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1.1 «Naples la riante» e la Campania felix: le motivazioni del viaggio o del soggiorno

1.1.3 Le motivazioni cultural

Al di là delle motivazioni e delle aspettative di tipo artistico ed economico, i pittori e i disegnatori francesi che, durante il Settecento, attraversavano le Alpi, per dedicarsi al genere del paesaggio, lo facevano sulla base di ragioni ancora più profonde: quelle di origine culturale, legate ai temi fondamentali del viaggio e della concezione della natura.

Raramente negli studi sul Grand Tour, sulla letteratura periegetica e sul soggiorno italiano degli artisti, sono stati presi in considerazione tutti gli scopi e i significati dell’esperienza del viaggio in Italia e ne è stato sottolineato il carattere essenzialmente formativo. Cesare De Seta - ne L’Italia nello specchio del Grand Tour - ha notato come, accanto ai motivi più propriamente culturali e formativi, i turisti del Settecento, provenienti essenzialmente dai paesi del Nord (Francia, Inghilterra e Germania), erano spinti al viaggio in Italia dal desiderio di luce, di sole e di calore148. L’autore rileva come

«questo carattere ludico, sensitivo e naturalistico»149 s’imponga, in tutta evidenza, a chi legga i resoconti di viaggio e – secondo il nostro parere - guardi i paesaggi italianizzanti dei pittori francesi. De Seta ha inoltre messo in risalto il gusto per l’avventura dei viaggiatori, per i quali - spesso giovani, privi di esperienza e destinati ad una vita urbana e mondana o ad una carriera nella diplomazia o nell’amministrazione - il periplo d’Italia costituiva un’esperienza unica ed insolita nella loro esistenza. Le tempeste del Mar Mediterraneo, le montagne ricoperte di neve o infestate dai banditi e le eruzioni del Vesuvio o dell’Etna, saranno, per questi viaggiatori, dei ricordi che rimarranno loro impressi per tutta la vita, magari amplificati dal trascorrere tempo e dalle manchevolezze della memoria.

L’avvento, durante il Settecento, di uno spirito enciclopedico, di una volontà di estendere le frontiere del sapere e di allargare gli orizzonti della conoscenza, è stato spesso individuato come una delle ragioni profonde del fenomeno del Tour e della sua ampia diffusione. Paul Hazard ne La crisi della coscienza europea, e dopo di lui Elio Franzini ne L’Estetica del Settecento, hanno approfondito la riflessione su questo tema e hanno mostrato come la fortuna del fenomeno sia dovuta ad un mutamento

(London, Kenwood House, 4 giugno – 19 settembre 1976; Paris, Musée de la Marine, 14 ottobre 1976 – 9 gennaio 1977), a cura di P. CONISBEE, Londres, Greater London Council, 1976, senza numero di pagina.

148 DE SETA, L’Italia nello specchio, cit., p. 143. 149 Ibid., p. 143.

paradigmatico della cultura avvenuto tra il 1680 e il 1715, consistente in un passaggio dalla stasi al movimento150. Per Hazard, il Settecento, al contrario dello spirito classico che amava la stabilità, l’equilibrio e l’ordine, si fonda interamente su una filosofia dell’esperienza. Il viaggio costituisce, in questo contesto, una delle manifestazioni del nuovo atteggiamento, così come lo stile rococò in pittura e nelle arti minori o il genere della fuga in musica. Nella stessa epoca, mentre i teorici come Hogarth e Gilpin o gli architetti-giardinieri come Capability Brown propongono l’apologia del movimento e delle ondulazioni della linea serpentina, è il pensiero stesso, come sottolinea Hazard, che viaggia alla ricerca dei propri limiti.

