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OPINIONI DELLA CRITICA SULLE FONTI ARTIGRAFICHE

NELLA FABULA E NELLE ARTES

VII. OPINIONI DELLA CRITICA SULLE FONTI ARTIGRAFICHE

VII.1. IL GIUDIZIO SULLE ARTES

Quello che lentamente si sta imponendo per la fabula non sembra ancora valere per la sezione artigrafica, sulla quale domina ancora oggi un giudizio negativo generalizzato29. La critica non si è infatti

discostata, salvo eccezioni, dalle tesi di Courcelle 1948, p. 199, secondo cui gli auctores citati esplicita- mente (per es. Euclide) sono «purs ornements» e «lorsque Martianus prétend faire une citation précise d’un ouvrage grec, il l’emprunte bien souvent à un auteur latin. Sa dette envers Varron, même s’il ne l’a pas connu directement, est immense. Sa culture héllenique est superficielle et très inégale selon les disciplines». Echi di questo pregiudizio si possono leggere ancora oggi in studi dedicati specificamente alle arti liberali: secondo Topping 2012, p. 32, Marziano «retained only enough of the old education to recognize that he needed them to make appearances in his work, introducing the disciplines, i f h i s b o o k w a s t o b e t a k e n s e r i o u s l y ».

VII.2. LA QUESTIONE VARRONIANA

Il problema delle fonti si lega alla cosiddetta «questione varroniana»: per quanto ampiamente ci- tato come ‘autorità’, non sembra esserci alcun legame diretto fra Varrone e l’enciclopedia marzianea30.

Non sarà quindi un caso che l’ordine espositivo delle sette arti liberali non segua quello dei Disciplinarum libri né quello del De ordine di Agostino31 e si ritrovi solo nell’Adversus mathematicos di Sesto Empirico,

nonostante Hadot 2005, p. 171 la ritenga «une simple coïncidence, car elle est chaque fois le résultat d’un procédé différent, littéraire chez Martianus Capella, polémique chex Sextus»: eppure alla svalutazio- ne delle artes da parte di Sesto32 corrisponde, in Marziano, la celebrazione delle stesse, in una architettura

favolistica che è tanto letteraria quanto filosofica. Ciò non significa che le Nuptiae siano una replica all’Adversus mathematicos (per quanto vi siano indizi di una possibile conoscenza del trattato da parte di Marziano: vd. infra,VIII.3.): le due opere, semmai, rispondono alla stessa logica da fronti contrapposti.

Questi elementi pongono l’enciclopedia di Marziano Capella su un piano diverso anche rispetto alle Institutiones di Cassiodoro e alle Etymologiae di Isidoro di Siviglia. Nelle Nuptiae la successione delle discipline, almeno per quanto concerne il ‘quadrivio’ matematico, risponde infatti alla visione neopla- tonica dell’autore33: un percorso che parte dalla descrizione della Terra (Geometria), dove si ritrovano le

forme geometriche da cui si ricava l’astrazione combinatoria del numero (Aritmetica), e finisce in cielo (Astronomia), dove risuona l’armonia degli astri (Musica)34. Eppure, stando alla ricostruzione general-

mente condivisa dalla critica, per realizzare questo progetto culturale – che di certo non può essere defi- nito ‘scolastico’35 – Marziano si sarebbe servito di traduzioni latine compendiarie (e non di rado erronee)

anziché accedere direttamente alle fonti greche.

29 I giudizi negativi sull’autore delle Nuptiae sono quasi un ‘genere letterario’ a parte: una rassegna in Lenaz 1972. Da allora la situazione non è cambiata di molto: sebbene non si critichi più l’autore, si continua a intervenire sul testo postulando errori e fraintendimenti. Un cambio di rotta sta avvenendo solo in tempi recenti: Katz 2016, p. 16 definisce le Nuptiae «masterpiece».

30 Schievenin 1998 e Bovey 2003, pp. 49-96. Sulla questione varroniana nella tarda antichità vd. Hadot 2005, pp. 156-190.

31 Vd. infra, C.3. 32 Cf. Vegetti 1994.

33 Sul retroterra neoplatonico dell’enciclopedia marzianea, progressivamente scomparso nell’evoluzione delle artes liberales medievali, cf. Hadot 2005, pp. 391-410 e infra, C.3.

