• Non ci sono risultati.

Per quanto riguarda lo studio della cecità di Omero merita una certa attenzione il rapporto tra questo aspetto così stabile nella tradizione e il tentativo, presente in alcune delle Vitae, di dare un’idea esauriente della produzione materiale dei poemi omerici, o almeno di quella che il pubblico si aspetta. Nonostante la cecità attribuita al poeta sia, come si è

188 «They (poets and seers) blur the distinction between god and man. In order to preserve

the distinction intact, specials powers possessed by mortals are, in the logic of myth, balanced by special defects», Buxton 1980, p. 29; cf. Graziosi 2002, pp. 138-163.

189 Esposito Vulgo Gigante, p. 20; per quanto riguarda il concetto di θείος ἀνήρ vd. Zeller

70

visto, un elemento fondante dell’elaborazione archetipica di questa figura, essa può tuttavia presentare alcune problematicità in relazione ai contenuti principali delle Vitae e soprattutto a chi ne avrebbe fruito. Si tratta infatti di testi raccolti per lo più in epoca ellenistica, alcuni dei quali sono tramandati dai manoscritti che contenevano le opere e quindi destinati, in ultima istanza, alla lettura. Il fatto che Omero, secondo una tradizione secolare, venga immaginato cieco rende difficile far credere che abbia potuto comporre (ποῖειν) opere come l’Iliade e l’Odissea190; inoltre

questa sua condizione sembrerebbe difficilmente associabile alle notizie

riguardanti per esempio una scuola da lui aperta presso Chio191. Si prenda

in considerazione di nuovo la Vita Erodotea che affronta con particolare attenzione il motivo della cecità di Omero: il rapporto contraddittorio tra la figura del cantore cieco e la presenza di elementi che nei poemi, ma anche nella stessa narrazione biografica, fanno riferimento a immagini visive o all’impiego della scrittura, viene risolto dall’autore con un compromesso. In questo resoconto si dice infatti che il poeta non è cieco da sempre, ma che, in seguito a una malattia perde la facoltà della vista. Ciò si verifica solo dopo che Melesigene ha compiuto alcuni importanti viaggi al seguito di Mente, un ricco armatore proveniente da Leucade, annotando informazioni che poi sarebbero confluite nelle sue opere. Nella fattispecie la malattia sembra colpire il poeta quando si trova a Itaca dove svolge alcune ricerche sulla figura di Odisseo:

καὶ ὅπου ἑκάστοτε ἀφίκοιτο πάντα τὰ ἐπιχώρια διεωρᾶτο, καὶ ἱστορέων ἐπυνθάνετο. εἰκὸς δέ μιν ἦν καὶ μνημόσυνα πάντων γράφεσθαι… ἐνθαῦτα συνέβη τῷ Μελησιγένει περὶ Ὀδυσσέως ἐξιστορῆσαι καὶ πυθέσθαι. οἱ μὲν δὴ Ἰθακήσιοι λέγουσι τότε μιν παρ’ ἑωυτοῖς τυφλωθῆναι· ὡς δὲ ἐγώ φημι τότε

190 Vd. Herodot. Vita Hom. 94 Allen = § 10 West; cf. Beecroft 2011, p. 1-2.

191 Vd. Herodot. Vita Hom. 340 Allen = § 25 West: cf. Esposito Vulgo Gigante p. 21;

71

μὲν ὑγιῆ γενέσθαι, ὕστερον δὲ ἐν Κολοφῶνι τυφλωθῆναι…ἐκ δὲ τῆς Κολοφῶνος τυφλὸς ἐὼν ἀπικνέεται εἰς τὴν Σμύρναν καὶ οὕτως ἐπεχείρει τῇ ποιήσει192.

E ogni volta, nel luogo in cui arrivava osservava tutto ciò che vi era di caratteristico e, indagando, si informava ed è possibile che scrivesse annotazioni su ogni cosa…

Lì (a Itaca) accadde a Melesigene di indagare e di informarsi su Odisseo. Gli Itacesi dicono che allora, presso di loro, egli divenne cieco; ma, secondo il mio parere, quella volta si rimise in salute, mentre più tardi, a Colofone, divenne cieco …Da Colofone, cieco, giunse a Smirne e in queste circostanze si accinse a comporre versi.

