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La notizia dell’esilio di Silvestro sul monte Soratte si desume dal

Premessa al testo

19 La notizia dell’esilio di Silvestro sul monte Soratte si desume dal

Liber Pontificalis:

[…] Fuit autem temporibus Constantini et Volusiani […]. Hic exilio fuit in monte Seracten et postmodum rediens cum gloria baptizavit Constantinum Augustum, quem curavit Dominus a lepra, cuius persecutionem primo fugiens exilio fuisse cognoscitur (LP XXXIV 1-2).

L’indeterminatezza cronologica della fonte si riflette nel vago riferimento del Vegio ai gentiles imperatores dai quali il vescovo di Roma latitabat. Naturalmente la notizia – con un ben più prolisso svolgimento – era accessibile per il tramite degli Actus Silvestri. È da sottolineare che la data di consacrazione da parte del papa della basilica Vaticana e pariter della basilica di S. Paolo fuori le Mura nel giorno 18 novembre (XIIII Kal. Decembris I 19, 6) non è tramandata da alcuna fonte38. La tradizione

liturgica romana, tuttavia, celebra tutt’oggi in quella data la dedicatio basilicarum SS. Petri et Pauli e se è vero che «la liturgia della chiesa va considerata come un momento della storia salvifica […] continuazione

37 Il corsivo è mio.

38 Il Krautheimer, seguito recentemente da Antonio Pinelli, proponeva per

l’inaugurazione ufficiale della basilica la data del 18 novembre 333: PINELLI, L’antica

LIBRO I

del tempo biblico o storico-salvifico in cui si svolsero gli eventi della salvezza» non bisogna sorprendersi se il Vegio accettasse senza alcuna riserva tale cronologia senza provare a collocare l’evento in un anno ben determinato39.

21 7-11 Nam ubi…omiserunt] Il circo di Gaio e Nerone fu costruito da

Caligola nell’Ager vaticanus, zona suburbana dell’Urbe che ospitò dalla prima età imperiale i celebri horti di Agrippina. Nel II sec. d.C. cadde in disuso e la sua area fu interessata dall’edificazione di sepolcri monumentali, per poi essere scelta quale sito per accogliere le fondamenta della basilica costantiniana. Durante il Medioevo se ne perse il ricordo nonostante persistesse nell’area della sua ubicazione originaria l’obelisco che ne ornava la spina: sito a ridosso della parete meridionale della basilica, esso fu spostato nel 1586 da Domenico Fontana nella piazza ad essa prospiciente40. Le fonti che consentono di recuperare la memoria del Circo in età classica sono:

Plin. Nat. Hist. XVI 201

fuit memoria nostra et in porticibus saeptorum a M. Agrippa relicta aeque miraculi causa, quae diribitorio superfuerat, XX pedibus brevior, sesquipedali crassitudine. abies admirationis praecipuae visa est in nave, quae ex Aegypto Gai principis iussu obeliscum in Vaticano circo statutum quattuorque truncos lapidis eiusdem ad sustinendum eum

39 Per la calendarizzazione liturgica della dedicatio si veda il riscontro in Ordo Missae

celebrandae et divini officii persolvendi secundum calendarium romanum generale pro anno liturgico 1998-1999, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1998; la citazione tra caporali è tratta da M. AUGÉ et al., L'anno liturgico: storia, teologia e celebrazione, Genova, Marietti, 1988, p. 11. Si tenga presente che ai tempi del Vegio, l’accesso privilegiato al Calendario liturgico avveniva tramite Martirologi che spesso offrivano, oltre al calendario tradizionale, brevi biografie dei Santi, non scevri di elementi più che agiografici, leggendari: ibid., pp. 61-62.

