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1.1 «Naples la riante» e la Campania felix: le motivazioni del viaggio o del soggiorno

1.2 I flussi turistici del Settecento

1.2.3 I ‘picchi’ turistici del Settecento

Il periodo compreso tra gli anni 1737 e 1799 corrispose, come abbiamo visto in precedenza, al culmine del fenomeno del Grand Tour nell’Italia meridionale; questo non solo perché l’esperienza del viaggio si diffondeva tra le classi aristocratiche e alto borghesi di tutta Europa e veniva resa più agevole dalla pubblicazione di guide e dal

179 A. BRILLI, Il viaggio in Italia, Milano, Amilcare Pizzi, 1987, p. 234.

180 Citato da BRILLI, ibid., p. 234. Su Misson cfr. supra, nota 25 e capitolo I, introduzione, b. Napoli nell’ambito del viaggio in Italia, p. 4.

miglioramento delle strutture di accoglienza, dei mezzi di trasporto e di numerosi altri aspetti materiali dell’impresa, ma anche perché, nella seconda metà del secolo accaddero una serie di eventi che resero Napoli un polo di attrazione per visitatori e artisti.

I picchi di affluenza furono innanzitutto legati a fenomeni naturali, cioè all’attività vulcanica del Vesuvio e dei Campi Flegrei. Bisogna tenere presente che nel Settecento si verificarono non meno di nove eruzioni (negli anni 1737, 1751, 1754, 1760, 1767, 1770, 1771, 1779 e 1794) e che comunque tra un’eruzione e l’altra l’attività del vulcano non si interruppe mai del tutto, manifestandosi con fenomeni spettacolari quali boati, fuoriuscita di gas e di fumarole181.

Abbiamo richiamato l’attenzione, nell’introduzione generale al capitolo (paragrafo «Il paesaggio»), all’interesse del Secolo dei Lumi - soprattutto a partire dalla seconda metà del Settecento - verso le scienze, in particolare quelle naturali, e verso le nuove discipline emergenti quali la geologia (mineralogia e vulcanologia) e la chimica. Alla curiosità diffusa verso questi nuovi campi del sapere - che spingeva l’aristocrazia colta a recarsi direttamente sul luogo per verificare le teorie discusse nei salotti e esposte nelle pagine dell’Encyclopédie - si aggiungeva un proliferare di saggi, trattati sul Vesuvio (a volte riccamente illustrati) e resoconti di ascensioni, che aumentavano ulteriormente la curiosità dei viaggiatori182. Le notizie più aggiornate sull’attività del vulcano erano invece trasmesse attraverso i dispacci degli ambasciatori di Francia a Napoli:

181 A. NAZZARO, Il Vesuvio, storia eruttiva e teorie vulcanologiche, Napoli, Liguori, 1997.

182 I trattati di un certo successo possono essere distinti in due diverse categorie. La prima è costituita dai resoconti delle eruzioni del Vesuvio: il più antico, e uno dei più consultati, fu quello di F. SERAO, Storia del Incendio del Vesuvio, Napoli, Stamperia di Novello De Bonis, 1738; che descrive la grande eruzione del 1737, e fu tradotto in francese nel 1741 ed in inglese nel 1743. Vengono poi G.M. MECATTI, Racconto storico-filosofico del Vesuvio e particolarmente di quanto è occorso in quest’ultima eruzione principiata il di 25 ottobre 1751 e cessata il di 25 febbraio 1752 al luogo detto l’Atrio del Cavallo, Napoli, Giovanni di Simone, 1752 e G. DE BOTTIS, Ragionamento istorico intorno all’eruzione del Vesuvio che cominciò il 29 luglio dell’anno 1779 e continuò fino al giorno 15 del seguente mese di agosto, Napoli, Stamperia Reale, 1779, illustrato da Pietro Fabris, Saverio Della Gatta ed Alessandro D’Anna. Infine, poco dopo l’eruzione del 1779, D. TATA fece uscire la sua descrizione dell’evento nell’Estratto dal Giornale Enciclopedico d’Italia, o sia Memorie scientifiche e Letterarie, in centocinquanta copie. Alla seconda categoria di pubblicazioni appartengono le opere di sintesi. Si tratta dei due libri di W. HAMILTON, Observations on Mount Vesuvius, Mount Etna and other Vulcanoes, London, Thomas Cadell, 1774; e Campi Phlegraei, cit., con cinquantaquattro tavole a colori tratte dalle gouaches di Fabris. A questi trattati pubblicati in Italia, ma largamente diffusi in Europa, si aggiunsero quelli degli specialisti francesi, G.-L. LECLERC conte deBUFFON (Histoire naturelle générale et particulière, Paris, Imprimerie Royale, 1749, 20 voll.), N. DESMARET (Conjectures physico-méchaniques sur la propagation des secousses dans les tremblements de terre, et sur la disposition des lieux qui en ont ressenti les effets, S.l., s.n., 1756), D. GRATET DE DOLOMIEU (Mémoire sur les îles Ponces, et catalogue raisonné des produits de l’Etna, pour servir à l’histoire des volcans ; suivis de la description de l’éruption de l’Etna, du