Se ne desume pertanto che, servendosi di questo compromesso, l’autore della Vita Erodotea riesca nell’intento di conciliare le capacità poetiche di Omero legate indissolubilmente alla sua cecità e le questioni pratiche riguardanti la composizione di materiale epico che, agli occhi dei

lettori, avrebbe potuto richiedere anche l’impiego della scrittura193.

Sostenendo che Melesigene diventa cieco dopo aver potuto raccogliere esperienze di viaggio e annotare per iscritto le informazioni reperite, si concilia così il dato tradizionale della cecità con quello più pratico della

scrittura e dell’indagine194. In realtà, secondo quanto sosteneva Lefkowitz

nella prima edizione di The Lives of the Greek Poets (1981), l’autore di questa

Vita non sembra particolarmente preoccupato di giustificare come il poeta

abbia potuto comporre opere di tale magnificenza, egli prende

192 Herodot. Vita Hom. 69-72, 82-86, 92-94 Allen = § 6, 7,8 West.

193 «Non si può pensare che un Omero cieco apra a Chio una scuola […], o a Samo

entrando nella fratria apprezzi con dei versi […] la luce del fuoco che rende la casa più maestosa»: vd. Esposito Vulgo Gigante 1996, p. 21; cf. Beecroft 2011, p. 4.

194 È interessante notare che l’approccio metodologico potrebbe essere accostato a quello

della storiografia erodotea: una prima fase è dedicata all’indagine (ἱστορίη) e nell’attività di Omero è associata al viaggio; mentre la seconda fase consiste nell’esposizione della ricerca (ἀπόδεξις) che potrebbe essere ricondotta alla composizione poetica nella quale trovano posto i soggetti e i luoghi conosciuti attraverso il viaggio: vd. Herodot.1, 1-5.

72

semplicemente atto delle sue straordinarie doti; va infatti considerato che

l’attività del comporre (ἐπεχείρει τῇ ποιήσει) è qui associata all’oralità e, in

ultima analisi, alla condizione di cecità: «Neither he, nor his sources seem to have been interested in trying to understand the mechanics of Homer’s art or to suggest how an itinerant poet could commit so much to memory and easily revise it, or how he was able to learn so much without the

guidance of another poet or tradition195». Si può allora comprendere come

l’elaborazione dei fatti legati alla vita del poeta sia del tutto funzionale da un lato a motivare l’eccezionalità dell’opera, imprescindibilmente legata alla cecità, dall’altro a creare collegamenti logici tra gli elementi biografici ormai stabilmente radicati nella tradizione e i contenuti oltre che i tratti distintivi dell’opera stessa196.

Punto focale della narrazione del falso Erodoto è il momento in cui Melesigene perde la facoltà della vista: si tratta di una sorta di rottura o passaggio che segna l’inizio della carriera poetica. Quando la sua malattia peggiora irrimediabilmente egli è appena tornato dall’isola di Itaca, dove

ha potuto indagare (ἐξιστορῆσαι) e raccogliere informazioni sulla figura di

Odisseo197; quindi una volta giunto a Smirne avrebbe avuto inizio l’attività

di composizione (καὶ οὕτως ἐπεχείρει τῇ ποιήσει)198.

Il fatto che la malattia agli occhi si acuisca proprio nel periodo in cui Melesigene si trova a Itaca e quindi particolarmente vicino alla figura di Odisseo, non sembra casuale. Riguardo al significato che si celerebbe dietro l’accostamento dei due avvenimenti si rivela molto interessante l’analisi fatta da Graziosi, che pone a confronto l’episodio narrato nella

195 Vd. Lefkowitz 1981, p. 23.

196«Like other writers of local history, Pseudo-Herodotus uses the past to accomodate the

interest and present needs of his audience», Lefkowitz 2012, p. 27.

197 Vd. Herodot. Vita Hom. 82-87 Allen = § 7,8 West.

73 Vita Erodotea con il già citato passo della Vita Romana dove si racconta di

come Omero divenga cieco dopo aver posato lo sguardo sulle armi di Achille199. I due resoconti sarebbero accomunati dal fatto che la cecità

sopravviene dopo che il poeta è entrato in contatto con quella che sarà la materia del suo canto, rappresentata nella Vita Romana da Achille in armi e dalle vicende di Odisseo in quella del falso Erodoto. La perdita della facoltà della vista si presenta di nuovo come requisito imprescindibile dall’attività poetica frapponendosi tra il cantore e l’oggetto del canto e sollevandolo così dalle difficili condizioni che caratterizzano la sua esistenza: «blindness distances Homer from his humble circumstances and

allows him to see what he sings»200.