34 Sull’idea dell’armonia universale cf. il ‘classico’ Spitzer 2006.

VII.3. LIBRO III

La Quellenforschung, dopo una succinta ricognizione di loci paralleli a opera di Jürgensen 1874, pp. 65-67, è ferma alla rassegna di Langbein 1914, che ha individuato come auctores di riferimento Dio- mede (pp. 11-20), Carisio (pp. 20-44), il cosiddetto Massimo Vittorino36 e/o Servio (pp. 44-49), gram-

matici di IV secolo «que Martianus a pu compléter par des sources perdues ainsi que par ses propres connaissances (certains développements ne se trouvant pas ailleurs)» (Guillaumin Jr. 2007, p. 46).

VII.4. LIBRO IV

Stahl – Johnson – Burge 1971, pp. 107-110 individuano come riferimenti principali l’Organon di Aristotele, l’Isagoge di Porfirio e la tradizione dialettica stoica, ma nell’interrogarsi sui canali attraverso cui Marziano avrebbe attinto a tali conoscenze (pp. 110-115) finiscono per affermare che «who compares Martianus with the Greek originals can’t believe that he is handling them directly» (p. 114). Vengono quindi avanzate alcune ipotesi di intermediari latini, da Varrone (p. 111)37 a Mario Vittorino (ibid.),

ma non si riconoscono evidenze in tal senso. La versione latina dell’Isagoge realizzata da Vittorino, del resto, ci è nota attraverso gli In Porphyrium Dialogi di Boezio: difficilmente si può parlare di una vera e propria traduzione, quanto piuttosto di una breve parafrasi in un solo libro, per giunta sotto forma di dialogo38. Vittorino è anche ricordato come autore di una versione latina del De interpretatione di

Aristotele, nonché come traduttore e commentatore delle Categorie, ma di tutto ciò non rimane traccia; né sfuggirà che la notizia è testimoniata dalla sola recensione I delle Institutiones di Cassiodoro (II 18 p. 128 Mynors), laddove le recensioni II e III attribuiscono tali opere a Boezio39. Sempre a Vittorino viene

attribuita, come pura ipotesi, una traduzione di Giamblico da cui Marziano avrebbe tratto i capitoli sui predicabili40, ma anche in questo caso non ci sono prove certe.

Stahl – Johnson – Burge 1971, pp. 114-115 concludono la loro analisi affermando che la fonte primaria potrebbe essere il Peri hermeneias pseudoapuleiano, con il quale Marziano presenta notevoli affinità, ma nulla vieta di pensare a una «common Aristotelian source». Nell’ultima edizione del IV li- bro si legge che Marziano «n’a pas traduit lui-même Aristote [....]. Il cite biene Aristote, mais seulement pour le présenter comme une autorité [...]. Martianus, ou celui qu’il copie, a plus simplement rassemblé des textes épars dont l’origine restait incertaine» (Ferré 2007 a, p. LI), e anche per quanto riguarda la presenza di Porfirio viene postulata una «source latine» perduta (Ferré 2004, p. 151 e 2007 a, p. XLIX).

VII.5. LIBRO V

La Quellenforschung ha sottolineato la preminenza delle fonti latine rispetto a quelle greche, ma la ricerca non ha fatto molti progressi rispetto alle dissertazioni di Hinks 1935 e Fischer 1936, dalle quali Stahl – Johnson – Burge 1971, pp. 115-121 ricavano tutti i dati della loro esposizione, nonché il consueto giudizio negativo sull’operato di Marziano, che combinerebbe «with neither success nor con- sciousness of failure [...] conflicting theories» (p. 119)41. La fonte principale sembra essere Cicerone: il

36 Su cui vd. Corazza 2011, XXXIX-CXL.

37 Partendo da IV 335, Minio-Paluello 1945, p. 65 ha parlato di Varrone quale autore di una versione la- tina delle Categorie aristoteliche, ma di questa traduzione non abbiamo altre notizie. Cf. Ferré 2007 a, p. XXXVIII.

38 Cf. Shiel 1990, che a p. 362 segnala Mar. Victorin. defin. 897a: iam uno libro de bis quinque rebus plenis- sime disputavimus.

39 Motivo per cui Hadot 1971, pp. 109-112 ritiene improbabile che Mario Vittorino abbia veramente realiz- zato queste opere.

