CAPITOLO 3 MUSEO, AZIENDA PUBBLICA
3.5 Il museo nella legislazione italiana
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La prima normativa a tutela dei beni culturali emanata nel periodo post-unitario, che supera il richiamo alla regolamentazione preunitaria dell’Editto Pacca del 1820 sul mercato dell’arte, è la n. 185 del 1902 sostituita con la disciplina più organica contenuta nella legge n. 364/1909 detta “legge Rosadi”, tuttavia in entrambe non è riportato il termine “Museo”.
Nel 1939 vengono emanate due leggi di particolare rilievo: la n. 1089 a tutela dei beni di interesse storico e artistico e la n. 1497 a protezione delle bellezze naturali, entrambe rimaste in vigore fino al 199942.
In questo periodo ci si riferisce al museo quale luogo in cui sono conservati e custoditi i beni culturali e non come istituzione. Nel 1948, la Costituzione inserisce tra i principi all’art. 9 la tutela del patrimonio storico artistico e all’art. 117 attribuisce alla competenza legislativa delle regioni la disciplina riguardante “i musei e le biblioteche degli enti locali”. Più tardi con la legge 1080 del 1960 viene elaborata la figura di museo non statale, mentre nel 1975 la legge n. 5 istituisce il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali con il compito di gestire il patrimonio culturale e ambientale a livello nazionale attraverso la previsione di Direzioni Generali, Direzioni Regionali e Soprintendenze. Un importante passaggio è dovuto alla Commissione Franceschini che verso la metà degli anni sessanta svolge un’indagine sul patrimonio culturale italiano tra cui vi è l’autonomia dei musei ai quali restituisce il carattere istituzionale e la funzione di pubblico servizio. Si elabora la definizione di “patrimonio culturale” attualmente mutato in patrimonio condiviso. La Commissione anticipa alcuni caratteri che solo più tardi vengono elaborati; essa propone di attribuire alla direzione dei maggiori musei statali italiani la qualità di uffici autonomi rispetto alle Soprintendenze, con riguardo ai servizi essenziali ed al personale specializzato, lasciando alle stesse l’amministrazione di musei minori (Dichiarazione LXXIII- Musei).
L’autonomia dei musei raggiunge un ulteriore sviluppo negli anni novanta attraverso l’emanazione di alcune leggi tra le quali la n. 142/1990 sull’ “Ordinamento delle autonomie locali” che all’articolo 22 introduce nuove forme di gestione dei servizi pubblici locali, nell’ambito della competenza di comuni e province, “che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo
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Il d.lgs 29 ottobre 1999 n. 490 all’articolo 166 abroga una serie di disposizioni normative tra cui la legge 1 giugno 1939, n. 1089 e la legge 29 giugno 1939, n. 1497.
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sviluppo economico e civile delle comunità locali”, tra i quali i musei, e la legge n. 4 del 1993 detta “legge Ronchey” sul funzionamento dei musei statali, biblioteche e archivi di stato. Quest’ultima prevede i servizi aggiuntivi la cui gestione può essere affidata in concessione quadriennale con possibilità di un solo rinnovo, dal soprintendente o dal capo d'istituto competente, previa licitazione privata, a soggetti privati e ad enti pubblici economici, anche costituiti in società o cooperative e riguarda il servizio editoriale e di vendita di riproduzioni di beni culturali, cataloghi e materiale informativo in generale, beni librari e archivistici a mezzo di riproduzioni ovvero di prestito bibliotecario, oltre che servizi di caffetteria, ristorazione, guardaroba e vendita di altri beni correlati all’informazione museale (art. 4).
Nel 1998 si aggiunge il d.lgs. n. 112 che all’articolo 150 introduce un nuovo concetto di gestione dei beni museali, autonomo rispetto alla gestione e valorizzazione. Nello stesso anno il d.lgs. n. 368, che riordina il Ministero con la nuova denominazione di Ministero per i Beni e le Attività Culturali, attribuisce ai musei i cui beni siano dotati di particolare valore archeologico, storico, artistico o architettonico, la possibilità di ottenere una autonomia gestionale differenziata (art. 8).
Il d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, riordina la disciplina dei beni culturali ed all’articolo 99 riporta la definizione di museo come “struttura comunque denominata organizzata per la conservazione, la valorizzazione e la fruizione pubblica di raccolte di beni culturali”. La norma abroga una serie di disposizioni legislative assorbendone quanto di positivo per la creazione di una legislazione unitaria in materia di beni culturali.
Ulteriore fase evolutiva si ha con l’emanazione del D.M. 10 maggio 2001, in applicazione dell’articolo 150 comma 6 del d.lgs. n. 112 del 1998, recante l’atto di indirizzo sui criteri tecnico scientifici sugli standard minimi di funzionamento e sviluppo dei musei.
Di seguito all’articolo 10 della legge n. 137 del 2002 il Parlamento delega il Governo a predisporre un nuovo codice che disciplini l’intera materia dei beni culturali. L’idea si realizza con l’emanazione del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, “Codice dei beni culturali e del paesaggio”. Il nuovo corpo normativo all’art. 101, nell’inserire i musei al primo posto tra gli istituti e i luoghi di cultura ne ridisegna la definizione in “una struttura permanente che acquisisce, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio”. Il Codice elabora la distinzione tra tutela e
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valorizzazione dei beni culturali intendendo per tutela del patrimonio culturale l’attività che consiste “nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione”, da attuarsi anche mediante l’emanazione di “provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale” (art. 3) ovvero attraverso la cooperazione delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali con il Ministero (art.5). La norma riconosce come valorizzazione dei beni culturali l’attività che “consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale” e può attuarsi anche mediante “la partecipazione di soggetti privati, singoli o associati” (art. 6), costituzionalmente prevista. Infatti, a seguito delle modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione introdotte dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, il nuovo testo dell’articolo 117 della costituzione attribuisce alla legislazione concorrente la valorizzazione dei beni culturali e ambientali nonché la promozione e organizzazione di attività culturali. L’art. 111 del Codice disciplina le attività dirette alla detta valorizzazione consistenti nella “costituzione ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti, ovvero nella messa a disposizione di competenze tecniche o risorse finanziarie o strumentali, finalizzate all’esercizio delle funzioni ed al perseguimento delle finalità” ad iniziativa pubblica o privata. La richiamata modifica del Titolo V della Costituzione conferma l’attribuzione allo Stato in materia di tutela dei beni culturali, mentre demanda alle regioni ed agli altri enti locali la loro valorizzazione.
3.6 La gestione in forma autonoma: natura e assetti istituzionali della