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Le Supplici I figli di Egitto

Le Supplici sono la tragedia in cui il discorso genealogico assume la sua forma più estesa e drammaturgicamente elaborata262. Oltre a questo, è anche la tragedia con la maggiore presenza

di forme patronimiche di identificazione dei personaggi. La prima di queste forme si trova già all'inizio della parodo. Parlando dei propri cugini, gli antagonisti assenti della tragedia, il coro usa l'espressione "figli d'Egitto"263:

260 Hutchinson 1985, p. 141, ha sostenuto che si tratti di un nome epicorico, possibilmente in linea con la tendenza a rappresentare tutti i difensori di Tebe come autenticamente autoctoni.

261 Il. IV 395 sgg., in cui viene raccontata la morte dell'eroe. Vian 1963, p. 169 e 185, suggerisce che sia Polifonte sia Autofono fossero nomi da Sparti.

262 Mi riferisco al discorso genealogico dei vv. 289-326 tra Pelasgo e il coro, il cui scopo è quello di verificare l'identità "etnico-culturale" di Danao e delle sue figlie. All'analisi di questa sezione sarà dedicato il terzo capitolo di questo studio.

[...] Δίαν δὲ λιποῦσαι χθόνα σύγχορτον Συρίαι φεύγομεν, οὔτιν᾽ ἐφ᾽ αἵματι δημηλασίαν ψήφωι πόλεως γνωσθεῖσαι, αλλ᾽ αὐτογενῆ φυξανορίαν, γάμον Αἰγύπτου παίδων ἀσεβῆ τ᾽ ὀνοταζόμεναι < >. [...] di Zeus lasciando

la terra che confina con la Siria siamo fuggite, non perché condannate con pubblico voto della città per colpa di sangue,

ma per una fuga dai maschi della stessa stirpe, ripudiando le nozze empie

dei figli d'Egitto.

Lungo tutto l'arco della tragedia la designazione patronimica rimane l'unica forma appellativa riservata a questi personaggi assenti. Il motivo immediato di questa connotazione identificativa è reso chiaro dall'opposizione contrastante che viene suggerita dal coro stesso subito dopo264

Δαναὸς δὲ πατὴρ καὶ βούλαρχος καὶ στασίαρχος τάδε πεσσονομῶν κύδιστ᾽ ἀχέων ἐπέκρανε

Danao il padre e consigliere

e capo della sedizione muovendoci come pedine fra i mali scelse il migliore.

Così come i maschi da cui il coro fugge sono i figli di Egitto, loro sono le figlie di Danao. Entrambi le parti ricevono dunque già nei primi versi della tragedia una connotazione genealogica che si presenta come oppositiva e che rivela una delle possibili dinamiche sottese all'intera trilogia tragica265. Le fanciulle del coro sono le pedine del padre Danao, come a loro

volta gli inseguitori non sono altro che i figli di Egitto, fratello di Danao. Si sarebbe tentati di dire che il vero conflitto, più che tra le Danaidi e i cugini, sia tra Egitto e il fratello Danao266.

Questa connotazione genealogica oppositiva, tuttavia, può essere interpretata anche su un livello che esula dall'azione e dai personaggi legati alla vicenda mitica e che gioca invece sull'evocatività delle scelte testuali nel pubblico ateniese del V secolo. La seconda identificazione patronimica dei contendenti delle Danaidi sviluppa un tema già presente nel passo visto sopra267:

[...] ἀρσενοπληθῆ δ᾽ ἑσμὸν ὑβριστὴν Αἰγυπτογενῆ, πρὶν πόδα χέρσωι τῆιδ᾽ ἐν ἀσώδει θεῖναι, ξὺν ὄχωι ταχυήρει, πέμψατε πόντονδ᾽· [...] Lo sciame tracotante

pieno di maschi nato d'Egitto,

prima che il piede sulla paludosa distesa posi, con vascello veloce,

mandalo nel mare

264 Aesch. Suppl. 10-12.

265 Bowen 2013, p. 144: "The Chorus both reveal to the audience the myth being presented and imply their own identity as daughters of Danaus, which they confirm at the start of the next sentence".