Nous avons, Monsieur, depuis deux jours le spectacle d’une nouvelle Eruption du Vesuve presqu’aussi forte mais bien moins effrayante que celle de 1767. La lave coule abondamment et avec vitesse. Elle avoit pris dabord sa direction sur Portici, et la cour allarmée étoit déja prête à revenir dans la Capitale ; mais depuis ce matin la lave coule d’un autre côté et semble menacer le village de Resine et le bourg de la Tour du Grec. Il y a environ deux mois que la montagne donne des signes manifestes de cette éruption qui n’est accompagnée d’aucun bruit éclatant ni d’aucune secousse de Tremblement de Terre.183

Assistere ad un’eruzione del Vesuvio, partecipare al grandioso evento dalle pendici del vulcano, raccogliere degli specimen, scrivere un resoconto dell’esperienza, discutere con «esperti» come Della Torre o Hamilton, formulare ipotesi sull’origine del fenomeno e divulgare, infine, le proprie impressioni; tutto ciò costituiva un’opportunità straordinaria di mettere in pratica lo spirito empirista che si andava diffondendo nella seconda metà del secolo. Gli artisti e i curiosi che compivano il loro viaggio in Italia o che risiedevano a Roma, non mancavano quindi di recarsi nella capitale del regno di Napoli – modificando, in alcuni casi, il programma del Tour - ai primi segnali di attività del vulcano:

Le bruit qui a couru à Rome d’un nouvelle lave du Vesuve qui s’est manifestée dans les premiers jours de la semaine derniere, et qui n’est nullement comparable à celle de 1767, a engagé un grand nombre d’Etrangers qui avoient déjà fait le voyage de Naples à y revenir pour contempler le phenomene, ils n’ont pas été mediocrement étonnés de l’exagération avec laquelle on leur a parlé de ses ravages.184

Il precipitarsi dei viaggiatori sulle pendici del Vesuvio per assistere ad un’eruzione, anche modesta, trova una spiegazione nel timore che questa fosse l’ultima e che il vulcano potesse ricadere (come dal 79 al 1631) in un lungo letargo, senza offrire altre opportunità di osservarne le manifestazioni.

L’interesse, anzi l’infatuazione, verso il vulcano è comprovato anche dall’estensione dei capitoli dedicati al Vesuvio nell’ambito della letteratura di viaggio: il racconto

mois de juillet 1787, Paris, Cuchet, 1788) e B. FAUJAS DE SAINT-FOND (Recherches sur les volcans éteints du Vivarais et du Velay, Grenoble, J. Cuchet, 1778 ; Minéralogie des volcans, ou description de toutes les substances produites ou rejetées par les feux souterrains, Paris, Cuchet, 1784), che contribuirono notevolmente allo sviluppo della vulcanologia.

