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Tra Oralità e Scrittura Ecateo di Mileto

Il VI secolo presenta delle caratteristiche storiche notevoli nel panorama dello sviluppo della civiltà ellenica: lo sviluppo giuridico e sociale del sistema delle πόλεις, la nascita della speculazione fisica136 e la prima diffusione della produzione letteraria in prosa. Questi tre

processi, oltre ad essere reciprocamente legati a livello concettuale, conoscono storicamente una comune culla geografica: la Ionia137. È in questa regione, e in particolare nella città di

132 Hes. Theog. 28. 133 Hes. Theog. 27. 134 Ibid.

135 Hes. Op. 10.

136 Uso in maniera apparentemente anacronistica il termine, consapevole che la speculazione intellettuale della scuola ionica non ha alcun legame immediato con la nozione moderna di scienze fisiche. L'utilizzo del termine assume un valore storicistico nel momento in cui con esso si intenda quella speculazione sulla φύσις che caratterizza l'opera dei primi filosofi greci.

Mileto, che si forma l'individuo da cui nessuno studio sulle genealogie greche può prescindere: Ecateo. La sua opera e le storie sulla sua figura costringono l'interprete moderno a riflettere sullo sviluppo, tra VI e V secolo, del discorso genealogico, associato a quello che tradizionalmente viene concepito come un ambiguo punto di svolta nella produzione intellettuale greca.

L'ambiguità di questo punto di svolta si articola su tre punti interpretativi che, dal più macroscopico al più piccolo, tenterò brevissimamente di illustrare. Il primo problema è posto dal problema dell'utilizzo della scrittura che trova, per noi moderni, in Ecateo un suo primo approdo nel campo della letteratura. Il notissimo frammento incipitario dell'opera genealogica di Ecateo138 crea una correlazione per noi necessaria tra utilizzo della scrittura e atteggiamento

critico, da parte dei pensatori del VI secolo, nei confronti della tradizione mitica pregressa: lo stesso atteggiamento che caratterizza la nostra percezione della nascita della storiografia greca. "Io scrivo", dunque, equivarrebbe a dire "io critico". Questa correlazione, di cui il frammento di Ecateo è indubbiamente una delle cause maggiori, ha determinato lo spostamento dalla visione naturalmente evoluzionistica e jacobiana della nascita della storiografia139 a una incentrata sull'impatto culturale della rivoluzione tecnica e cognitiva della

scrittura140. L'introduzione della scrittura alfabetica in Grecia, a partire dal VIII secolo,

sarebbe la causa principale di un'evoluzione cognitiva nell'individuo risultante nella capacità di astrarre, confrontare e confutare i saperi tradizionali precedentemente legati ad una loro diffusione esclusivamente orale141. Questo orizzonte interpretativo portò, grossomodo dalla

metà del Novecento in poi, a creare una certa radicalizzazione del divario tra culture orali e civiltà della scrittura142. All'interno dello studio della civiltà ellenica, questo divario si risolse

nella visione di un periodo pre-letterato anteposto e contrapposto ad uno a tutti gli effetti letterato, di cui la logografia ionica sarebbe il prodotto primo.

Questa prospettiva interpretativa, di cui lo studio classico di Goody e Watt è forse l'esempio più significativo143, ha suscitato a sua volta una reazione dai risultati illuminanti. Se

l'introduzione della scrittura in Grecia rappresenta indubbiamente una rivoluzione tecnica

138 Hecat. FGrHist 1 F1.

139 Il famoso passaggio da μύθος a λόγος, o, per dirla con Jacoby, da gläubliger Nacherzähler a kritischer Historiker (Jacoby 1926, p.8). Cf. Finley 1975, pp. 13 sgg., Fornara 1988, pp. 4-5 e Meister 1990, pp. 17 sgg. 140 Gli studi più significativi in questa direzioni sono stati quelli di Goody-Watt 1962-3, pp. 304-45, Goody 1977, Havelock 1978, pp 3-21, Ong 1982, Havelock 1986. Questa posizione fu sottoposta a critiche molto costruttive da Andersen 1987, pp. 29-44, e Thomas 1992. Si veda inoltre Hartog 1990, pp. 177-88.