40 La bibliografia sul Circo di Gaio e Nerone è sterminata, né mi pare questo il luogo

per un excursus complessivo. Oltre ai contributi fondamentali di F. CASTAGNOLI, Il Circo di Nerone in Vaticano, «Atti della pontificia Accademia Romana di Archeologia. Rendiconti », 32 (1959-1960), pp. 97-12 e di F. MAGI, Il Circo vaticano in base alle più recenti scoperte. Il suo obelisco e i suoi Carceres, «Atti della pontificia Accademia cit.», 45 (1972-73) sono almeno da segnalare LUGLI, Itinerario, pp. 589-96, che illustra in modo succinto ma preciso lo stato

dell’Ager Vaticanus in età classica e tardoantica, e certamente BIANCHI,Ad limina, pp. 25- 30, che fa fruttare le ricerche finora prodotte nella chiave, per noi fondamentale, degli studi su S. Pietro. Sintetica è esaustiva è la voce Circus Gai et Neronis, in TDAR, pp. 113- 114 da integrare con la voce particolareggiata di P. LIVERANI, Gai et Neronis Circus, in LTURSub, III, pp. 11-2 che tuttavia inverte, certo per un errore di redazione, i riferimenti ai due luoghi di Plinio. Le vicende dello spostamento dell’Obelisco Vaticano sono tramandate dal suo stesso sovrintendente: D. FONTANA, Della trasportazione

COMMENTO

adduxit. qua nave nihil admirabilius visum in mari certum est. CXX modium lentis pro

saburra ei fuere.

Plin. Nat. Hist. XXXVI 74

Tertius est Romae in Vaticano Gai et Neronis principum circo — ex omnibus unus omnino fractus est in molitione —, quem fecerat Sesosidis filius Nencoreus. eiusdem remanet et alius centum cubitorum, quem post caecitatem visu reddito ex oraculo Soli sacravit.

Tac. Ann. XIV 14, 1-2

Vetus illi cupido erat curriculo quadrigarum insistere, nec minus foedum studium cithara ludicrum in modum canere. […] clausumque valle Vaticana spatium, in quo equos regeret, haud promisco spectaculo. mox ultro vocari populus Romanus laudibusque extollere, ut est vulgus cupiens voluptatum et, se eodem princeps trahat, laetum.

Tac. Ann. XV 44

Sed non ope humana, non largitionibus principis aut deum placamentis decedebat infamia, quin iussum incendium crederetur. ergo abolendo rumori Nero subdidit reos et quaesitissimis poenis adfecit, quos per flagitia invisos vulgus Chrestianos appellabat. auctor nominis eius Christus Tibero imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat; repressaque in praesens exitiablilis superstitio rursum erumpebat, non modo per Iudaeam, originem eius mali, sed per urbem etiam, quo cuncta undique atrocia aut pudenda confluunt celebranturque. igitur primum correpti qui fatebantur, deinde indicio eorum multitudo ingens haud proinde in crimine incendii quam odio humani generis convicti sunt. et pereuntibus addita ludibria, ut ferarum tergis contecti laniatu canum interirent aut crucibus adfixi [aut flammandi atque], ubi defecisset dies, in usu[m] nocturni luminis urerentur. hortos suos ei spectaculo Nero obtulerat, et circense ludicrum edebat, habitu aurigae permixtus plebi vel curriculo insistens. unde quamquam adversus sontes et novissima exempla meritos miseratio oriebatur, tamquam non utilitate publica, sed in saevitiam unius absumerentur.

Suet. Claud. 21,6

Circenses frequenter etiam in Vaticano commisit, nonnumquam interiecta per quinos missus venatione.

Suet. Nero. 22,2.

Mox et ipse aurigare atque etiam spectari saepius voluit positoque in hortis inter servitia et sordidam plebem rudimento universorum se oculis in Circo Maximo praebuit, aliquo liberto mittente mappam unde magistratus solent.

Hist. Aug. Heliog. 23,1

Fertur in euripis vino ploenis navales circenses exhibuisse, pallia de oenanthio fudisse et elefantorum quattuor quadrigas in Vaticano agitasse dirutis sepulchris, quae obsistebant, iunxisse etiam camelos quaternos ad currus in circo privato spectaculo.

LIBRO I

Tali fonti sono state più volte elencate da quanti, anche in tempi recenti, si sono occupati del Circo di Gaio e Nerone e dell’obelisco vaticano41, ed è importante sottolineare come esse fossero tutte note al Vegio, che ne fa – primo nella storia degli studi archeologici in materia – una rassegna completa, citandole esplicitamente in vari luoghi del De rebus antiquis memorabilibus. La lettura di Plinio (specialmente di Nat. Hist.