183 Dépêche de Choiseul n° 32. Naples, le 11 mai 1771, f. 257. Paris, A.M.A.E., Correspondance politique, Naples, n° 93.

184 Dépêche de Bérenger n° 42. Naples, le 20 mars 1770, f. 80. Paris, A.M.A.E., Correspondance politique, Naples, n° 92. Possiamo notare un atteggiamento analogo da parte dell’abate Barthélemy, nell’agosto del 1756: « J’ai pensé partir subitement pour Naples : on nous avoit annoncé une éruption du Vésuve. Les grandes chaleurs, le changement d’air m’ont arrêté au point d’écrire à Naples ; on m’a répondu que le monticule ou fourneau qui s’étoit élevé au milieu de l’ouverture s’étoit refermé ; que la lave débordoit et couloit sur la montagne, du coté de Portici et de Torre-di-Greco ; que, suivant toutes apparences, nous ne tarderions pas à entendre parler d’une éruption violente et dans toutes les formes. Si je suis encore à Rome, je ne réponds pas de ma curiosité… » J.-J. BARTHELEMY, Voyage en Italie, Paris, F. Buisson, an X (1801) (2e ed., Paris, F. Buisson, an X (1802), p. 158).

dettagliato dell’ascensione del vulcano rappresenta un topos di ogni guida di Napoli. Le lettere di de Brosses, i capitoli di Montesquieu o di Lalande, rimasti particolarmente famosi, sono soltanto degli esempi di un genere che conoscerà, a partire dalla seconda metà del Settecento e fino all’Ottocento, un’immensa fortuna185. In effetti, per il

viaggiatore che visitava Napoli, l’ascensione del Vesuvio era un’escursione assolutamente da non mancare (fig. 9):

Étant à Naples et ne pas aller voir le Vésuve, - scrive il polacco Bielinsky - c’est le même crime que d’être à Rome et ne pas aller voir le pape.186

Solo chi soffriva di problemi di salute o di pinguedine - come ad esempio lo zar Paolo I e sua moglie - rinunciava all’escursione :

Their Imperial Highness[es] were quite knocked up on Mount Vesuvius, without being able to get up the mountain. The Duke’s lungs are very weak, and his body ill formed and not strong, and the Duchess is rather corpulent. However, the novelty pleased them. The Duchess’s feet came through her shoes, but I had luckily desired her to take a second pair.187

Anche le donne intraprendevano l’ascensione, come notavano meravigliati i contemporanei; una di loro (forse la coraggiosa Lady Spencer?) si fece anche rappresentare sulle pendici del vulcano dallo chevalier Volaire (L’Eruzione del Vesuvio vista dall’Atrio del Cavallo, Napoli, C.P.):

La Reine des Deux Siciles qui a eu le courage de se transporter jusqu’au dessus de l’église Notre Dame a Jacob pour voir de plus près les merveilleux et déplorables effets de l’éruption, ayant rencontré en chemin Madame la Princesse d’Estehasi et Madame la Duchesse de Castropignano qui faisoient ensemble le même voyage, eut la bonté de s’arrêter pour s’entretenir quelque tems avec elles.188

185 Cfr. É. CHEVALLIER, Les voyageurs au XVIIIe siècle et le Vésuve : de l’indifférence à la curiosité, in Travaux comparatistes, a cura di L. DESVIGNES, Saint-Étienne, Centre d’Études comparatistes et de recherche sur l’expression dramatique,1978, pp. 55-79; ibid., La finalité du Vésuve, force du mal ou instrument de la Providence, selon les étrangers venus à Naples au XVIIIe siècle, in Colloque Histoire et Historiographie-Clio, a cura di R. CHEVALLIER, Caesarodunum, t. XV bis, Paris, Les Belles Lettres, 1980, p. 60.

186 É. CHEVALLIER, Les voyageurs au XVIIIe siècle, cit., p. 60.

187 A. MORRISSON, Catalogue of the collection of autograph letters and historical documents formed between 1865 and 1882 by A. Morisson. The Hamilton and Nelson papers, London, Strangeways (?), 1893-1894, I, n° 115. Citato da C. KNIGHT, in Vases and Volcanoes: Sir William Hamilton and his Collection, catalogo della mostra (London, British Museum, 13 marzo – 14 luglio 1996), London, British Museum Press, 1996, p. 17.

