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Il viaggio e la permanenza: gli artisti stabilitisi a Napol

1.3 «Iter Campanicum»: itinerari e condizioni materiali del viaggio in Campania

2. ARTISTI, CLIENTI E SOCIETÀ: LE STRUTTURE DELLA PRODUZIONE

2.1.3 Il viaggio e la permanenza: gli artisti stabilitisi a Napol

Abbastanza numerosi, nondimeno poco conosciuti, sono gli artisti stabilitisi a Napoli: Gaultier, Ignace Vernet, Boily, Giraud, Volaire, Tierce, Péquignot e Taurel. La carriera napoletana di questi pittori e incisori non è stata finora studiata ad eccezione di quella di Giraud335, benché la ricerca di informazioni negli archivi sia facilitata – a

differenza degli altri francesi da noi studiati - dalla loro lunga permanenza in città. Alcune notizie inedite (documenti d’archivio e opere d’arte) ci hanno permesso di ricostruire il soggiorno nel regno di Napoli della maggior parte di loro.

Il primo artista francese a stabilirsi a Napoli sotto Carlo III, negli anni 40-50, fu Pierre-Jacques Gaultier (Parigi 1715 circa – Parma 1790 circa)336. Eccellente disegnatore ed incisore su rame, si pose l’obiettivo di accedere ai circoli accademici che comunque rimanevano chiusi agli artisti della sua specialità (cfr. 1.1.1 «Le motivazioni artistiche») e decise quindi di fare carriera a Napoli (dove, secondo De Dominici, si era «accasato»)337. Riportiamo qui in esteso un lungo passaggio di una lettera dell’ambasciatore di Francia a Napoli, datata 15 maggio 1742, che fornisce diverse informazioni sul nostro artista:

Le sieur Gautier est établi depuis quelque tems a Naples et s’y occupe a graver plusieurs tableaux de Monsieur Solimène. C’est un jeune homme qui a du talent et les entrepreneurs de la manufacture de Naples l’ont recherché plusieurs fois pour l’engager a leur fournir des dessins d’étoffes338. Ils ont été jusqu’à luy proposer des

appointements de 2000 livres qu’il a refusé constamment ayant eu même l’attention de me venir rendre compte régulièrement de toutes les démarches à son égard. J’ai cru devoir louer son désintéressement et luy promettre que je le ferois valoir lorsque l’occasion s’en présenteroit. Vous verrez, Monsieur, par le mémoire que je joins icy que ce graveur désireroit d’être admis à l’académie de Rome en qualité de

335 C. DE SETA, Napoli nel Settecento e le vedute di Étienne Giraud, Milano, Il Polifilo, 1977. 336 Su Gaultier si veda DE DOMINICI, Vite, cit., t. III, p. 720; G. GORI GANDELLINI, Notizie istoriche degl’intagliatori, Siena, Vincenzo Pazzini Carli e Figli, 1771, vol. II, pp. 72-73 e 354; C.T. DALBONO, Storia della pittura in Napoli ed in Sicilia dalla fine del 1600 a noi, Napoli, dalla Stamperia di Luigi Gargiulo, 1859, p. 57; PANNUTI, Incisori e disegnatori della Stamperia reale di Napoli, cit., p. 165.

337DE DOMINICI, Vite, cit., t. III, p. 720.

338 Sul progetto di creazione di una manifatture di seta lionese a Napoli cfr 2.2.2 «La comunità degli artisti e degli artigiani francesi a Napoli».

pensionnaire. Quoy que la grace qu’il demande soit une nouveauté elle paroit cependant fondée sur des raisons qui présentent tellement une apparence d’utilité que je ne puis luy refuser de vous faire passer sa proposition en vous suppliant de vouloir bien y avoir égard et de faire en cette occasion ce que vous estimez de juste pour m’acquitter de la protection que j’ai promise à ce jeune homme.

