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LE OPPORTUNITÀ E LE MINACCE PER IL SETTORE BANCARIO Nel corso dell’esposizione degli argomenti trattati in precedenza, si è fatto più
4.3 I NUOVI PLAYER: QUALI RISCHI PER LE BANCHE?
4.3.2 I PRIMI SERVIZI FINANZIARI EROGATI DAI SOCIAL MEDIA Ormai non c’è più solo lo sforzo in chiave social degli operatori finanziari, che
stanno cercando di aumentare la propria presenza su Facebook, Twitter, LinkedIn ecc. per intercettare una fascia di clientela (i Millennials) sempre più evoluta a livello tecnologico. Negli ultimi anni stiamo assistendo anche al fenomeno inverso, che vede i social media fare incursioni sempre più decise nel mondo dei servizi finanziari; già nel 2015 Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan, aveva previsto l’entrata in scena delle Fintech profetizzando “Silicon Valley is coming”, ma adesso si stanno muovendo colossi come Amazon, Facebook, Apple, Google o i cinesi di Alibaba, i quali possono contare su ingenti risorse finanziarie e immensi bacini di utenti fortemente fidelizzati di cui maneggiano già un’infinità di dati che consentono un’accurata profilazione delle loro potenziali esigenze. Tra i vantaggi che consentono a questi gruppi una possibile entrata nel mercato dei servizi finanziari, ce n’è uno che rende questi nuovi player una minaccia reale per gli operatori tradizionali: il fatto che ci sia grande interesse verso la possibilità di affidarsi ai colossi web per servizi appannaggio del sistema bancario. Circa un terzo di quasi 33 mila interpellati sarebbe infatti interessato a spostare il proprio conto bancario su Facebook, Google o Amazon qualora venisse offerta loro questa possibilità e in Italia il dato sale al 42% e raggiunge il 51% tra i più giovani (Del Corno, 2017). Il fatto è che la ricchezza è in mano prevalentemente alla fascia più anziana della popolazione ma si sta progressivamente trasferendo verso le nuove generazioni, più avvezze ad utilizzare il web e meno sensibili all’aspetto della relazione personale. Per questo il rischio è, con il passare del tempo, sempre più crescente, anche se probabilmente non si assisterà ad una sostituzione delle banche ma ad una maggiore concorrenza su alcuni servizi.
Ma quali sono, ad oggi, questi servizi “presi di mira” dai nuovi operatori? Ne consideriamo principalmente due.
- I pagamenti digitali: all’inizio del 2018 i paesi UE dovranno recepire la nuova direttiva sui servizi di pagamento che prevede anche la possibilità per i titolari di conti online di effettuare pagamenti o accedere alla rendicontazione bancaria attraverso software realizzati da terze parti autorizzate. Lo scopo di tale direttiva è quello di aumentare la concorrenza e favorire l’innovazione cercando al contempo di salvaguardare e migliorare i livelli di sicurezza e tutela dei dati;
- I finanziamenti peer-to-peer: sono prestiti effettuati direttamente tra creditore e debitore attraverso apposite piattaforme online che mettono in contatto le due parti, ma che non svolgono il ruolo di intermediazione come fa la banca per cui il rischio è a carico del solo creditore. Tuttavia, distribuendo la somma investita tra numerosi finanziamenti si riduce drasticamente il rischio di perdite; sofisticati algoritmi sono in grado di spalmare qualsiasi somma tra un alto numero di prestiti abbattendo il rischio e sono in grado di gestire investimenti e disinvestimenti pressoché istantaneamente per far fronte alle esigenze di spesa quotidiane e all’uso di carte di credito. Rappresentano quindi ormai un’alternativa realistica al tradizionale conto corrente affidato alla banca;
Quello dei social media è un habitat potenzialmente molto favorevole alla proliferazione di questi circuiti, tanto che colossi come Facebook e WhatsApp si stanno già muovendo in questa direzione.