188 Lettera di D’Arthenay al ministro degli affari esteri del 6 novembre 1751. Paris, A.M.A.E., Correspondance politique, Naples, vol. LXIII, f. 250. Nella corrispondenza diplomatica e nella letteratura periegetica del Settecento l’espressione «Due Sicilie» è impiegata per designare i due regni, di Napoli e di Sicilia, governati da un solo re, Don Carlos e successivamente suo figlio Ferdinando. Dal 1806 al 1815, i Napoleonidi regnarono su Napoli, mentre Ferdinando conservò soltanto il titolo di re di Sicilia. I trattati di Vienna riporteranno Ferdinando sul trono di Napoli; ma sarà solo nel 1815 che i due regni prenderanno la denominazione ufficiale di «Regno delle Due Sicilie», che conserveranno fino all’unificazione d’Italia.

Verso la fine del secolo, i turisti erano talmente numerosi da costituire una vera manna per i ciceroni e i contadini che vivevano ai piedi del vulcano. Per questi ultimi, ogni singulto del Vesuvio significava un’immediata opportunità di guadagno:

dicesi che la moglie di Bartolomeo, il Cicerone della montagna, mandi candele a San Ciro e tenga accesa la lampada a Sant’Antonio acciò che mandino provvidenza a suo marito con stuzzicare la montagna a farne qualcheduna delle sue (contro i voti che da tutto il mondo si porgono a San Gennaro acciò che la tenga a freno).189

I temerari escursionisti, una volta portata a termine l’impresa, non mancavano di rendere partecipi gli altri delle proprie impressioni con il mezzo a loro più congeniale: la penna o il pennello. Ciò allo scopo di fornire una dimostrazione materiale del superamento della prova, di fissare i propri ricordi per successivamente condividerli con gli amici rimasti nel paese di provenienza, o ancora, di esorcizzare a cose fatte lo spavento provato sul minaccioso monte.

In campo artistico pochi sono stati i pittori o i disegnatori che non si sono cimentati nel genere delle eruzioni del Vesuvio: sappiamo, ad esempio, che nel novembre del 1774 Wright of Derby si recò a Napoli con l’intenzione precisa di ritrarre il fenomeno, «the most beautiful and wonderful sight in nature»190. Purtroppo per lui il vulcano non

era in attività durante il soggiorno dell’artista a Napoli ed egli si dovette accontentare di copiare un quadro di Volaire191. Anche gli artisti francesi che abbiamo preso in

considerazione, si sono quasi tutti confrontati con il soggetto, e non solo i paesaggisti, ma anche gli architetti, come Clérisseau e Soufflot o i pittori di figure come Danloux192;

189 A. PIAGGIO, Diario, citato da C. KNIGHT, Un Inedito di Padre Piaggio: il diario vesuviano. 1779- 95, in «Resoconti dell’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli», 1989, vol. LXII, p. 66. Lo stesso concetto viene espresso da un viaggiatore tedesco: « C’est la montagne qui, comme le disait avec vérité un capucin à une dame anglaise, vomit de l’or, par la quantité d’étrangers qu’elle attire », H. OTTOKAR REICHARD, Guide d’Italie, Weimar, Bureau d’industrie, 1793 (ried. Paris, Éditions de la Courtille, 1971, non impaginato), citato da É.CHEVALLIER, Les voyageurs au XVIIIe siècle, cit., p. 361, nota 45.

190 «there was a very considerable eruption at that time, of which I’m going to make a picture». Lettera di Wright of Derby a suo fratello datata del 11 novembre 1774, citata in Wright of Derby, catalogo della mostra (London, Tate Gallery, 7 febbraio – 22 aprile 1990; Paris, Grand Palais, 17 maggio – 23 luglio 1990; New York, The Metropolitan Museum of Art, 6 settembre – 2 dicembre 1990), a cura di J. EGERTON, London , Tate Gallery Publications, 1990, p. 140.