40 Ferré 2004, p. 150.

De inventione in testa, seguito dal De oratore e dall’Orator. Vengono inoltre segnalati Donato, Aquila Romano, Quintiliano, i commenti ai Topica e al De inventione di Cicerone ad opera di Mario Vittorino42,

più due fonti greche di ambito ermogeniano, non si sa se mediate dalle immancabili traduzioni latine perdute (si è fatto il nome del retore Marcomannus, presente nell’Ars Rhetorica di Giulio Vittore: cf. Giomini − Celentano 1980, pp. xx-xxi).

VII.6. LIBRO VI

La struttura del VI libro presenta numerosi problemi: ci si è chiesti per quale motivo un’opera dedicata alla geometria sia occupata in larga parte dalla geografia (§§ 590-703). Secondo Ferré 2007 b «l’incohérence de la présence de la géographie dans le livre VI au regard de la théorie de la mathéma- tique» è dovuta a «raisons [...] principalment littéraires» (p. LXV-LXVI): dovendo equilibrare la dimen- sione dei vari libri e avendo scarsa conoscenza della materia geometrica, avrebbe riempito il volume con una materia affine. Per la quale, tuttavia, si sarebbe affidato a un semplice «compilatore» che avrebbe messo assieme materiale dalla Naturalis historia, dalla Chorographia di Pomponio Mela e dai Collecta- nea rerum memorabilium di Gaio Giulio Solino, per giunta commettendo numerosi errori43.

Per la sezione propriamente geometrica del VI libro (§§ 703-723) non esiste studio che non si ponga le stesse domande sollevate da Guillaumin Jr. 2007, p. 47: «faut il supposer que Martianus a travaillé directement sur le texte grec d’Euclide, ou qu’il ne fait que reprendre des notions vulgarisées depuis longtemps en latin, ou encore qu’il s’appuie sur un intermédiaire perdu?». Se l’influsso di Varro- ne viene ammesso come pura supposizione44, vi è invece un sostanziale consenso nel postulare una o più

traduzioni latine degli Elementi, irrimediabilmente perdute, da cui Marziano avrebbe tratto la sua espo- sizione45: un ipotetico «traduttore», che fa il paio con il «compilatore» della sezione geografica46. L’opi-

nione è talmente radicata47 che nessuno si è mai posto il problema di dimostrarla, ovvero di spiegare il

motivo per cui Marziano non avrebbe potuto tradurre e rielaborare direttamente Euclide e/o altri autori.

VII.7. LIBRO VII

Il libro VII, dedicato all’aritmetica, è nettamente diviso in tre parti48:

1. aritmologia (§§ 730-742)

2. matematica di ispirazione pitagorico-nicomachea (§§ 743-767) 3. teoremi euclidei (§§ 768-801)

La sezione 1, secondo Robbins 1921, pp. 118-122, potrebbe derivare da un’opera perduta di Adra- sto49: il commento al Timeo, arrivato a Marziano tramite «a Latin translation» (p. 120)50 della quale

avrebbe usufruito anche Calcidio (cf. la tabella a p. 123, riportata nella pagina successiva). Va comunque rilevato che la materia aritmologica è molto conservativa e le variazioni da un autore all’altro sono mini- me: di qui la difficoltà, sottolineata da J.-Y. Guillaumin, nell’individuare una fonte unica51.

42 Hadot 1971, pp. 73-99 e 115-141. Vd. anche Guillaumin Jr. 2007, pp. 46-47 e Ayuso García 2008, p. 111. 43 Ferré 2007 b, pp. XXV e LXIX-LXXIV

44 Guillaumin Jr. 2007, p. 47; Ferré 2007 b, p. XXV. 45 Stahl – Johnson – Burge 1971, p. 148.

46 Ferré 2007 b, pp. XXV-XXXVII.

47 Un esempio di questa communis opinio è in Fontaine 1959, p. 399 nt. 2, che nel sottolineare la somiglianza fra Isid. orig. III 12,1 e Mart. Cap. VI 711 dà per ovvia una traduzione latina (perduta) di Eucl. elem. I def. 15. 48 Guillaumin Sr. 2003, LXXII-LXXIX.

