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Una panoramica sulla libertà di informazione in altri ordinamenti statal

Ai fini della presente tesi, il profilo che interessa maggiormente è quello attivo, ossia come già riportato, quello relativo alla “libertà di informare”.

1.3 Una panoramica sulla libertà di informazione in altri ordinamenti statal

Ogni ordinamento democratico prevede un sistema di riconoscimento e garanzia della libertà di espressione e di informazione. Finora abbiamo visto come questo sistema funzioni in Italia e quale evoluzione dottrinale e giurisprudenziale abbia seguito il diritto di informare del professionista dei media; abbiamo successivamente illustrato le altre fonti internazionali in materia, sia a portata universale che regionale. Al fine di introdurre ora una trattazione più comparatistica, faremo cenno alle disposizioni costituzionali o prassi giurisprudenziali tipiche di altri ordinamenti81.

In Spagna, la Costituzione del 1978, adottata dopo la caduta del regime franchista, prevede all’art. 20 la tutela dei seguenti diritti:

a) A expresar y difundir libremente los pensamientos, ideas y opiniones mediante la palabra, el escrito o cualquier otro medio de reproducción.

b) A la producción y creación literaria, artística, científica y técnica.

c) A la libertad de cátedra.

d) A comunicar o recibir libremente información veraz por cualquier medio de difusión. La ley regulará el derecho a la cláusula de conciencia y al secreto profesional en el ejercicio de estas libertades.

In maniera simile alla disposizione costituzionale italiana, sebbene in forma più articolata, anche quella spagnola non distingue esplicitamente la libertà di informazione da quella di manifestazione del pensiero, venendo a identificarsi la prima solo in maniera implicita con la possibilità di esprimere idee e opinioni tramite “qualsiasi altro mezzo di riproduzione”. Specificatamente rivolta a chi si avvale di questa libertà in via professionale è invece la lettera

81 Per approfondimenti si veda: CASTELLANETA M., La libertà di stampa nel diritto internazionale ed europeo, Cacucci Editore 2012 pag. 59 e ss.

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d), che prevede una riserva di legge per la regolamentazione della cláusula de conciencia e del secreto profesional.

“La progresiva diferenciación de la libertad de información respecto de la de expresión [...] supuso no sólo el reconocimiento del derecho a la información como garantía de una opinión pública libre en un Estado democrático – ha spiegato il Tribunale Costituzionale con sentenza 225/02 – sino la exigencia de evitar que su ejercicio por parte de las empresas de comunicación [...] pudiera atentar a la finalidad del derecho o a su ejercicio por parte de aquellos profesionales que prestan servicios en ellas, titulares a su vez de la misma libertad de información”82.

Il riferimento alla clasuola di coscienza, intesa come garanzia a uno spazio d’opinione proprio del giornalista nell’esercizio della libertà di informare rispetto all’eventuale imposizione o linea editoriale dell’impresa (la cosiddetta “censura interna”) e al segreto professionale, che trova puntuale riscontro nella Ley organica 2/1997 e in varie sentenze del Tribunale costituzionale, rivelano una particolare considerazione riservata al professionista dei media per la delicata funzione che svolge all’interno della società. Concludono la disposizione la possibilità di limitazioni di tali libertà per garantire il rispetto di principi indicati dalla legge e concernenti la tutela dell’onore, della riservatezza, dell’immagine, dei minori e il divieto di sequestro se non per atto disposto dall’autorità giudiziaria.

Passando agli ordinamenti anglosassoni, si può dire che i loro modelli di tutela della libertà di informazione e di stampa riflettono il tradizionale approccio liberale che spinge a considerare le imprese di informazione, e i giornalisti che ci lavorano, più indipendenti dal potere (almeno teoricamente) rispetto a quanto possa accadere in Europa o in altre zone del mondo. Esemplare in quest’ottica è il Primo Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti d’America, che così recita:

82 Per approfondimenti si veda: NÚÑEZ MARTÍNEZ, El Trivunal Constitucional y las libertades del Art. 20 de a Constituciòn espanola, revista de derecho Uned, n° 3, 2008;

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Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the government for a redress of grievances.

Sulla base di questo importante principio che apre, non a caso, il Bill of Rights, la Corte Suprema ha emanato sentenze che hanno fatto la storia del giornalismo, come Sullivan vs. The New York Times del 1964 e The New York Times vs. United States del 1971. Quanto alla prima, il caso arrivò alla Corte Suprema dopo la condanna di un gruppo di sostenitori di Martin Luther King per diffamazione, seguita alla pubblicazione di un’inserzione sulle pagine del NYT che riportavano la loro versione dei fatti dopo l’arresto del pastore attivista per “dichiarazione fiscale infedele”. La Corte ribaltò la sentenza della Corte d’appello stabilendo che il Primo Emendamento protegge qualsiasi dichiarazione, persino quelle false, che riguardi pubblici ufficiali. Questo, nell’intenzione di far prevalere l’interesse pubblico alla conoscenza di certe situazioni o accadimenti. La seconda sentenza citata ha invece ad oggetto i famosi Pentagon Papers, ossia un fascicolo di documenti top secret, risultato di un’inchiesta sullo stato della guerra in Vietnam. Il NYT, che ne entrò in possesso, procedette alla pubblicazione e per questo fu raggiunto da un’ingiunzione di censura temporanea. The Washington Post, che nel frattempo intercettò i documenti, iniziò a pubblicarli fintanto che non fu altrettanto censurato. La Corte Suprema chiamata a derimere il caso si espresse a favore del giornale stabilendo che:

“The press was to serve the governed, not the governors. In the First Amendment, the Founding Fathers gave the free press the protection it must have to fulfill its essential role in our democracy. The Government's power to censor the press was abolished so that the press would remain forever free to censure the Government”.

