LE BANCHE E I SOCIAL MEDIA
2.3 L’OPERATIVITÀ SULLE PIATTAFORME SOCIAL
2.3.1 OBIETTIVI E ATTIVITÀ SVOLTE
La presenza sulle piattaforme social dovrebbe consentire agli operatori bancari di aumentare i contatti con la clientela attuale e prospect e di soddisfare le sue esigenze anche in orari non convenzionali per gli sportelli bancari, di fidelizzarla, di monitorare e gestire i commenti per prevenire gli effetti moltiplicativi di eventuali perdite di business o, come abbiamo già visto, per sfruttare idee ed opportunità che possono scaturirne. Le principali finalità con cui le banche utilizzavano i social media erano la comunicazione e il marketing (tutti gli intervistati hanno indicato questa opzione), l’engagement della clientela attuale e prospect (72%) ed il customer care e supporto ai clienti (56%) (KPMG, 2013). L’anno successivo queste percentuali restano pressoché invariate: raggiungere un più ampio numero di utenti e far conoscere il proprio marchio è ancora lo scopo principale dello sviluppo di progetti social nelle banche; inoltre, gli operatori vogliono coinvolgere i clienti in una relazione più stretta con la propria banca e fornire un servizio di customer care. L’utilizzo di queste piattaforme può essere strategico anche nel rapporto con i propri dipendenti. Si segnalano infatti, l’ingaggio dei dipendenti per effettuare crowdsourcing, la realizzazione di nuove community intere per agevolare la condivisione di esperienze, la diffusione di valore aziendali e la realizzazione di wiki.
Quali sono gli obiettivi generali e specifici che le banche intendono raggiungere mediante l’inserimento dei social media all’interno della propria operatività, e gli strumenti con i quali si intende raggiungere tali obiettivi?
Per quanto riguarda gli obiettivi generali, si raccolgono indicazioni sul grado di importanza di alcuni macro-obiettivi:
• il rafforzamento dell’immagine e della reputazione;
• il marketing e business (acquisizione nuovi clienti, miglioramento qualità dei servizi, supporto allo sviluppo di nuovi business…);
• la raccolta di dati/informazioni sulla clientela attuale e potenziale;
• il sostegno alla cultura finanziaria e all’uso dei servizi bancari (customer care, assistenza clienti, educazione finanziaria);
• l’attivazione di operazioni bancarie sui social;
• l’innovazione di prodotti/servizi/brand attraverso il coinvolgimento partecipativo di clienti/prospect;
• la selezione del personale.
Da questa analisi emergono soprattutto due obiettivi che sono ritenuti “importanti” o “estremamente importanti” dagli operatori intervistati, e sono il rafforzamento dell’immagine e della reputazione e il marketing/business. Queste due categorie presentano però una sostanziale differenza tra loro: se il lavoro sull’immagine e la reputazione appare più immediatamente perseguibile, così facilmente raggiungibile non è invece lo sviluppo del business attraverso le attività social. Grazie ai social media è possibile contribuire a migliorare il rapporto banca-cliente e la percezione nei confronti dell’istituto soprattutto mediante l’attivazione di nuove forme di coinvolgimento degli utenti, volte a generare un sentimento di maggiore appartenenza e identificazione, potenziando la fiducia del mercato (ABI, KPMG, 2016). Invece, nonostante le maggiori difficoltà che gli operatori incontrano, per lo sviluppo di marketing e business le piattaforme social vengono utilizzate principalmente per le campagne di lancio di nuovi prodotti, per accrescere la fedeltà dei clienti attraverso iniziative di loyalty e per l’acquisizione di nuovi clienti.
Un gradino sotto alle attività appena considerate in termini di importanza attribuita, le banche segnalano, come ulteriore elemento chiave al presidio dei social network e come momento di raccordo tra obiettivi di immagine e di business, il sostegno all’educazione bancaria e finanziaria e l’assistenza ai clienti nel post vendita; inoltre, la raccolta di dati/informazioni sulla clientela attuale e potenziale tramite attività di data collection e customer analysis negli ultimi anni ha avuto un forte sviluppo, dovuto in particolare al ruolo sempre più centrale svolto dalle metriche di misurazione (KPI) per valutare l’efficacia del presidio di una piattaforma.
