Gabriele Gaetani d'Aragona
Introduzione.
Si è svolto a Torino dal 30 settembre al 1° ottobre 1969 un Convegno promosso dalla Camera di commercio di Torino e dall' « Ente Salone della montagna » sui problemi della montagna italiana, articolato in due tavole rotonde, la prima sul ruolo dello Stato e degli enti locali nel nuovo assetto da dare alle « terre alte », la seconda sui problemi urbanistici che interessano la montagna.
Fermeremo la nostra attenzione sulla prima delle due tavole rotonde, in quanto la tematica della seconda tavola, anch'essa di grande inte-resse, merita un approfondimento specifico da parte degli urbanisti.
Alla tavola rotonda su « Problemi della montagna; Stato e poteri locali », diretta dall' avv. Gianni Oberto, presidente della pro-vincia di Torino, hanno partecipato, tra gli altri, il senatore Giacomo Mazzoli, il dott. Vi-tantonio Pizzigallo, direttore generale dell'Eco-nomia montana nel Ministero agricoltura, il geom. Giuseppe Piazzoni, segretario generale dell'UN CEM (Unione nazionale comuni ed enti montani) e il dott. Massimo Cordero Lanza di Montezemolo, segretario generale dell'Associa-zione nazionale delle bonifiche, nonché l'autore del presente articolo, nella sua qualità di presi-dente della Commissione per l'agricoltura del-l'Unione delle Camere di commercio ed agri-coltura.
* * *
Il Convegno di Torino si inquadra in un rinnovato interesse politico per i problemi della montagna.
Alcuni fatti, delineatisi con vigore a partire dagli anni cinquanta nell'economia italiana, rendono attuale l'interesse per i problemi delle zone montane e collinari in Italia.
La forte montuosità del territorio nazionale rappresenta un fattore ambientale da tener presente nell'esame dei problemi e delle prospet-tive della montagna e del ruolo dello Stato e degli Enti locali.
Le zone collinari e montane, pari a più di 12 milioni di ettari, interessano in
com-plesso circa il 78 % dei territori agrari e forestali del Paese; in esse vivono quasi il 45% delle famiglie agricole italiane che concorrono per il 25% alla formazione del reddito agricolo ita-liano.
Un altro fattore ambientale, di carattere storico, è la esistenza, nelle zone collinari e montane, di una larga dotazione di investimenti fissi, alcuni di tipo infrastnitturale, quali strade, abitazioni rurali sia di tipo sparso che accen-trato nei paesi e nelle borgate di montagna. Il fatto che l'Italia sia un Paese di antichi insediamenti e civilizzazione dà ragione del notevole accumulo di capitale fisso nei secoli.
Nell'attuale fase di necessaria riduzione del-l'agricoltura nelle zone di montagna e di col-lina, è necessario pensare alla utilizzazione degli investimenti preesistenti, da attuarsi sia me-diante sviluppi turistici, sia meme-diante localiz-zazione di attività industriali.
Due esigenze si impongono all'attenzione. La prima è quella di conservare un minimo di presenza umana, di intelaiatura, urbana, di attività agricole e allevamenti; e nel contempo di sviluppare attività turistiche, artigianali ed industriali, anche mediante la creazione di nuovi centri di servizi. L'altra necessità è quella di assicurare il buon governo delle acque, il consolidamento delle pendici e la razionale difesa delle risorse forestali. Va ri-cordato per inciso che il « deficit » nel settore del legname supera nella bilancia commerciale dell'Italia quello dei prodotti alimentari, avendo raggiunto nel 1968, i 350 miliardi di lire.
Nuove proposte di legge per la montagna.
Come è noto, è stato presentato al Parla-mento, nel luglio scorso, un progetto di legge di iniziativa del Governo per il finanziamento e per nuovi interventi dello Stato in mon-tagna.
La legge ponte per la montagna, che aveva ili sostanza prorogato per due anni la legge 991 del 1952 (legge Fanfani) ha cessato di essere valida il 31 dicembre 1968, portando all'esaurimento dei fondi accreditati sul bilancio statale per gli interventi forestali e di siste-mazione montana.