266 Per una discussione aggiornata sulle teorie circa la trama della trilogia è utile Sommerstein 2010, pp. 84-117. Lo studioso aveva già espresso in Sommerstein 1977, p. 67, l'opinione secondo la quale dietro l'astio tra il coro e i cugini si rivelasse in realtà una lotta dinastica tra fratelli. Contro quest'opinione Friis Johansen - Whittle 1980, vol. II, p. 17, che parla di "irrelevance and confusingness of this far fetched idea in the context". Temo che la posizione più sensata sia da cercare a metà strada: gli elementi a nostra disposizione circa la trama della trilogia sono infatti troppo scarsi, e il mito delle Danaidi troppo ricco e differenziato per trarne conclusioni deicisive. Certamente la connotazione di Danao come βούλαρχος καὶ στασίαρχος in questo punto iniziale del dramma propende per l'interpretazione di Sommerstein.

Anche in questo caso si trova, legata alla identificazione genealogica dei cugini delle Danaidi, una connotazione funesta e assolutamente negativa che sfocia nella violenza e nella mancanza di reticenza da parte di questi parenti inseguitori. A pochi versi di distanza troviamo infatti associati ai figli di Egitto la nozione di empietà, di tracotanza e di violenza, a tal punto da meritarsi la connotazione ferina implicata nella parola ἑσμόν268.

Questa associazione iniziale tra l'espressione "figli di Egitto/stirpe di Egitto" e aspetti brutali dell'esistenza umana viene confermata anche nelle successive occorrenze dell'identificativo di tipo patronimico. In una sezione centrale del primo episodio si trova infatti il seguente dialogo tra il coro e Pelasgo269:

<Βα>. τί φήις <μ᾽> ἱκνεῖσθαι τῶνδ᾽ ἀγωνίων θεῶν, λευκοστεφεῖς ἔχουσα νεοδρέπτους κλάδους; <Χο>. ὡς μὴ γένωμαι δμωῒς Αἰγύπτου γένει. Βα. πότερα κατ᾽ ἔχθραν, ἢ τὸ μὴ θέμις λέγεις; <Χο>. τίς δ᾽ ἂν φιλοῦσ᾽ ὄνοιτο τοὺς κεκτημένους; <Βα>. σθένος μὲν οὓτως μεῖζον αὔξεται βροτοῖς. <Χο>. καὶ δυστυχούντων γ᾽ εὐμαρὴς ἀπαλλαγή. Βα. πῶς οὖν πρὸς ὑμᾶς εὐσεβὴς ἐγὼ πέλω; Χο. αἰτοῦσι μὴ ᾽κδοὺς παισὶν Αἰγύπτου πάλιν. Βα. βαρέα σύ γ᾽ εἶπας, πόλεμον ἄρασθαι νέον.

Re: Dimmi perché mi supplichi in nome degli dèi riuniti tenendo in mano ramoscelli nuovi incoronati di bianco? Co: Per non diventare schiava della stirpe di Egitto. Re: Per odio o perché non è lecito lo dici?

Co: Quale donna amata odierebbe i padroni? Re: Così la forza si accresce di più tra i mortali. Co: Ed è proprio la liberazione facile dagli sventurati. Re: Come posso dunque mostrarmi pio nei vostri confronti?

Co: Non consegnandoci indietro ai figli di Egitto. Re: Cose gravi tu dici, intraprendere una nuova guerra.

Al v. 335 la menzione della stirpe di Egitto è legata all'immagine della δμωὶς, che la corifea teme di diventare qualora si dovesse unire in matrimonio con i cugini. La scelta lessicale è molto forte ed implica una connotazione violenta delle intenzioni dei figli di Egitto. La parola δμωὶς, con la sua variante più comune δμωή indica infatti la prigioniera di guerra ed in Eschilo sembra essere spesso associata alla paura, da parte di donne, di essere violentate o a delle condizioni servili che presuppongono una perdita della verginità violenta e legata a contesti bellici270. L'intero passo del resto mette in risalto la percezione problematica del

γάμος da parte delle Danaidi, inteso come acquisto volto a sopprimere in un gioco di forze la parte più debole, rappresentata naturalmente dalle donne271. Al v. 341 i pretendenti delle

268 Friis Johansen - Whittle 1980, vol II, pp. 30-1, fa notare che ἑσμόν non è di per sé parola dispregiativa, ma che riceve tale connotazione dal contesto (cfr. associazioni ferine degli Egittiadi ai vv. 60 sgg., 223 sgg., 350 sgg., 510-1, 642, 751, 758 sgg., 886-7, 895 sgg.)