Pierre Jacques Gautier natif de Paris flatté de la protection dont Votre Excellence a bien voulu lui promettre de l’honorer, prend la liberté de luy exposer que dans le veüe de se perfectionner dans la graveure qu’il étudie depuis plusieurs années avec ardeur il désireroit être admis au nombre des pensionnaires que le Roy entretient à Rome. L’Académie royale de Paris étant composée de peintres, de sculpteurs et de graveurs, et ces derniers ne contribuant pas moins à la gloire des arts que les premiers, il ose encore représenter que pour l’honneur et l ‘avantage de la nation, il auroit eut peut-être été à propos que les jeunes graveurs eussent été également admis à partager en Italie les bienfaits de Sa Majesté. Il en seroit résulté cet avantage que l’art de la graveure étant porté en France à un point de perfection où jusqu’à présent aucune nation n’a pu arriver, les graveurs entretenus à Rome par Sa Majesté auroient rendu avec plus d’exactitude et de précision que les Italiens les plus beaux morceaux qu’on admire à Rome et sauvé des injures du temps ceux qui dépérissent journellement. On sait assez que les Italiens sont pour la graveure au- dessous du médiocre, en sorte que les étrangers auroient laissé entre les mains des françois les sommes considérables qu’ils portent à l’imprimerie de la Chambre apostolique pour acquérir les estampes défectueuses qu’ils trouvent gravées à Rome.

Mais ce n’est point un motif d’intérêt qui feroit donner au suppliant d’être admis dans l’Académie de Rome.

Sa seule ambition se borneroit à se perfectionner dans son art et quoy qu’occupé depuis quelque tems à graver à Naples plusieurs tableaux de Monsieur de Solimène qui semble faire quelque cas des talents du suppliant, il connoit qu’il feroit des progrez bien plus rapides à Rome sous les yeux d’un directeur habile et incité au travail par l’exemple et par les conseils des autres pensionnaires.

Dans ce dessein, je supplie encore Son Excellence de vouloir bien obtenir de Monsieur le Controleur Général qu’il fut pourveu à ses dépenses concernant l’achat de cuivres, outils et instrumens nécessaires à la graveure. Ce secours dont l’objet est peu considérable le meteroit en état de faire d’après les grands maîtres des études aussi utiles pour le public que pour le suppliant. Il ose même espérer de son application au travail qu’il arriveroit bientôt au point de pouvoir graver quelques planches pour le Roy. A cet effet le suppliant se propose de faire voir dans quelques jours à Son Excellence des estampes d’une grande composition qu’il grave d’après Monsieur Solimène.339

Legatosi d’amicizia con Solimena, Gaultier incise numerose sue opere e di altri pittori napoletani, quali D.A. Vaccaro e Bonito. Per la qualità del suo lavoro e per la sua collaborazione con Solimena, ebbe la fortuna di figurare nelle Vite di De Dominici (cfr.

339 Lettera dell’ambasciatore, il marchese de l’Hôpital al ministro degli affari esteri, Amelot, del 15 maggio 1742, ed indirizzata al Contrôleur Général (ministro delle finanze). Paris, A.M.A.E., Correspondance politique, Naples, vol. XLV, ff. 102-103. Sappiamo da Gori Gandellini che Gaultier ottenne dal re di Francia una pensione di 600 lire, come compenso per la pubblicazione di alcune tavole di anatomia con «l’impressione a più colori».

infra 3.2.1 «La fortuna critica a Napoli»340). Partecipò sin dall’inizio, assunto da Bayardi stesso l’11 gennaio 1751, alla pubblicazione del Prodomo delle antichità di Ercolano, del Catalogo degli antichi monumenti dissotterrati dalla discoperta città di Ercolano e dei volumi delle Antichità di Ercolano, fornendo diverse tavole, ben retribuite, che sono documentate nel fondo Casa Reale Antica dell’Archivio Storico di Napoli. Per il Catalogo... incise la celebre tavola Cratere marittimo del Golfo di Napoli, considerata come la prima pianta esatta della regione. Collaborò anche ad altri progetti editoriali, quali il Commentariorum in… aeneas tabulae Heracleenses di Mazzocchi e le Succinte notizie intorno alla facciata della Chiesa cattedrale napoletana di D’Onofrio, e incise la Corografia della regione napoletana, puteolana, misenate, cumana, etc. da Foschini e la Guglia eretta in onore di Maria SS. in Napoli da Genoino. Oltre a questi lavori, furono le sue ricerche nel campo delle tecniche di incisione (perfezionò l’impressione chiamata «a più colori» e divulgò questo metodo attraverso la pubblicazione, nel 1749, di un libretto intitolato Lettre concernant le nouvel art de graver et d’imprimer les tableaux), le sue amicizie nell’ambiente artistico locale e i suoi legami con le istituzioni reali, che con ogni probabilità gli valsero l’ammissione alla corporazione dei pittori di San Luca di Napoli; Gaultier fu quindi l’unico francese e uno dei pochi stranieri a godere di questo privilegio. Il suo stato di salute lo costringerà però a lasciare la città per trasferirsi, tra il 1755 e il 1760, a Roma e in un secondo momento a Parma, dove continuerà la sua brillante carriera presso la corte di quella città.

