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Uno sguardo d’insieme al sistema delle fonti esaminate

5.1. La convergenza di diritto dei diritti umani, diritto internazionale umanitario e diritto penale internazionale in materia di tortura.

Il lungo elenco appena scorso di fonti che vietano la tortura è il risultato della somma di contributi che derivano sia dal diritto internazionale dei diritti dell’uomo, sia dal diritto internazionale umanitario, sia dal diritto penale internazionale. È necessario accennare ai rapporti che intercorrono tra queste diverse sfere del diritto internazionale generale, per capire quale posizione assume nel suo complesso il principio di protezione degli individui dalla tortura.

È subito evidente il rapporto strettissimo che lega l’international humanitarian law al diritto penale internazionale, essendo questa seconda branca nata proprio allo scopo di punire i colpevoli di gravi violazioni del diritto di guerra umanitario282. Gli Statuti dei Tribunali penali internazionali, si è visto, richiamano esplicitamente

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il diritto consuetudinario di guerra e il diritto di Ginevra come pilastri, la cui violazione integra la commissione di un crimine internazionale.

Sicuramente più delicata e meno evidente è la relazione che stringe il diritto internazionale umanitario e il diritto penale internazionale da un lato, allo human

rights law dall’altro lato.

È pacifico che i due corpi normativi trovino un punto di contatto nell’obiettivo comune, condividendo la preoccupazione per la tutela della persona umana283. Tuttavia, le differenze tra i due settori sono vaste e riguardano molti profili. Innanzitutto, i due corpi normativi promanano da organizzazioni radicalmente diverse: ONU e organizzazioni sovrastatali regionali creano il diritto dei diritti umani; la Croce Rossa Internazionale è invece l’ente propulsore del diritto umanitario284. In secondo luogo, mentre il diritto dei diritti umani si riconosce (almeno in parte) derogabile in vigenza dello stato di guerra, il diritto umanitario è sorto proprio allo scopo di raggiungere un certo grado di umanizzazione dei conflitti armati285. Sembra quindi che tra i due ambiti esista un rapporto di specialità, per cui lo human rights law sarebbe applicabile a qualunque uomo in qualunque tempo (e avrebbe quindi carattere generale), mentre l’international

humanitarian law varrebbe solo per le situazioni patologiche di emergenza che si

vengono a creare durante un conflitto armato (e avrebbe quindi carattere speciale)286. In terzo luogo, il diritto dei diritti umani si rivolge agli Stati, fissando i minimi standard di trattamento che essi devono garantire agli individui; il diritto umanitario (e, di conseguenza, il diritto penale internazionale, che ne è uno sviluppo) chiama in causa invece direttamente i singoli individui che hanno commesso, istigato o permesso violazioni del diritto di guerra287. Da questa terza differenza ne deriva una quarta, in materia di sanzioni: è ovvio che lo Stato sarà sanzionato dallo human rights law solo attraverso stigmatizzazioni, obblighi di

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C. ZANGHÌ, La protezione internazionale, cit., pp. 59-60; E. GREPPI, Diritto internazionale umanitario dei conflitti armati e diritti umani: profili di una convergenza, in La comunità internazionale, vol. I, 1996, p. 485.

284

E.GREPPI, Diritto internazionale umanitario, cit., p. 485.

285

C. ZANGHÌ, La protezione internazionale, cit., pp. 51-52; E. GREPPI, Diritto internazionale umanitario, cit., p. 486.

286

C.ZANGHÌ, La protezione internazionale, cit., p. 59.

287

Ivi, pp. 51-52; E.GREPPI, Diritto internazionale umanitario, cit., p. 486; F. TRIONE, Divieto e crimine di tortura, cit., pp. 123-124.

risarcimento e ripristino; mentre gli individui colpevoli saranno sanzionati dall’international humanitarian law attraverso il diritto penale internazionale, con sanzioni penali personali288. Infine, anche i contenuti, per certi aspetti, si differenziano tra un settore e l’altro: ad esempio, il diritto umanitario non si occupa di diritti sociali od economici, come invece fa lo human rights law; viceversa, quest’ultimo non contiene disposizioni su tematiche tipiche delle situazioni belliche, come l’uso di determinate armi289.

Alla luce di queste osservazioni, il rapporto intercorrente tra diritto umanitario e diritto dei diritti umani si è sempre studiato come un rapporto di reciproca esclusione e, in particolare, di specialità. La tesi tradizionale in materia ritiene che i due corpi normativi siano tra loro inconciliabili e che il diritto dei diritti umani non sia assolutamente suscettibile di applicazione nel tempo di guerra, dovendo in questo caso subentrare la lex specialis, costituita dal diritto umanitario290.

