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4.1. 2002: il Protocollo facoltativo alla Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti del 1984 delle Nazioni Unite.

Già durante i lavori preparatori della Convenzione ONU contro la tortura del 1984274, la delegazione costaricana si era fatta portavoce di una proposta di introduzione di un meccanismo di visite nei luoghi di detenzione, allo scopo di prevenire che in quei luoghi venisse fatto uso di tortura e altri maltrattamenti275. I tempi non erano però maturi perché gli Stati membri dell’ONU accettassero un sistema così innovativo ed incisivo di prevenzione. Come spesso accade, un progetto tanto ambizioso ha trovato terreno fertile dapprima in ambito solo regionale, in seno al Consiglio d’Europa, che ha fatto propria l’iniziativa, approvando la rivoluzionaria Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti276.

Qualche anno dopo, nel 1991, forte dell’esito positivo dell’esperimento europeo, il Costarica ha rilanciato l’idea delle visite preventive in seno alle Nazioni Unite, sottoponendo un nuovo progetto alla Commissione per i diritti umani, che a sua volta ne ha affidato l’esame ad un Gruppo di lavoro ad hoc277. I negoziati sono stati particolarmente complessi, a causa delle forti opposizioni di alcuni Stati, che, più di una volta, hanno portato vicino all’abbandono del progetto. In particolare, diverse nazioni non ritenevano opportuno che un nuovo incisivo sistema di controllo si sovrapponesse a quelli già esistenti (del Comitato contro la tortura e del Comitato internazionale della Croce Rossa). Inoltre, il finanziamento del meccanismo di

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V. supra, paragrafo 2.1.

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A.SACCUCCI, Profili di tutela, cit., p. 121; v. supra, nota 181.

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V. supra, paragrafo 2.3.

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visite, secondo molti Stati, doveva rimanere a carico delle sole nazioni firmatarie, e non dell’intera Organizzazione. Infine, era molto discussa l’attribuzione alla nuova istituzione del potere di circolare liberamente nei luoghi di detenzione, senza previa autorizzazione dello Stato interessato278.

Date le difficoltà, solo dopo dieci anni di complicate negoziazioni, e solo abbandonando l’approvazione per consensus, tradizionalmente impiegata dall’ONU in materia di diritti umani, l’Assemblea generale ha potuto approvare il Protocollo facoltativo alla CAT, il 18 dicembre 2002279280.

Lo strumento che ne è risultato ha il grande pregio di estendere a tutti gli Stati un meccanismo di prevenzione analogo a quello già presente in Europa, colmando così una profonda lacuna che la Convenzione contro la tortura aveva lasciato, disinteressandosi pressoché totalmente dell’aspetto della protezione preventiva dalla tortura281. Il Protocollo in esame ha il dichiarato scopo di “stabilire un sistema di visite periodiche da parte di organismi internazionali e nazionali indipendenti ai luoghi in cui si trovino persone private della loro libertà, al fine di prevenire la tortura e ogni altro trattamento o punizione crudele, inumana o degradante” (art. 1). Per fare questo, il Protocollo comporta in primo luogo la creazione di un corpo di esperti indipendenti: il Sottocomitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, nell’ambito del Comitato contro la tortura istituito dalla CAT del 1984 (art. 2). Il nuovo organo ha il compito di esaminare, per mezzo di sopralluoghi nel territorio degli Stati che hanno ratificato il Protocollo, qualsiasi luogo di detenzione “dove si trovino, o potrebbero trovarsi, persone private della loro libertà, sia per ordine, o dietro richiesta, di una autorità pubblica, sia con il consenso tacito o espresso della stessa” (art. 4.1), al fine di incrementare la “tutela delle persone private della loro libertà nei confronti della tortura o di altri trattamenti o punizioni crudeli, inumane o degradanti” (art. 11, lett. a)).