Istanze molto diverse sono riportate dalla biografia contenuta nella

Chrestomazia di Proclo che nega con forza la cecità di Omero, sostenendo

invece l’impiego della scrittura nell’ambito della genesi dei poemi (γέγραφε):

τυφλὸν δὲ ὅσοι τοῦτον ἀπεφήναντο, αὐτοί μοι δοκοῦσι τὴν διάνοιαν πεπηρῶσθαι· τοσαῦτα γὰρ κατεῖδεν ἄνθρωπος ὅσα οὐδεὶς πώποτε. γέγραφε δὲ ποιήσεις δύο, Ἰλιάδα καὶ Ὀδύσσειαν, ἣν Ξένων καὶ Ἑλλάνικος ἀφαιροῦνται αὐτοῦ201.

Mi sembra che coloro che dichiaravano che fosse cieco, fossero essi stessi privi dell’uso della mente: egli vedeva ciò che nessuno mai aveva visto.

199 Vita Hom. VI 45-50 Allen = § 7 West; «Homer typically turns blind when he sees what

he is going to describe in his poems», Graziosi 2002, p. 159.

200 Graziosi 2002, p. 159; Beecroft 2011, pp. 4, 17, 18 «The ancient world may not have

developed an explicit scholarly debate on the subject of the composition of epic (whether oral or written), but the general shape that that debate would have taken can be found in the Lives’ discussion on Homeric blindness», Beecroft conclude così il suo interessante articolo che prende in esame non solo i testi biografici in cui è presente il motivo della cecità omerica, ma anche quelli in cui non vi si trova accenno, come la biografia compresa nell’᾿Ονοματολόγος di Esichio di Mileto, le due vite falsamente attribuite a Plutarco e la quella contenuta nella Chrestomazia di Proclo, vd. Beecroft 2011, p. 18.

201 Procl. Chr. p. 101, 3-4; 102, 2-3 Allen = § 8, 9 West; quella di Proclo è anche l’unica

biografia, fra quelle omeriche, a ricordare che secondo Xenone e Ellanico l’Odissea non andrebbe attribuita o Omero, vd. Beecroft 2011, p. 6.

74 Scrisse due poemi, l’Iliade e l’Odissea, quest’ultima non gli viene riconosciuta da Xenone ed Ellanico.

Considerando inoltre il fatto che in questo testo non sono reperibili riferimenti all’attività poetica come performance aedica, si può individuare nell’Omero di Proclo un carattere fortemente letterario che implica la negazione del tratto della cecità in favore dell’impiego della scrittura nella genesi dei poemi202.

Più mediata sembra la posizione di Esichio di Mileto, il quale sostiene che Omero, pur essendo cieco sin da bambino, in realtà non abbia mai ceduto completamente alla malattia. Per quanto riguarda la produzione poetica, egli osserva che l’Iliade sarebbe stata composta per rapsodie che di volta in volta venivano eseguite in città diverse (γράψας καὶ ἐπιδειξάμενος)203.

Dalla lettura e dal confronto di queste testimonianze si può riscontrare la tendenza di certi autori a rifiutare o ad accettare con riserva la radicata tradizione che vuole riconoscere in Omero il tratto della cecità. Come si è visto, si tratta di una peculiarità dovuta a istanze non solo letterarie, ma soprattutto antropologiche, riconducibili ai primissimi sviluppi di questa figura, oltre che agli albori della poesia greca e quindi fortemente radicato nella tradizione. Il motivo di tale atteggiamento può essere ricondotto alla discussione relativa alla costituzione dei poemi attribuiti a Omero e all’incapacità di concepire queste opere come frutto di poesia orale associabile all’immagine del poeta cieco. Questo fa si che la questione della cecità venga considerata nelle biografie da prospettive diverse, naturalmente in relazione a quelle che sono le finalità del testo

202 Vd. Dyer 1976.

75

preso in esame, oltre che il contesto storico-culturale in cui questo viene

prodotto.

 

3. Esiodo κηπουρὸς καὶ διδάσκαλος