191 Wright of Derby, cit., n. 103, p. 170-171.

192 L’elenco degli artisti è impressionante: Boily, Cassas, Châtelet, Clérisseau, Danloux, David, Desprez, Génillon, Girodet, Henry d’Arles, Hoüel, Lacroix de Marseille, Lallemand, Lemonnier, Manglard, Nicolle, Pérignon, Thiery, Tierce, Valenciennes, Ignace e Joseph Vernet ed infine Volaire. Un’assenza notevole è quella di Hubert Robert. Probabilmente non fu attratto dal motivo del Vesuvio perché troppo ricorrente nelle vedute di Napoli; o – come spiega Élisabeth Chevallier – perché fino a quando il viaggio in Italia fu considerato «come un pellegrinaggio alle fonti della cultura antica, il Vesuvio non poté rivaleggiare con le altre curiosità offerte dai dintorni di Napoli [...], Pozzuoli, Miseno, Baia...». Quindi Saint-Non, che finanziava il viaggio dell’artista a Napoli, e lo stesso Hubert Robert, non a caso chiamato «Robert des ruines», preferirono dilungarsi nello studio degli edifici antichi piuttosto che nell’osservazione dei fenomeni vulcanici. Cfr. É. CHEVALLIER, Les voyageurs au XVIIIe siècle, cit., p. 59.

di essi, quasi un terzo erano presenti a Napoli nel 1779 durante la grande eruzione (come già visto in precedenza193). In realtà, l’eruzione di un vulcano (si tratti del Vesuvio o dell’Etna) costituiva, per i pittori di paesaggio del Settecento, un motivo completamente inedito, affrontato soltanto da pochi artisti napoletani del secolo precedente in modo allegorico-religioso. Per conquistarsi fama nel campo, sempre più ambito, della pittura del paesaggio era necessario tenersi al corrente delle nuove tendenze del genere, mostrare la propria abilità nei nuovi soggetti e rivaleggiare in bravura con i concorrenti. D’altra parte, una volta saliti sull’orlo del cratere, come rimanere indifferenti di fronte ad uno spettacolo così «pittoresco», nel vero senso della parola?

Je m’arrêtai un moment pour contempler.

Devant moi, les ombres de la nuit et les nuages s’épaississaient de la fumée du Volcan, et flottaient autour du Mont ; derrière moi, le soleil précipité au-delà des montagnes couvrait de ses rayons mourants, la côte du Pausilippe, Naples et la mer ; tandis que sur l’île de Caprée, la lune à l’horizon paraissait ; de sorte qu’en cet instant je voyais les flots de la mer étinceler à la fois des clartés du soleil, de la lune et du Vésuve. Le beau tableau !194

Nel secondo Settecento, soltanto Ercolano e Pompei - che dalla loro scoperta, rispettivamente nel 1738 e nel 1748, accoglievano folle di antiquari e di curiosi - attiravano un numero pari di visitatori195. Lo scopo della nostra ricerca non è tanto

quello di ricostruire la storia e la fortuna delle città vesuviane, quanto di individuare alcune delle ragioni che spinsero, nella seconda metà del Settecento, tanti viaggiatori a recarvisi, e mostrare come questo fenomeno culturale abbia provocato un vero picco di affluenza turistica in Campania.

I primi motivi che possiamo individuare sono di ordine pratico e materiale, anzi addirittura commerciale: con la scoperta, sotto strati di ceneri, lava e macerie, degli

193 Tale circostanza non è sfuggita agli storici dell’arte: Paul Bedarida ha notato la presenza a Napoli, l’8 agosto del 1779, al momento della grande eruzione, di Hoüel, Châtelet, Pérignon, Valenciennes e David. Cita inoltre, a torto, Pâris e Renard. BEDARIDA, I «canti della sirena», cit., p. 58.