141 Sarebbe interessante affrontare, nell'ambito della storia della cultura, uno studio sui rapporti tra questa rivoluzione interpretativa negli studi classici e l'ondata cognitivista che, dalla psicologia alla linguistica, ebbe enorme impatto culturale a partire dagli anni '50 sulla produzione intellettuale occidentale.

142 Penso agli anni tra la pubblicazione degli studi di Milman Parry e quella di Preface to Plato di Havelock nel 1963.

dalle conseguenze enormi, un'attenta analisi del suo sviluppo e del suo contesto storico mostra la fragilità di una dicotomia improntata esclusivamente sull'opposizione società orali/letterate. Essa di per sé non basta infatti a spiegare i cambiamenti cognitivi e rappresentativi che portano allo sviluppo della mentalità critica del VI/V secolo e non regge ad un attento scrutinio delle fonti. In questo senso lo studio più illuminante rimane ancora quello del 1989 di Rosalind Thomas, Oral Tradition and Written Record in Classical Athens, i cui temi fondamentali vengono poi ripresi ed ampliati nel 1992 in Literacy and Orality in Ancient

Greece144. Come la studiosa ha ben dimostrato, le due fasi conoscono in Grecia un

lunghissimo periodo di transizione e di sovrapposizione, e l'intero periodo classico rimane permeato di caratteristiche proprie delle cosiddette civiltà orali. Ne consegue che il medesimo accada per i suoi prodotti culturali145.

Presa in prospettiva storicistica, la questione è del resto molto semplice: se davvero l'introduzione della scrittura costituisse fonte di così grande cambiamento intellettuale, non si capirebbe per quale motivo dalle sue prime attestazioni epigrafiche (VIII secolo) fino all'opera di Ecateo, cioè in più di 200 anni di sviluppo, non ci sia pervenuto alcun indizio di un ripensamento critico del materiale mitologico tradizionale146. Meglio ancora: per quale motivo

le prime attestazioni della scrittura alfabetica non appartengono a produzioni anche solo vagamente storiografiche o filosofiche, bensì a quel settore della produzione intellettuale, l'epica, che nella conservazione della tradizione e della tradizionalità trova la sua principale ragion d'essere?

Più opportuno appare allora scandire la presenza della scrittura nella produzione intellettuale greca in più fasi. Su questo punto gli autori moderni si sbizzarriscono nella maniera più assoluta: agli scopi di questa ricerca mi basterà optare per la suddivisione più semplice possibile. Una prima fase fu sicuramente quella della messa per iscritto dei materiali orali e tradizionali poetici e di una loro trasmissione in maniera via via più canonizzata147. In

secondo luogo, la scrittura dei prodotti orali e dunque la possibilità di un loro confronto simultaneo avrà determinato una fase che si potrebbe definire dell'esegesi: ampliamento e commentario al materiale epico all'interno della sua stessa tradizione148. Infine, ultima e più

importante conseguenza dell'introduzione della scrittura, la fase dell'interpretazione, o meglio

144 Come giustamente segnala l'autrice in quest'ultima opera, writing does not descend onto a blank slate, ma può solo exaggerate or strengthen tendencies already present (Thomas 1992, p. 24).

145 Thomas 1989, pp. 1-14. 146 Bertelli 2001, p. 68.

147 Andersen 1987, p. 33 e Bertelli 2001, pp. 68-9.

dell'uso critico della tradizione149: questa fase, che è quella in cui più correttamente andrebbe

inserito Ecateo per coloro che vedono la sua opera come punto di rottura assoluto rispetto alla tradizione mitica, è caratterizzata dalla capacità di confrontare le diverse tradizioni ormai messe per iscritto prendendone le distanze in un'ottica mirata al fact-checking e che presuppone, in ultima istanza, una nozione sviluppata di scelta arbitraria e di individualità decisionale dell'autore. Senza allungare ulteriormente la discussione su questo punto specifico, di per sé interessantissimo, mi basta sottolineare come questa semplice scansione in tre fasi dell'utilizzo della scrittura sia sufficiente a supporre che il semplice utilizzo della scrittura non sia di per sé la causa di una rivoluzione nell'atteggiamento intellettuale, ma semplicemente un suo strumento.150