XIV 201) rassicura il lodigiano sul legame tra l’obelisco vaticano e il Circo, così da consentirgli di collocare quest’ultimo nell’area ubi nunc basilica Sancti Petri est; inoltre tale risoluzione era confortata dalla presenza di reliquiae che adhuc…magna ex parte exstant. Come dimostra la riflessione coeva di Biondo Flavio, tale ipotesi non era accettata unanimemente42: Clausum itaque in valle Vaticana spatium illud, non dubitamus esse cuius nunc multis in partibus demoliti muri et sedilium denudati fornices per vineas quae moli Hadriani subiacent cernuntur. Quamquam Plinius semper ubi de obelisco qui est in Vaticano mentionem facit, illum designat in Cai et Neronis circo positum fuisse (Blond. Roma

Inst. I 46).

Il forlivese rileva la presenza di resti archeologici riconducibili a una struttura circense (muri…sedilia…fornices) in prossimità di Castel S. Angelo (Moles Hadriani), ipotizzando in quel luogo l’esatta ubicazione del circo neroniano. Tuttavia egli non può esimersi dal segnalare l’incoerenza di tale localizzazione con la fonte autorevole di Plinio che lega inequivocabilmente il Circo all’obelisco vaticano, allora a ridosso del lato meridionale della basilica e dunque per nulla contiguo alla Mole adriana. Se per Biondo il dato materiale è da anteporsi, almeno in questo caso, al dato storico - letterario, per il Vegio, al contrario, la testimonianza

41 Ad esempio in M. CAGIANO DE AZEVEDO, L’origine della Necropoli Vaticana secondo

Tacito, «Aevum», 29 (1955), p. 576; in MAGI, Il Circo cit., pp. 68-69 e, più di recente, in LIVERANI, Gai cit., p. 11 che ricorda come il passo dell’Historia Augusta (Heliog. 23,1) vada in realtà riferito, secondo indagini archeologiche del secolo scorso, al Circo Massimo piuttosto che al Circo Vaticano.

42 Adotto per il I libro della Roma Instaurata la recente edizione critica (purtroppo non

integrale) FLAVIO BIONDO, Rome Restaurée (Roma Instaurata). Livre I (Liber I),édition, traduction, présentation et notes par A. RAFFARIN-DUPUIS, Paris, Les Belles Lettres,

2005 (Les Classiques de l’Humanisme). In attesa di un’edizione complessiva dell’opera (si attendono il completamento del lavoro della Raffarin-Dupuis nonché l’edizione di Marc Laureys nell’ambito dell’Edizione Nazionale presieduta da Massimo Miglio: <http://www.isime.it/attivita08/a_biondoflavio.shtml>) si è costretti ad avvalersi, per i rimanenti libri, dell’edizione di Bonino Bonini (Verona, 1481: HAIN *3243). Si noti come l’incipit risenta di Tac. Ann. XIV 14, 5 a riprova del fatto che tale fonte veniva associata dagli umanisti al Circo Vaticano nonostante la mancanza di una menzione esplicita.

COMMENTO

pliniana costituisce il punto di partenza (cfr. anche infra I 29): identificato l’obelisco Vaticano con quello citato dallo storico antico, egli riconobbe in quell’area l’ubicazione originaria del Circo, determinando la fortuna di quella corretta ipotesi topografica per tutto il Rinascimento e oltre43.

Tornando ai resti veduti dal Vegio, non è da escludersi che essi fossero strutture murarie delle antiche fondamenta della basilica Costantiniana, viste anche da Giacomo Grimaldi agli inizi del Seicento durante i lavori di edificazione della nuova basilica e anche da quest’ultimo confusi con relitti della cavea settentrionale del Circo44.

11-23 quam maxime…commiseratos fuisse] Il Vegio evoca la serie di persecuzioni anticristiane avviate da Nerone in seguito all’incendio di Roma del 19 luglio del 64 d.C. Per il loro prezioso riferimento alle origini del cristianesimo a Roma, le fonti qui esplicitamente citate erano largamente note all’età del lodigiano, che le piega alla necessità di dimostrare come l’efferatezza delle rappresaglie ivi raccontate fosse tale da muovere a commozione persino il popolo di Roma, a partire da illustri gentiles quali Seneca e Tacito. Se la citazione di Tac. Ann. XV, 44, 5 non ha bisogno di particolari commenti45, è invece il caso si soffermarsi brevemente sull’epistolario tra Seneca e Paolo – ancora al centro di una polemica sulla presunta autenticità – e soprattutto sulla sua ricezione umanistica46. Citato per la prima volta da s. Girolamo e, poco dopo, da s.