49 Parzialmente ricostruibile mediante la tradizione indiretta: vd. Petrucci 2012 b. 50 E cf. ancora «Latin sources» e «Latin translation» a p. 121.

I capitoli di ispirazione pitagorica sono ricondotti all’Introduzione all’aritmetica di Nicomaco, an- che in questo caso mediata da una traduzione latina perduta52: quella di Apuleio, che Guillaumin Sr.

2003, p. LXXI definisce «célèbre», ma in realtà ne abbiamo notizia unicamente da Cassiodoro, che pare co- noscerla solo di nome53, e da Isidoro di Siviglia, che comunque dipende da Cassiodoro54. Per il § 765, in cui

Marziano parla del pitagorico Timarida, Guillaumin suggerisce una derivazione da Giamblico55, «même

si l’on ne peut guère déterminer exactement par quelle voie il avait eu accès à ce genre de texte» (p. LXXI). Pure per la sezione euclidea l’opinione prevalente è quella di «une sorte de digest euclidien, [...] une versione latine de l’ “Euclide arithmétique”, dans laquelle l’ordre euclidien des proposition était plus ou moins bouleversé» (Guillaumin Sr. 2003, p. LXXII).

VII.8. LIBRO VIII

63 manoscritti autonomi (oltre a quelli che riportano tutti i nove libri) testimoniano la grande fortuna dell’ottavo libro nel corso del medioevo, grazie anche alla singolarità della visione cosmologica di Marziano, unico autore antico a postulare una rotazione eliocentrica di Mercurio e Venere (e per questo citato da Copernico del De revolutionibus)56. In assenza di una vera edizione dell’VIII libro, la

52 «Cela n’implique pas que Martianus ait travaillé directement sur ce texte grec» (Guillaumin Sr. 2003, p. LXX). 53 Inst. II 4, 7 pp. 140, 16 - 141, 1 Mynors: [...] indigent arithmetica disciplina, quam apud Graecos Nicomachus

diligenter exposuit. Hunc prius Madaurensis Apuleius, deinde magnificus vir Boethius Latino sermone translatum Romanis contulit lectitandum; quibus, ut aiunt, si quis saepius utitur, quantum hominibus fas est, lucidissima procul dubio ratione perfunditur.

54 Orig. III 2, 1: numeri disciplinam apud Graecos [...] autumant [...] a Nicomacho diffusius esse dispositam; quam apud Latinos primus Apuleius deinde Boethius transtulerunt. Cf. Harrison 2004, p. 32.

55 Vd. Guillaumin Sr. 2003, pp. LXXI e 118-120.

56 De revolutionibus orbium coelestium I X: «quapropter minime contemnendum arbitror quod Martianus Capel- la, qui Encyclopaediam scripsit et quidem alii Latinorum percalluerunt. Existimant enim, quod Venus et Mer- curius circumcurrant Solem in medio existentem, et eam ob causam ab illo non ulterius digredi putant, quam suorum conuexitas orbium patiatur, quoniam terram non ambiunt ut caeteri, sed absidas conuersas habent».

Quellenforschung è ferma a Stahl – Johnson – Burge 1971, pp. 171-201, che negano qualunque lega- me con Tolomeo (cf. pp. 141 nt. 50 e 173-175) e segnalano, come già aveva fatto Dick nella sua edizione, una serie di paralleli con autori latini (Igino, Manilio, Plinio il Vecchio, Macrobio, Calcidio, la tradizione dell’Aratus Latinus) e greci (soprattutto Gemino, Teone di Smirne e Cleomede), ma anche in questo caso la domanda è: «a-t-il lu directement les sources grecques (ce qui est assez peu probable), ou utilisé des traductions latines ? Et dans ce dernier cas, s’agissait-il de traductions “scolaires” chronologique- ment proches de Martianus, ou d’une traduction “classique” que l’on aimerait pouvoir faire remonter à Varron ? Faute de preuves suffisantes (les textes nécessaires à la compréhension de cette transmission ayant disparu), ces questions resteront sans réponse» (Guillaumin Jr. 2007, p. 47).