269 Aesch. Suppl. 333-42.

270 Così ad esempio in Sept. 363, in cui lo status di δμωὶς è associato allo stupro. La parola poteva essere sentita come corradicale di δάμνημι, "conquistare, battere", benché sia più correttamente da associare alla radice *δομ-, "casa". Cfr. Bowen 2013, p. 218. Friis Johansen - Whittle 1980, vol II., pp. 269-70, sostiene che la corifea "equates marriage to the Aegyptiads with bondage".

271 Sulla rappresentazione della sposa come κτῆμα e dello sposo come possessore, Jenkins 1983, p. 140 e Sourvinou-Inwood 1987, p. 137. In tragedia l'immagine si trova in Eur. IA 714-5, Hel. 572, 1193 e Med. 230. Come fa notare Friis Johansen - Whitlle 1980, vol. II, p. 273, l'immagine non è di per sé negativa, in quanto riflette ciò che era ritenuto socialmente normale in Grecia antica, ma deriva la sua connotazione peggiorativa solamente dal contesto.

Danaidi vengono nuovamente identificati con un patronimico: è curioso che nel verso successivo Pelasgo interpreti la richiesta del coro, cioè quella di non essere consegnate ai cugini, come una condizione grave ed implicante una guerra272.

L'immagine del predominio fisico violento nei confronti delle donne da una parte e l'immagine della guerra nei confronti degli uomini dall'altra sembrano essere strettamente associate al nome di Egitto e dei suoi figli. Nelle successive occorrenze del nome infatti troviamo aspetti legati alla sfera dell'esercizio di forza e della guerra273:

Βα. εἴ τοι κρατοῦσι παῖδες Αἰγύπτου σέθεν νόμῳ πόλεως, φάσκοντες ἐγγύτατα γένους εἶναι, τίς ἂν τοῖσδ᾽ ἀντιωθῆναι θέλοι; εἰ δ᾽ αὖθ᾽ ὁμαίμοις παισὶν Αἰγύπτου σέθεν σταθεὶς πρὸ τειχέων διὰ μάχης ἥξω τέλους, πῶς οὐχὶ τἀνάλωμα γίγνεται πικρόν, ἄνδρας γυναικῶν οὕνεχ᾽ αἱμάξαι πέδον; Χο. ἐξῶλές ἐστι μάργον Αἰγύπτου γένος μάχης τ᾽ ἄπληστον. καὶ λέγω πρὸς εἰδότα. δοριπαγεῖς δ᾽ ἔχοντες κυανώπιδας νῆας ἔπλευσαν ὧδ᾽ ἐπιταχεῖ κότῳ πολεῖ μελαγχίμῳ σὺν στρατῷ.

Re: Se però i figli di Egitto prevalgono su di te secondo la legge della città, dicendo di essere i più vicini

di stirpe, chi vorrebbe opporsi a costoro?

Se d'altro canto ponendomi davanti alle mura giungessi alla fine

ad una battaglia con i figli di Egitto a te consanguinei, come potrebbe non essere aspro il dispendio,

con uomini che insanguinano la pianura a causa di donne?

Funesta è la violente stirpe d'Egitto insaziabile di battaglia. E dico a chi già sà. Tenendo navi costruite con travi

dagli occhi ciani navigarono con rapida ira con grande esercito dalla pelle nera.