Il Settecento, come da più parti sottolineato, è anche il secolo del «ritorno alla natura»; questo concetto, che si diffonde nei Salons e nella produzione filosofica ed estetica, si allarga a diversi settori della vita e della società: ne sono testimonianza la creazione di orti botanici o l’interesse per la vita contadina (la fattoria di Marie- Antoinette a Trianon, i quadri di Greuze...). Intorno al concetto di natura le riflessioni filosofiche prendono, nel Settecento, due direzioni principali: la prima, ereditata dalla rivoluzione scientifica seicentesca, conduce ad una concezione meccanicistica del mondo che, allo scopo di scoprirne e comprenderne le leggi, porterà allo sviluppo o all’apparizione di nuove discipline (quali la botanica, la geologia, la vulcanologia o la mineralogia)151; nello studio di queste discipline sono coinvolti tutti, gli scienziati e i semplici curieux. La seconda direzione è quella rousseauiana e preromantica, compiutamente esposta nel primo libro del Contrat social e nell’Émile (o anche nella più diffusa Nouvelle Eloïse), che rivaluta la spontaneità e la creatività insite nella natura, denunciando l’artificiosità del vivere sociale e della cultura, fonti per l’uomo di mali e di ingiustizie. Accanto alle concezioni meccanicistica e rousseauiana, è interessante, dal nostro punto di vista, prendere in esame le riflessioni sulla natura formulate da Diderot in un suo testo dedicato alle teorie dell’arte: il Traité du Beau152. In effetti, per il

150 HAZARD, La crise de la conscience européenne, cit., pp. 3-25; E. FRANZINI, L’Estetica del Settecento, Bologna, Il Mulino, 1995, pp. 38-40.

151 Cfr. Introduzione a 1. «Le modalità del viaggio».

152 Nel 1750 Diderot redigeva la voce «Beau» del secondo tomo dell’Encyclopédie (pubblicato il 22 gennaio del 1752). Soddisfatto del suo saggio, lo fece stampare ad Amsterdam nel 1772 con il titolo di Traité du Beau. Si tratta del primo scritto nel quale Diderot espose i fondamenti naturalisti della sua teoria estetica, che svilupperà successivamente nei Salons, negli Essais sur la Peinture e - nel 1780 - nei Pensées détachées. Secondo Diderot, l’artista trae giovamento dall’abbandono dell’Académie per dedicarsi all’osservazione scrupolosa delle meraviglie della natura, poiché « la nature imite, en se jouant, dans cent occasions, les productions de l’art ». D. DIDEROT, Traité du Beau, Amsterdam, Marc-Michel

filosofo, «l’arte può considerarsi come un tipo di conoscenza e di esperienza privilegiata», che ci permette di scoprire «le radici vitali della natura»153. Nell’ambito del nostro studio sui paesaggisti francesi a Napoli, le posizioni di Rousseau e Diderot assumono una particolare importanza.

Già dai suoi primi scritti (intorno agli anni 50), Rousseau condanna lo sviluppo storico distorto della società e le cattive istituzioni politiche che ne conseguono. Le sue teorie, ma anche le sue scelte personali, stigmatizzano la vita in città, le sue ingiustizie, la sua corruzione e superficialità; d’altronde l’opinione di Rousseau, è condivisa da molti altri e soprattutto dagli artisti, sempre attenti a registrare i mutamenti di sensibilità. Hogarth nella serie di stampe intitolata La carriera di una prostituta, rappresenta il percorso di un’innocente fanciulla della campagna, che, venuta a trovare lavoro in città, rimane vittima di una serie di sventure: prostituzione, cattive compagnie, arresto, malattia e morte. Il pittore propone come modello alternativo, quello di una Venditrice di gamberi, dal viso fresco, dagli occhi vivi e le guance rosa, forse una figlia di pescatori cresciuta a contatto col mare, tra i verdi prati dell’Inghilterra. Una descrizione di questo mondo incorrotto e giusto, dove l’uomo è in pace con la natura e amico dei suoi simili, è presentata negli stessi anni nella Nouvelle Eloïse: la tenuta di Clarens ai piedi delle Alpi, immaginata da Rousseau, costituisce nel suo piccolo, un universo autosufficiente, dove regnano il buon senso e la virtù.

Questa nuova sensibilità per una natura incontaminata, si traduce ben presto, nelle abitudini dell’aristocrazia e dell’alta borghesia, in un progressivo allontanarsi dalla città - attraverso il moltiplicarsi delle residenze di campagna e l’aumento dello spazio riservato ai giardini - e successivamente nello sviluppo dei viaggi e del fenomeno del Grand Tour. Le stagioni di Thomson, tradotte dall’inglese nel 1760, le Georgiche francesi di Bernis (nel 1769 apparirà l’edizione francese di quelle di Virgilio), Paul et Virginie di Bernardin de Saint-Pierre, uscito nel 1787, e la pubblicazione di numerosi resoconti di viaggio, sviluppano nel pubblico il fascino per i viaggi, la curiosità per i paesi stranieri e i costumi esotici.

