligo di rettifica in caso di errore e ai limiti previsti sul metodo di investigazione del giornalista, in modo tale da preservare la legittimità del suo modus operandi. È previsto anche un rigido regime di segretezza delle fonti e di separazione tra stampa e altre attività che possano minare la credibilità del giornalista nonché tra stampa e pubblicità. Il giornalista deve, inoltre, preservare la riservatezza delle persone interessate dalla pubblicazione, la loro dignità personale, prestando attenzione alle sue vive esternazioni a non pregiudicare la libertà morale e religiosa individuale o collettiva o ad esporre in maniera sensazionalistica o discriminatoria le notizie. Si fa, inoltre, riferimento al rispetto del principio della presunzione di innocenza nella trattazione delle questioni giudiziarie e di cautela per quelle mediche o di particolare delicatezza.

Chiunque si ritenga leso da una pubblicazione è legittimato ad adire il Presserat per violazione del codice deontologico. La denuncia dovrà essere formulata per iscritto e dovrà presentare in allegato la pubblicazione incriminata. La questione verrà successivamente valutata dal Plenum, il quale, qualora dovesse ritenersi incompetente, rimanderà la questione alla sede contenziosa adeguata. Segue un tentativo di mediazione tra le parti durante il quale il procedimento è sospeso; in caso di fallimento della mediazione e dichiarazione circa la fondatezza della denuncia da parte del Presidente si aprirà il procedimento vero e proprio che si svolgerà a porte chiuse fino all’emanazione del provvedimento158.

158 Per ulteriori approfondimenti si veda la scheda sul German Press code disponibile online all’indirizzo:https://www.presserat.de/fileadmin/user_upload/Downloads_Dateien/Presseko dex2017english.pdf

133

In questa sezione si è scelto di approfondire le due esperienze tedesca e belga in quanto esemplari del modello democratico-corporativo per l’aderenza alle caratteristiche suddette, ma è bene sottolineare come esse presentino somiglianze anche con il modello liberale e pluralista polarizzato. La Germania, infatti, come gli ordinamenti anglosassoni è sprovvista di una legge atta a disciplinare formalmente la professione giornalistica, mentre il Belgio presenta una regolamentazione più specifica sulla scia delle esperienze dell’Europa mediterranea. In particolare, l’art. 1 della legge 30 dicembre 1963, prevede che:

Nul ne peut être admis à porter le titre de journaliste professionnel s’il ne remplit pas les conditions suivantes :

1. Etre âgé de vingt et un ans au moins ;

2. N’être pas déchu, en Belgique, en tout ou en partie, des droits énumérés aux articles 31 et 123 sexies du Code pénal et, sous réserve de ce qui est prévu à l’article 2, n’avoir pas encouru, à l’étranger, une condamnation qui, si elle avait été prononcée en Belgique, aurait entraîné la déchéance de tout ou partie de ces droits ;

3. A titre de profession principale et moyennant rémunération, participer à la rédaction de journaux quotidiens ou périodiques, d’émissions d’information radiodiffusées ou télévisées, d’actualités filmées ou d’agences de presse consacrées à l’information générale ;

4. Avoir fait, de cette activité, sa profession habituelle pendant deux ans au moins, et ne pas l’avoir cessée depuis plus de deux ans ;

5. N’exercer aucune espèce de commerce et notamment aucune activité ayant pour objet la publicité, si ce n’est en qualité de directeur de journal, d’émissions d’information, d’actualités filmées ou d’agences de presse.

134

Il titolo di giornalista professionista, sulla base dei requisiti suddetti, viene attribuito da una Commission d’Agrégation divisa in due gradi di giudizio (prima istanza e appello) e composta da sezioni equamente rappresentative della parte francofona, di quella tedesca e fiamminga. La domanda di riconoscimento del titolo di giornalista professionista è presentata alla segreteria dell’Association des Journalistes professionnels de Belgique (associazione di categoria che svolge anche la funzione di sindacato); segue un procedimento che normalmente non prevede la partecipazione dell’interessato, a meno che la Commissione non opti per un rigetto della domanda, in tal caso la convocazione del richiedente è obbligatoria. La Commissione può anche disporre la rimessione del titolo di giornalista professionista in caso di mancanza di uno dei requisiti previsti dall’art. 1 della legge del 1963. La stessa legge, ex art. 3, prevede anche una sanzione pecuniaria da 200 a 1000 franchi per chi si avvalga pubblicamente del titolo di giornalista senza esserne legittimato. Questo regime differenziato è funzionale alla distinzione tra giornalisti professionisti e non professionisti, che rileva tanto a fini di status sociale e giuridico quanto normativo e previdenziale.