Benché ognuno di questi passi meriterebbe una trattazione a parte, balza subito all'occhio l'accostamento tra il campo semantico della forza/scontro armato e la formula patronimica riservata agli antagonisti assenti274. Il significato di questo accostamento credo possa essere

letto quantomeno in duplice chiave. Credo sia fuori discussione che il senso primario di questo accostamento tra immagini di guerra e il nome dei figli di Egitto avesse la funzione drammaturgica di alludere allo scontro armato tra Egittiadi e Pelasgi già nota alla tradizione e che verosimilmente compariva successivamente nella trilogia, o come materia degli Egittiadi o come antecedente narrativo delle Danaidi. Tuttavia, non è solo la sfera della trama ad essere coinvolta qui: come i passi analizzati dimostrano, la menzione della discendenza di Egitto viene sistematicamente accompagnata da elementi linguistici che connotano i cugini delle Danaidi come appartenenti ad un contesto culturale impregnato di violenza (sia sessuale sia bellica) ed empietà/dismisura. Ad ulteriore conferma di questa connotazione negativa dei figli di Egitto anche il passo seguente, pronunciato dal coro poco prima dell'ingresso in scena

272 Friis Johansen - Whittle, vol. II, p. 276; Bowen 2013, p. 220. 273 Aesch. Suppl. 387-9, 474-7, 741-5.

274 Per κρατεῖν, del v. 387, cfr. Friis Johansen - Whittle 1980, vol. II, p. 306. Su μάργον, del v. 741, Friis Johansen - Whittle 1980, vol III, p. 98: "this word and its derivates [...] usually imply a violent appetite for something".

dell'araldo egiziano275: γένος γὰρ Αἰγύπτιον ὕβρει δύσφορον < > ἀρσενογενεῖ μετά με δρόμοισι διόμενοι φυγάδα μάταισι πολυθρόοις βίαια δίζηνται λαβεῖν.

La funesta stirpe d'Egitto con tracotanza nata da maschio braccandomi con folli corse dalle molte grida brama

prendere questa fuggiasca con la forza.

L'episodio dell'araldo egiziano svela, in un certo senso, la cifra allusiva su cui poggia l'associazione tra figli di Egitto e aspetti cruenti dell'esistenza. A differenza delle loro cugine Danaidi che nella rivendicazione della loro "argività" fondata sulla discendenza genealogica da Io assumono atteggiamenti rituali riconosciuti come ellenici, gli Egittiadi falliscono nell'osservanza degli usi ellenici e, nonostante la comune discendenza da Io, non mostrano alcun tentativo, tramite la figura dell'araldo, di volersi identificare come argivi. Nella sequenza che vede scontrarsi l'araldo con Pelasgo e i suoi uomini, gli Egittiadi vengono inconfutabilmente identificati come barbari276:

Βα. οὗτος τί ποιεῖς ; ἐκ ποίου φρονήματος ἀνδρῶν Πελασγῶν τήνδ᾽ ἀτιμάζεις χθόνα; ἀλλ᾽ ἦ γυναικῶν ἐς πόλιν δοκεῖς μολεῖν; κάρβανος ὢν Ἕλλησιν ἐγχλίεις ἄγαν καὶ πόλλ᾽ ἁμαρτὼν οὐδὲν ὤρθωσας φρενά.

Che cosa fai tu? Da quale sfrontatezza

ti viene di oltraggiare questa terra di uomini pelasgi? Ma credi di essere giunto alla città delle donne? Pur essendo straniero troppo fai lo sfrontato con gli Elleni

e di gran lunga sbagliando non correggi nessun pensiero.

I tratti di violenza e dismisura associati fino a questo punto del dramma in maniera allusiva ai figli di Egitto trovano un proprio sviluppo concreto nella figura dell'araldo, che viene opposta alla figura di Pelasgo in quanto κάρβανος incompatibile con le norme sociali elleniche277. Nell'arco di tutto l'episodio infatti l'araldo viene presentato con caratteri che, in

maniera iperbolica, connotano la diversità culturale: a lui, e di conseguenza ai suoi mandanti, viene associata l'immagine della città delle donne, la scorretta esecuzione del proprio ruolo di ξένος, la mancanza di rispetto nei confronti delle divinità argive e in una certa misura un grado di primitività associato all'uso della birra278. La diversità che rappresenta coinvolge

dunque tutti i piani principali dell'esistenza: la sfera sessuale, la sfera politico-sociale, la sfera religiosa e la sfera alimentare.

