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Le ordinanze di rimessione

CAPITOLO 4 – IL CASO FIAT v FIOM: LA FRAGILITA‟ DELLA

4.5. I ricorsi della FIOM e l‟approdo alla Consulta

4.5.3. Le ordinanze di rimessione

Alcuni giudici, infine, hanno ravvisato l‟opportunità di imboccare una terza via, quella della rimessione alla Corte Costituzionale, per far decidere a quest‟ultima circa la costituzionalità dell‟art. 19 rispetto ai “soliti” artt. 2, 3 e 39 Cost.270

. La decisione dei tribunali rimettenti deriva dal fatto che entrambe le suddette interpretazioni presentano profili problematici: la lettura puramente letterale della norma, con richiami totalmente acritici ai precedenti della Consulta del 1996, porterebbe infatti alla conseguenza «del tutto irrazionale che il sistema consenta la negazione del diritto al sindacato di sicuro più rappresentativo della categoria»; ma d‟altro canto, la lettura sistematica offerta dai giudici di cui sopra andrebbe oltre la “cornice interpretativa” entro la quale il giudice può muoversi per “attribuire significato ai testi”, finendo per ignorare totalmente il dato letterale; poiché, infatti, è incontrovertibile il fatto che la locuzione “non firmatarie” non possa rientrare nella cornice dei significati della parola “firmatarie”, i giudici non farebbero più «attività di interpretazione, in quanto non è più assegnazione al testo di uno dei suoi possibili significati, ma creazione di un significato alternativo e contrario a quello espresso dalla disposizione»271.

Essendo dunque il testo della legge inadeguato alla risoluzione “ragionevole” del caso concreto, al giudice restano due cose da fare: se è in grado di collegare “l‟ingiustizia” della norma ad un profilo di illegittimità costituzionale non manifestamente infondato, egli deve rimettere la questione alla Corte Costituzionale, come dalla stessa ribadito, affermando che l‟univoco tenore della disposizione «segna il confine in presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere il passo al sindacato di illegittimità costituzionale»272; se, invece, la norma risulta, se pur ingiusta, conforme a Costituzione, non può far altro che

270 Trib. Modena, ord. 4 giugno 2012; Trib. Vercelli, ord. 25 settembre 2012; Trib. Melfi, ord. 28

novembre 2012; Trib. Torino, ord. 12 dicembre 2012.

271 C.T

RIPODINA, op. cit., pto. 2.3.

alzare le mani ed assoggettarsi «anche se la legge gli pare odiosa, se non ne condivide l‟ispirazione, la disciplina o le ricadute sul caso concreto»273

.

Il supporto più importante a questa “terza via” di interpretazione dell‟art. 19 viene fornito dal Tribunale di Modena, che con ordinanza datata 4 giugno 2012, il cui contenuto fu largamente ripreso dagli altri Tribunali rimettenti, oltre a fornire le motivazioni a supporto della propria scelta, ripercorre tutta la giurisprudenza costituzionale in merito all‟art. 19, allo scopo di minimizzare la contraddizione a cui la Corte sarebbe giunta dichiarando l‟illegittimità costituzionale di una norma che, anche dopo la modifica referendaria, aveva sempre difeso a spada tratta. Il giudice modenese parte dal presupposto che l‟unica interpretazione possibile sia quella letterale, in quanto qualsiasi tentativo di sostenere la diversa interpretazione costituzionalmente orientata «si pone in contrasto sia con la lettera sia con la ratio della norma in esame»274. Tale disposizione infatti, così come uscita dalle urne referendarie, «non vi è dubbio che miri ad introdurre una presunzione di maggiore rappresentatività ricavata dall‟effettività dell‟azione sindacale espressa dall‟unico indice costituito dalla sottoscrizione del contratto collettivo applicato nell‟unità produttiva»275. Lettura ribadita sia nella sentenza 492/1995, che ritiene comunque operante il criterio della maggiore rappresentatività anche in relazione ai mutati indici di valutazione, vale a dire la lettera b) dell‟art. 19, sia nella sentenza 244/1996, dove il criterio in questione viene ritenuto comunque corrispondente «allo strumento di misurazione della forza di un sindacato, e di riflesso della sua rappresentatività, tipicamente proprio dell‟ordinamento sindacale»276

.