Questo ci porta direttamente alla seconda ambiguità relativa al ruolo dell'opera ecataica. Se, come si è visto, non è dimostrabile a priori, né tanto meno a posteriori, che "io scrivo" equivale a "io critico", bisognerebbe interrogarsi sul rapporto che l'opera genealogica di Ecateo intrattiene con la tradizione, a prescindere dal fatto che essa sia nata come opera scritta. Il caso del Catalogo delle Donne da questo punto di vista è paradigmatico. Il poema frammentario pseudo-esiodeo, che per complessità e ridondanza rispetto a quanto osservabile nella Teogonia ho omesso nella sezione precedente di questo capitolo, si colloca, stando alla datazione fornita da West, in un contesto storico-culturale molto vicino a quello di Ecateo151.

Così come lo conosciamo, infatti, esso è il prodotto di un'elaborazione scritta il cui tema principale è l'elencazione delle genealogie eroiche della tradizione mitica. Più precisamente, si tratta delle genealogie deducibili dalle varie tradizioni mitiche decentrate geograficamente e, verosimilmente, diacronicamente. Il redattore-poeta finale dunque di quest'opera si collocava sicuramente in quella seconda fase della scrittura caratterizzata dalla giustapposizione di materiale tradizionale già scritto, dal suo ampliamento e da una sua possibile funzionalizzazione politica rimanendo sempre all'interno della tradizione poetica e mitica stessa. Se, come sottolineò già West, il poema riporta tentativi di correzione di date tradizioni o di funzionalizzazione dello strumento espressivo genealogico a fini più o meno politici, esso lo fa pur sempre rimanendo nella maniera più fedele possibile all'interno della tradizione da cui parte152. Il Catalogo è forse l'esempio più lampante dell'utilizzo della

scrittura per un prodotto che si situa in una tradizione concepita come prevalentemente orale e

149 Questa distinzione tra fase esegetica e fase critica (che, ad esempio, Bertelli 2001, p. 69, accorpa in un solo momento) è stata adoperata da Detienne 1981, p. 131, riprendendo Sperber 1974.

150 Bertelli 2001, p. 70.

151 West 1985, p. 136, colloca la redazione finale del catalogo (formatosi per accumulazione dei nuclei genealogici a partire dal VIII secolo) nel periodo tra il 580 e il 520. Contra Arrighetti 2008, pp. 11-26. 152 Si veda anche Fowler 2001, p. 96.

che ne amplia e prolunga i procedimenti espressivi e concettuali, piuttosto che metterli in discussione153.

La situazione di Ecateo si mostra più problematica. Tradizionalmente l'autore della

Periegesi e delle Genealogie viene collocato de facto, come dicevo, nella terza fase dello

sviluppo della scrittura, quella legata ad una presa di distanza critica dalla tradizione mitica. Così, egli viene visto come padre della cronologia genealogica, inventore della spiegazione razionale dei miti e degli strumenti basilari per la nascita dell'indagine storiografica154. Senza

ombra di dubbio, la paternità di un'opera a carattere geografico e di una a carattere genealogico ha contribuito a vedere in lui un precursore delle tendenze etnografiche della prima storiografia erodotea155. Altri studi, tuttavia, hanno negato tale carattere innovativo

all'intellettuale milesio, rilegandolo, sulla scorta di un tipo di critica risalente direttamente alla tarda antichità, al ruolo di continuatore o erede della tradizione esiodea, il cui unico tratto innovativo sarebbe stato quello di tradurre in prosa il materiale già circolante in versi156.

