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3.3 L’autorità di Esiodo e l’approccio metodologico di Giovanni Tzetze

4.1.2 Omero e l’enigmistica: la sfida del saggio

L’episodio della morte di Omero è nella tradizione

pseudobiografica fortemente legata all’aneddoto dei pescatori: presso l’isola di Ios Omero incontra alcuni pescatori, o fanciulli, secondo un’altra

289 Perry 1936, pp. 1-2.

290 Vd. Nagy pp. 2009, 278-79.

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variante, che gli pongono il famoso indovinello al quale il poeta, seppur saggio e anziano, non sa rispondere. Si riporta di seguito il testo del

Certamen (328 Allen = § 18 West), anche se l’episodio dell’indovinello è

presente in buona parte della tradizione292:

ἐπὶ δὲ τῆς θαλάσσης καθήμενος παίδων τινῶν ἀφ’ ἁλείας ἐρχομένων ὥς φασι πυθόμενος «ἄνδρες ἀπ’ Ἀρκαδίης θηρήτορες ἦ ῥ’ ἔχομέν τι;» εἰπόντων δὲ ἐκείνων «ὅσσ’ ἕλομεν λιπόμεσθα, ὅσ’ οὐχ ἕλομεν φερόμεσθα», οὐ νοήσας τὸ λεχθὲν ἤρετο αὐτοὺς ὅ τι λέγοιεν. οἱ δέ φασιν ἐν ἁλείᾳ μὲν ἀγρεῦσαι μηδέν, ἐφθειρίσθαι δέ, καὶ τῶν φθειρῶν οὓς ἔλαβον καταλιπεῖν, οὓς δὲ οὐκ ἔλαβον ἐν τοῖς ἱματίοις φέρειν. ἀναμνησθεὶς δὲ τοῦ μαντείου ὅτι τὸ τέλος αὐτοῦ ἥκοι τοῦ βίου, ποιεῖ τὸ τοῦ τάφου αὑτοῦ ἐπίγραμμα. ἀναχωρῶν δὲ ἐκεῖθεν, ὄντος πηλοῦ ὀλισθὼν καὶ πεσὼν ἐπὶ τὴν πλευράν, τριταῖος ὥς φασι τελευτᾷ·

Mentre era seduto nei pressi del mare, rientrando alcuni giovani dalla pesca, dicono che abbia chiesto loro: «Oh cacciatori d’Arcadia, abbiamo preso qualcosa?» e quelli rispondendo:

«Quanto prendemmo lasciammo, quanto non prendemmo portiamo».

Non avendo compreso quanto detto chiese loro cosa intendessero. Quelli risposero che nella battuta di pesca non avevano preso niente, ma si erano spidocchiati e i pidocchi che avevano preso li avevano gettati via, quelli che non avevano preso li portavano nelle vesti. Ricordatosi dell’oracolo secondo il quale sarebbe giunta la sua fine, compose l’epigramma per il suo stesso sepolcro. Mentre si allontanava da lì, scivolando per via del fango, cadde su un fianco e, come dicono, dopo tre giorni morì.

Secondo almeno due degli altri testi biografici, la morte di Omero verrebbe provocata proprio dal dispiacere o dallo scoraggiamento dovuto al fatto di non aver saputo risolvere l’enigma; si tratta della Vita Plutarchea

I (διὰ τὴν αθυμίαν, per lo scoraggiamento) e della Vita V (απὸ θλίψεως, per

292 Herodot. Vita Hom. 499 Allen = § 35 West; Plut. Vita Hom. I 67 Allen = § 4 West; Vita

Hom. IV 22 Allen = § 3 West; Vita Hom. V 42 Allen = § 5 West; Vita Hom. VI 61 Allen = § 5

114 l’afflizione)293. Si potrebbe aggiungere anche la Vita IV, dove si dice che per

lo sconforto (διὰ λύπην) Omero smetta di mangiare lasciandosi così morire

di fame294. La Vita Erodotea smentisce razionalmente queste notizie

precisando che il poeta giunge a Ios già molto debole e malato, e che lo sfinimento dovuto al suo stato di salute lo conduce alla morte:

Ἐκ δὲ τῆς ἀσθενείας ταύτης συνέβη τὸν Ὅμηρον τελευτῆσαι ἐν Ἴῳ, οὐ παρὰ τὸ μὴ γνῶναι τὸ παρὰ τῶν παίδων ῥηθέν, ὡς οἴονταί τινες, ἀλλὰ τῇ μαλακίῃ295.

A causa di questa debolezza, presso Ios, accadde che Omero morisse; non, come alcuni sostengono, per non aver compreso di che cosa parlassero i giovani, ma per sfinimento.

Proclo, dal canto suo, sceglie di conciliare la versione erodotea e quella del Certamen, spiegando che il poeta muore a causa della caduta, ma che questa è a sua volta provocata da un turbamento generato sia dalla

delusione, sia dalle parole dell’oracolo296. Ancora degna di nota è la

narrazione di Isacco Porfirogenito, secondo la quale il poeta si acceca,

quale novello Edipo, a causa della vergogna (μικροψυχία) e quindi ἀθυμῶν

(avvilito profondamente) si toglie la vita297.