Quindi, a parere della Corte, la sottoscrizione di un contratto collettivo applicato nell‟unità produttiva costituisce una presunzione di rappresentatività, sufficiente per accedere al Titolo III, e tale criterio è considerato razionale, in quanto coerente con la ratio del legislatore di concedere la c.d. legislazione premiale non a tutti i sindacati, ma solo a quelli che dimostrino un‟effettiva rappresentatività.

273 C.T

RIPODINA, op. cit., par. 2.3.

274

Trib. Modena, ord. 4 giugno 2012, pto. 4.

275 Ibidem.

Pertanto «l‟univocità della disposizione esclude che il giudice comune, attraverso gli strumenti interpretativi di cui dispone, possa forzare il dato letterale della norma, sino ad attribuirle un significato volto ad ancorare la rappresentatività a criteri diversi dalla partecipazione al processo di contrattazione collettiva, desumibile dalla sottoscrizione del contratto»277. Ma è proprio il fatto che la norma debba essere interpretata letteralmente a conferirle «un significato incompatibile col dato costituzionale»278.

La motivazione della “non manifesta infondatezza” della questione di legittimità si basa tutta sui profondi cambiamenti che, sia il sistema di relazioni industriali, sia il quadro normativo, hanno subito rispetto agli anni ‟90; talmente profondi da rendere, per una sorta di “illegittimità costituzionale sopravvenuta”, la norma irragionevole.

La realtà storica presa in esame dal giudice di legittimità che, nel 1996, ritenne la norma conforme a Costituzione, era infatti quella di un‟unità d’azione delle tre Confederazioni e l‟altrettanto unitaria stipulazione dei contratti collettivi, senza casi di contrattazione separata; sono proprio questi due fattori che, al tempo, fecero ritenere ragionevole considerare la sottoscrizione del contratto come «criterio misuratore della forza del sindacato e della sua rappresentatività, indiscutibilmente maggiore»279. A sostegno di ciò basti considerare che le eccezioni di costituzionalità promosse in quegli anni provenivano tutte da associazioni “minoritarie”.

Lo scenario attuale, invece, è profondamente diverso, «caratterizzato dalla rottura dell‟unità di azione delle organizzazioni maggiormente rappresentative, dalla conclusione di contratti collettivi c.d. separati e, in particolare, da una serie di iniziative poste in essere dal Gruppo Fiat»280 volte alla creazione di un sistema “auto-concluso” ed “auto-sufficiente”; scenario che ha portato all‟esclusione dalla legislazione di sostegno un sindacato, la Fiom, senza dubbio maggiormente rappresentativo nel settore metalmeccanico, ed addirittura, «presso le società

277 Trib. Modena, ord. 4 giugno 2012, cit., pto. 4. 278

Ibidem.

279 Ibidem., pto. 5.1. 280 Ibidem., pto. 5.2.

convenute, più rappresentativo degli altri sindacati firmatari del contratto collettivo applicato»281.

Pertanto, in base alle mutate condizioni storico-legislative, non è manifestamente infondato domandarsi «se il criterio selettivo di cui all‟attuale articolo 19 lettera

b), incentrato sulla sottoscrizione del contratto collettivo applicato, sia tuttora

dotato di ragionevolezza e se possa ancora costituire indice adeguato della effettiva rappresentanza del sindacato»282.

