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Dopo la riflessione teorica sviluppata da Dewey nella seconda parte, la terza affronta l’etica applicata. I primi due capitoli sono scritti da Dewey, i successivi sei, prevalente-mente su etica ed economia, sono invece di Tufts.

L’analisi della parte precedente può essere definita formale, perché riguardava concetti generali come il bene, il giusto, il dovere, l’approvazione, lo standard, la virtù, ecc. Si tratta adesso di considerare il contenuto materiale di queste idee, fornito dal modo in cui è organizzata la vita nella società concretamente esistente.

Quando la vita sociale è stabile, le regole tradizionali orientano il comportamento senza particolari conflitti e senza radicali contestazioni. Nei periodi di cambiamento, la tradizione viene ridiscussa, le istituzioni perdono la loro quasi sacralità e le questioni

morali sono oggetto di discussione, come avviene attualmente (ricordiamo che l’opera è del 1932, quindi degli anni successivi alla grande crisi del ‘29).

Nel primo capitolo, Dewey sottolinea l’importanza dell’ambiente nel modellare la sensibilità sociale e quella dell’individuo nel prendere coscienza di questi condizionamenti, per cercare di orientarli. «Quando assumiamo il punto di vista sociale – scrive Dewey – , siamo obbligati a riconoscere che le nostre convinzioni morali sono un prodotto dell’ambiente sociale e anche che ciò che pensiamo, le nuove idee, possono cambiare questo ambiente»139. (LW 7: 316)

Il rapporto dialettico tra il soggetto e l’ambiente mostra i limiti ma anche le possibilità della teoria morale. Rende chiaro che la morale non fornisce soluzioni pronte per l’uso, ma al tempo stesso che, se le soluzioni derivano dall’azione basata su scelte personali, è la teoria ad illuminare e a guidare le scelte e le azioni, mostrando le diverse alternative e le conseguenze implicite nell’una o nell’altra. Se la teoria non può sostituire la riflessione personale e la scelta che ne consegue, può rendere però la scelta più

“intelligente”.

Parlare di “moralità sociale” o di “dimensione sociale della moralità”, non significa per Dewey che la moralità diviene impersonale e collettiva; essa rimane e deve rimanere individuale, perché i problemi sociali devono essere affrontati dagli individui, e le decisioni sono in ogni caso prese da individui singoli, che sono responsabili dei propri atti.

Tutto questo, però, non è in contrasto con il fatto, scrive Dewey, che «ciò che gli uomini pensano e credono è influenzato da fattori comuni e il pensiero e la scelta di un individuo ha effetto sugli altri. Non è in contrasto con il fatto che gli uomini devono agire insieme e che la loro azione congiunta si incarna nelle istituzioni e nelle leggi.

[…] In altre parole, è un fatto che una vasta rete di relazioni circonda l’individuo; in realtà, “circonda” è un termine troppo esterno, dato che ogni individuo vive nella rete come una parte di essa. Il materiale della riflessione personale e della scelta proviene dai costumi, dalle tradizioni, dalle istituzioni di questo vasto collettivo tutto. In esso

sono contenute le influenze che formano il suo carattere, suscitano e rafforzano i suoi atteggiamenti e riguardano a ogni istante la qualità della sua felicità e delle sue aspirazioni»140. (LW 7: 317-8) Ciò è vero non solo per la comunità di appartenenza, ma anche per quella nazionale e persino internazionale, nella misura in cui influenzano in qualche modo la vita di ognuno.

Il ruolo dell’individuo si accentua quando la società non è statica e quindi le risposte tradizionali sono insufficienti e devono essere cambiate. In questo caso, la morale diviene ancor più attiva, perché la molteplicità degli stimoli al cambiamento richiede una forte riflessione personale. Al tempo stesso, aumenta la necessità di una partecipazione alle dinamiche sociali, che, per quanto lontane, possono influenzare sensibilmente la vita di un individuo: si pensi a una guerra o a una crisi economica che ne determina la perdita del posto di lavoro, con i problemi che ne seguono.

La contrapposizione tra “individuo” e “società” può vivere soltanto in ambito teorico, ma in pratica non può sussistere, poiché il termine “sociale” indica semplicemente che alcuni individui sono legati insieme, e reciprocamente gli individui non possono essere opposti alle relazioni che essi stessi costituiscono.

Non esiste qualcosa chiamato “società” che sussista indipendentemente dagli individui che la compongono e d’altra parte nulla di tutto ciò che esiste nell’universo sussiste isolatamente, al di fuori di relazioni. Non può esservi conflitto tra l’individuale e il sociale perché entrambi sono astrazioni. Può esserci tra alcuni individui e alcune istituzioni o aspetti del sociale.

I conflitti comunque esistono: 1. tra la classe dominante e quelle subalterne; 2. tra

139 «When we take the social point of view we are compelled to realize the extent to which our moral beliefs are a product of the social environment and also the extent to which thinking, new ideas, can change this environment».