43 «I primi umanisti lo [i.e. il Circo] collocavano presso castel S. Angelo (Biondo Flavio)

ma già Maffeo Vegio e dopo di lui tutti i topografi del Rinascimento identificarono l’obelisco con quello del Circo, e il Circo venne sempre posto sul luogo dove nuovamente anche le ultime risultanze sugli scavi portano oggi a collocarlo»: CASTAGNOLI, Il Circo cit., p. 121.

44 La descrizione del Circo Vaticano per opera di Giacomo Grimaldi fu rinvenuta

dall’Huelsen nel ms. Milano, Biblioteca Ambrosiana, A 178 inf.. L’edizione si legge in Ch. HUELSEN, Il Circo di Nerone al Vaticano secondo la descrizione inedita nel codice ambrosiano di Giacomo Grimaldi, in Miscellanea Ceriani, Milano, Hoepli, 1910, pp. 256-78. Sulla questione si veda anche P. SILVAN,Le radici della chiesa romana. L’evoluzione della memoria petrina, in S. Pietro, p. 28 n. 9.

45 Tacito, come è noto, iniziò a circolare dopo il ritrovamento a Montecassino

dell’attuale Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, 68.2 da parte di Boccaccio e Zanobi da Strada. Tale codice, presente dal 1427 nella collezione libraria di Niccolò Niccoli, finì con gli altri suoi libri al convento di S. Marco nel 1437: L.D. REYNOLDS, Texts and transmission: a survey of the latin classics, Oxford, Clarendon Press, 1983, pp. 407- 8.

46 Non è certamente il luogo per riprendere la questione, annosa e sostanzialmente

irrisolta, dell’autenticità dell’epistolario. Sono note le posizioni contrastanti in merito di A. MOMIGLIANO, La leggenda del cristianesimo di Seneca, «Rivista storica italiana», 62 (1950)

LIBRO I

Agostino, il carteggio fu rintenuto genuino per tutto il Medioevo e godette di straordinaria fortuna al punto da generare, nei fraintendimenti dei primi umanisti, la leggenda del cristianesimo di Seneca a cui impresse un’accellerazione notevole il giudizio del Boccaccio47. Nel Quattrocento furono avanzati i primi dubbi. Il Valla, come egli stesso ricorda in un passo delle Raudensiane note, scrisse un’opera con la quale confutò l’autenticità dell’epistolario attraverso l’esame stilistico della lingua e pochi anni più tardi la medesima via fu intrapresa da Angelo Decembrio nella sua Politia litteraria (I 10 e II 18), a dimostrazione che la voce dissonante non doveva essere sola48. Cronologicamente l’operetta valliana doveva precedere il De rebus antiquis memorabilibus dato che le Raudensiane note erano già pubblicate nel 1449 ed è plausibile che il Vegio fosse al corrente delle posizioni dell’umanista romano. Tuttavia se da un lato egli accetta l’autenticità dell’epistolario, dall’altro prende esplicitamente posizione contro la leggenda del Seneca cristiano, che definisce gentilis…homo, sottraendosi così alla forzata lettura trecentesca alla quale resistette anche il Petrarca 49.

Va comunque specificato che l’Epist. XI di Seneca a Paolo è considerata certamente spuria anche da coloro che reputano possibile l’autenticità del carteggio nel suo complesso poiché, essendo datata al 28 marzo 64, non è compatibile con la cronologia certa dell’incendio di

problemi e metodo. Studi in onore di Ettore Paratore, II, Bologna, Pàtron, 1981, pp. 827-31 che, pur non ponendo un punto fermo alla questione, ebbero il merito di realizzarne uno status preciso e solido e di offrire (il Momigliano in particolare) anche un orientamento sulla fortuna del carteggio in età umanistica e rinascimentale. Abbastanza recenti sono i contributi contenuti negli Atti del Convegno Seneca e i cristiani di M.G. MARIA, L’epistolario apocrifo di Seneca e S. Paolo e di M. SORDI, I rapporti personali di Seneca

con i cristiani, con appendice di I. RAMELLI, Aspetti linguistici dell’epistolario di Seneca – S. Paolo che mostrano come di fatto la querelle sull’autenticità non si possa ancora considerare conclusa. Sulla sua circolazione alle soglie dell’Umanesimo si veda l’accenno di C.M. MONTI, La Lectura Senecae nel Trecento, in I classici e l’Università umanistica, Atti del Convegno di Pavia (22-24 novembre 2001), a cura di L. Gargan – M.P. Mussini Sacchi, Messina, Centro interdipartimentale di studi umanistici, 2006, pp. 195-224 e in particolare p. 199.