Recentemente un'altra proposta di legge, di iniziativa parlamentare è stata presentata dal senatore Mazzoli e da altri senatori aderenti all'Unione nazionale comuni ed enti montani. La proposta di legge governativa presenta alcuni aspetti positivi, tra cui quello di di-sporre una ingente spesa di 180 miliardi di intervento nei prossimi cinque anni a favore della ripresa economico-sociale dei territori montani. La proposta mira inoltre ad estendere il campo d'intervento pubblico al di là del-l'incoraggiamento della selvicoltura, della zoo-tecnica e del consolidamento delle pendici; dà infatti, mediante notevoli contributi e mutui agevolati, un incisivo apporto alle attività collaterali quali l'artigianato e il turismo.
Il progetto presenta tuttavia alcune zone d'ombra, quale la tendenza mortificante del ruolo degli Enti locali (regioni, comuni, pro-vincie, consorzi di bonifica) negli interventi pubblici e nella gestione delle aziende forestali; e l'assenza di un coordinamento con gli inter-venti affidati al Ministero dei lavori pubbli-ci (legge per la difesa del suolo) e ad altre Am-ministrazioni dello Stato.
Il progetto di legge, stanziando fondi per gli investimenti in montagna, riduce il ruolo degli enti locali per la tendenza accentratrice che esso presenta nell'affidare direttamente al Ministero dell'agricoltura e all'Azienda dema-niale delle foreste gran parte degli interventi e della gestione delle « terre alte ».
Il problema del coordinamento degli inter-venti forestali e agricoli sia con quelli affi-dati al Ministero dei lavori pubblici in base alla recente legge per la sistemazione del suolo, sia con le indicazioni formulate dal Progetto '80 a p p r o n t a t o dal Ministro del bilancio e dei piani regionali di sviluppo, non è sufficientemente affrontato né t a n t o meno risolto. Vi sono quindi concrete ragioni che spingono ad una rimedi-tazione da parte del Governo.
Per la soluzione dei problemi della montagna italiana, si rende infatti necessaria una defini-zione dei compiti da attribuirsi allo Stato e agli enti locali — comuni, provincie e regioni — al fine di rendere veramente operante il coordina-mento degli interventi e degli investimenti e di non eludere le attese suscitate dalla politica di piano.
Gli interventi pubblici negli investimenti forestali e nella difesa delle risorse forestali sono d'altra parte in rapido aumento sia in Italia sia nell'area della Comunità Economica Euro-pea, come dimostrato dai dati riportati.
Una maggiore efficienza dell'intervento pub-blico nella m o n t a g n a italiana si rende quindi necessaria.
* * *
L'altro progetto, presentato al Parlamento dal senatore Mazzoli, appoggiato da numerosi senatori, e preparato di intesa con l'Unione nazionale comuni ed enti montani, tende invece a rivalutare il ruolo degli enti locali. Il progetto prevede infatti la costituzione obbligatoria di Comunità montane, allorché esse non siano già in funzione, costituite da enti locali — comuni, consorzi di bonifica, aziende comunali di gestio-ne forestale, ecc. — per la programmaziogestio-ne degli investimenti pubblici e privati in zone omo-genee, ad evitare dispersione di sforzi e conflitti di competenza.
I N T E R V E N T I P U B B L I C I A F A V O R E D E L L E S T R U T T U R E A G R A R I E N E L L A C.E.E. P E R CATEGORIA D I I N T E R
-V E N T I , 1960 E 1967 (milioni di unità europee di conto)
1960 1967 MILIONI
U.C. % MILIONI U.C. %
- Aspetti umani (1) . 48,30 2,6 - Strutture di
produ-zione e attrez. (2) . 181,93 21,2 249,07 13,1 - Strutture di mercato 36,04 4,2 166,59 8,8 - I n f r a s t r u t t u r a (3). . 177,80 20,7 674,54 35,6 - Servizi pubblici
ru-rali (4) 64,90 7,6 173,00 9,1 - Foreste (5) 37,66 4,4 137,32 7,2 - Spese non ripartib. (6) 359,97 41,9 448,18 23,6 Totale (7) 858,30 100,0 1.897,00 100,0 (1) Partenze anticipate e mutamenti di professione (Francia, Paesi Bassi, Belgio).
(21 Spese a livello della produzione agricola.
(3) Ricomposizioni fondiarie, strade aziendali, idraulica, crea-zione o valorizzacrea-zione di arativi, conservacrea-zione del suolo.
(4) Elettrificazione rurale, acqua potabile, acque di scolo, tele-fono, sistemazione di villaggi, strade.
(5) Foreste: creazione, manutenzione e sistemazione delle foreste, comprese quelle demaniali.
(6) Misure aventi destinazioni multiple (misure 2-6), di cui non si conosce la precisa ripartizione.