Dal punto di vista del contenuto, questa seconda interpretazione della figura di Ecateo è senz'altro vera. Per quanto è dato sapere ad oggi, l'opera di Ecateo era incentrata sul passato mitico, e le sue genealogie concernevano i personaggi delle saghe eroiche, senza arrivare, verosimilmente, al presente storico dello scrittore. Riprendendo l'analisi dell'opera esiodea da me condotta supra, i punti di contatto tra i due apparentemente si ampliano: già Esiodo aveva introdotto la presenza dell'autorialità nel discorso genealogico assieme a quello di verità, utilizzando il discorso genealogico oltre che per fini di intrattenimento anche, si potrebbe dire, per fini didattici. Il linguaggio genealogico assume un valore raffigurativo nei confronti della realtà. La continuità non sorprende poi se tra Esiodo ed Ecateo poniamo, seguendo West, sia culturalmente che cronologicamente un'opera come Il Catalogo delle Donne: a tutti gli effetti le Genealogie ci apparirebbero così come una naturale evoluzione del riflessione iniziata da Esiodo due secoli prima157. Del resto, dall'analisi dei frammenti di Ecateo si desume che egli

non mirasse tanto a razionalizzare in maniera assoluta, o in una maniera che oggi si definirebbe scientifica, i miti legati alle genealogie eroiche quanto a discernere tra le loro

153 West 1985, p. 166, sviluppato maggiormente da Thomas 1989, pp. 183 sgg.

154 Questa interpretazione canonica risale a Meyer 1892, pp. 169 sgg., e Meyer 1893 pp. 7 sgg. Uno degli studi più importanti per capire questa interpretazione tutta razionalistica della figura di Ecateo rimane Von Fritz 1967, vol. I, p. 71 (ma anche vol. II, pp. 49 sgg.).

155 Per una discussione sui generi della prima storiografia greca, con particolare attenzione alla questione sulla etnografia erodotea, Shrimpton 1997, pp. 147 sgg. Più in generale Marincola 1999, pp. 281-324.

156 Per questo filone interpretativo Pearson 1939, pp. 105 sgg, Mitchel 1956, pp. 48-69 (una confutazione sistematica della tesi di Meyer) e più recentemente Burkert 1995, pp. 139-48, e Möller 1996, pp. 17-35. Lasserre 1976, pp. 113-42, in un certo senso ripreso da Hartog 1990, pp. 177-88, opta per una posizione più sfumata. Il riferimento alla critica antica va a Strab. I 2, 6 (= Hecat. FGrHist 1 T 16).

varie versioni e commentare, correggendo alcuni dati della tradizioni, gli episodi più apertamente contraddittori o inverosimili158. Riprendendo un'opinione già espressa da Hartog,

egli si colloca solo sulla soglia della terza fase, quella propriamente interpretativa, della scrittura, rimanendo ancora legato a quella più propriamente esegetica159. Ecateo non nega i

λόγοι, li seleziona. Questa posizione di continuità rispetto alla tradizione mitica e catalogica non necessita, reputo, di una connotazione negativa o riduttiva: essa esprime semplicemente le modalità di pensiero di un uomo inserito nel suo contesto culturale.

Queste modalità di pensiero, tuttavia, presentano una differenza rispetto all'autore del

Catalogo e alla tradizione esiodea che, solo apparentemente superficiale, non è affatto banale.

Esse abbandonano il verso e si esprimono in prosa. La spiegazione canonica per questa scelta sarebbe l'aderenza da parte di Ecateo di Mileto ai criteri contenutistici e stilistici della cosiddetta scuola milesia160. Questa spiegazione, oltre a peccare di petitio prinicipii, non rende

conto della complessità dello sviluppo della prosa e della scrittura ad argomento critico- filosofico161. Ecateo avrebbe infatti potuto benissimo seguire l'esempio di Senofane, che aveva

utilizzato esametri, elegie e giambi per revisionare la tradizione poetica e descrivere fenomeni naturalistici quali i fossili di Siracusa, di Paro o di Malta162. D'altro canto, è possibile che sia

stato Ferecide di Siro a influenzare la scelta di scrivere in prosa di Ecateo, piuttosto che la scuola milesia in senso stretto163. In alternativa, e in maniera a mio parere più suggestiva,

potrebbe essere stato lo sviluppo della prosa nella redazione delle leggi delle πόλεις a indirizzare il genealogista.