Jean-Antoine detto Ignace Vernet (Avignone 1716/26 – Napoli ? 1775) era il fratello minore del più noto Joseph Vernet. Arrivato a Roma insieme a Joseph vi risiedeva ancora nel 1750, dopo il matrimonio di quest’ultimo (come attesta il Livre de Raison), dedicandosi alla copia dei suoi quadri. Probabilmente Ignace si stabilì a Napoli a partire dall’inizio degli anni 50 (Joseph, d’altro canto tornò definitivamente in Francia nel 1753), e vi rimase sicuramente fino alla morte, avvenuta prima del 1780 (forse nel 1775), come riportato dal Journal de Paris del 24 aprile 1780341. È tuttora difficile

identificare le opere di Ignace poiché egli era solito firmarle «I. Vernet» o «J. Vernet», sicuramente con l’intenzione di farle passare per opere di Joseph e venderle a prezzo

340DE DOMINICI, Vite, cit., t. III, pp. 637-638 e 720.

341 Forse l’artista si sposò a Napoli ed ebbe dei figli, perché troviamo nel Livre de Raison di Joseph Vernet un riferimento al suo «neveu napolitain». Secondo Armand Dayot ne ebbe addirittura ventidue! Cfr. A. DAYOT, Les Vernet. Joseph, Carle, Horace, Paris, Armand Magnier, 1898, pp. 43-45, nota 1.

maggiore; per di più egli realizzò (probabilmente anche su richiesta di Joseph342) numerose copie di opere del fratello. Alcune sue opere ben documentate, alle quali si aggiungono diversi documenti d’archivio, ci permettono, tuttavia, di ricostruirne il percorso napoletano. Nel 1751, Ignace Vernet assistette ad un’eruzione del Vesuvio che ritrasse in un disegno molto preciso, inciso da Filippo Morghen e pubblicato l’anno successivo nel Racconto storico-filosofico del Vesuvio di G. M. Mecatti. Il suo nome compare nei registri del Banco di San Giacomo, per gli anni 1753-1754343; le somme

che vi figurano non sono cospicue (un prelievo di tre e un altro di sedici ducati), ma ci permettono di affermare che il pittore, in questo periodo, disponeva di maggiori risorse finanziare e che risiedeva vicino al Banco di San Giacomo, probabilmente in via Toledo, nel quartiere del Palazzo Reale, di Pizzofalcone o di Chiaia (questi due erano all’epoca i quartieri abitati dai francesi e dai pittori di paesaggio). Sempre nel 1754, in occasione di una nuova eruzione, l’artista realizzò un disegno (da cui trasse anche un quadro) per il segretario dell’ambasciata di Francia a Napoli Darthenay, che questi utilizzò per illustrare una sua relazione sull’avvenimento inviata al ministro degli Affari esteri344 (fig. 41); inoltre qualche anno dopo raffigurò l’interno del cratere del Vesuvio dopo l’eruzione dell’ 8 dicembre 1759 (fig. 42). Nel 1766, Vernet realizzò un disegno dell’eruzione del 22-23 dicembre per Monsieur de la Houze, incaricato d’affari dell’ambasciata (fig. 43), e un quadro con la stessa iconografia il cui destinatario ci è sconosciuto345. Oltre a ciò siamo a conoscenza di un quadro dell’artista, rappresentante l’eruzione del Vesuvio del 1766, appartenente alle collezioni dell’amateur e vulcanologo William Hamilton, ambasciatore d’Inghilterra nel regno di Napoli346 (si tratta, con ogni probabilità, della «Ditto [Veduta, View] of an Eruption of Mount Vesuvius in 1766» che Hamilton vendette all’asta presso Christie’s il 17 aprile 1801347).

