• Non ci sono risultati.

1.1 «Naples la riante» e la Campania felix: le motivazioni del viaggio o del soggiorno

1.2 I flussi turistici del Settecento

1.2.2 I periodi preferiti dell’anno

Il viaggio in Italia rappresentava, nella vita di un artista, un’esperienza unica e straordinaria; pochi pittori avranno l’opportunità di ripeterla. Per questa ragione il Tour d’Italia veniva preparato accuratamente consultando chi aveva già visitato il «Bel Paese» o studiando l’apodemica – cioè la letteratura sull’arte del viaggiare – per informarsi sul clima e le feste, così da individuare le stagioni migliori per visitare le varie località prescelte.

Dallo studio della carriera degli artisti presi in considerazione, abbiamo potuto determinare, per sedici di essi, le date precise del soggiorno a Napoli. Abbiamo ovviamente escluso da quest’analisi gli artisti residenti permanentemente in città, coloro che, come Tierce o Giraud, vi hanno vissuto per diversi anni, e coloro che vi si sono recati per motivi politici e quindi indipendenti della loro volontà (Girodet, Péquignot, Réattu e Taurel). Nel corso di questo studio, ci siamo trovati di fronte ad una difficoltà riscontrata anche da Paul Bédarida nel catalogo della mostra All’ombra del Vesuvio: la vicinanza tra Roma e Napoli incoraggiava gli artisti a spostarsi spesso da una città all’altra e ciò rende ardua la datazione precisa del loro soggiorno nella città partenopea167. Tuttavia risulta abbastanza chiaro da quest’indagine come il periodo privilegiato per recarsi in Campania fosse la primavera (in particolare i mesi di aprile e maggio); come seconda opzione veniva l’inverno con i mesi di dicembre e gennaio:

Comme le climat de Naples est encore plus chaud que celui de Rome, le temps de l’hyver me paroîtroit celui à choisir [per soggiornarvi].168

Ed infine l’autunno, molto meno preferito, con il mese di ottobre. Era completamente scartato il periodo estivo – ad eccezione del mese di agosto del 1779, durante il quale una forte eruzione del Vesuvio attirò nella capitale meridionale numerosi artisti e curiosi169:

167 P. BÉDARIDA, I ‘canti della sirena’ e l’immagine di Napoli nella pittura francese fino al 1830, in All’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all’Ottocento, catalogo della mostra (Napoli, Castel Sant’Elmo, 12 maggio – 29 luglio 1990), Napoli, Electa, p. 57.

168 Lettera di d’Angiviller à Vien del 14 settembre del 1779, in Correspondance des directeurs, cit., t. XIII, p. 467.

169 Soufflot e Dumont furono gli unici a trovarsi a Napoli in estate, da giugno ad agosto 1750, sicuramente per motivi logistici. Ricordiamo che Soufflot accompagnava il marchese di Vandières nel suo Tour d’Italia.

Je ne pourois guaire faire le voyage de Naple à stheure qu’après les chaleur et le movais air.170

Il clima era, in effetti, un fattore determinante nella scelta delle date del soggiorno. I viaggiatori francesi temevano il caldo torrido dell’estate, lo scirocco che appesantiva l’aria e affaticava i nervi, la foschia che cancellava i paesaggi o ne turbava i contorni. Erano inoltre preoccupati a causa delle epidemie e delle infezioni che si propagavano con il caldo estivo. Esitavano, ad esempio, ad attraversare le paludi pontine per recarsi a Napoli, poiché:

l’air sans mouvement, y croupit dans les grandes chaleurs comme l’eau dans les marais, et produit l’intempérie, qui véritablement tue les habitants.171

Evitavano Salerno e la sua aria insalubre e mefitica, il suo disordine e la sua sporcizia, o ancora attraversavano malvolentieri la pianura di Paestum che si diceva infestata dalla malaria:

On fait des descriptions si étranges, et on prend des idées si monstrueuses d’après ce qu’on lit, et ce qu’on entend raconter, que je croyois trouver Pestum dans un désert marécageux, ses temples perdus ou enfouis dans les joncs ou les broussailles, son air infect et exhalé de la fange…172

Neanche l’autunno era ritenuto una stagione propizia per viaggiare: con i suoi violenti temporali e le prime piogge, le strade diventavano malagevoli e fangose e le piste, che risentivano dell’andamento stagionale, erano talvolta un susseguirsi di buche e di pozze d’acqua, quando non addirittura allagate. Diventava quindi rischioso attraversare fiumi e torrenti in piena o percorrere ponticelli sospesi su corsi d’acqua vorticosi a causa dei diluvi autunnali.