Infine, i restanti macro-obiettivi sopra citati appaiono più limitati non tanto in termini di diffusione quanto di rilevanza e considerazione; tra le altre finalità non riportate esplicitamente nella survey, alcuni istituti intervistati hanno indicato la comunicazione di settore su dati societari, la social responsibility e la social media advocacy.
Questi obiettivi generali non esauriscono il tema dell’utilizzo dei canali social da parte delle banche. Gli operatori, specialmente quelli più piccoli, usufruiscono di queste piattaforme anche per realizzare o sostenere iniziative ed eventi connessi con il proprio business o con il presidio del territorio, oltre che per trattare tematiche relative a finanza, mercati e news di carattere economico-finanziario. Negli ultimi tempi poi, il panorama è andato sempre più allargandosi e alle tematiche per definizione attinenti con l’ambito bancario se ne sono affiancate altre di più ampie, che spaziano dallo sport, al turismo, ai viaggi, al no profit e tutte quelle in grado di catturare l’attenzione della clientela: le banche grandi si interessano a tutto ciò che riguarda arte, cultura, spettacolo e sport, mentre nelle banche piccole si osserva una particolare focalizzazione verso le iniziative no profit e di responsabilità sociale; non mancano neppure iniziative destinate ai dipendenti o riguardanti salute e prevenzione.
Nel Box 2 si riportano alcuni esempi concreti di come gli operatori bancari utilizzino i canali social al fine di perseguire gli obiettivi e realizzare le attività appena considerati.
Box 2
Alcuni esempi di attività social delle banche
HelloBank si appoggia ad un magazine, “Hello World”, per veicolare argomenti inerenti cultura, viaggi, musica e benessere, chiaramente rivolti al target Millennials, inoltre regala dei buoni da utilizzare su Car2Go o su Amazon a tutti i nuovi correntisti online.
Crédit Agricole accorcia le distanze con i propri clienti/prospect affrontando temi legati alla vita quotidiana, identificando un vero e proprio filone editoriale con l’hashtag #LOSAICHE e i contenuti condivisi sui social rimandano ad un magazine interamente dedicato ai vari approfondimenti.
I brand nativi digitali utilizzano prettamente un approccio colloquiale, chiaramente indirizzato al target Millennials sia per quanto concerne i contenuti visual, puliti e molto impattanti, sia per i contenuti testuali; Widiba e CheBanca! si distinguono particolarmente per l’utilizzo di visual di rilievo e di un tone of voice smart, inoltre nel primo caso, il brand si rivolge ai propri follower con l’appellativo “Widibers” (come potrebbe fare una popstar con i propri fan) instaurando con essi un forte senso di appartenenza alla community. BNL è titolare di un account Instagram completamente dedicato alla cultura e, nel periodo di osservazione che va da gennaio a maggio 2017, ha raddoppiato i propri follower grazie al concorso fotografico #architettureversoilcielo.
I brand tradizionali sono consoni rivolgersi in modo più istituzionale ad un target costituito prettamente da utenti informati ed interessati alle tematiche finanziarie: ne è un esempio Fineco, che utilizza il canale Twitter per veicolare informazioni molto tecniche su quotazioni in borsa, finanza e altro (Mengato, 2017).
UniCredit, a partire dal biennio 2010-11 con la nascita delle pagine Facebook e del canale YouTube “UniCredit Champions”, ha elaborato una strategia di comunicazione sui social media che si prefigge di conseguire tre obiettivi principali:
1. rafforzare il brand e costruire una solida reputation, attraverso l’integrazione dei nuovi canali nella strategia di comunicazione;
2. rendere il cliente protagonista attivo del dialogo con la banca, per conoscerne in maniera diretta e più approfondita i bisogni;
3. promuovere prodotti in linea con il target di riferimento e acquisire lead grazie ad iniziative ad hoc.