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Il Regno Unito, anche in mancanza di una Costituzione scritta, conta sul fondamentale riconoscimento della libertà di parola e di discussione politica risalente già al Bill of Rights del 1689, la cui concessione da parte di Guglielmo D’Orange portò alla nascita della prima monarchia parlamentare. Da sempre, e secondo la tradizione dei sistemi giuridici di common law, la definizione dei confini di tale libertà è stata affidata ai giornalisti stessi e ai giudici. La stampa ha sempre goduto così di un amplissimo potere discrezionale. Nel marzo 2013, però, i risultati di un’inchiesta pubblica intitolata Leveson Inquiry83 hanno spinto la classe politica e l’opinione pubblica a interrogarsi sull’opportunità di dotare la stampa di regole generali di condotta e etica, soprattutto a seguito dello scandalo sulla pubblicazione di intercettazioni indebite che ha portato alla chiusura di uno dei tabloid britannici più conosciuti, il News of the world84. Il Rapporto auspicava la

creazione di un nuovo organo indipendente che vigilasse sul rispetto di norme poste a tutela della libertà di espressione, del pluralismo e della correttezza deontologica dei giornalisti, in sostituzione della Press Complaints Commission (PCC) rivelatasi inefficace nel suo ruolo. Con la Royal Charter on self-regulation of the Press del 2013 si stabiliscono 29 criteri in base ai quali tali Organizzazioni di regolamentazione sarebbero state ufficialmente riconosciute e si affida il compito di valutarle al Press Regulations Panel (PRP). Sono nate così l’Independent Press Standards Organisation (IPSO), formata da alcune delle testate nazionali più importanti e tuttora non riconosciuta, e l’IMPRESS, pienamente riconosciuta, che si pone come istituzione garante di un’elevata qualità dell’informazione. Il Financial Times e il Guardian, in chiave volutamente provocatoria optarono invece per l’autoregolamentazione con l’adozione di un proprio codice di condotta.

83 Dal nome del giudice Lord Brian Leveson che l’ha condotta. Tutto il materiale relativo all’inchiesta è stato costantemente pubblicato durante tutta la durata e reso accessibile al pubblico tramite il sito www.levesoninquiry.org.uk/

84 Nel 2011 si scoprì che per anni un giornalista del tabloid, avvalendosi dell’aiuto di un investigatore privato, era riuscito a intercettare centinaia di personaggi noti fra cui alcuni membri della casa reale.

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In Francia, la fonte principale di riferimento per i diritti e le libertà fondamentali è tuttora la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, formulata dall’Assemblea nazionale all’indomani della Rivoluzione. Nonostante la storia costituzionale della Francia sia costellata da continue riforme (riflesse dalle altrettante numerose Costituzioni), la Dichiarazione ha resistito non solo in quanto fonte giuridica formale85, ma in quanto simbolo di una raggiunta presa di coscienza e avvio di una nuova cultura giuridica liberale ispirata anche dalle coetanee Dichiarazioni americane.

L’art. 11 della Dichiarazione francese prevede che:

“La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge”.

L’art. 1 della Loi du 29 juillet 1881 sur la liberté de la presse riconosce la libertà assoluta della stampa e dell’editoria, mentre l’art. 5 si occupa di garantire a tutti i giornali o scritti periodici la possibilità di pubblicare, senza autorizzazioni preventive. La stessa legge prevede una disciplina specifica sulla responsabilità del giornalista o editore che abusi del mezzo di informazione per provocare la commissione di crimini o delitti (Paragraphe 1), per commettere delitti contro la cosa pubblica (Paragraphe 2), contro la persona (Paragraphe 3 es. onore e riservatezza) o contro l’onore di capi di Stato o diplomatici (Paragraphe 4).

La giurisprudenza francese è solita accordare una tutela particolarmente ampia non solo alla stampa in generale ma anche, e soprattutto, a quella di satira (o caricature, in francese). In una sentenza del 1992, il TGI di Parigi si

85 Dal Preambolo della Costituzione del 1958: Il Popolo francese proclama solennemente la sua fedeltà ai diritti dell’uomo e ai principi della sovranità nazionale definiti dalla Dichiarazione del 1789

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è spinto addirittura a riconoscere ai giornalisti satirici un vero e proprio “diritto al non rispetto e all’insolenza”. Da qui si comprendono i numerosi processi e i dibattiti pubblici che hanno visto protagonisti giornali noti per i loro contenuti altamente provocatori, come Charlie Hebdo.