Per tutti questi motivi, le stagioni preferite per recarsi a Napoli erano innanzitutto la primavera, che offriva delle giornate belle, limpide e calde, favoriva gli spostamenti in tutto il Regno e consentiva di disegnare en plein-air. O, in alternativa, l’inverno, poco freddo in queste regioni meridionali (con l’eventuale possibilità di godere di qualche bella giornata di sole), che permetteva al viaggiatore di approfittare completamente del suo soggiorno in Campania. In questa regione, durante i mesi di dicembre e gennaio, la

170 Lettera di Natoire a Vandières del 26 luglio 1752, in Correspondance des directeurs, cit., t. X, p. 401.

171 DE BROSSES, Lettres familières, t. I, p. 301.

172 D.-V. DENON, in H. SWINBURNE, Voyage de Henri Swinburne dans les deux Siciles, en 1777, 1778, 1779 et 1780, traduit de l’anglois par un voyageur françois, Paris, Didot l’aîné, 1785-1786, t. IV, pp. 352-353.

neve s’incontrava solo sulla cima del Vesuvio e la pioggia era molto più rara che nei mesi precedenti.

A parte il clima, a definire il calendario del Tour erano le feste locali; infatti, come ricorda Petra Lamers, «ogni piccola città italiana [aveva] le sue feste e manifestazioni, le più famose delle quali [erano] all’epoca il Calcio in piazza di Santa Croce a Firenze, il Gioco del Ponte a Pisa, il Palio a Siena, la Cuccagna a Napoli, le corse di cavalli a Firenze, Bologna e Roma, e la battaglia tra Castellani e Nicolotti a Venezia»173. A

questo già cospicuo elenco si devono sicuramente aggiungere le feste legate al calendario liturgico o ai santi: il Carnevale e la festa del Redentore a Venezia, la Settimana Santa, Natale e la festa di San Pietro e Paolo a Roma, quella di San Gennaro a Napoli o di Santa Rosalia a Palermo, ecc.; il numero e la varietà di queste feste rendevano ancora più difficile l’organizzazione del viaggio.

Spesso i turisti giungevano a Napoli dopo Pasqua e avevano così l’opportunità di assistere al miracolo di San Gennaro che, nel Settecento, si ripeteva due volte l’anno (precisamente nei mesi di maggio e settembre). In queste occasioni i preziosi busti reliquari del Tesoro della cappella di San Gennaro erano portati in processione e il vescovo celebrava una messa in onore del santo patrono e lo implorava, con i fedeli riuniti nel Duomo, di eseguire il miracolo e liquefare il sangue:

Une des raisons qui m’avoit le plus déterminé à faire un second voiage à Naples étoit la curiosité que j’avois de me trouver à la fameuse procession de Saint Janvier et au miracle singulier qui s’opère toutes les fois que l’on présente le chef de ce Saint et son sang en face l’un de l’autre.174

Nessun viaggiatore francese, che si trovasse a Napoli nei mesi del miracolo, mancava di assistere alla cerimonia e di riportare l’episodio nel suo diario. Alcuni, come Montesquieu, avanzavano delle congetture sul processo termo-chimico che permetteva la liquefazione della sostanza; altri, la maggioranza, assumevano un atteggiamento maggiormente critico e si mostravano scandalizzati dell’idolatria e della superstizione dei napoletani:

Le jour de la liquéfaction du sang de saint Janvier, si le miracle qu’ils exigent un peu grossièrement est lent à s’exécuter, les Napolitains invectivent leur patron. Mais où il faut les suivre, c’est sur le pont de la Magdeleine, lorsqu’ils ont obtenu le

173 P. LAMERS, Feste e folklore, in Grand Tour. Il fascino dell’Italia nel XVIII secolo, catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 5 febbraio – 7 aprile 1997), a cura di A. WILTON e I. BIGNAMINI, Milano, Skira, 1997, p. 195.

transport de la châsse pour que l’éruption du Vésuve cesse. S’ils n’aperçoivent pas un effet sensible de l’intercession du saint, les faccia di ca…, faccia bruta, pleuvent sur lui de toutes parts. On le rapporte, n’ayant gagné que des injures à avoir succédé à saint Gaétan, tombé parmi le peuple dans le discrédit qui attend saint Janvier, dès qu’il sera mis à une épreuve sérieuse.175