Per il cluster di banche grandi l’attività principale realizzata sui social network è la pubblicazione di contenuti connessi ad aspetti che vanno oltre il contesto strettamente finanziario, ovvero tutte quelle tematiche che sono state prese in considerazione nel paragrafo precedente (leisure&entertainment, iniziative sul territorio, no profit…). Per quanto riguarda le banche piccole, invece, sono le campagne pubblicitarie/promozionali e le comunicazioni istituzionali ad essere le attività realizzate prevalentemente, mentre le stesse per il primo cluster si trovano in seconda e terza posizione. Nonostante queste attività siano quelle più frequentemente realizzate da entrambi i cluster di banche, esse presentano ancora le caratteristiche di comunicazione dei media tradizionali, che rispondono a Il team social di UniCredit ha attivato molteplici canali che costituiscono oggi un vero e proprio ecosistema. Questi nuovi ambienti digitali rappresentano per la banca un patrimonio di relazioni e un bacino di suggerimenti, ma anche critiche da cui attingere per migliorarsi. (Iemma, 2014). Alcune iniziative vengono ribadite nel comunicato stampa con cui la banca annuncia il proprio approdo su Instragram: “Particolare attenzione sarà dedicata ai temi
chiave dell’innovazione e del business, alle iniziative legate allo sport, al cinema, alla musica e alla cultura, ai settori del fashion, dell’enogastronomia, dell’architettura e del design. Ricorrenze e date importanti saranno rievocate scegliendo dall’archivio storico di UniCredit fotografie e documenti che testimoniano la storia e l’evoluzione della banca, raccolti da oltre un secolo. […] L’obiettivo sarà quello di coinvolgere community di giornalisti, blogger e influencer del mondo economico, culturale, sociale, veri opinion leader nei settori business e consumer.” (UniCredit, 2016).
BNP Paribas è il primo gruppo europeo di servizi finanziari a stringere un accordo globale con Snap Inc., la società madre di Snapchat. Questa partnership strategica è inserita in quella strategia di posizionamento e diversificazione nell’ambito dell’ecosistema dei mezzi digitali che viene portata avanti da diversi anni; la sfida è essere presenti laddove è presente il target millennials e parlare la sua stessa lingua (Cambosu, 2017). La banca era già sbarcata su Snapchat nel 2016 con il progetto #CampusStories, una guida per universitari francesi, e con la “Snapchat Recruitment Week”: un’iniziativa di employer branding, diretta a potenziali nuovi dipendenti, che coinvolgeva il proprio staff in una divertente condivisione di momenti quotidiani, ma anche consigli su come riuscire a lavorare per BNP Paribas.
logiche e tecniche di comunicazione one-to-many. Negli ultimi anni è invece emerso che la forma migliore di valorizzazione dei canali social è l’interazione con il pubblico, che appunto è basata su un approccio one-to-one; per questo motivo recentemente le banche hanno fortemente investito nella realizzazione di un servizio di social customer care (81% delle banche grandi e 44% di quelle piccole), per fornire alla clientela assistenza pre e post-vendita sui propri prodotti e servizi. Qual è l’obiettivo di portare il customer care sui social media? Sicuramente il motivo principale è quello di rispondere meglio alle necessità dei clienti, oggi più esigenti nei confronti degli intermediari, e fornire nuove e maggiori occasioni di contatto tramite piattaforme e dispositivi con cui le persone hanno sempre più familiarità; vi sono poi anche la possibilità di attivare meccanismi di collaborazione tra gli stessi utenti nella risoluzione di specifiche problematiche, poiché l’utilizzo dei social network consente la condivisione di opinioni, suggerimenti e contenuti grazie alle reti peer-to-peer, e la possibilità di ottimizzare/ridurre i costi di gestione delle richieste.
Questo sforzo da parte degli intermediari, non solo economico ma anche organizzativo e procedurale, sta avendo impatti positivi nella gestione dei servizi con la clientela anche in un’ottica di evoluzione futura, in quanto tutti gli operatori del settore sono orientati allo sviluppo di attività di educazione finanziaria al fine di accrescere la cultura dei propri clienti. Tra le altre attività programmate dalle banche per il prossimo futuro nell’ambito social media troviamo, seppur con percentuali differenti tra gli intervistati dei due cluster, l’introduzione di sondaggi, giochi (gamification) e concorsi a premi, lo sviluppo di programmi di fidelizzazione, la promozione di nuovi progetti come crowfunding e peer-to-peer, la possibilità di scaricare contenuti ottenibili solo con attività interattive e l’erogazione di servizi bancari attraverso, appunto, piattaforme social (ad esempio fornitura del saldo del conto corrente o possibilità di effettuare bonifici).