47 Hier. De vir. ill. 12; Aug. Epist. 153, 14 ad Macedonium. Secondo il Momigliano la prima

attestazione del cristianesimo di Seneca si riscontra nel De viris illustribus di Giovanni Colonna, amico del Petrarca. In realtà tale posizione era già presente nella Vita Senecae di Albertino Mussato: C.M. MONTI, «Quicquid libet licet». Diffrazioni di un proverbio, «Studi Petrarcheschi»,15(2002),p.284.

48 Vall. Raud. not. II, III 42; l’edizione dei due passi della Politia Litteraria in MONTI,

«Quicquid libet licet» cit.,pp. 285-6.

COMMENTO

Roma alla base delle persecuzioni neroniane (19 luglio 64)50.

22-33. Come si è già avuto modo di sottolineare (cfr. supra I 6-10), l’opera del Vegio si inserisce a pieno titolo nella tradizione «latina» del pensiero storiografico che si sviluppa principalmente sulla linea Cicerone - Quintiliano e che elabora un modello di storia pedagogica e celebrativa. In siffatta visione, e perfettamente in linea con la più parte della produzione a lui contemporanea, il Vegio fa confluire il discorso storico nell’ampio alveo dell’oratoria, memore certamente di Cicerone Leg. I 2 (dove la storia è «opus… oratorium maxime») e del grande insegnamento quintilianeo in Inst. Or. X 1. Non sorprende dunque che egli faccia uso di una tecnica tipica dell’oratoria epidittica quale la comparatio a minore ad maius, applicata secondo le disposizioni quintilianee (Inst. Or. II 4, 21) che esortano all’esercizio del confronto tra due elementi al fine di dimostrare «uter melior uterve deterior». Non sfugga nemmeno che la comparatio – sempre secondo la teorizzazione di Quintiliano – è parte integrante della Laus (che, nel nostro caso, riguarda la basilica) contro la vituperatio dell’antico Vaticano51.

Il Vegio lo dice esplicitamente. A I 22 dichiara infatti di voler aprire una digressio dalla precipua materia storiografica, perché la vituperazione della follia dei tempi antichi e del lusso arrogante dell’età imperiale (luxum et fastum illius aevi imperatoris) tornasse a maggior gloria della laus di Pietro. È interessante rilevare che il lodigiano avverte come tale operazione sia inopportuna allo storico (e infatti contrasta con quanto espresso nei suoi intenti di vago sapore tucidideo a I 10), dichiarando dunque di spostarsi su un dicendi genus (quello evidentemente dell’oratoria epidittica) più confacente al suo proposito.

Il confronto del Vegio, dunque, procede per coppie: laddove un tempo si celebravano gli spectaculi viziosi e sconsiderati di Nerone e di Eliogabalo, oggi si compiono le sacre processioni in lode di Dio (I 27); in quel luogo dove un tempo l’imperatore Lucio Vero faceva seppellire il suo amato cavallo, oggi riposano i santi corpi dei martiri e degli innumerevoli pontefici (I 28);laddove Caligola fece innalzare l’ingente ed osannato obelisco per contenere le ceneri di Tiberio e Augusto, oggi si trova la ben più ingente basilica di S. Pietro che, in luogo delle cineres o delle principum vanitates, conserva il santo Sudario del Cristo (I 29-30). Se

50 SORDI, I rapporti cit., p. 117.

51 Su laus e comparatio: Handbook of literary rhetoric. A foundation for literary study, edited by

H. LAUSBERG-D.E. ORTON, foreword by R.D. ANDERSON, Leiden, Brill, 1998

LIBRO I

qualcuno poi volesse ricordare la grande Naumachia vaticana, come non sottolineare la tempra del piscator Pietro che combattè nella Naumachia del mondo per la salvezza del genere umano? (I 31). La comparatio procede, dunque, tra l’antico ilex di pliniana memoria, e la santa Croce, vera arbor salutifera lodata dagli inni di Venanzio Fortunato (I 32-33).