L’episodio incuriosì anche gli artisti: Desprez ad esempio ne ha eseguito due teatrali rappresentazioni di cui una incisa nel Voyage pittoresque. Nell’acquerello molto rifinito del Städelsches Kunstinstitut di Francoforte, l’artista, traendo profitto dell’imponente e fastosa decorazione del Duomo, realizza una suggestiva messa in scena barocca. Il protagonista dell’opera non è, come si potrebbe immaginare, il vescovo con l’ampolla miracolosa, ma il lussuoso apparato liturgico e (soprattutto) la folla dei fedeli che, come in trance, è in attesa di un segno del santo.

Dopo il miracolo di San Gennaro, l’evento più importante nella vita della città era la festa della Madonna di Piedigrotta, il 7 settembre. A poca distanza della grotta di Posillipo dove nell’Antichità si eseguivano riti orgiastici in onore di Priapo, si ergeva dall’epoca angioina (1207) una chiesa dedicata alla Vergine chiamata «Madonna di Piedigrotta». In occasione di questa festa popolare incentrata sui riti di fecondità, sfilavano dei carri sormontati da donne o da uomini, addobbati con foglie di fico, pampini d’uva e lumini, e s’intonavano i canti tradizionali della festa. In epoca borbonica, in seguito alla vittoria di Carlo III a Velletri, la manifestazione diventò la festa nazionale ed acquistò ancora maggior importanza. Alle manifestazioni di allegria popolare della notte del 7 seguivano, nella giornata dell’8, la parata militare detta «cavalcata» e le sfilate di carrozze sul lungomare. Chi visitava Napoli non mancava assolutamente di assistere a questa antica festa popolare e di ammirare il gran lusso ostentato dai sovrani in questa occasione.

Altra importante festa era quella dei «Quattro Altari», che si teneva al Largo del Castello all’inizio di giugno, più precisamente il giovedì che chiudeva l’ottava del Corpus Domini. La cerimonia è descritta dettagliatamente da François-Michel de Rotrou, in un intero capitolo del suo diario:

Le jeudi neuf juin, jour de la petite Fête Dieu, un spectacle pieux nous a occupés toute la soirée. C’était la procession des quatre autels qui se fait dans la place vis-à- vis le château Neuf et dans les rues adjacentes. Cette place était couverte de

175 Extrait d’une lettre sur le caractère du peuple napolitain, pubblicata in « L’Observateur politique, littéraire et commercial », vol. II, 21, pluviose an VII / 9 février 1799, citata da ANNA MARIA RAO, Esuli. L’emigrazione politica italiana in Francia (1792-1802), Napoli, Guida, 1992, p. 142.

carrosses et de peuple. Six détachements de grenadiers étaient rangés en bataille sur le passage du Saint Sacrement.

Voici l’ordre de cette procession : 1- Un détachement de troupes.

2- Orphelins coiffés en anges bouffis avec perruques blondes claires.

3- Bannière du Saint-Sacrement porté par le chef de la Confrérie, l’un des Grands Seigneurs du Royaume et environné d’autres confrères chevaliers de saint Janvier.

4- Quatre ministres et conseillers d’État portant robe de soie noire sur veste noire avec un rabat dur d’une seule pièce et relevé, tenant en main, horizontalement, de gros flambeaux de cire dont les polissons ont grand soin de ramasser les gouttes dans du papier.

5- Quantité d’officiers aussi, confrères du Saint Sacrement et portant flambeaux de la même façon.

6- Moines, clergé et gens calotins. Le Saint Sacrement est porté par un des curés de la ville.

Nous avons vu les quatre autels ou reposoirs où cette procession s’arrête. Ils sont tous d’architecture différente et décorés avec une magnificence dont les nôtres du Luxembourg, de l’hôtel de Toulouse et du Palais Royal n’approchent pas.