(7) Ripartizione della rubrica « Struttura » dell'allegato 29, parte A. Fonie: Direzione generale dell'agricoltura, C.E.E., Bruxelles, 1968.
Le Comunità m o n t a n e si rivelano infatti un utile s t r u m e n t o per un'amministrazione democratica dal basso, basata sull'apporto delle popolazioni e dei poteri locali.
Costituiscono anche un modo di attenuare l'eccessiva tendenza accentratrice presente nel progetto di iniziativa governativa.
In vista del prossimo ordinamento regionale che prevede per la Regione ampi poteri in f a t t o di agricoltura e interventi forestali, la identi-ficazione dei nuovi compiti delle Comunità
montane costituisce un fatto positivo del j5ro-getto Mazzoli.
La proposta di legge Mazzoli, al fine di attuare un coordinamento degli interventi in montagna affidati a diversi Ministeri ed Enti, prevede inoltre la costituzione di un Comitato interministeriale, presieduto dal Presidente del Consiglio, e composto dai responsabili dei Mini-steri dell'agricoltura, dei lavori pubblici, dell'in-dustria e del turismo; dicasteri tutti interes-sati alla valorizzazione della montagna e all'au-mento degli investimenti pubblici e privati nelle « terre alte ».
L'importanza di tale coordinamento è evi-dente, quando si pensi ai notevoli stanziamenti che la legge per la difesa del suolo assegna per l'esecuzione di opere di consolidamento delle pendici, di irregimentazione dei torrenti e di regolamentazione delle acque in montagna.
Il progetto Mazzoli prevede inoltre una nuova delimitazione della « carta geografica della montagna italiana » al fine di restrin-gere la superficie che, sotto la pressione di interessi settoriali e locali, è stata considerata montana al fine esclusivo di includere ampie zone anche di pianura tra quelle ammesse al beneficio dei notevoli contributi previsti dalla legge 991 del 1952 per opere private e pub-bliche.
La costruzione della carta della montagna italiana è prevista anche nel progetto gover-nativo. Tuttavia la proposta Mazzoli rivaluta il ruolo degli enti locali attribuendo tale funzione ai Comitati regionali per la programmazione economica.
Sia nel progetto di iniziativa governativa, sia nel progetto di legge Mazzoli, sussistono alcune zone d'ombra.
Tra i problemi non affrontati vi è quello del necessario riordinamento urbanistico di molti degli insediamenti di montagna, sorti nel lontano passato, allorché la presenza della malaria nelle pianure e le necessità di difesa relative erano determinanti. È giunto il mo-mento in cui si deve avere il coraggio di ab-bandonare alcuni insediamenti umani nelle terre alte dell'Appennino centrale e meridio-nale, senza però che ciò significhi che la intera zona montana in cui essi esistono debba essere svuotata della presenza dell'uomo.
Localizzare e costituire nuovi centri di servizi in cui addensare i servizi civili sociali può essere una risposta valida. Altrimenti con-tinuerà a sopravvivere la convinzione, frequente in molti studiosi e tecnici di cose della montagna,
che molti investimenti infrastrutturali promossi dal Governo negli insediamenti montani, costi-tuiscano spesso, uno spreco di risparmio pub-blico e di risorse, conseguendo risultati limitati in quanto non si inseriscono in una valida ricet-tività urbanistica ed hanno bassi coefficienti di utilizzazione.
Altri elementi di critica sussistono. Mentre il progetto di legge governativo prevede forti stanziamenti per l'accorpamento delle pro-prietà e della conduzione, viene tralasciata la sostanziale innovazione che da tanto tempo è attesa nella nostra legislazione e nella sua applicazione sulle successioni ereditarie, cioè quella dell'erede privilegiato al fine di con-servare accorporata la proprietà e consentire che uno degli eredi possa dedicarsi alla con-duzione dell'azienda agraria, liquidando in de-naro gli altri eredi.
Viene continuamente sottolineata, special-mente dopo la recente presentazione da parte del Vice segretario della Comunità Economica Europea del Piano « Agricoltura 1980 », detto anche Piano Mansholt, la necessità di accor-pamento dei fondi rustici. Sembra assurdo pensare di rimediare a situazioni di polveriz-zazione fondiaria, tentativo difficile nel contesto di una mentalità individualistica che ancora predomina in montagna, mentre non si fa niente per evitare l'ulteriore aggravamento della polverizzazione legata ad un superato codice civile, polverizzazione di origine succes-soria e legata alla completa libertà di A^endere il fondo in piccoli appezzamenti. La polveriz-zazione delle proprietà e delle aziende è vera-mente esiziale per ogni tentativo di inter-venire nell'agricoltura e nella zootecnica di montagna.