Facebook ha annunciato di aver ottenuto dalla Banca Centrale irlandese l’autorizzazione ad operare come intermediario finanziario per i servizi di pagamento. Il social network potrà operare come un prestatore di servizi di pagamento e come emittente di moneta elettronica, ma potrà anche essere una piattaforma per bonifici e servizi di rimessa del denaro. Per la società non è una novità assoluta, perché ha già autorizzazioni per i servizi di pagamento negli Stati
Uniti, dove per ora ha reso possibile comprare app e giochi (come Farmville) applicando una commissione del 30%.
In ogni caso non intende fermarsi a questi servizi basilari e potrà utilizzare la licenza per abilitare prodotti futuri come le donazioni o i pagamenti peer-to-peer via Messenger, comunque con la presenza di alcune limitazioni: FBPIL (Facebook Payments International Limited) è autorizzata ad emettere donazioni da parte degli utenti Facebook solo verso organizzazioni di beneficienza registrate nello spazio economico europeo e pagamenti peer-to-peer soltanto all’interno dello stesso (Patti, 2016). Quali scenari possono aprirsi per il futuro? Recentemente la società ha rilasciato Marketplace, ossia una piattaforma per l’e-commerce, a cui si accede dalla Home, in cui gli utenti possono acquistare o mettere in vendita prodotti. Il passo successivo è che fornisca servizi più propri delle banche come i prestiti: gestendo enormi moli di dati, che filtra con i suoi algoritmi, può fare una profilazione di tipo psicologico e sociale degli utenti, e capire la capacità di spesa di ciascuno; queste informazioni permettono di entrare nell’intimità delle persone e porteranno ad un credit scoring molto più accurato di quello attuale. Inoltre, con i suoi 1,65 miliardi di utenti mensili, il social network potrebbe conseguire enormi ricavi anche applicando commissioni bassissime.
Anche WhatsApp (applicazione di proprietà di Facebook) entrerà nel mondo dei pagamenti digitali con il rilascio di WhatsApp Payments, una piattaforma nella piattaforma in grado di consentire lo scambio di denaro tra gli utenti mediante dei semplici sms; per questo gli ingegneri stanno lavorando all’integrazione di un’interfaccia che consenta spostamenti di denaro da banca a banca. Come per Facebook così anche per WhatsApp sono i numeri a fare la differenza: l’applicazione di messaggistica può contare su 1,3 miliardi di utenti attivi mensilmente, mentre gli utenti attivi quotidianamente sono un miliardo. Ogni giorno, secondo i dati ufficiali forniti dall’azienda, sulla piattaforma vengono scambiati 55 miliardi di messaggi, le foto condivise quotidianamente sono 4,5 miliardi mentre i video un miliardo; con questi numeri da “gigante”, WhatsApp Payments potrebbe ridefinire gli equilibri dei pagamenti digitali (Simonetta, 2017).
Non è ancora chiaro se verranno introdotti dei costi di commissione, ma è probabile che Facebook Inc. possa valutare eventuali percentuali in base all’utilizzo, con costi di commissione previsti solo nei casi in cui la piattaforma venga utilizzata per pagamenti in ambito e-commerce.
Un altro social media che sta entrando nel mondo dei servizi finanziari è Twitter. A differenza di Facebook che, tramite le app di messaggistica Messenger o la più celebre WhatsApp, si è buttato sul mercato del Fintech e più precisamente dei pagamenti digitali, Twitter ha deciso di lanciare un proprio istituto di credito con focus sul credito alle piccole e medie imprese.
Per fare ciò il fondatore della piattaforma ha chiesto alla Federal Reserve, tramite la sua finanziaria Square, l’autorizzazione per creare nello Utah una banca industriale interamente controllata. La divisione, che agirebbe sotto l’insegna di
Square Financial Services, potrebbe contare su una capitalizzazione di 56 milioni
di dollari cash e avrebbe come core business il lending e i conti di deposito al mondo delle piccole imprese. A queste ultime, Square mette già a disposizione dal 2014 dei prestiti attraverso un deal siglato con Celtic Bank. In questo modo, sono stati già messi 1,8 miliardi di dollari a disposizione di oltre 141 mila aziende ma adesso, il patron di Twitter vorrebbe svincolarsi dalla parternship con una banca ed operare autonomamente sul mercato (Affaritaliani.it, 2017).