In relazione al suddetto quesito, la valutazione del giudice modenese è estremamente negativa, in quanto «il criterio selettivo di cui all‟art. 19, imperniato sul dato formale della sottoscrizione del contratto applicato e sganciato da qualsiasi raccordo con la misura del consenso dei rappresentati, mostra tutti i suoi limiti in termini di irragionevolezza e miopia»283; e ciò proprio in base ai rilievi di quella giurisprudenza che, seppur legittimando tale criterio in passato, ha comunque ritenuto «rilevante non il dato formale di essere parte di un contratto collettivo, ma il dato sostanziale di aver mostrato la propria rappresentatività, prendendo parte effettiva al processo di contrattazione»284, lettura confermata anche dalla stessa Consulta, allorquando richiede, non ritenendo sufficiente la mera adesione formale, «una partecipazione attiva al processo di formazione del contratto»285. Una lettura desumibile anche dalla stessa ratio dell‟art. 19, i cui criteri selettivi rispondono all‟esigenza di identificare quei sindacati che, in quanto maggiormente rappresentativi dei lavoratori, fossero meritevoli di un “occhio di riguardo”, di una tutela speciale ed ulteriore rispetto alla mera garanzia della libertà sindacale ex art. 39.

Ad essere in discussione, pertanto, non sono le precedenti decisioni “legittimatorie” della Corte Costituzionale, ma solo le condizioni storico- sociologiche poste alla base dei precedenti avalli, ma che oggi porterebbero all‟irragionevole risultato di «considerare non rappresentativo un sindacato, la

281 Ibidem.

282 Ibidem, pto. 5.3. 283

Ibidem.

284 Cass., sent. 6613/1988, considerato in diritto; nello stesso senso anche Cass., sent. 18260/2010. 285 C. Cost., sent. 244/1996, cit., pto. 3.1.

Fiom, (…) più rappresentativo degli altri e quindi, ragionevolmente, più meritevole delle tutele di cui al Titolo III»286, facendo derivare dalla mancata sottoscrizione la negazione di una rappresentatività che, invece, esiste nei fatti. «Un criterio selettivo ‒ribadisce il Tribunale di Modena‒ rivela tutta la sua inidoneità e irrazionalità nel momento in cui, applicato a fattispecie concrete, porta ad un risultato che contraddice il presupposto a dimostrazione del quale il criterio stesso era stato elaborato»287, e quindi l‟unica conclusione logica è quella di ritenere un criterio, che nega i diritti promozionali a chi, pur partecipando alla trattativa, si rifiuta di sottoscrivere l‟accordo manifestando il proprio dissenso, indubbiamente irragionevole.

Per quanto riguarda poi i mutamenti intercorsi nel quadro normativo che regola i rapporti sindacali, il giudice modenese fa notare come il criterio in questione mostri la sua irragionevolezza proprio in relazione non solo all‟ampia legislazione che, elevando la contrattazione collettiva a fonte addirittura derogatoria, utilizza parametri riferiti a sindacati maggiormente o comparativamente più

rappresentativi, ma anche al criterio di c.d. rappresentatività minima disciplinato

dall‟A.I. 2011, basato sulla combinazione di dati associativi ed elettorali.

L‟art. 19, pertanto, si mostra profondamente incoerente con la restante disciplina sindacale, arrivando allo scenario paradossale di un sindacato comparativamente più rappresentativo sul piano nazionale o territoriale che, pur potendo stipulare contratti collettivi anche derogatori, non possa costituire r.s.a.

Il Tribunale di Modena individua infine un‟ulteriore dubbio di legittimità in relazione all‟art. 19, rispetto alla libertà sindacale negativa sancita dall‟art. 39 Cost.: infatti così stando le cose la decisione di un sindacato circa la sottoscrizione di un contratto collettivo sarà icto oculi «condizionata non solo dalla finalità di tutela degli interessi dei lavoratori, (…) bensì anche dalla prospettiva di ottenere (firmando) o perdere (non firmando) i diritti del Titolo III»288.

286

Trib. Modena, ord. 4 giugno 2012, cit., pto. 5.3.

287 Ibidem. 288 Ibidem, pto. 6.

Per tutte queste ragioni, largamente riprese dagli altri Tribunali rimettenti, il Tribunale di Modena riterrà «rilevante e non manifestamente infondata» la questione di legittimità costituzionale dell‟articolo 19, lasciando pertanto l‟ultima parola alla Consulta.