Lo scopo del viaggio è, prima di tutto, la ricerca di una natura agreste, intatta, incontaminata, ormai scomparsa dalle campagne francesi. Come nota Jean Starobinski, i paesaggi di Francia deludono i sogni arcadici: i recinti eretti da ricchi proprietari avidi di

Rey, 1772 (ried. in Œuvres complètes, cit., t. X, p. 42). Cfr. infra 3.1 «Dal vedere al sentire: l’evoluzione dell’idea di paesaggio a Napoli e il ruolo assunto dagli artisti francesi».

153 E. FUBINI, ‘Natura’ e ‘rapporti’ nell’estetica di Diderot , in «Rivista di estetica», XIV, 1969, fasc. II, pp. 223-224.

rendimento, i contadini fangosi e miseri, non incoraggiano il contatto diretto con la natura. Bisogna quindi cercare il pittoresco al di là delle campagne troppo ben amministrate o delle regioni dove è impiantata l’industria, perché le imprese dell’uomo - le fucine, le macchine e le manifatture – stravolgono e sfigurano il paesaggio. È allora necessario partire alla ricerca di una natura diversa: selvatica e solitaria, nella quale sia possibile aggirarsi senza incontrare presenza umana e, abbandonando ogni sogno sociale, diventare un perpetuo viaggiatore, un contemplatore separato dal mondo154. Per

questi uomini sensibili, la Campania, terra di Virgilio e di Metastasio - con i suoi paesaggi incantevoli e la sua natura traboccante di vita (il Vesuvio espansivo, la terra feconda, l’aria limpida e il mare sempre azzurro) - rappresenta un autentico paradiso. I lazzaroni, i suoi abitanti appaiono così gli uomini più felici del mondo, poiché si accontentano dell’offerta generosa degli alberi e del calore che gli dispensa il sole:

Connaissez-vous cette terre où les orangers fleurissent, que les rayons des cieux fécondent avec amour ? Avez-vous entendu les sons mélodieux qui célèbrent la douceur des nuits ? Avez-vous respiré ces parfums, luxe de l’air déjà si pur et si doux ? Répondez, étrangers, la nature est-elle chez vous belle et bienfaisante ?155 Madame de Staël, ma anche Denon scoprono nelle campagne del regno di Napoli la realizzazione di un modello di vita semplice e sereno:

Le peuple [de Molfetta] est doux, poli; il connaît la bonté de son pays, et a le bon esprit de s’y trouver heureux. Plusieurs d’entre eux que nous questionnâmes, et qui n’avaient rien moins que l’air opulent, nous confessèrent qu’ils avaient de tout en abondance, et que tout ce que leur sol produisait était excellent.156

Modello che ritroveremo nelle pagine degli scrittori dell’Ottocento, come ad esempio in Graziella di Lamartine.

È opportuno ricordare come la fisionomia dei paesaggi campani corrisponda anche all’idea che gli artisti francesi si costituiscono della natura. Alcuni, come i disegnatori dell’abate de Saint-Non, sono alla ricerca di siti pittoreschi, dove una vegetazione abbondante ricopre le rovine degli edifici romani; altri, come Volaire, ammirano la natura quando si scatena in manifestazioni sublimi e terrificanti, come le eruzioni del Vesuvio o le tempeste; altri ancora, come Valenciennes, preferiscono la quiete del golfo di Baia con le sue costruzioni classiche e trovano nella campagna napoletana innumerevoli soggetti d’ispirazione.