Quale che sia stato il modello della prosa di Ecateo, le ragioni per il suo utilizzo appaiono abbastanza chiare: la λέξις εἰρομένη da lui scelta164, con la sua struttura sintattica per

subordinate, gli consentiva non solo di descrivere, ma anche di argomentare. Scevra dai bisogni stilistici della produzione in versi, la prosa lasciava libero spazio all'articolazione di un pensiero che necessitava di una dimostrazione convincente che potesse mettere a confronto tradizioni divergenti. In questo senso, è proprio con Ecateo che il discorso genealogico, per la prima volta, viene fatto oggetto di indagine e instaura un rapporto dialettico esplicito tra autore e tradizione.

158 Fornara 1988.

159 Hartog 1990: il fait valoir qu'avec Hécatée l'interprétation, si interprétation il y a, est toute proche encore de l'exégèse, logée précisément dans la distance minimale instaurée par le graphô (j'écris).

160 L'opinione fu espressa per primo da Jacoby 1912, p. 2667 e si è da allora posta come assioma accettato in maniera ortodossa dalla maggior parte della critica, fino ad un lavoro recente come Nikulin 2017, pp. 25-7. 161 La questione è ben riassunta in Bertelli 2001, p. 78, con bibliografia essenziale in nota.

162 Xen. 21 A 33 DK. 163 Fränkel 1962, p. 282. 164 Fränkel 1960, pp. 62 sgg.

Questo porta direttamente alla terza e ultima ambiguità rispetto al ruolo di Ecateo come punto di svolta, quella relativa alla sua cronologia relativa. Tradizionalmente, Ecateo viene considerato il primo scrittore di genealogie in prosa165. Questo primato del prosatore milesio,

tuttavia, ha suscitato numerose polemiche tra gli specialisti e basta approfondire anche solo di poco la questione per scoprire che la datazione di altri noti genealogisti, tra cui Acusilao di Argo e Ferecide di Atene, oscilla in maniera del tutto arbitraria tra metà VI secolo e basso V secolo. Anche essi hanno scritto opere di genealogia in prosa e anche essi hanno trattato, principalmente, delle genealogie dell'epoca leggendaria. Se per Ferecide una datazione più bassa sembra più plausibile, e l'influenza del milesio sull'ateniese sembra essere anche culturalmente plausibile, la questione è ben diversa per Acusilao. Non manca infatti chi abbia sostenuto una sua anteriorità rispetto ad Ecateo166. Se anche così fosse, senza voler entrare nel

merito della questione, quest'ultimo assumerebbe nonostante ciò comunque un ruolo più marcato rispetto alla precedente tradizione poetica, che prescinde dalla destinazione scritta dell'opera o dall'uso della prosa. Quello che cambia veramente con Ecateo e la posizione metodologica che esplicitamente l'autore assume sin dal celebre incipit della sua opera. Se infatti Esiodo, sia nella Teogonia sia negli Erga, pur affermando un principio di individualità autoriale, faceva sostanzialmente ricorso alle Muse per asseverare che le cose che si accingeva a narrare erano ἀληθέα oppure ἐτήτυμα, Ecateo introduce un nuovo, questo sì, rivoluzionario metodo di asseverazione della realtà, che abbandona qualsiasi ricorso ad una

auctoritas esterna. Il primo frammento di Ecateo, con cui si apre ogni discussione sull'origine

della storiografia greca, ne è testimone167:

Ἑκαταῖος Μιλήσιος ὧδε μυθεῖται· τάδε γράφω, ὥς μοι δοκεῖ ἀληθέα εἶναι· οἱ γὰρ Ἑλλήνων λόγοι πολλοί τε καὶ γελοῖοι, ὡς ἐμοὶ φαίνονται, εἰσίν.

Ecateo di Mileto così narra: queste cose scrivo, così come a me sembrano essere vere: i discorsi degli Elleni infatti, come a me appaiono, sono molti e ridicoli.