Per avere un riscontro più preciso in termini numerici, si prende in considerazione l’attività social di 4 banche, di cui due, Unicredit e BNL, sono esempi di istituzione finanziaria brick and mortar (espressione che fa riferimento ad attività economiche caratterizzate da strutture aziendali fisiche, dove i clienti si recano per acquistare i
prodotti/servizi) mentre le altre due sono banche digital native. Le piattaforme utilizzate per valutare l’attività social di questi quattro operatori sono Facebook e Twitter; sono stati utilizzati oltre che per la loro diffusione, perché entrambi sono ritenuti i media sociali più vocati per costruire relazioni tra imprese e consumatori e quelli più strategici per le banche che presentano maggiore attitudine social. I contenuti rilevati dalle pagine ufficiali degli intermediari sono stati classificati utilizzando la content analysis, ovvero una tecnica di ricerca per la realizzazione di inferenze riproducibili e valide da testi (o da altri contenuti significativi), al contesto del loro utilizzo. I contenuti sono stati classificati seguendo dei criteri di inclusione, stabiliti da un sistema di categorie, che fanno riferimento al luogo in cui vengono rilevati (pagine o account ufficiali), al tipo (post o tweet) e al periodo di tempo cui si riferisce la ricerca. Secondo tale approccio, le categorie che permettono di codificare gli elementi di contenuto dipendono dalle domande di ricerca e dal tipo di dati e devono rispondere alle leggi di una buona classificazione (esaustività, esclusività e unicità) ed essere il più possibile esplicitate.
Per interpretare i risultati con la content analysis, le categorie individuate che hanno permesso di codificare i contenuti in uscita (ovvero quelli rivolti al pubblico), sono state ricondotte a tre ambiti:
- L’Ambito Commerciale comprende la Categoria A, di cui fanno parte i contenuti pubblicitari stricto sensu generati dalla banca per far conoscere al pubblico i propri prodotti e servizi finanziari e invitare i visitatori della pagina ad acquistarli; si tratta di messaggi analoghi a quelli dei media tradizionali o del sito internet istituzionale;
- L’Ambito Promozionale comprende i contenuti che la banca ha pubblicato per costruire una buona reputazione di sé ed aumentare la propria awareness che hanno lo scopo di interessare i fan senza fare riferimento ai prodotti/servizi venduti; di questo ambito fanno parte le Categorie B e C. Tra i contenuti di quest’ultima assumono particolare rilievo quelli di carattere ludico e le notizie che riguardano le iniziative no profit promosse o sostenute dalla banca;
- L’Ambito Relazionale comprende le Categorie D, E ed F di cui i post e i tweet che ne fanno parte sono pubblicati per sviluppare e/o consolidare le relazioni con i fan della banca. La Categoria D è costituita da “Domande rivolte ai clienti-utenti” che hanno un ruolo rilevante nella relazione con la clientela, in quanto permettono di raccogliere elementi aggiornati e rilevanti sul comportamento di acquisto, i gusti e le preferenze del pubblico. La Categoria E è costituita da “Risposte a richieste o lamentele dei clienti- utenti”, i cui contenuti consistono in spiegazioni o repliche della banca agli utenti che segnalano disservizi o problemi. La Categoria F, infine, è formata da “Ringraziamenti, saluti e avvisi alla clientela”, che contribuiscono a creare un rapporto positivo e friendly, attraverso la tempestività degli avvisi e la regolarità dei saluti e degli auguri.
Nella Tabella 1 vengono riportati i risultati, in termini di valori assoluti e percentuali, a cui si è giunti mediante la ricerca. Nel periodo considerato, le 4 banche hanno rivolto al pubblico 1.649 post e 4.163 tweet, per un numero complessivo di contenuti pari a 5.182, la cui distribuzione presenta un’evidente variabilità tra la banca più attiva (2.179) e quella meno attiva (627). La Categoria C presenta il peso maggiore (28,5%), seguita dalla Categoria B (26,1%); entrambe coprono oltre il 50% dei contenuti che le banche hanno indirizzato agli utenti nel periodo osservato (Gandolfo, 2016).