In Belgio, quanto alla regolamentazione e alla vigilanza sul rispetto della deontologia professionale, dobbiamo considerare ad oggi l’esistenza di due istituzioni preposte: il Raad Vor de Journalistiek (RVJ) con competenza territoriale sulle Fiandre e il Conseil de déontologie journalistique (CDJ) per quanto riguarda la stampa francofona e a prevalenza tedesca. Si tratta, in entrambi i casi, di organi di autoregolamentazione etica della categoria (press councils) con funzioni consultive, interpretative e dirimenti di controversie ad iniziativa dei soggetti potenzialmente lesi da una pubblicazione.

Il RVJ è stato istituito nel 2002 su iniziativa delle associazioni professionali di categoria e delle organizzazioni editoriali con l’intenzione di coprire tutti i possibili aspetti relativi allo svolgimento dell’attività giornalistica in senso lato, compresi quindi i comportamenti degli editori o di altri operatori del

135

settore dei media. È composto da 18 membri (6 rappresentanti di giornalisti, 6 di editori e altri 6 membri aggiuntivi), che eleggono un Presidente e un Vicepresidente e rispondono tanto a questioni generali concernenti l’etica professionale (procedure A) tanto alle denunce individuali (procedure B). Nel secondo caso la richiesta di accertamento deve essere presentata dal soggetto interessato in forma scritta entro due mesi dall’avvenuta pubblicazione lesiva. Segue anche in questo caso un tentativo di mediazione tra le parti e, in caso di fallimento, si apre il procedimento davanti al Consiglio. Le parti possono essere convocate qualora lo facciano richiesta o se il Consiglio o la Commissione lo ritengano necessario. Il Consiglio è chiamato poi ad assumere una decisione a maggioranza sulla base di un report redatto a conclusione di tutta la procedura e, se lo ritiene opportuno, può imporre obbligatoriamente la pubblicazione della decisione alla testata interessata dal provvedimento. La funzione svolta dal RVJ attraverso le due procedure previste è volta alla promozione di un elevato standard di condotta etica professionale, cristallizzato nel Code of practice, costantemente oggetto di aggiornamenti e aggiustamenti (l’ultima versione risale al 2010)159. Questo si compone in totale di 27 articoli divisi in quattro sezioni intitolate: (a) accurate reporting; (b) indipendent enquiry; (c) fair play; (d) respect for privacy and human dignity. Sono previste, inoltre, delle linee guida di interpretazione per specifici articoli, come quello relativo ai metodi di investigazione e diffusione delle notizie (art. 15), con particolare attenzione quando la pubblicazione coinvolge persone “vulnerabili” (minori, malati, vittime etc.), o quello volto a garantire l’indipendenza interna ed esterna del professionista dalla vasta gamma di potenziali pressioni (art. 9).

159 Il testo integrale del Codice è consultabile online all’indirizzo: https://rvdj- my.sharepoint.com/personal/kristina_dewilde_rvdj_be/Documents/Documents/Code%20R vdJ/Code%20website-Engels-2018.pdf?slrid=2616a29e-90e6-7000-785f-4c9a6c45176f

136

Il Conseil de déontologie journalistique (CDJ), invece, come si è detto si occupa di accertare il rispetto della deontologia per quanto riguarda la stampa belga a prevalenza linguistica tedesca o francese.

Costituito nel 2009 vigila sull’osservanza del Code de déontologie journalistique costituito da 28 articoli divisi in quattro capitoli: (a) Informer dans le respect de le véerité; (b) informer de manière indépendante; (c) agir avec Loyauté; (d) respecter les droits des personnes. La composizione del Consiglio e la procedura di accertamento sulla presunta violazione del Codice deontologico rispecchiano, infine, quelle del corrispettivo fiammingo160.

2.3.2 Una breve considerazione finale

A questo punto della trattazione è possibile notare come, dal punto di vista contenutistico, le regole deontologiche dei vari ordinamenti fin qui analizzati (ma il discorso potrebbe allargarsi a molti altri che non è stato possibile approfondire), si assomiglino notevolmente. Tutti i codici etici della professione giornalistica hanno come finalità quella di garantire un elevato standard comportamentale della “manodopera dell’informazione”, cioè della classe lavorativa alla quale è deputata giornalmente la ponderazione tra l’interesse pubblico alla conoscenza di certe notizie e quelli privati relativi alla tutela dell’onore, alla sfera personale, alla dignità, all’immagine e via dicendo. Si intende, inoltre, preservare l’indipendenza del giornalista da potenziali, e ben frequenti, pressioni interne e esterne, mettendolo nella condizione ideale per il compimento del suo ruolo di “garante” della libertà di espressione e critica.

160 Il testo integrale del Codice, la procedura di accertamento nonché la composizione del CDJ sono liberamente consultabili all’indirizzo: https://lecdj.be/liste-des-avis/avis-cdj-2018/