La nombreuse populace, les carrosses, les fenêtres garnies de spectateurs et ornées de tapis, les toits des maisons couverts de monde et les troupes sous les armes formaient ensemble un coup d’œil des plus agréable. Le bruit du canon bien servi sur le château Neuf et auquel répondait l’artillerie des autres châteaux, celui des bombes de carton à brillants lancés en l’air, celui des pétards courant sur une espèce de treillage arrangé au haut des tours et remparts du Château Neuf et tapageant sans discontinuer, faisaient aussi un effet des plus surprenants.176

Rotrou, nel suo racconto, rende in maniera efficace l’allegria dei napoletani, il loro senso della festa ed il loro gusto per le fastose decorazioni effimere, i chiassosi petardi e fuochi d’artificio, da cui è particolarmente colpito (come tutti i viaggiatori francesi). Tuttavia, Rotrou non riesce a cogliere la specificità di un avvenimento quale la processione ai quattro altari, manifestazione di devozione all’Eucaristia. I quattro grandi altari installati in occasione della festa sulla piazza simboleggiavano, infatti, le quattro parti del mondo, i quattro continenti conosciuti e l’Universalità dell’Eucaristia: da Oriente a Occidente, durante tutto l’arco delle ventiquattro ore, senza interruzione, si celebrava la Santa Messa. Rotrou, uomo dei Lumi, si mostra insensibile verso il profondo significato religioso della festa e la sua simbologia, o semplicemente ne è all’oscuro; egli, come tanti turisti e artisti, percepisce la festa solo come una

manifestazione della vitalità dei napoletani e una testimonianza, tra le tante, dei loro usi e costumi. In realtà per i viaggiatori del Settecento, per i seguaci di Montesquieu, così come per i pittori in cerca di motivi inediti ed esotici, il Grand Tour rappresentava soprattutto un’opportunità per entrare in contatto con culture straniere e sconosciute. Le feste locali e le manifestazioni religiose costituivano quindi, per il forestiero, un’opportunità unica e indispensabile per comprendere il carattere di un popolo.

Ma la festa che probabilmente colpiva maggiormente i turisti e fece addirittura inorridire il marchese de Sade, era il Carnevale e in particolare la Cuccagna. Come in altre località italiane, il Carnevale napoletano consisteva in maestose feste e grandi pranzi organizzati dai nobili, e in sfilate di maschere popolari e cavalcate attraverso le strade e le piazze della città. Ma a partire dal XVII secolo Napoli si distinse per l’organizzazione del Gioco della Cuccagna, che apriva o concludeva le celebrazioni del Carnevale. La Cuccagna era una costruzione a vari piani (con uno sfondo di colline e di giardini che simboleggiavano il paese delle delizie) ove si trovava accumulato ogni ben di Dio: montagne di cibo (talvolta animali inchiodati vivi!), con botti e fontane da cui zampillava il vino; al segnale dato dal sovrano dall’alto del suo balcone, si scatenava, ai piedi del Palazzo Reale, l’assalto del popolo. Questo episodio, testimonianza della violenza e della miseria dei lazzaroni e del popolo, è stato raffigurato da Desprez nella Veduta del saccheggio della cuccagna nella piazza chiamata Largo del Castello (oggi persa ma nota dall’incisione di Duplessi-Bertaux e Nicolet per Saint-Non) ed è riportato dal marchese de Sade nel capitolo «Mœurs et coutumes de Naples» del suo Voyage d’Italie:

À ce signal, la chaîne s’ouvre, le peuple accourt, et dans un clin d’œil tout est enlevé, arraché, pillé, avec une frénésie qu’il est impossible de se représenter. Cette effrayante scène […] finit quelquefois tragiquement. Deux concurrents sur une oie ou sur une pièce de bœuf ne se souffrent pas impunément. Il faut que la vie de l’un ou de l’autre en décide […]. Deux hommes s’attaquèrent pour une moitié de vache […] À l’instant le couteau est à la main. […] Un d’eux tombe et nage dans son sang. Mais le vainqueur ne jouit pas longtemps de sa victoire. Les échelons sur lesquels il grimpe pour en aller dérober le fruit manquent sous ses pieds. Couvert de la moitié de la vache, il tombe lui-même sur le cadavre de son rival. Viande, blessés, morts, tout ne fait plus qu’un. On ne voit qu’une masse, lorsque de nouveaux concurrents, profitant à l’instant de la disgrâce des deux vaincus, démêlent le monceau de viande des cadavres sous lesquels il est englouti, et l’emportent en triomphe tout dégouttant encore du sang de leurs rivaux.

Le nombre des assaillants est ordinairement de quatre ou cinq mille lazzaroni […]. Huit minutes suffisent à la destruction totale de l’édifice ; et sept ou huit morts et

une vingtaine de blessés, qui souvent en meurent après, est ordinairement le nombre des héros que la victoire laisse sur le champ de bataille.