Tabella 1 A B C D E F Totale BNL 162 (25,8%) 125 (19,9%) 106 (16,9%) 36 (5,7%) 118 (18,8%) 80 (12,8%) 627 (100%) ING 84 (3,9%) 1.119 (51,4%) 108 (5,0%) 50 (2,3%) 555 (25,5%) 263 (12,1%) 2.179 (100%) UniCredit 186 (9,8%) 122 (6,4%) 1.234 (64,7%) 14 (0,7%) 260 (13,6%) 91 (4,8%) 1.907 (100%) WeBank 403 (36,7%) 152 (13,8%) 209 (19,0%) 52 (4,7%) 187 (17,0%) 96 (8,7%) 1.099 (100%) Totale 835 (14,4%) 1.518 (26,1%) 1.657 (28,5%) 152 (2,6%) 1.120 (19,3%) 530 (9,1%) 5.812 (100%) (Gandolfo, 2016) 2.3.2 STRUMENTI UTILIZZATI
Un ultimo elemento da considerare è vedere come sia stato possibile implementare questo tipo di attività, ovvero con quali strumenti queste siano state realizzate. Ormai tutte le banche sanno utilizzare i nuovi codici di comunicazione con il mercato e non si rilevano, sotto questo profilo, particolari differenze tra i due cluster oggetto del campione. Contenuti e post di testo sono ancora ampiamente utilizzati, ma sono passati in secondo piano rispetto alle immagini e alle foto, che hanno un grado d’impatto decisamente superiore e sono sempre più utilizzate non soltanto nel settore bancario (come dimostra la rapida ascesa che ha avuto il social network Instagram). In linea con questi due strumenti, in termini di utilizzo, troviamo video e altri contenuti multimediali, mentre nettamente meno presenti sono i documenti di approfondimento. Nel corso degli anni è cambiata la frequenza di aggiornamento dei contenuti social, ovvero il tempo intercorrente tra la condivisione di un’immagine e l’altra o la pubblicazione di un post e l’altro, è andato sempre di più riducendosi.
La frequenza di aggiornamento delle pagine social, elemento rilevante per questo canale di comunicazione, può variare molto tra gli operatori. Tale frequenza dipende da una molteplicità di fattori che attengono, per esempio, alle tematiche
trattate, agli strumenti utilizzati e dal conseguente grado di interazione che essi possono generare, dal posizionamento dell’intermediario nel digitale (es. banche online vs. banche con radicate reti fisiche sul territorio), nonché dalle risorse dedicate dalla banca al mondo social. Sotto quest’ultimo aspetto, va segnalata la correlazione che l’indagine registra tra la frequenza di intervento sui social e le dimensioni delle banche, testimoniata dalle differenti risposte fornite dagli istituti appartenenti ai due cluster analizzati: le banche grandi aggiornano le proprie pagine social quotidianamente nel 76% dei casi, nel 19% dei casi l’aggiornamento avviene più volte a settimana e nel 5% in base alla disponibilità o rilevanza dei contenuti; le banche piccole invece, svolgono questa attività con minore frequenza, quotidianamente nel 37% dei casi, il 40% settimanalmente ed il 23% in base alla disponibilità o validità dei contenuti (ABI, KPMG, 2016). In generale, se nel 2015 si stimava che le banche effettuassero aggiornamenti sui social network circa 10 volte a settimana (ABI, KPMG, 2015), dall’ultimo report si evince che questa operazione viene effettuata mediamente 12 volte a settimana.
È interessante osservare la stima del peso che le varie forme di comunicazione hanno complessivamente per il campione delle banche intervistate: immagini e foto rappresentano oltre il 40% del totale, i testi circa il 30%, i video e gli altri contenuti circa il 20% e, infine, le newsletter, i documenti di approfondimento, i report e le ricerche meno del 10% (Figura 1).
Figura 1 (ABI, KPMG, 2016)