Considerazioni conclusive.
Dalle cose dette è quindi possibile trarre alcune indicazioni.
Innanzitutto per la soluzione di alcuni pro-blemi posti dall'intervento pubblico in mon-tagna è necessario fondere i due progetti di legge: quello di iniziativa governativa, presen-tato all'esame del Consiglio dei ministri nel luglio scorso, e il progetto presentato dal sena-tore Mazzoli e dall'Unione nazionale comuni e enti montani (UNCEM), in discussione attual-mente al Parlamento. Si dovranno conservare gli aspetti positivi di ambedue i progetti, con l'eliminare il carattere eccessivamente accen-tratore del progetto di legge governativo; e con il prevedere opportuni legami e procedure congiunte con le leggi relative alla pianificazione urbanistica e alla difesa del suolo.
1
L'altra necessità è quella di pensare allo snellimento delle procedure di progettazione e di spesa per gli investimenti pubblici in montagna.
I tempi per l'esecuzione degli investimenti e degli interventi dello Stato nella montagna sono in Italia quanto mai lunghi e defaticanti, mentre la necessità delle « terre alte » è quella di una procedura agile e rapida per gli interventi.
L'unica possibilità è quella di cambiare nettamente le modalità di esecuzione degli investimenti e degli interventi pubblici nella montagna, affrettando i tempi. Si accusa la burocrazia, specialmente quella statale, di essere la causa delle lunghissime procedure e ritardi nell'esecuzione degli investimenti pubblici.
La verità è invece che la burocrazia pub-blica è a sua volta vittima di procedure arcaiche che il Parlamento non ha saputo o voluto abolire.
Nella nuova legge per la montagna dovrebbe quindi essere prevista la delega della proget-tazione e della spesa a organi non governativi, sottraendole alle anacronistiche procedure e agli inutili controlli e supercontrolli, formali e non tecnici, previsti dall'ordinamento sulla con-tabilità generale dello Stato.
Un'ultima conclusione va f a t t a . Anche per la legge della montagna che deve risultare dalla fusione dei due progetti di legge occorre che sia una legge molto elastica: sia, in altri termini, una legge quadro. La nostra epoca infatti è dominata dal progresso tecnologico sempre più imponente e rapido che rende obsolete le capacità professionali e umane e anche le isti-tuzioni; e fa si che molte leggi nate con molte ambizioni, non interpretino in seguito, non per colpa delle leggi e di coloro che le hanno fatte, le esigenze reali del Paese.
La nostra politica agraria è infatti divenuta rapidamente vecchia e deve essere radicalmente ripensata e ristrutturata, come è stato confer-mato recentemente da Sicco Mansholt, con la presentazione del piano «Agricoltura 1980».
Bisogna quindi evitare per la montagna la creazione di una legislazione eccessivamente dettagliata di cui purtroppo vi è un'eccessiva proliferazione in Italia. La montagna italiana ha invece bisogno di una legge quadro che provveda ad affidare a Comitati permanenti, a carattere regionale, l'emissione di direttive che di necessità dovranno essere aggiornate o modificate nel tempo.
Detti comitati promossi dall'ente Regione, provvederebbero all'articolazione dettagliata delle direttive a programmi a livello di zone montane omogenee, di intesa con gli Asses-sorati regionali alla programmazione.
Nella legge per la montagna bisogna quindi evitare vecchi errori di presunta globalità e definitività, facendone una legge quadro in modo da adattare gli interventi alla continua evolu-zione delle strutture economiche e sociali in-dotte dal progresso tecnologico nell'economia e nella società.
Occorre evitare errori del tipo di quelli che avvengono in altri campi operativi, quello della strategia militare, ove spesso si fa un'applica-zione molto accurata di piani di fondo che sono fondamentalmente sbagliati. Il maggior teorico della guerra lampo prussiana, il von Clauseuitz, scriveva nel 1830 che è molto più importante avere una strategia valida anche se l'applicazione non sarà perfetta, anziché curare l'applicazione perfetta di piani di fondo e di strategie fondamentalmente errate. Lo stesso si può dire per la politica economica per la montagna, applicata ad avviare a soluzione, in un lungo arco di tempo, i non facili pro-blemi economici e sociali della montagna.