140 «what men think and believe is affected by common factors, and that the thought and choice of one individual spreads to others. They do not militate against the fact that men have to act together, and that their conjoint action is embodied in institutions and laws; that unified action creates government and legislative policies, forms the family, establishes schools and churches, manifests itself in business corporations of vast extent and power, in clubs and fraternities for enjoyment and recreation, and in ar-mies which set nation against nation. In other words, it is a fact that a vast network of relations surrounds the individual indeed, “surrounds” is too external a term, since every individual lives in the network as a part of it. The material of personal reflection and of choice comes to each of us from the customs, traditions, institutions, policies, and plans of these large collective wholes. They are the influences which

gruppi interessati alla conservazione e altri orientati verso il cambiamento e il progresso; 3. tra coloro che pensano che i problemi individuali debbano essere risolti dai singoli individui (sanità, istruzione, ecc. gestiti privatamente) e quelli che auspicano un ruolo della società (i diritti sociali garantiti a tutti).

Relativamente all’ultimo punto, Dewey apre un’ampia parentesi, analizzando i rapporti tra l’individuo e lo Stato nella concezione liberale e in quella democratica.

L’individualismo si è affermato per una serie di motivi storici: in economia, c’è la convinzione che l’iniziativa individuale libera porti vantaggi all’industria e al commercio, promuova il benessere sociale e favorisca la felicità generale; in politica, si è affermata la concezione del “governo minimo”, che non deve occuparsi di economia e della società civile; si è avuta l’affermazione della libertà individuale ed economica come una sorta di “legge di natura”, contrapposta a quelle artificiali dello Stato e di valore superiore; all’idea delle leggi naturali è stata collegata quella dei diritti naturali, che non possono essere violati dalla società civile e dallo Stato. Sono i diritti alla vita, alla proprietà prodotta personalmente, ecc. Essendo naturali sono anche inviolabili e pongono un limite all’azione del governo; ai quattro punti precedenti si aggiunge spesso, anche se non sempre, quello dell’interesse personale, secondo cui tale interesse è il fine di ognuno e deve essere valorizzato per aumentare l’iniziativa economica e il benessere della società.

Tutte queste considerazioni sono state formulate nel corso del sec. XVIII e sono andate diffondendosi e crescendo nel secolo successivo, determinando la dottrina del laissez faire e accompagnando lo sviluppo industriale.

Spinto all’estremo, questo individualismo ha portato a negare ogni intervento dello Stato, anche per garantire un’istruzione per tutti. Esso proclamava l’uguaglianza, ma soltanto di fronte alla legge, senza alcuna preoccupazione di realizzare un’effettiva uguaglianza sociale.

Secondo Dewey, il ruolo dello Stato è invece importante per garantire a tutti i diritti fondamentali, primo tra tutti quello all’istruzione. Egli non auspica però una forma di

form his character, evoke and confirm his attitudes, and affect at every turn the quality of his happiness and his aspirations».

socialismo, dato che la centralità dell’individuo non è mai posta in discussione, ma una democrazia partecipativa, che veda un ruolo attivo dei cittadini non soltanto per eleggere i propri rappresentanti, ma per contribuire attivamente alle dinamiche sociali.

In questa cornice, sottolinea Dewey, dovrebbe affermarsi non una nuova morale, ma un nuovo modo di affrontare il problema morale, un nuovo metodo, simile a quello sperimentale delle scienze naturali. A differenza di quello “dogmatico” (la morale deriva da un’autorità), il metodo sperimentale è orientato a riesaminare e se necessario a modificare le convinzioni correnti, arrivando anche a cambiare le istituzioni. La morale sperimentale non deve partire da princìpi astratti ma dalla situazione concreta. Non deve però necessariamente accettarla, ma essere pronta a modificarla: «contro le conseguenze sociali prodotte dalle condizioni esistenti c’è sempre l’idea di altre e migliori conseguenze sociali che un cambiamento può portare ad essere»141. (LW 7: 331)

Il metodo sperimentale si coniuga con una visione democratica e pluralistica della società. «L’adozione di un metodo sperimentale – conclude Dewey – potrebbe produrre una vera e propria rivoluzione morale nei giudizi e nella pratica. Potrebbe eliminare le principali cause dell’intolleranza, delle persecuzioni, del fanatismo, e dell’uso delle differenze di opinione per creare guerre di classe. È per ragioni di questo tipo che, oggi come oggi, la questione del metodo da usare nel giudicare moralmente i costumi e le politiche proposte ha un significato morale così grande»142. (Dewey 1932: 338)

L’importanza dell’ambiente per la morale non è però accettata da tutti e per questo Dewey ritiene opportuno discuterla, presentando varie argomentazioni, soprattutto di tipo empirico-esemplificativo, a sostegno di questa tesi: l’ambiente influisce sulla formazione del carattere determinando le opportunità; differenti tipi di potere e di organizzazione politica favoriscono lo sviluppo di alcune virtù; le istituzioni determinano come gli individui si relazionano tra di sé (tipo di famiglia, di

141 «Against the social consequences generated by existing conditions there always stands the idea of other and better social consequences which a change would bring into being».

142 «Adoption of an experimental course of judgment would work virtually a moral revolution in social judgments and practice. It would eliminate the chief causes of intolerance, persecution, fanaticism, and the use of differences of opinion to create class wars. It is for such reasons as these that it is claimed that, at the present time, the question of method to be used in judging existing customs and policies proposed is of greater moral significance than the particular conclusion reached in connection with any one controversy».

organizzazione economica, ecc.) facendo sorgere diversi schemi di obbligazione.