In questo senso dunque si può parlare di una scelta connotativa esplicita intrapresa da

275 Aesch. Suppl. 817-21. 276 Aesch. Suppl. 911-5.

277 Bakewell 2013, p. 46, 65, 75. Bowen 2013, p. 28.

278 Bowen 2013, p. 331, sostiene che il riferimento al liquore d'orzo sia un'allusione all'idea che gli egiziani praticassero forme di fellatio, sulla scorta di Sommerstein 1990-3, pp. 59-64. L'idea mi sembra molto stravagante, e mi trovo più in accordo con l'opinione espressa da Friis Johansen - Whittle 1980, vol. III, p. 255, che insiste sul valore della birra come bevanda primitiva rispetto al vino (cfr. Harrison 19082, pp. 472- 4).

Eschilo nell'insistenza sulla formula identificativa consistente nell'espressione patronimica "figli/stirpe di Egitto". A differenza delle consanguinee Danaidi, il nome stesso del padre, Egitto, evoca nel pubblico ateniese un'alterità culturale percepita come radicale e appoggiata completamente sia dall'opposizione drammatica creata dal tragediografo tra Egittiadi e Pelasgi sia dai tratti violenti, ubristici e, al limite della alterità, primitivi a loro associati279.

Pelasgo e Palectone

L'alterità culturale dell'Egitto rappresentato dagli Egittiadi trova un suo contraltare nell'operazione di omologazione culturale avviata da Eschilo nei confronti dell'Argo pelasgica rappresentata come una sorte di Atene democratica ante litteram280. Questo parallelismo, che

diventa manifesto nella narrazione della votazione dell'assemblea dei cittadini circa l'affaire Danaidi, viene anticipato da Eschilo sin dalle prime battute del βασιλεύς di Argo, Pelasgo. Presentandosi al pubblico e al coro, il sovrano dichiara281:

τοῦ γηγενοῦς γάρ εἰμ᾽ ἐγὼ Παλαίχθονος ἶνις Πελασγός, τῆσδε γῆς ἀρχηγέτης, ἐμοῦ δ᾽ ἄνακτος εὐλόγως ἐπώνυμον γένος Πελασγῶν τήνδε καρποῦται χθόνα

Io sono Pelasgo figlio di Palectone

nato dalla terra e di questa terra sono il capo, da me che sono il sovrano giustamente la stirpe dei Pelasgi che raccoglie i frutti di questo suolo prende il nome

Nel patrimonio leggendario e genealogico greco, la figura di Pelasgo offre un caso particolare: egli è presente in numerose tradizioni differenti, legato a luoghi diversi della penisola ellenica e a rapporti genealogici variegati282. L'unica costante legata al personaggio

rimane tuttavia il suo rapporto con una sfera temporale percepita dai greci in epoca storica come lontana e primordiale283. Fare dunque di Pelasgo il reggitore di Argo e del γένος che da

lui prende nome gli abitanti della regione, Eschilo compie un'operazione di allontanamento nel tempo marcatamente ideologica284. L'Argo cui le Danaidi approdano è l'Argo dei Pelasgi,

ossia l'Argo ab origine, le cui caratteristiche geo-politiche quali l'estensione panellenica del regno e il regime democratico, nonché un costante richiamo al carattere ellenico delle proprie usanze, permette un abbattimento immediato della dimensione regionale e una scorrevole, se non immediata, identificazione con la condizione culturale dell'Atene del V secolo. L'Argo panellenica dei Pelasgi è a tutti gli effetti quella immagine di una grecità in nuce che si contrappone all'alterità etico-politica dei barbari e cui gli Ateniesi si richiamavano

279 Cfr. Bowen 2013, p. 230. Sulla percezione dei costumi egiziani come totalmente opposti, e dunque "pervertiti" o "sovvertiti", Hdt. II 35 sgg.

280 Cfr. Vidal-Naquet 2002, pp. 44-9. 281 Aesch. Suppl. 250-3.

282 Pattoni 2006a, pp. 155-6. Sulle diverse genealogie di Pelasgo, Bultrighini 1990, pp. 88 sgg. 283 Cfr. Sourvinou - Inwood 2003.

esplicitamente.