Che si conclude con un tono moralizzante (alquanto bizzarro nelle opere del marchese): S’il est permis de juger une nation par ses goûts, sur ses fêtes, sur ses amusements, quelle opinion doit-on avoir d’un peuple auquel il faut de telles infamies ?177

Oltre alle importanti feste riportate in precedenza, poteva anche capitare al viaggiatore di assistere, durante il suo soggiorno in Campania, ad alcune processioni (Desprez, Processione della Madonna nella chiesa di San Filippo Neri a Napoli, Paris, coll. Didier Aaron) o alle feste contadine. Queste, a meno che non fossero già state programmate nel calendario del Tour, costituivano per il forestiero degli avvenimenti piacevoli ed inaspettati, che lo inducevano talvolta a prolungare la sua sosta nella località dove si svolgevano. Un esempio in tal senso ci è fornito dal diario di Charles Townley: il nobiluomo inglese e i suoi accompagnatori, l’architetto Brenna e il pittore Volaire, durante la loro visita di studio a Paestum (nel marzo del 1768), decisero di sostare per pranzare in un paesino vicino dove si svolgeva una festa contadina. Mentre Townley si attardava a descrivere nel diario la merce esposta sulle bancarelle (i vestiti semplici, i maccheroni, le verdure e il pesce sotto sale), Volaire disegnava gli uomini che ballavano accompagnandosi con un flautino e col canto178. Purtroppo i disegni

dell’artista sono andati perduti, ma sappiamo della loro esistenza essendo stati menzionati negli appunti di Townley. Un quadro dello stesso artista, conservato in una collezione privata napoletana, testimonia di un’altra festa popolare napoletana: quella delle villanelle a Vico Equense. Non conosciamo le circostanze della realizzazione dell’opera ma possiamo ipotizzare che sia stata eseguita da Volaire su richiesta del viaggiatore che accompagnava, probabilmente sedotto dall’atmosfera bucolica del paese e dalla scena affascinante dalle contadinelle che ballavano in riva al fiume.

Non erano soltanto le feste locali e le condizioni climatiche a determinare la data del soggiorno in Campania, ma anche l’organizzazione generale del Tour italiano. La necessità, ad esempio, di non viaggiare via mare durante la cattiva stagione, oppure di non attraversare le Alpi o l’Abruzzo durante il periodo invernale, ponevano delle importanti restrizioni nella scelta del periodo di soggiorno. Un’analisi accurata eseguita

177 DE SADE, Voyage d’Italie, cit., vol. I, p. 178.

da Attilio Brilli ha permesso di determinare con precisione il «calendario rituale» del viaggio nella penisola e le sue varianti179. Ne Il viaggio in Italia, l’autore spiega che i turisti trascorrevano in Italia generalmente circa dieci mesi, attraversando la catena alpina ai primi di settembre per riattraversarla nell’estate successiva. Settembre e ottobre erano utilizzati per il viaggio con alcune brevi soste a Genova, Lucca, Firenze e Siena. Da novembre fino al Carnevale o alla Settimana Santa, i forestieri visitavano Roma, la campagna laziale, i castelli romani, Napoli e il suo regno. Alla fine dell’inverno e durante la primavera i viaggiatori risalivano la costa adriatica e soggiornavano a Venezia. Tra la fine della primavera e la fine dell’estate si recavano nelle città padane e lombarde. Una possibile alternativa era quella suggerita da Misson, cioè di «disporre il viaggio in modo da trovarsi per gli ultimi giorni di Carnevale a Venezia, per la Settimana Santa a Roma e per l’ottava del Sacramento a Bologna», e, se non si fosse riusciti a partecipare al Carnevale di Venezia, di non mancare «di assistere alla festa dell’Ascensione»180.

I nostri artisti francesi rispettavano generalmente il rituale del Tour: li troviamo così a Napoli in inverno - dove la stagione fredda era meno rigida e più facilmente sopportabile che altrove - o in primavera - subito dopo le feste di Pasqua trascorse a Roma.

Condizioni climatiche, feste locali e organizzazione interna del viaggio in Italia sono quindi tre fattori importanti nel determinare i flussi turistici del Settecento. Ma al di là di questi motivi, ricorrenti e ciclici, si possono osservare, tra il 1737 ed il 1799, alcuni picchi di affluenza legati a particolari fenomeni naturali, culturali e storico-politici.