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3.3 L’autorità di Esiodo e l’approccio metodologico di Giovanni Tzetze

4.1.4 La morte che viene dal mare: Odisseo e Omero

Volendo considerare l’episodio della morte di Omero a partire dall’opera stessa, si rivela molto interessante uno studio di D.B. Levine (2002), in cui gli elementi chiave della narrazione trovano una loro

spiegazione nei riferimenti interni all’opera del poeta317. Posto che, come si

è visto or ora, il motivo della sconfitta del saggio non è circoscritto alla sola morte di Omero, lo studio di Levine mette in luce il particolare rapporto che nei poemi omerici è riscontrabile tra episodi particolarmente sconvolgenti, o connessi al tema della morte, e riferimenti al pesce o alla pesca. L’analisi spiegherebbe il ricorso all’immagine dei pescatori nella

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narrazione della morte del poeta: «In fact, when fish and fishermen appear in the Odyssey, they are usually associated with death and trackery»318.

Questo aspetto è effettivamente dimostrato dai versi citati dall’autore, anche se forse non tutti con la medesima efficacia; particolarmente significativo è da ritenersi il passo seguente: Odisseo sta raccontando del passaggio nello stretto fra Scilla e Cariddi e descrive l’attacco improvviso del mostro che strappa sei dei compagni dalla nave e li divora. La scena è fra le più terribili descritte nel poema e Odisseo stesso giudica questo episodio come ciò che di più atroce ha visto con gli occhi; l’aspetto che va sottolineato è che l’azione viene paragonata a un particolare tipo di pesca (Hom. Od. 12.251-255): ὡς δ’ ὅτ’ ἐπὶ προβόλῳ ἁλιεὺς περιμήκεϊ ῥάβδῳ ἰχθύσι τοῖς ὀλίγοισι δόλον κατὰ εἴδατα βάλλων ἐς πόντον προΐησι βοὸς κέρας ἀγραύλοιο, ἀσπαίροντα δ’ ἔπειτα λαβὼν ἔρριψε θύραζε, ὣς οἵ γ’ ἀσπαίροντες ἀείροντο προτὶ πέτρας.

Così il pescatore su un picco, con la lenza lunghissima insidia ai piccoli pesci gettando l’esca,

butta nel mare il corno di bove selvatico, poi, preso un pesce, lo scaglia fuori guizzante;

come guizzavano quelli (i compagni), tratti su per le rocce319.

In altre circostanze particolarmente critiche o cariche di tensione dell’Odissea, ma anche dell’Iliade, si riscontra nuovamente il riferimento al tema della pesca: ad esempio l’attacco dei Lestrigoni, che colpiscono le navi con i massi e infilzano gli uomini come pesci, servendosi delle assi spezzate delle navi distrutte (Hom. Od. 10.121-124). I pretendenti di Penelope, inoltre, vengono paragonati a pesci, mentre Odisseo, compiuta

318 Levine 2002-2003, p. 151.

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la strage, si guarda attorno per accertarsi che non ne sia rimasto in piedi

alcuno; l’impatto visivo è dirompente (Hom. Od. 22.383-389)320:

τοὺς δὲ ἴδεν μάλα πάντας ἐν αἵματι καὶ κονίῃσι πεπτεῶτας πολλούς, ὥς τ’ ἰχθύας, οὕς θ’ ἁλιῆες κοῖλον ἐς αἰγιαλὸν πολιῆς ἔκτοσθε θαλάσσης δικτύῳ ἐξέρυσαν πολυωπῷ· οἱ δέ τε πάντες κύμαθ’ ἁλὸς ποθέοντες ἐπὶ ψαμάθοισι κέχυνται· τῶν μέν τ’ ἠέλιος φαέθων ἐξείλετο θυμόν· ὣς τότ’ ἄρα μνηστῆρες ἐπ’ ἀλλήλοισι κέχυντο321.

Ma tutti li vide fra i sangue e la polvere, riversi i più, come pesci, che i pescatori in un seno del lido, fuori dal mare canuto hanno tratto con rete dai mille buchi: e là tutti, l’onda del mare bramando, stan sulla sabbia riversi: il sole raggiante toglie loro la vita;

così i pretendenti stavano uno sull’altro riversi.