194 J.-B. DUPATY, Lettres écrites sur l’Italie en 1785, Paris, Desenne, 1792 (ried. Tours, Mame et Cie, 1837, p. 197).

195 Sull’argomento, cfr. in particolare C. DE SETA, Il ruolo e significato culturale delle scoperte archeologiche, in «La voce della Campania», VIII, n° 3, 1980, pp. 490-492; L. MASCOLI, P. PINON, G. VALLET, e F. ZEVI, Pompéi ou ‘L’antiquité face à face’. Travaux et envois des architectes français au XIXe s., catalogo della mostra (Paris, École Nationale Supérieure des Beaux-Arts, 14 gennaio – 22 marzo 1981; Napoli, Institut français de Naples, 11 aprile – 13 giugno 1981), Napoli, Gaetano Macchiaroli, 1980, pp. 3-53; F. BOLOGNA, Le scoperte di Ercolano e Pompei nella cultura europea del XVIII secolo, in «La parola del passato», fasc. CLXXXVIII-CLXXXIX, luglio-agosto 1979, pp. 377-404; id., La riscoperta di Ercolano e la cultura artistica del Settecento europeo, in Le antichità di Ercolano, Napoli, Banco di Napoli, 1988, pp. 81-105; C. GRELL, Herculanum et Pompei dans les récits des voyageurs français du XVIIIe siècle, Napoli, Centre Jean Bérard, 1982.

ultimi istanti delle città, ci si rese conto della precarietà di queste vestigia, sottoposte continuamente al pericolo di una nuova distruzione196. Nel 1794, in effetti, il vulcano distruggeva il borgo di Torre del Greco, aumentando il timore che un giorno sarebbe toccato nuovamente a Pompei ed Ercolano di subire la furia terribile del vulcano: tutto dipendeva dalla direzione che avrebbe preso la colata lavica nella successiva eruzione, col pericolo di far svanire per sempre l’opportunità di entrare in contatto con la vita quotidiana degli antichi pompeiani. Un altro motivo dello straordinario interesse verso le città archeologiche vesuviane era dato dall’incredibile fonte di approvvigionamento di antichità che queste costituivano per i mercanti e gli amateurs. A differenza di Roma, dove una recente politica di protezione del patrimonio artistico impediva ai ricchi aristocratici inglesi di comprare sculture e bassorilievi antichi, a Napoli era ancora possibile acquistare qualche oggetto proveniente dagli scavi, come dimostravano i casi di Caylus o di Hamilton197. Infatti, nonostante il divieto di ogni vendita198 che il re aveva

stabilito per destinare il patrimonio appena scoperto al suo museo di Portici, i più furbi tra gli antiquari riuscirono ad approfittare della venalità o della disattenzione dei custodi per accaparrarsi alcuni pezzi antichi. A riprova di questo, la testimonianza, senza alcun pudore, di Vivant Denon, uno dei fondatori del Louvre:

Nous descendîmes [...] dans la cave où l’on voit 27 squelettes de femmes qui [...] s’étaient cachées dans cet endroit retiré, [...] je ne pus resister au désir d’avoir en bonne fortune la tête d’une dame romaine (sic !); et ayant trouvé moyen de l’emporter à l’aide d’un très grand manteau que j’avais, je suis parvenu à la faire passer en France, où nos jolies Françaises pourront s’étonner de la dimension et des formes qui faisaient la beauté de ce temps.199

Le ragioni del successo di Ercolano e Pompei erano anche di ordine culturale e artistico e dipendevano dalla ricezione settecentesca delle scoperte archeologiche. Con il

196 « Voicy le vingtième jour que l’éruption du Vésuve continue sans interruption, ce qui n’a presque point d’exemple [...]. On a vérifié que la montagne s’étoit d’abord ouverte au sud-ouest auquel la lave avoit même commencé à y prendre son cours : mais heureusement il se fit aussytôt d’un autre côté une crevasse plus basse par où la lave trouva une issue plus facile. Sans quoy il ne subsiteroit plus aujourdhuy que le nom de Portici, la quantité de matières qui est sortie du Vésuve étant suffisante pour ensevelir totalement une bien plus grande ville que ce lieu de plaisance, et il auroit éprouvé le même sort que l’ancienne Herculea sur laquelle il est bâti. » Lettera di d’Arthenay al ministro degli affari esteri del 13 novembre 1751, Paris, A.M.A.E., Correspondance politique, Naples, vol. LXIII, ff. 256-257.

197 Haskell menziona alcuni oggetti provenienti da Pompei ed Ercolano nelle collezioni di questi due famosi personaggi, tra cui dei frammenti di affreschi contrabbandati da Soufflot. Cfr. F. HASKELL e N.