154 J. STAROBINSKI, L’invention de la liberté, Genève, Skira-Flammarion, 1964 (2nda ed., 1987, p. 160).

155 DE STAËL, Corinne ou l’Italie, cit., p. 63.

Con le teorie di Shaftesbury - entrate a far parte del sentire comune soprattutto a partire dalla fine del Settecento e nell’Ottocento - il soggiorno in Italia meridionale acquista un’altra dimensione. Come spiega Georges Gusdorf, il viaggio romantico diviene soprattutto interiore, trasformandosi in una vera e propria ricerca di sé stesso:

Il s’agit d’assurer la coïncidence entre les exigences du dedans et les évidences du dehors, de parvenir jusqu’à cette région mystérieuse où les harmonies intimes se trouveront en accord avec les rythmes de l’environnement proche et lointain. Le voyage romantique est une initiation, et l’on ne se dépayse que pour mieux atteindre la patrie vraie, où l’âme pourrait s’établir dans la plénitude d’un univers à sa ressemblance.157

In effetti, la voce «Paysage» del dizionario di Watelet illustra le corrispondenze che esistono tra la natura e lo stato d’animo di chi la contempla:

Quant aux impressions que causent, ou la singularité, ou les accidens de la nature, elles ont lieu, parce que l’homme trouve du plaisir à être remué, et que les objets peu ordinaires produisent en lui cet effet. Au reste, cet effet est relatif à son caractère et souvent même à la situation momentanée de son ame. […] La représentation d’une solitude d’une caverne, d’une sombre forêt, fixera particulièrement le mélancolique, tandis que l’homme en souriant à son bonheur se plaira à contempler la vue d’un bocage ou d’un vallon émaillé de fleurs.158

In alcuni casi, il viaggio è addirittura considerato come una necessità psicologica, quasi terapeutica, dell’anima insoddisfatta alla ricerca di un universo che le somigli:

Ye fields and woods, my refuge from the toilsome world of busyness, receive me in your quiet sanctuary, and favour my retreat and thoughtful solitude…159

Per diversi poeti e pittori settecenteschi, come Goethe, Jones o Volaire, Napoli rappresenta quest’universo, ovvero il luogo la cui scoperta rende possibile la rivelazione e la completa espressione del loro talento.

Nel caso di Rousseau e di alcuni turisti preromantici o romantici, il bisogno di viaggiare diviene quasi una patologia, un sintomo della malinconia - o dello spleen, per usare una terminologia ottocentesca – che li affligge. Vittime di questo male sono soprattutto i britannici - come Oswald, l’eroe di Corinne -, gli abitanti delle grandi città e «i figli di Saturno»; tra di loro alcuni artisti insaziabili, quali Desprez o Cassas, che si spostano in tutta Europa o in Oriente. Secondo Jean Starobinski:

157 G. GUSDORF, Naissance de la conscience romantique au Siècle des Lumières, Paris, Payot, 1976, p. 233.

158 WATELET, «Paysage», in WATELET e LEVESQUE, Dictionnaire des arts de peinture, cit., vol. IV, p. 13.

L’homme des grandes villes, particulièrement en Angleterre, tend de plus en plus à attribuer son accablement, ses idées noires, son angoisse, à l’influence conjointe du climat insulaire, des veilles, des travaux et des plaisirs de la grande cité. L’on rêve alors de se délivrer de la mélancolie en s’évadant du cercle obscur de la ville enfumée et boueuse ; on imagine le salut par la conversion à la vie bucolique et sylvestre.160

Per molti turisti settecenteschi - che sentono il peso della loro immensa fortuna e della mancanza di occupazioni e per i quali all’apprendistato della vita si aggiunge spesso una malinconia generata dall’inazione, dal clima rigido, dal temperamento e/o dalla perpetua insoddisfazione - il Grand Tour rappresenta non soltanto un viaggio di piacere, ma una vera e propria cura. Per alcuni la terapia funziona e l’esperienza del diverso, dell’esotismo, li aiuta a capire sé stessi e il proprio paese. Scrive Du Bellay «Heureux qui comme Ulysse a fait un beau voyage […] / et puis est revenu plein d’usage et raison / vivre entre ses parents le reste de son âge»; il tempo passato lontano dalla propria terra, permette a questi viaggiatori, di guardarla e di giudicarla con un inedito distacco mentale, e in alcuni casi di accettare o di rivalutare la propria condizione. Il viaggio, e soprattutto il contatto con il mitico Sud, non si riduce dunque soltanto ad un allontanamento dal proprio paese e ad un apprendistato, ma costituisce una sorta di rivelazione.