Il parallelismo tra l'Atene storica e l'Argo pelasgica è resa evidente da un ulteriore dettaglio, rappresentato sulla scena dalla presentazione genealogica di Pelasgo. La genealogia fornita da Eschilo risulta infatti essere una probabile innovazione del poeta: in nessuna altra fonte infatti compare questo legame genealogico e in nessuna altra fonte, ad essere più precisi, compare il raro aggettivo Παλαίχθων come nome proprio285. Il termine si ritrova, ad esempio,

in Eschilo nei Sette contro Tebe ai vv. 105 s. come epiteto di Ares e allude al suo rapporto con la città di Cadmo e i Cadmei. In un epigramma citato da Eschine, l'aggettivo compare associato al tema dell'autoctonia ateniese, ed è proprio come sinonimo di αὐτόχθων che viene inteso dallo scoliasta al passo286.

Fare di Pelasgo il figlio di un Palectone, dunque, aveva la chiara funzione simbolica di sottolineare il tema dell'autoctonia del sovrano argivo, del suo popolo e, di conseguenza, delle sue pratiche democratiche. Il linguaggio solenne ed epicheggiante della frase e la scelta della marcata innovazione genealogica concorrono in questa direzione. È stato inoltre notato come la sequenza Terra-Palectone-Pelasgo richiami lessicalmente un brano dello Ione di Euripide riferito al mitico re di Atene Erittonio: τοῦ τε γηγενοῦς / Ἐριχθονίου287. Palectone si configura

dunque come omologo panellenico (in quanto pre-pelasgico) di Erittonio, simbolo dell'autoctonia ateniese, e Pelasgo è suo figlio.

Che questa fosse l'intenzione di Eschilo si intuisce anche da un altro fattore. In diverse tradizioni genealogiche Pelasgo è presente nello stesso stemma genealogico in cui presenzia Io, l'antenata cui le Danaidi così spesso fanno appello per rivendicare la propria "argività". In linea con il carattere primordiale associato alla figura di Pelasgo, in queste varie tradizioni il sovrano si trova sempre in un punto più alto dello stemma degli Inachidi rispetto ad Io288.

Benché l'appropriazione di questa prospettiva genealogica costringerebbe Eschilo ad un fortissimo anacronismo sul piano leggendario, il fatto che questa allusione ad una possibile parentela tra Pelasgo e le Danaidi non venga quasi mai esplicitata nel corso dell'opera trova la sua principale ragion d'essere nell'interesse del tragediografo verso la costruzione di un parallelismo tra l'Argo rappresentata e l'Atene storica anche sulla base del tema dell'autoctonia, cui il discorso genealogico di Pelasgo dà voce. Conciliare questa autoctonia con il γένος di Danao o di Egitto, percepiti ancora nel IV secolo come greci per convenzione ma non per natura, rappresentava un ostacolo che, tramite la linea Terra-Palectone-Pelasgo,

285 Pattoni 2006a, p. 156.

286 Aeschin. III 190: Τούσδ᾽ ἀρετῆς ἕνεκα στεφάνοις ἐγέραιρε παλαίχθων / δῆμος Ἀθηναίων. 287 Eur. Ion 20-1. Cfr. Friis Johansen - Whittle 1980, vol II, p. 204 e Pattoni 2006a, p. 157. 288 Pattoni 2006a, pp. 157-8.

Eschilo voleva evidentemente aggirare289.

Danao e il coro

Dal momento che la genealogia del coro delle Supplici verrà analizzata nel capitolo successivo di questa proposta ermeneutica, mi limito a segnalare un passo che potrebbe essere di interesse all'analisi del rapporto padre-figli nell'opera eschilea. Alla fine della parodo Danao, verosimilmente già in scena, si rivolge in questo modo alla figlie290:

παῖδες, φρονεῖν χρή· ξὺν φρονοῦντι δ᾽ ἥκετε πιστῷ γέροντι τῷδε ναυκλήρῳ πατρί.

Figlie, bisogna che siate sagge: con questo saggio

vecchio fidato padre timoniere siete giunte.