A questo piccolo corpus di opere documentate si aggiungono tre Eruzioni del Vesuvio,

342 Come lascia suppore questo passo presente in un catalogo di vendita: «Un port de mer […]. Ce tableau et le précédente [une tempête] ont été faits pour M. l’évêque de Belay, qui les avoient demandés (sic) à Joseph Vernet ; mais ne voulant point se répéter, il en chargea son frère.]». Paris, Maître Jean Guy Thierry, 2 gennaio 1804. Sales Catalogs. Getty Provenante Index Databases.

343 Napoli, A.S.B.N., Banco di San Giacomo, pandetta del 1753, II semestre, f. 4846; pandetta del 1754, I semestre, f. 4266.

344 Paris, A.M.A.E., Correspondance politique, Naples, vol. LXIX, ff. 313-316. Il quadro è menzionato nei Sales Catalogs. The Getty Provenance Index Databases.

345 Paris, A.M.A.E., Correspondance politique, Naples, vol. LXXXI, ff. 228, 235 e 238. Il quadro, che apparteneva a Joseph Vernet, è menzionato nei Sales Catalogs. The Getty Provenance Index Databases, in una vendita organizzata il 20 aprile 1790 e i giorni successivi.

346 C. KNIGHT, Un po’ per diletto, un po’ per guadagnare. Sir William Hamilton e il mondo della committenza straniera a Napoli in All’ombra del Vesuvio, cit., p. 102.

347 Sales Catalogs. Getty Provenance Index Databases. Nella stessa vendita figurava una veduta del vulcano Stromboli dello stesso Ignace Vernet.

non datate348, cinque pannelli decorativi rappresentanti delle vedute del golfo di Napoli con le attività del porto (New York, American Artists Association, 30 gennaio – 1° febbraio 1924; fotografie alla Witt Library di Londra) e un’opera segnalata da Florence Ingersoll-Smouse: un Golfo di Napoli firmato e datato «Antoine-Ignace Vernet 1770», venduto il 18 febbraio 1914349. Le opere d’Ignace Vernet sono realizzate con cura e

precisione (soprattutto i rilievi topografici realizzati per la corrispondenza diplomatica (figg. 41, 42 e 43) e il resoconto scientifico di Mecatti), ma appaiono ingenue e rigide; le sue vedute rivelano le difficoltà dell’artista nella resa del movimento, nel collegamento dei piani o ancora nell’integrazione dei personaggi all’interno del paesaggio. In un periodo in cui la pittura di paesaggio diventava un genere alla moda e il fenomeno del Grand Tour era in piena espansione, un artista di talento mediocre come Ignace Vernet poté vivere della propria produzione (marine, chiari di luna e eruzioni del Vesuvio), ma non riuscì mai, data la limitatezza dei mezzi espressivi, ad imporsi del tutto sul mercato napoletano.

Louis Boily (Parigi 1735 – ? 1800 circa) - incisore su rame - dopo aver lavorato a Parigi alla realizzazione di libri illustrati, si trasferì a L’Aja dal 1764 al 1766 e successivamente a Napoli, dove la sua presenza è documentata dal 1766 al 1789, anno in cui divenne incisore del re. Secondo Stolper, Boily sarebbe stato un membro, a Napoli, della loggia francese «L’Amitié».350 L’artista partecipò a diverse pubblicazioni: gli Opuscoli di fisico di Francesco Serao (1760), i Bronzi di Ercolano (1767) - curati dalla Stamperia Reale - e la Relazione dell’ultima eruzione di Michele Torcia (1779), fornendo una o più tavole351. Realizzò anche I Giuocatori, un ritratto di Boccaccio da un

suo proprio disegno (Napoli, Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa) e forse delle Caricature (non abbiamo comunque la prova che queste ultime tre opere siano state eseguite a Napoli). Nel 1778 si propose come segretario, alla Reale Accademia delle

348 Sales Catalogs. Getty Provenance Index Databases. Paris, Maître Chariot, 10 novembre 1810. 349 F. INGERSOLL-SMOUSE, Joseph Vernet, peintre de marines. 1714-1789, Paris, 1926, vol. I, p. 33, nota 1.