Prima ancora di accennare alla presa di distanza dalla tradizione dei λόγοι greci, Ecateo pone immediatamente una dichiarazione di metodo: scrivere le cose così come a lui sembrano

essere vere. È il proprio giudizio ad essere messo in gioco, la propria capacità di discernere il

falso dal vero. Da questo punto di vista Acusilao si presenta come molto più legato alla tradizione: a quanto è dato sapere, egli giustificava la sua trattazione delle genealogie con il

165 Questa prospettiva deve sicuramente gran parte della sua ragion d'essere alla sistemazione operata da Jacoby nel suo Die Fragmente der griechischen Historiker (Jacoby 1923-58). Thomas 1989, p. 155, non ha dubbi definendolo il primo genealogista. Utile a riguardo Zunino 2015, pp. 22-7.

166 Si veda a riguardo Bertelli 1996, p. 80 n. 148. 167 Hecat. FGrHist 1 F1.

racconto del ritrovamento, nel giardino di suo padre, di alcune placche di bronzo molto antiche contenenti le informazioni da lui redatte168. Anche in questo caso dunque, benché in

un certo senso laicizzato, vediamo l'impiego del principio di una auctoritas esterna all'autore. Con Ecateo, si trova per la prima volta la consapevolezza di interagire individualmente non solo con un pubblico ma anche con una tradizione pregressa169, e di intrattenere con questa

tradizione un rapporto critico che si poggia sul criterio della δόξα o, meglio ancora, su quello della verosimiglianza, espresso dal concetto di λόγος εἰκώς che si ritrova nel F 28170.

Naturalmente, siamo ancora molto lontani da quella nozione negativa di δόξα che prenderà piede in ambito filosofico solo più tardi, assumendo il valore di illusione o apparenza opposta alla verità171. Al contrario, come si evince dal frammento incipitario, la nozione di δόξα è qui

strettamente correlata a quella di verità. La decisione, ossia l'atteggiamento critico nei confronti della tradizione, diviene un'operazione produttrice di ἀλήθεια, legata a delle modalità di pensiero molto più vicine all'ἔδοξε τῷ δήμῳ delle πόλεις del VI e poi V secolo che alla tradizione esiodea172.

Il discorso genealogico, dunque, mediante l'opera rivoluzionaria di Ecateo conosce una nuova fertilità che lo trasforma in campo in cui cimentare le proprie capacità asseverative e dimostrative. Il principio di verosimiglianza che Ecateo introduce, pur rimanendo ancorato al mondo del mito, introduce nuovi strumenti analitici atti ad asseverare o meno il valore di un racconto: è vero perché mi sembra verosimile173. È proprio in seno alla produzione

genealogica dunque che troviamo quell'interesse dialettico nei confronti della tradizione e, sia concettualmente sia contenutisticamente, del passato che, in un certo senso, si presenta come asse ermeneutico centrale per la comprensione del fenomeno complesso della tragedia attica.

168 Acus. FGrHist 2 T1, tratto dal lessico Suda. Si veda a riguardo Jacob 1994, pp. 181-2.

169 A questo proposito, è interessante il concetto triangolare di intertestualità agonistica elaborato da Assmann 1992, pp. 286-7. Nicolai 2003, p. 105, proprio in virtù di questo rapporto con la tradizione così serrato, definisce Ecateo, in maniera suggestiva, "l'ultimo rapsodo".

170 Utili anche il F26 e F27. Cf. Zunino 2015, pp. 26-7. 171 Hartog 1990, p. 182.

172 Rivier 1975, pp. 337-67 e Detienne 1981, p. 140.

173 Sul rapporto tra questo criterio e lo sviluppo della storiografia con Erodoto e Tucidide è interessante Jacob 1994. Cf. Zunino 2015, pp. 27 sgg.

CAPITOLO II

Essere figli dei padri - Il patronimico come forma elementare funzionale del discorso genealogico in Eschilo

Nel capitolo precedente, è stato possibile seguire lo sviluppo del discorso genealogico nella