Come già sottolineato da Friis Johansen e Whittle la ripetizione enfatica φρονεῖν...φρονοῦντι implica una comparazione del tipo "dovete essere prudenti come lo sono anch'io"291. L'utilizzo del lessico genealogico-familiare potrebbe ampliare maggiormente le

implicazioni di questa comparazione, portando al significato specifico di "figlie, dovete essere prudenti, dal momento che io, che sono vostro padre, lo sono". Questo tipo di interpretazione si presta perfettamente all'idea che la forma genealogica elementare veicoli una continuità generazionale di una qualità etica. Ad ogni modo, è interessante notare che ai precetti variegati impartiti da Danao alle figlie in questa sezione il coro risponda riprendendo proprio questa comparazione iniziale292:

πάτερ, φρονούντως πρὸς φρονοῦντας ἐννέπεις ·

φυλάξομαι δὲ τάσδε μεμνῆσθαι σέθεν κεδνὰς ἐφετμάς · Ζεὺς δὲ γεννήτωρ ἴδοι.

Padre, saggiamente parli a chi è saggia: mi prenderò cura di ricordare queste tue illustri raccomandazioni: e Zeus ancestrale ci guardi!

Ad un livello puramente retorico, questo tipo di frase è riscontrabile altrove in Eschilo e non è esclusiva di dialoghi tra personaggi genealogicamente collegati o concernenti rapporti di parentela293. Il suo significato più ovvio, in questo caso, è naturalmente quello di

rappresentare il coro come altrettanto consapevole delle proprie azioni quanto Danao, che, ricordo, viene sin da subito identificato come βούλαρχος e στασίαρχος. Rimane tuttavia significativa l'invocazione, in questa battuta del coro, a Zeus γεννήτωρ, che riporta l'attenzione sull'aspetto genealogico e che forse concorre ad attribuire un maggiore peso alla comparazione di uguaglianza coro-Danao proprio sulla base di una logica genealogica.

289 Cfr. Hall 1997, p. 54. 290 Aesch. Suppl. 176-7.

291 Friis Johansen - Whittle 1980, vol. II, p. 144. 292 Aesch. Suppl. 204-6.

Apis ed Apollo

Una delle menzioni genealogiche più difficili da interpretare nella tragedia è sicuramente quella espressa da Pelasgo ai vv. 260 sgg. Dopo essersi presentato al pubblico e al coro fornendo la propria genealogia e descrivendo l'estensione geo-politica del proprio potere, il sovrano conclude con una digressione eziologica sul nome della regione294:

αὐτῆς δὲ χώρας Ἀπίας πέδον τόδε πάλαι κέκληται φωτὸς ἰατροῦ χάριν· Ἆπις γὰρ ἐλθὼν ἐκ πέρας Ναυπακτίας ἰατρόμαντις παῖς Ἀπόλλωνος χθόνα τήνδ᾽ ἐκκαθαίρει κνωδάλων βροτοφθόρων, τὰ δὴ παλαιῶν αἱμάτων μιάσμασιν χρανθεῖσ᾽ ἀνῆκε γαῖα μηνεῖται ἄκη, δρακονθόμιλον δυσμενῆ ξυνοικίαν· τούτων ἄκη τομαῖα καὶ λυτήρια πράξας ἀμέμπτως Ἆπις Ἀργείᾳ χθονὶ μνήμην ποτ᾽ ἀντίμισθον ηὕρετ᾽ ἐν λιταῖς.

Invece questa pianura della stessa regione apia fu chiamata così in onore ad un uomo di medicina: Apis infatti giunse dall'opposta Naupatto,

il figlio medico-indovino di Apollo, e questo suolo purificò da mostri che uccidono gli uomini, mali che la terra aveva emesso dal proprio ventre adirata per antiche contaminazioni di sangue, sventurata coabitazione infestata da serpenti: perfette cure liberatrici contro tali cose per il suolo argivo compì Apis e ottenne una volta per tutte memoria senza biasimo nelle preghiere come ricompensa.

La regione in cui si trova la pianura di Argo, informa il sovrano, prende il nome da un tale Apis, medico-indovino figlio del dio Apollo, che viene qui presentato come eroe civilizzatore