350 Boily fu anche l’autore di una favola allegorica intitolata «Ercole e Giunone riconciliati» che alludeva alla pace fra lo Stato (Giunone) e la Massoneria (Ercole) stabilitasi grazie a Maria Carolina (Alcione). Cfr. E. STOLPER, La massoneria settecentesca nel Regno di Napoli, in «Rivista massonica», n. 67, 1976, pp. 140-141.

351 Il 24 settembre 1768 venne pagato 70 ducati per due lastre incise delle Antichità di Ercolano. Cfr. A.S.N., Casa Reale Antica , fasc. 1542, inc. 5, citato in PANNUTI, Incisori e disegnatori della Stamperia reale di Napoli, cit., p. 161.

Scienze e Belle Lettere, col compito di sbrigare la corrispondenza francese, in cambio dell’autorizzazione a pubblicare le sue opere:

L’incisore delle Antichità di Ercolano Luigi Boily progetta di stabilirsi nell’Accademia delle Scienze e Belle Lettere [con] l’impiego di segretario per la corrispondenza francese, e si offre [come] traduttore delle lettere e dissertazioni degli accademici, contentandosi di qualunque onorario. È conosciuto e protetto dall’ambasciatore di Francia [Clermont d’Amboise] e domanda il permesso di pubblicare alcune sue opere e traduzioni dall’italiano.352

L’anno successivo compose un’opera in versi sulla pittura, dedicata al Directeur des Bâtiments du Roi D’Angiviller, trasmessa a quest’ultimo da Vien, direttore dell’Accademia di Francia a Roma. Il manoscritto giudicato mediocre da D’Angiviller venne rispedito all’autore, scoraggiandolo del tutto nelle sue velleitarie aspettative di carriera poetica353. Boily incontrò senza dubbio delle difficoltà ad imporsi sul mercato

napoletano, poiché inviò una lettera disperata al Directeur des Bâtiments du Roi, nella quale lo supplicava di raccomandarlo ai viaggiatori che giungevano a Napoli, «afin qu’il les conduise en qualité de Cicéron»354.

L’artista entrò sicuramente in contatto con Volaire dato che incise la sua Eruzione del 8 agosto 1779 per l’abate Mecatti. L’episodio appena citato costituisce l’unico legame, sufficientemente documentato, esistente tra i diversi artisti francesi stabilitisi a Napoli; tuttavia appare estremamente probabile che anche Ignace Vernet e Volaire, così come gli altri specialisti del genere del paesaggio, si siano frequentati durante il loro soggiorno in città.

Il Cavalier Étienne Giraud (documentato tra il 1765 ed il 1776), noto come incisore, si dichiarava anche «aingenieur» e «architecte»; sebbene non si conoscano le sue realizzazioni edilizie, il suo interesse verso i monumenti napoletani o le opere di Piranesi, sembrano confermare quest’affermazione. Giraud, dopo aver lavorato in giovinezza presso la corte di Sassonia355, effettuava un Tour d’Italia, fermandosi a Napoli per sei anni, dal 1765 (dopo la carestia) al 1771. Le motivazioni precise della sua permanenza in Campania non sono note, ma Vladimirio Valerio ci informa che era

352 Napoli, A.S.N., Casa Reale Antica, fasc. 718 (18 novembre 1778), citato in F. STRAZZULLO, Le manifatture d’arte di Carlo di Borbone, Napoli, Liguori, 1979, pp. 283-284.

353 Correspondance des directeurs, cit., t.XIII, pp. 438 e 443.

354 RÉAU, Histoire de l’expansion de l’art français, cit., t. IV, p. 131. La lettera si trova negli Archives Nationales a Parigi. Réau non ne precisa, tuttavia, la collocazione.