In realtà, a partire dagli anni Sessanta si registra una progressiva convergenza nello sviluppo delle due branche di diritto internazionale291. Alcune pronunce giurisprudenziali, prima dei Tribunali penali ad hoc292, poi della Corte internazionale di giustizia293, infine della Corte europea294 testimoniano un allontanamento della comunità internazionale dalla tesi tradizionale, ed affermano che – durante i conflitti armati – il diritto internazionale umanitario coesiste con una perdurante vigenza dei diritti umani.

I maggiori testi di human rights law, ad una osservazione attenta, mostrano elementi letterali a sostegno di questo nuovo approccio. Infatti, l’art. 15 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo permette agli Stati contraenti di assumere misure in deroga ai diritti sanciti, in vigenza di uno stato di guerra. Ma

288

C.ZANGHÌ, La protezione internazionale, cit., p. 60; F. TRIONE, Divieto e crimine di tortura, cit., pp. 123-124.

289

C.ZANGHÌ, La protezione internazionale, cit., pp. 60-61.

290

F.VIGANÒ, Missioni militari all’estero e uso legittimo delle armi alla luce della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Cassaz. Pen., 2008, IV, p. 3107; A.NIETO MARTIN, La tutela dei diritti umani nel diritto penale militare e nelle situazioni di conflitto armato, in Riv. Ita. Di Dir. e Proc. Pen., 2008, pp. 1042-1043.

291

E.GREPPI, Diritto internazionale umanitario, cit., pp. 76-77, 489-491; F. TRIONE, Divieto e crimine di tortura, cit., p. 90.

292

F. TRIONE, Divieto e crimine di tortura, cit., pp. 122-123.

293

A. NIETO MARTIN, La tutela dei diritti umani, cit., p. 1042; F. VIGANÒ, Missioni militari all’estero, cit., pp. 3107-3108.

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richiede a tal fine che lo Stato formuli una espressa dichiarazione di deroga, dimostrando che la tutela dei diritti umani sanciti dalla CEDU non viene di per sé meno al sorgere di un conflitto armato. Inoltre, il secondo comma dell’art. 15 sancisce (anche nei casi estremi di emergenza bellica) l’assoluta inderogabilità di taluni diritti: la violazione di questi non è quindi permessa dal diritto dei diritti umani nemmeno in situazioni di conflitto armato295. La stessa possibilità di deroga in tempo di guerra ed altre emergenze che minaccino la vita della nazione è sancita anche nel Patto internazionale sui diritti civili e politici e nella Convenzione interamericana dei diritti dell’uomo. E anche questi strumenti prevedono una rosa di diritti più importanti che non possono essere violati in nessun caso (l’elenco è addirittura più ampio di quello contenuto nell’art. 15.2 CEDU)296.

La convergenza tra i due corpi normativi del diritto umanitario e del diritto dei diritti umani si manifesta anche attraverso altri aspetti: la diffusione recente di conflitti non internazionali, a cui non sono applicabili buona parte delle disposizioni del diritto ginevrino, ha reso necessario un ricorso al diritto dei diritti umani per colmare questa lacuna297. Come anche l’assenza di definizioni delle fattispecie vietate nell’international humanitarian law (e nel vicino diritto penale internazionale) ha portato le Corti penali internazionali a fare propri i profili dei divieti sviluppati in seno al diritto dei diritti umani, che in questo modo arrivano ad informare qualsiasi ambito di tutela dei diritti dell’uomo298. Così, anche gli organi della Croce Rossa e delle Nazioni Unite hanno aperto un dialogo, richiamandosi esplicitamente a vicenda299. La nuova convergenza permette un continuum temporale e situazionale nella protezione della persona umana, che è tutelata dal diritto dei diritti dell’uomo finché sussiste il tempo di pace; quando, dopo lo scoppio di un conflitto armato alcuni diritti vengono derogati e la tutela generale si

295

Ivi, pp. 3107-3108; C.ZANGHÌ, La protezione internazionale, cit., pp. 61-62; E.GREPPI, Diritto internazionale umanitario, cit., pp. 494-495.

296

C.ZANGHÌ, La protezione internazionale, cit., pp. 61-62.

297

E.GREPPI, Diritto internazionale umanitario, cit., pp. 489-491; A.NIETO MARTIN, La tutela dei diritti umani, cit., pp. 1044-1045.