Il Sottocomitato, è dunque autorizzato ad accedere “senza limitazioni a tutti i luoghi di detenzione e alle relative strutture” (art. 14.1, lett. c)), ad “incontrare le

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Ivi, p. 122.

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Adottandolo con Risoluzione N. 57/199.

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A.SACCUCCI, Profili di tutela, cit., p. 122.

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persone private della loro libertà, in assenza di testimoni, direttamente o, se necessario, tramite l’assistenza di un interprete, così come di riunirsi con qualsiasi altra persona che il Sottocomitato ritiene possa fornire informazioni rilevanti” (art. 14.1, lett. d)).

Il Sottocomitato mette a punto un programma di visite regolari, notificandolo agli Stati contraenti, affinché essi possano “adottare quanto prima le disposizioni pratiche necessarie allo svolgimento delle visite” (art. 13). “Possono essere sollevate obiezioni ad una visita a un determinato luogo di detenzione solo per motivi urgenti e impellenti di difesa nazionale, pubblica sicurezza, a causa di catastrofi naturali o disordini gravi verificatisi nel luogo che il Sottocomitato intende visitare e che impediscano in via temporanea lo svolgimento della visita” (art. 14.2).

Al termine di ogni visita, il Sottocomitato redige un rapporto confidenziale e “comunica in via riservata le sue raccomandazioni e osservazioni allo Stato Parte” (art. 16.1). Lo Stato interessato si impegna a “esaminare le raccomandazioni del Sottocomitato per la prevenzione e avviare un dialogo” sulle misure da adottare per darvi seguito (art. 12, lett. d)).

Il rapporto è strettamente confidenziale, ma in due casi può essere reso pubblico. In primo luogo, “Il Sottocomitato per la prevenzione pubblica il suo rapporto, unitamente alle eventuali osservazioni dello Stato Parte interessato”, quando lo Stato stesso gli chieda di farlo oppure se lo Stato rende pubblica una parte del rapporto (art. 16.2). In secondo luogo, “[s]e lo Stato Parte si rifiuta di collaborare con il Sottocomitato per la prevenzione [...], o di adottare misure volte a migliorare la situazione conformemente alle raccomandazioni” ricevute, il Comitato contro la tortura (su richiesta del Sottocomitato) può decidere, a maggioranza assoluta dei suoi membri, di effettuare una dichiarazione pubblica sulla condotta dello Stato o di pubblicare il rapporto delle visite effettuate (art. 16.4).

All’esercizio delle nuove funzioni di controllo è preposto anche un meccanismo completamente innovativo, sconosciuto al sistema disegnato dal Consiglio d’Europa, basato su appositi organismi ispettivi a livello nazionale (art. 3). Ciascuno Stato contraente, entro un anno dall’entrata in vigore del Protocollo (art. 17), ha l’obbligo di istituire un meccanismo nazionale di prevenzione,

garantendone l’indipendenza funzionale ed un’adeguata dotazione finanziaria (art. 18). Gli organismi ispettivi nazionali cooperano con il Sottocomitato, che li assiste nell’esercizio delle loro funzioni, anche fornendo consigli agli Stati su come migliorarne la funzionalità (art. 11, lett. b)). Le funzioni attribuite ai meccanismi nazionali di prevenzione sono del tutto analoghe a quelle del Sottocomitato: essi cioè effettuano visite nei luoghi di detenzione, allo scopo di prevenire l’inflizione di maltrattamenti alle persone ivi custodite, godendo a questo scopo di una serie di poteri, tra cui vi sono il diritto di accedere senza limitazione a tutti i luoghi di privazione della libertà personale, di intrattenersi in privato con tutte le persone che possano fornire informazioni utili alla prevenzione della tortura (art. 20) e di “indirizzare raccomandazioni alle autorità competenti con l’obiettivo di migliorare il trattamento e le condizioni delle persone private della loro libertà e di prevenire la tortura ed ogni altro trattamento o punizione crudele, inumana o degradante” (art. 19, lett. b)).