Le vicende di Omero ed Esiodo, considerate in questo particolare contesto biografico otre che in rapporto all’esperienza del Certamen, sono accomunate soprattutto da due elementi: l’oracolo (χρὴσμος) e l’indovinello o enigma (ζήτημα o αἴνιγμα). Entrambi ricevono una predizione riguardante il luogo della propria morte, un luogo in cui è meglio non si rechino, se vogliono restare in vita; entrambi,

293 Plut. Vita Hom. I 70-1 Allen = § 4 West; Vita Hom. V 46-7 Allen = § 5 West. 294 Vita Hom. IV 17 Allen = § 3 West.

295 Herodot. Vita Hom. 507-9 Allen = § 36 West.

296 Procl. Chrest pp. 100-101, ll. 19-24= § 5 West; la testimonianza di Proclo è interessante,

in questo caso, anche per valutare l’approccio del filosofo nei confronti della tradizione.

115 inconsapevolmente, trasgrediscono l’oracolo: Esiodo non ne comprende

correttamente il significato; Omero se ne dimentica. Fin da ora fa capolino in queste vicende un elemento inconsueto alle due figure, ma dal valore pregnante in questo contesto: si tratta di ciò che si potrebbe forse definire

distrazione. È un elemento che, a prima vista, sembra non avere niente a

che fare con la tradizione che ruota attorno a questi due personaggi, da sempre celebrati per l’oculatezza del pensiero, in ultima analisi per il tratto distintivo della saggezza. Questa riflessione, lungi dallo stupire per gli spunti innovativi, passa attraverso il noto frammento di Eraclito che ha parla proprio dell’incontro tra Omero e i fanciulli:

ἐξηπάτηνται, φησίν, οἱ ἄνθρωποι πρὸς τὴν γνῶσιν τῶν φανερῶν παραπλησίως Ὁμήρωι, ὃς ἐγένετο τῶν Ἑλλήνων σοφώτερος πάντων. ἐκεῖνόν τε γὰρ παῖδες φθεῖρας κατακτείνοντες ἐξηπάτησαν εἰπόντες· ὅσα εἴδομεν καὶ ἐλάβομεν, ταῦτα ἀπολείπομεν, ὅσα δὲ οὔτε εἴδομεν οὔτ’ ἐλάβομεν, ταῦτα φέρομεν298.

Gli uomini, dice (Eraclito), si lasciano ingannare rispetto a ciò che è visibile, così come accadde a Omero, sebbene fosse il più sapiente di tutti i Greci. Infatti alcuni fanciulli che uccidevano pidocchi lo imbrogliarono dicendo queste parole: ciò che vedemmo e prendemmo, questo lo abbiamo perduto, ciò che invece né vedemmo, né prendemmo, questo portiamo.

Il frammento di Eraclito, che visse tra la fine del VI e l’inizio del V secolo a. C. (535-475 a.C.), costituisce la più antica testimonianza riguardante l’episodio, anche se non comprende un riferimento diretto alla morte del

poeta299. L’enigma che viene posto a Omero dai pescatori/fanciulli è

assimilabile a un motivo folclorico piuttosto diffuso nelle antiche saghe e

298 Heraclit. fr. 56 D.-K.; la vicenda è riportata inoltre dal PMichigan 2754 M-P3 77, LDAB

177, risalente al II o III secolo d.C., (ed. Winter 1925) e da un frammento di Aristotele (Aristot. fr. 8 Rose).

299A metà del secolo scorso Kirk prendeva in considerazione la possibilità che il

frammento non sia genuino, ma che si tratti di un’elaborazione tarda, sulla scia della stessa spinta creatrice che porta alla stesura dei testi biografici: vd. Kirk 1950, p. 157-58.

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non solo in ambito greco: esso è stato definito dagli studiosi tedeschi come “Halslösungrätsel/ Halsratsel”, nella versione anglosassone, “neck-riddle” e “Halsløsningsgåd” in quella scandinava; in italiano il termine è traducibile con l’espressione “indovinello capitale”300. Si tratta di un

enigma la cui mancata risoluzione determina inesorabilmente la morte di colui che viene interrogato. Il modello è quindi simile a quello proposto nella vicenda di Edipo: è risaputo che chi non è in grado di rispondere

correttamente all’indovinello posto dalla Sfinge viene da essa ucciso301. Per

quanto concerne nello specifico il caso di Omero, la figura del poeta non è tuttavia propriamente assimilabile a quella di Edipo: mentre quest’ultimo è del tutto consapevole della sfida, Omero non sa ancora di essere in pericolo, addirittura egli ha dimenticato l’ammonimento dell’oracolo. Sebbene in entrambe le situazioni si denoti la presenza dell’enigma connesso con la possibilità di perdere la vita, il contesto resta diverso, dal momento che Edipo è consapevole del rischio al quale va incontro. Nonostante ciò, il fatto che almeno una parte della tradizione sia concorde nel riconoscere il fallimento di Omero come causa della sua morte, sembra sufficiente a porre l’episodio sulla linea tematica del “neck-riddle”; lo stesso sembra potersi dire dell’esperienza esiodea, viste le riflessioni or ora esposte.