298

F. TRIONE, Divieto e crimine di tortura, cit., pp. 123, 125.

299

affievolisce, trova applicazione anche la protezione offerta dal diritto internazionale umanitario300.

In conclusione, il rapporto che esiste oggi tra human rights law da una parte e diritto internazionale penale e umanitario dall’altra, è – rispetto ad alcuni contenuti – di complementarietà e specialità; rispetto ad altri, è invece di sovrapposizione301. È infatti evidente che un nucleo minimo di tutela comune esiste302. La convergenza tra diritto umanitario e diritto dei diritti dell’uomo trova piena realizzazione nella necessità di fare oggetto di una tutela particolare quei diritti, davvero fondamentali, che sono alla base di entrambi i corpi normativi e da entrambi sono considerati inderogabili303.

Proprio la fattispecie di tortura, a causa della portata della sua offensività, rappresenta un esemplare punto di coagulazione, di confluenza, di tutti gli aspetti del diritto internazionale che hanno come obiettivo la tutela della persona304. La tortura è sia oggetto di divieto per gli Stati, sia condotta criminale individuale. Il suo divieto è sempre considerato inderogabile e costituisce parte del minimo comune denominatore tra diritto umanitario e human rights law. Assieme al diritto alla vita, va a formare il ‘nocciolo duro’ di norme assunte al rango di generali, consuetudinarie e, secondo alcuni, ormai considerate jus congens305.

5.2. Il divieto di tortura con valore di jus cogens.

Jus cogens è espressione che si riferisce allo status giuridico che certi

crimini internazionali raggiungono, diventando i più importanti tra quelli che già fanno parte del diritto consuetudinario internazionale. Obligatio erga omnes si riferisce alle conseguenze giuridiche che derivano dalla caratterizzazione di un certo crimine in termini di jus cogens306. Secondo la definizione contenuta nell’art. 53 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969, si tratta di norme 300 Ivi, p. 496. 301 Ivi, p. 490. 302

C.ZANGHÌ, La protezione internazionale, cit., p. 62; F. TRIONE, Divieto e crimine di tortura, cit., p. 91.

303

E.GREPPI, Diritto internazionale umanitario, cit., pp. 494, 498.

304

F. TRIONE, Divieto e crimine di tortura, cit., p. 126.

305

E. GREPPI, Diritto internazionale umanitario, cit., p. 498; C. ZANGHÌ, La protezione internazionale, cit., p. 62.

306

che sono accettate e riconosciute dalla comunità internazionale degli Stati quali norme cui nessuna deroga è consentita e che possono essere modificate solo da nuove norme di diritto internazionale generale della stessa natura307. Il raggiungimento di questo valore giuridico, al vertice della gerarchia delle fonti internazionali, comporta il dovere per gli Stati di estradare o procedere contro i colpevoli dei crimini; l’imprescrittibilità dei crimini stessi e l’universalità della giurisdizione in materia308.

L’appartenenza di un crimine al diritto cogente non è codificata. Essa può essere rilevata dalla presenza di alcuni indici, come il contenuto delle dichiarazioni internazionali, il tenore letterale degli strumenti in materia, il vasto numero di Stati che ratificano i trattati relativi e la diffusa incriminazione degli esecutori del crimine. Alla luce di questi parametri, si ritiene diffusamente che appartengano allo

jus cogens il crimine di aggressione, il crimine di genocidio, i crimini contro

l’umanità, i crimini di guerra, la pirateria, la schiavitù e le fattispecie ad essa connesse e la tortura309. Una convergenza pressoché unanime di vedute si riscontra in particolare per quanto riguarda il divieto di tortura: la natura consuetudinaria e imperativa di tale divieto è stata, infatti, espressamente riconosciuta sia dal Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia310, sia dalla Corte europea dei diritti umani311312.

Il crimine di cui si sta trattando è quindi pacificamente riconosciuto dalla comunità internazionale come uno dei più gravi ed efferati attacchi ai diritti più basilari e inviolabili dell’essere umano.

307

A.SACCUCCI, Profili di tutela, cit., p. 14.

308

M.C.BASSIOUNI, Le fonti e il contenuto, cit., p. 66.

309

Ivi, pp. 69-70.

310

A partire dalla sentenza Furundzjia del 10 dicembre 1998.

311

Nella sentenza 21 novembre 2000, Al-Adsani c. Regno Unito.

312

CAPITOLO II

LA TORTURA NELLA GIURISPRUDENZA DELLA