VII.9. LIBRO IX

Per lungo tempo la critica ha descritto il IX libro come una versione poco perspicua del Περὶ μουσικῆς di Aristide Quintiliano, comunque filtrata da una precedente traduzione latina57. Analisi più

accurate58 hanno ribaltato completamente questi pregiudizi, tanto che oggi il de musica appare come

una felice eccezione in un mare (gli altri sei libri delle artes) di errori, fraintendimenti, materiali di terza mano e fonti greche mediate da riscritture latine precedenti, costantemente perdute.

La fonte primaria è senz’altro Aristide Quintiliano, certamente letto in originale59 ma non sem-

pre tradotto alle lettera60: ciò ha suggerito a Deiters (1881, pp. 26-28) la possibilità di un testo aristideo

differente rispetto a quello attualmente testimoniato dai manoscritti, ipotesi scartata da Winnington- Ingram 1963, p. XXII nt. 1 («Neque mihi persuasit Deiters [...] Capellam textum Aristidis ante oculos habuisse qui aliquem in modum a nostro discreparet»). Marziano, in realtà, ha rielaborato la sua fonte e l’ha adattata al suo contesto storico, recuperando definizioni che si ritrovano in Gaudenzio, Bacchio il Vecchio, Cleonide e negli Anonimi di Bellermann61: materiale che non può essere arrivato all’autore delle

Nuptiae attraverso traduzioni latine intermedie62.

57 Stahl – Johnson – Burge 1971, p. 53: «close translation». Ramelli 2001, p. LXXXV: «Risulta evidente che Marziano attinge da due fonti il suo discorso sulla musica, l’una per la parte iniziale e l’altra per lo sviluppo del libro: tra le due versioni vi sono discrepanze e ripetizioni, che dimostrano l’impiego di due fonti differenti. I §§ 936 sgg. sono chiaramente una traduzione dal trattato del III-IV sec. d.C. di Aristide Quintiliano, Sulla musica, I 5 - 19, e in tal caso possiamo confrontare da vicino il testo greco e la resa di Marziano, anche se non sappiamo con precisione se Marziano leggesse direttamente Aristide, traducendolo, oppure se avesse dinnanzi una traduzione latina già esistente. Certamente, dal confronto del latino e del greco emerge che la traduzione presenta molte omissioni e incomprensioni». L’opinione più sconcertante è quella di Willis 1977 p. 165, se- condo cui: Marziano usava solo due fonti; alcuni boni monachi sono intervenuti a loro discrezione rifacendosi al De musica di Boezio; l’autore delle Nuptiae non conosceva bene il greco e, da anziano qual era, la sua vista non gli consentiva di leggere bene e copiare correttamente. Non varrebbe la pena commentare se non fosse che queste opinioni hanno guidato l’editore nelle scelte testuali.

58 Cristante 1987 e Guillaumin Jr. 2011.

59 Non si era certo posto il problema di una traduzione intermedia Marcus Meibom, il primo a collegare Mar- ziano ad Aristide Quintiliano: «Celebritate huius Aristidis unus ex antiquitate adseruit Martianus Capella, qui Harmonica sua et Rhythmica (ut primi observavimus) ex illo in Latinum sermonem transtulit. Quam feliciter, in Notis nostris interdum ostensum. Certe non ubique Aristidis mentem adsecutum esse, lector eruditus conspiciet» (Meibom 1652, lectori benevolo).

60 Cf. Winnington-Ingram 1963, p. XXII: «Postremo de Martiani Capellae testimonio dicendum est, qui in nono De nuptiis Philologiae et Mercurii libro multos Aristidis locos in linguam Latinam convertit. Is sive quarto sive quinto saeculo scripsit testium multo maximus natu est. Sed cum neque solum Aristidem adhibuerit neque semper verbum pro verbo reddidisse videatur, perraro accidit ut textum nostrum claro lumine illustret».

61 Cf. Guillaumin Jr. 2011, pp. CIV-CV.

62 Prima di Marziano, del resto, non c’è traccia di una vera e propria trattatistica musicale latina (tranne il De musica di Agostino, completato attorno al 387, che però risponde a una logica ‘cristiana’ estranea alla tradizione greca a cui si riallaccia Marziano): ci sono solamente brevi sezioni dedicate in Vitruvio, Plinio, Quintiliano, Gellio, Macrobio, Calcidio, Favonio Eulogio e nel cosiddetto fragmentum pseudocensoriniano

VIII. DICHIARAZIONI PROGRAMMATICHE SUL VERTERE