Il sistema di informazione tedesco, per le caratteristiche che assume, per la tradizione giornalistica a cui risponde e per l’impianto garantistico che prevede attorno alla libertà di stampa, si pone a metà strada tra il modello pluralista-polarizzato tipico dell’Europa mediterranea e quello democratico- corporativo86 dell’Europa del Nord. È indubbio, però, che l’ordinamento tedesco abbia sempre assunto un atteggiamento garantistico nei confronti della stampa. Già l’art. 118 della Costituzione di Weimar del 1919 prevedeva infatti una tutela in questo senso87. Il fallimento di questo esperimento repubblicano, unito alle ripercussioni di una crisi economica senza precedenti offrirono il giusto scenario alla ribalta del nazionalsocialismo che si trasformò ben presto in dittatura, ossia nell’annullamento totale delle libertà fondamentali. La stampa fu costretta al silenzio e trasformata in propaganda, gli unici giornali ammessi sono quelli autorizzati dal regime. È solo con la sconfitta della Germania, all’indomani della Seconda guerra mondiale, che si procede alla restaurazione dello Stato liberale.

L’art. 5 della Legge fondamentale tedesca adottata nel 1949 per la sola Germania Ovest, ed estesa a tutta la Repubblica federale tedesca dopo la riunificazione, stabilisce che:

Ognuno ha il diritto di esprimere e diffondere liberamente le sue opinioni con parole, scritti e immagini, e di informarsi senza impedimento da fonti accessibili a tutti. Sono garantite la libertà di stampa e d'informazione mediante la radio e il cinematografo. Non si può stabilire alcuna censura.

86 Su questa distinzione si tornerà nel secondo capitolo quando saranno trattati I modelli di giornalismo elaborato dagli studiosi Hallin e Mancini

87 Art. 118 – Ogni tedesco ha il diritto di esprimere liberamente, nei limiti stabiliti dalle disposizioni generali di legge, le sue opinioni mediante la parola, lo scritto, la stampa, le immagini o in analoghe guise. […] Non è ammessa alcuna censura. […]

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Il paragrafo successivo prevede la possibilità di limitare tali diritti se così previsto da specifiche norme di legge a tutela dei minori, dell’onore, della reputazione altrui. Per scongiurare il pericolo di future derive autoritarie, l’art. 18 della Legge fondamentale prevede inoltre la possibilità di decretare la decadenza dai diritti fondamentali, per chiunque, al fine di combattere l’ordinamento costituzionale democratico e liberale, abusi della libertà di espressione del pensiero, in particolare della libertà di stampa. La decadenza e la sua estensione sono pronunciate dal Tribunale costituzionale federale. Alla Corte costituzionale tedesca è affidato il compito di consolidare le tutele a favore dei giornalisti e della libertà di stampa e fare chiarezza sulla portata di certe leggi discutibili come il Federal Intelligence Service Act del 2017, che permette di fatto al servizio di intelligence tedesco (BND) di intercettare i giornalisti stranieri e qualsiasi cittadino straniero che utilizzi tali comunicazioni.

Per concludere la panoramica sulle garanzie alla libertà di informazione, viene naturale chiedersi quale sia il motivo per cui, a contendersi ogni anno il podio della classifica sulla libertà di stampa siano sempre gli Stati del Nord Europa. Come avremo modo di approfondire, questi costituiscono un modello di giornalismo a sé stante, caratterizzato da una vastissima diffusione della stampa fra tutti i ceti sociali e una distinzione netta fra i giornali di partito e quelli a carattere commerciale. Il pieno compimento del principio pluralistico, unito a una fruizione costante e orizzontale dell’informazione, garantisce un equilibrio costruttivo e una minor incidenza di fenomeni degenerativi, come la concentrazione monopolistica del mercato dell’informazione o la persecuzione di giornalisti nell’esercizio della loro professione. Questo, unito a una lunga tradizione liberale confermata dal Freedom of the Press Act88

88 Viene considerata la prima legge al mondo a favore della libertà di stampa definita dall’art. 1 come “the right of every Swedish citizen to publish written matter, without prior hindrance by a public authority or other public body, and not to be prosecuted thereafter on grounds of its content other than before a lawful court, or punished therefore other than because the content contravenes an express provision of law, enacted to preserve public order without suppressing information to the public”. Il testo integrale del documento è disponibile all’indirizzo: https://www.riksdagen.se/globalassets/07.-dokument--lagar/the-freedom-of- the-press-act-2015.pdf

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svedese risalente al 1766 (che sancisce per la prima volta anche il diritto di accesso ai documenti pubblici), favorirono la creazione di un mercato di massa dell’informazione unito a un’elevata professionalizzazione dei giornalisti. Fu poi con le Costituzioni statali che si sancì definitivamente il favore degli ordinamenti appartenenti a questa tradizione giuridica, alla protezione della libertà di stampa e la regolamentazione del settore dell’informazione.

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Capitolo 2

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