Secondo la tradizione del Certamen, non è la prima volta che il poeta di Chio si trova messo alla prova attraverso l’impiego di questo genere di indovinelli. Proprio l’agone contro Esiodo, almeno in una prima parte, si configura come un esame al quale il maestro di Ascra sottopone il poeta di

300 Vd. Noyes 1997, p. 587-88 e bibliografia; cf. Huizinga 1973; Levine 2002-2003, p. 142;

Bonsignore 2011, p. 21, nn. 42-3.

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Chio, quasi intenda verificarne le competenze302. Inizialmente vengono

poste a Omero domande ad ampio respiro riguardanti il genere umano:

φησὶν οὖν Ἡσίοδος· υἱὲ Μέλητος Ὅμηρε θεῶν ἄπο μήδεα εἰδὼς εἴπ’ ἄγε μοι πάμπρωτα τί φέρτατόν ἐστι βροτοῖσιν; Ὅμηρος· ἀρχὴν μὲν μὴ φῦναι ἐπιχθονίοισιν ἄριστον, φύντα δ’ ὅμως ὤκιστα πύλας Ἀίδαο περῆσαι303

E.: «Figlio di Meleto, Omero, che hai pensieri simili agli dei, per prima cosa, cos’è più utile per gli uomini?»

O.: «Per prima non nascere per gli uomini è la cosa migliore; nati al più presto le porte dell’Ade passare».

Esiodo procede quindi chiedendo che cosa sia migliore per i cuori mortali ed Omero, che risponde recitando alcuni versi dell’Odissea raffiguranti un momento di convivialità (Hom. Od. 9.6-11), ottiene con le sue parole l’apprezzamento di tutti gli Elleni. A questo punto, infastidito dal successo dell’avversario, Esiodo procede aumentando il grado di difficoltà, fino a proporre un vero gioco di logica in esametri:

καλῶς δὲ καὶ ἐν τούτοις ἀπαντήσαντος ἐπὶ τὰς ἀμφιβόλους γνώμας ὥρμησεν ὁ Ἡσίοδος, καὶ πλείονας στίχους λέγων ἠξίου καθ’ ἕνα ἕκαστον συμφώνως ἀποκρίνασθαι τὸν Ὅμηρον. ἔστιν οὖν ὁ μὲν πρῶτος Ἡσιόδου, ὁ δὲ ἑξῆς Ὁμήρου, ἐνίοτε δὲ καὶ διὰ δύο στίχων τὴν ἐπερώτησιν ποιουμένου τοῦ Ἡσιόδου· δεῖπνον ἔπειθ’ εἵλοντο βοῶν κρέα καὐχένας ἵππων ἔκλυον ἱδρώοντας, ἐπεὶ πολέμοιο κορέσθην. καὶ Φρύγες, οἳ πάντων ἀνδρῶν ἐπὶ νηυσὶν ἄριστοι ἀνδράσι ληιστῆρσιν ἐπ’ ἀκτῆς δόρπον ἑλέσθαι304

Siccome Omero anche in questa circostanza aveva saputo ben rispondere. Esiodo passò alle espressioni ambigue e pronunziando più versi, pretendeva che Omero rispondesse volta per volta in modo conseguente. Il primo verso dunque è di

302 Vd. West 2003, p. 299; da notare che anche in questo caso Esiodo non perde le sue

prerogative di maestro universale.

303 Certamen 74-79 Allen = § 7 West, trad. a c. di Arrighetti 1998. 304 Certamen 102-110 Allen = § 9 West, trad. a c. di Arrighetti 1998.

118 Esiodo e quello di seguito di Omero, e talora accade anche che Esiodo formuli la domanda in due versi:

poi presero come pasto carni di buoi e colli di cavalli sudati sciolsero dopo che furono sazi di guerra

e i Frigi, che di tutti gli uomini sulle navi sono i migliori per i pirati a preparare sulla riva il pasto serale…

L’elemento dell’enigma, del gioco linguistico, detto anche γριφός, sembra

avere una parte importante in questo genere di testi, tanto nelle Vite dei poeti, quanto nel sopracitato Romanzo di Esopo; è attraverso la risoluzione di questi enigmi che il saggio dimostra le proprie qualità o meglio, che emerge quella che può considerarsi la vera saggezza, fondata non solo sul sapere, ma sulla capacità di utilizzare oculatamente le proprie conoscenze. Inoltre il gusto per l’enigma va poi sicuramente incontro al pubblico di epoca ellenistica, nel cui contesto storico e letterario questo genere di aneddoti viene finalmente raccolto sotto forma di biografie.