Diderot, nei suoi discorsi sull’arte, fornisce un ulteriore significato culturale all’esperienza del viaggio in Italia meridionale, inteso come contatto con la natura. Secondo il filosofo, tra i diversi metodi o discipline che permettono all’uomo di capire il funzionamento della natura, l’arte è il tipo di conoscenza e di esperienza da privilegiare161. Egli afferma che l’artista nella sua attività creatrice riproduce la maniera

di procedere della natura, la sua «facoltà formatrice»162: la natura nel suo sviluppo e

nella sua crescita segue, in un certo senso, la maniera di creare dell’artista, e viceversa. L’arte quindi permette di stringere una relazione privilegiata con la natura e l’opera d’arte è «il momento in cui l’uomo si riconosce più autenticamente parte della natura

160 J. STAROBINSKI, Histoire du traitement de la mélancolie des origines à 1900, Basilea, Documenta Geygy, 1960, p. 67, citato in GUSDORF, Naissance de la conscience romantique, cit., p. 198.

161 Questo concetto, che Diderot ha espresso in diverse sue opere (gli Entretiens sur le Fils Naturel (1757), le Critiques dei Salons (1759-1771; 1775 e 1781), l’Essai sur la peinture (1765), Le rêve de D’Alembert (1769), l’Entretien entre D’Alembert et Diderot (1769) e il Traité du Beau (1772)), è stato messo in evidenza da FUBINI, ‘Natura’ e ‘rapporti’ nell’estetica di Diderot , cit., in particolare pp. 223- 225.

162 L.G. CROCKER, Two Diderot Studies, Ethics and Esthetics, Baltimore, The John Hopkins Press, 1952, p. 83.

stessa»163. Questa interpretazione del pensiero di Diderot, aiuta tra l’altro a capire i trompe-l’œil letterari usati dal critico nelle sue analisi dei quadri del Salon; come nel 1767, quando descrive a lungo un paesaggio che si rivela alla fine essere un quadro di Vernet. Diderot che conosce bene l’artista, non ignora il fatto che le sue opere siano il prodotto di una stretta immedesimazione con la natura:

Je vous recommanderais par-dessus toutes choses de peindre d’après nature, au lieu de dessiner, de porter votre palette au bord de l’eau. C’était la pratique de Vernet que j’ai connu à Rome; il m’y montra ses études de couleurs qui me frappèrent beaucoup par cette vérité qu’ont seules les œuvres produites lorsque l’impression de la nature est encore chaude.164

Secondo Vernet, il vero pittore è colui che lavora d’après nature:

Le moyen le plus court et le plus sûr est de peindre et de dessiner d’après nature. Il faut surtout peindre, parce qu’on a le dessin et la couleur en même temps […]. Une chose qui nuit infiniment aux jeunes gens, ce sont les faux principes qu’ils ont reçus, ainsi que les faux raisonnemens qui en sont la suite. Ils ne peuvent se défaire des uns et des autres qu’en copiant ou en examinant la nature, qui les fera apercevoir des erreurs dans lesquelles l’habitude et la routine des ateliers les avaient fait tomber.165

Il contatto diretto con la natura è dunque una necessità per l’uomo che vuole capirne le leggi, e costituisce per l’artista un aiuto inestimabile nella ricerca della conoscenza di sé stesso e delle proprie capacità creative. Il viaggio verso una natura incontaminata, ricca e varia (i cieli cangianti, la vegetazione abbondante...) come quella della Campania, rappresenta, da questo punto di vista, una tappa fondamentale del suo apprendistato artistico.

163 FUBINI, ‘Natura’ e ‘rapporti’ nell’estetica di Diderot, cit., p. 225.

164 Lettera di Josuah Reynolds a Nicolas Pocock, pittore di marina, citata in MARINA CAUSA PICONE, Volaire, in «Antologia di Belle Arti», n. 5, 1978, p. 27.

165 J. VERNET, Lettre aux jeunes gens qui se destinent à l’étude du paysage, ou de la marine, pubblicata da L.J. JAY, Recueil de lettres sur la peinture, la sculpture et l’architecture…, Roma, Bottari, 1754 (2nda ed., Paris, Galerie de tableaux, 1817; ristampa Genève, Minkoff, 1973), pp. 622-623.