355 Infatti la sua raccolta di vedute è firmata Étienne Giraud, « Aingénieur au Service de la Cour de Saxe ».

munito di buone credenziali e soprattutto «della raccomandazione del cardinale Bernardino Giraud, nunzio apostolico presso il re di Francia, ed in quegli anni a Roma come segretario economo della fabbrica di San Pietro», il che «gli apriva l’accesso ai migliori salotti», permettendogli di «essere ospite delle residenze più esclusive». Giulio Pane ipotizza che l’artista abbia anche potuto entrare in relazione con un certo «Jean Giraud, mercante di stoffe e di libri, in qualche modo in contatto con l’editore Gravier che fu anche lui, tra l’altro, mercante di tessuti e di chincaglierie» e che sia stato legato all’ambasciatore di Francia a Napoli, il visconte di Choiseul, che gli prestò due vedute della città per inciderle356. Vladimirio Valerio pensa che l’artista sia stato attirato a

Napoli anche dal nuovo stile architettonico che si andava affermando con Vanvitelli, Gioffredo e Fuga357. Dopo il 1771 Giraud tornò in Francia, il suo nome è menzionato

nella corrispondenza diplomatica del 1772 e del 1776, in seguito si perde ogni sua traccia. Le uniche informazioni di cui disponiamo su questo artista riguardano una raccolta di vedute (figg. 7 e 8), in parte ripubblicata da Cesare de Seta e oggetto di una recente monografia, e i documenti d’archivio del Ministère des Affaires Étrangères358. La sua raccolta costituisce un inventario delle antichità della zona flegrea e degli edifici della città, (sia di quelli famosi, come la chiesa del Gesù, che di quelli meno noti, come il Palazzo Marotti), in cui le costruzioni barocche sono svalutate per preferirgli quelle di gusto classico359. Giraud operò da solo o con «différents graveurs de sa majesté sicilienne» che lavoravano alle sue dipendenze e adottò, nelle sue acqueforti, uno stile pittoresco riproducendo le ricerche coloristiche dei pittori attraverso il chiaroscuro360. Si servì inoltre dei modelli realizzati dai pittori di paesaggio, delle loro inquadrature, o di alcuni dei loro «trucchi»: quali l’utilizzo di ampi cieli per costituire delle fonti di luce o

356 PANE in La Città di Napoli, cit., pp. 263-264. La sottolineatura è nostra.

357 V. VALERIO, Nel segno di Giraud. Amicizie e intrighi nella Napoli del diciottesimo secolo, Napoli, Voyage pittoresque, 2003, p. 20.

358 DE SETA, Napoli nel Settecento, cit.; VALERIO, Nel segno di Giraud, cit.; Paris, A.M.A.E., Correspondance politique, Naples, voll. XCIV e C. Vladimirio Valerio confessa di non avere trovato alcun documento riguardante l’artista negli archivi napoletani; le informazioni che abbiamo trovato negli Archives du Ministère des Affaires Étrangères (Correspondance politique, Naples, vol. XCIV, ff. 221, 243 e 285) a Parigi, ci hanno, invece, permesso di conoscere con più precisione la carriera napoletana di Giraud.

359 Le grand golfe de Naples / Par Giraud / ou / Recueil des plus beaux palais / de la ditte ville / MDCCLXXI. / Le dit ouvrage renferme les plus beaux Restes d’Antiquités qui existent sur la Coste de Poussole, Baja & Cuma / Le tout pittoresquement gravé à un seul trait à l’eau forte dans le goût du Celebre Piranesi et Le Grand Golfe de Naples / ou recueil des plus belles vues de ses Environs / et des meilleurs Palais de la Ditte Ville / ainsi que les antiquités les plus remarquables / qui existent sur la cotte de Poussole Baja et Cuma / et selles des deux Cicilles / Gravé par différents Graveurs de sa majesté cicilienne / au Dépen du Chevalier Giraud / Aingénieur au Service de la Cour de Saxe / Pendent son séjour à Naples.

la produzione di pendants. Quest’uso, anzi abuso, di modelli gli procurò dei problemi, poiché, al suo ritorno in Francia, chiese al ministro degli Affari esteri (richiesta trasmessa all’addetto d’affari Bérenger) la sua protezione «contre les obstacles qu’il