Un’ulteriore significativa corrispondenza, che potrebbe motivare la relazione tra Omero e i pescatori, riguarda la morte di quello che forse è il personaggio che il poeta delle biografie omeriche incarna maggiormente, ovvero Odisseo. Quando l’eroe si reca nell’Ade per interrogare Tiresia, l’indovino gli rivela che la morte che lo aspetta verrà dal mare (ἐξ ἁλὸς), anche se molto dolce, quando lui ormai sarà vecchio e vinto da una serena

vecchiezza322. Anche la morte di Omero “viene dal mare” o comunque è ad

esso correlata, anche se, rispetto all’eroe del suo poema, Omero è destinato a una morte ben più atroce, non tanto dal punto di vista della sofferenza fisica, quanto invece sotto il profilo dell’immagine, dell’ἀρητή. Il fatto che Omero muoia dal dispiacere di non aver saputo risolvere l’enigma dei

320 Ulteriori riferimenti in Levine 2002-2003, pp. 151-153, in part. Hom. Il. 16. 404-410; Il.

21.200-204.

321 Trad. a c. di Calzecchi Onesti 1989. 322 Hom. Od. 11.134-137 = 23.281-284.

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giovani pescatori, o per un trauma da caduta non conta; l’elemento significativo è che la sconfinata saggezza di Omero venga abbattuta dall’”ignorante sagacia” di questi personaggi e che ciò avvenga poco prima della sua morte, senza concedergli alcuna possibilità di riscatto. Se si considerano le tradizioni non riferibili all’epica omerica, ma pertinenti al ciclo epico o post-omeriche, le corrispondenze tra la morte di Odisseo e quella di Omero si fanno più sostenibili. Nella perduta Telegonia, ultimo capitolo del ciclo epico, il figlio che Circe aveva dato a Odisseo, Telegono, giunge a Itaca in cerca del padre, ma credendo, in preda alla tempesta, di sbarcare a Corcira323. Mentre i suoi saccheggiano il paese per sfamarsi,

Telegono affronta il padre in duello, ma non conoscendone la vera identità: il confronto si conclude con la morte di Odisseo colpito dal figlio con una lancia. L’elemento degno di nota è il fatto che la lancia, forgiata da Efesto, porti sulla sommità un aculeo di tricone, un pesce simile a una

razza la cui puntura può essere mortale324. In questo caso anche la morte di

Odisseo assume risvolti drammatici, mentre nella giovinezza del figlio Telegono si possono forse intravvedere i giovani pescatori della spiaggia di Ios. Oltre a questo va anche sottolineato che il motivo del figlio che uccide il padre senza esserne consapevole non è certamente nuovo: il riferimento è alla nota vicenda di Edipo che non ha mai conosciuto il padre e, quando si scontra con lui presso un crocicchio, la lite fra i due finisce con la morte di Laio.

Al di là di quelli che possono essere gli elementi che, dall’interno dell’opera, determinano la scelta di particolari riferimenti intessuti nella narrazione della morte del poeta, anche questi concorrono, in ultima

323 Hes. Th. 1011-1014; cf. RE V A 1 (1934) s. v. ‘Telegonos’ n. 1 coll. 314-320 (Scherling). 324 Schol. Hom. Od. 11.134, II p. 487 Dindorf; l’episodio è anche soggetto di una tragedia

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analisi, a conseguire un preciso scopo. Il frutto di questa tradizione che si caratterizza per essere relegata ai margini, rispetto a quella ufficiale costituita dalle opere, si configura come l’elaborazione di miti paralleli che stigmatizzano nel personaggio del poeta una sostanziale ambivalenza di fondo. Queste figure si configurano da un lato, come una sorta di Übermenschen, tanto vicini agli dei, quanto venerati dagli uomini per l’utilità e l’unicità della loro poesia; dall’altro si denota in essi la presenza di una tensione negativa che impedisce di considerarli troppo vicini agli dei o simili a loro. Questa negatività viene espressa in concomitanza e correlazione con il sopraggiungere della morte del poeta, episodio che, nell’ottica degli antichi, contribuisce in massima parte a definire il senso di

un’intera esistenza325. La connessione e sovrapposizione fra morte e

paradosso fa si che il comportamento inusitato da parte del poeta venga giustificato perché concepito come frutto della volontà divina. Lo stretto rapporto che lega il poeta alla divinità ne determina la grandezza quando egli è in vita, ma al tempo stesso è la causa della tensione negativa che, poco prima di morire, ne pervade l’immagine conferendovi un carattere di sostanziale ambivalenza.