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Oscillazione dei cambi e ruolo del dollaro

Antonio Trincheri

Vediamo di fare il punto sui massimi pro-blemi che la creazione del nuovo sistema mone-tario internazionale dovrà affrontare. La prima grossa alternativa è quella tra cambi fissi e cambi fluttuanti.

Per cambio fisso si intende quello in cui la parità non viene ufficialmente m u t a t a se non per decisione legislativa e con il consenso del Fondo Monetario Internazionale. A sua volta il cambio fisso può essere rigido, quando non sono ammesse oscillazioni, o flessibile quando può oscillare entro certi limiti. Nel sistema di Bretton Woods i cambi erano fissi con una minima oscillazione (1% al di sotto ed al di sopra della parità).

I cambi sono fluttuanti in quanto si lasciano variare non intervenendo la banca centrale ad acquistare o a vendere secondo i casi.

I vantaggi fondamentali dei cambi fissi sono principalmente due:

1) la certezza del calcolo di convenienza negli scambi internazionali;

2) il maggior impegno delle autorità eco-nomiche nel contenere l'aumento dei prezzi, specialmente quando viene a provocare il de-ficit della bilancia dei pagamenti.

I cambi fissi hanno avuto il grande merito di costringere i paesi ad intervenire (o con restrizioni creditizie o con la svalutazione) con-tro l'inflazione quando questa diventava più alta rispetto all'estero. I cambi fissi possono funzionare sino a quando le monete considerate non subiscono sensibili, durevoli e differenti cambiamenti di valore; essi cioè si scontrano con la realtà del difforme a n d a m e n t o economico dei vari paesi; infatti hanno resistito bene sino a quando il cammino dell'inflazione era più o meno eguale nei vari paesi (dal 2 al 3 % all'anno) e non più in seguito. S o p r a t t u t t o il sistema ha funzionato sino a quando l'inflazione negli Stati Uniti non è stata superiore a quella degli altri paesi.

La proposta di tenere i cambi rigidi e di procedere a più frequenti modifiche della parità monetaria non soddisfa molto; infatti tali

fre-quenti modifiche causerebbero quelle incertezze nei contratti a termine che si vogliono evitare. C'è poi il fatto che determinati paesi potrebbero usare la svalutazione come un mezzo di ripe-t u ripe-t o sripe-timolo all'esporripe-tazione, menripe-tre alripe-tri paesi con economia più sana sarebbero costretti a rivalutare, subendo danni non meritati.

I cambi fluttuanti presentano il vantaggio di consentire un automatico adeguamento dei cambi stessi al mutare della situazione econo-mico-finanziaria dei vari paesi con particolare riguardo alla bilancia dei pagamenti. La com-pleta fluttuazione è necessaria in determinati periodi in cui si vuole contrastare la specula-zione o si deve avere dal mercato delle indica-zioni su nuovi livelli dei cambi.

Vi è chi ritiene più possibile la speculazione con i cambi fissi e chi invece considera agevo-lata la speculazione con i cambi fluttuanti. Effettivamente la speculazione è stata forte sia con i cambi fluttuanti (particolarmente negli anni 1920 e seguenti) sia con i cambi fissi (a partire dal 1967). Il terreno favorevole alla spe-culazione è dato dall'inflazione e dall'andamento troppo disforme delle varie economie.

Non si può non tenere conto che ancor prima delle decisioni di Nixon nel mondo si aveva già la libera fluttuazione del marco tedesco, del fiorino olandese, del franco sviz-zero, dello scellino austriaco e del dollaro ca-nadese.

L'orientamento prevalente è quello di scar-tare i cambi rigidi e quelli fluttuanti; la prefe-renza va ai cambi moderatamente flessibili e cioè oscillanti, intendendo per tali quelli che si possono muovere entro certi limiti allo stesso modo del pendolo di un orologio; in questo senso si era già pronunciato il governatore della Banca d'Italia in sede di relazione 1970.

II problema dei cambi fissi o dei cambi fluttuanti non va confuso con quello dell'ade-guatezza o meno delle parità monetarie; può darsi che determinate monete risultino perma-nentemente sottovalutate o sopravalutate per cui occorre una revisione delle parità da effet-tuare a un dato momento e in una certa misura.

Riguardo al dollaro occorre compiere una duplice distinzione: quale perno del sistema mo-netario internazionale e quale moneta più lar-gamente usata nei pagamenti internazionali; le due funzioni sono collegate ma distinguibili. Quale perno del sistema monetario internazio-nale, il dollaro ha cessato ufficialmente di fun-zionare quando Nixon ha dichiarato l'vertibilità del dollaro in oro; di fatto tale incon-vertibilità già esisteva in quanto le banche centrali dei vari paesi non richiedevano la con-versione in oro dei dollari posseduti. Invece per i pagamenti internazionali il dollaro è t u t t o r a la moneta principale. Non per nulla su « Mondo Economico » Di Fenizio ancora alla fine di luglio sosteneva che il dollaro era forte.

Ora occorre evitare altri passi unilaterali degli Stati Uniti specialmente se dovessero ri-guardare direttamente il dollaro. I n f a t t i una svalutazione del dollaro, specialmente se sen-sibile, si tirerebbe dietro altre svalutazioni (che in questo caso si chiamano allineamenti); si avrebbe soltanto uno scombussolamento dei mercati valutari e non è certo che dopo la situa-zione sarebbe migliore.

Un dollaro svalutato non conviene all'Eu-ropa la quale risulterebbe più colpita da tale alterazione che non dalla famosa sopratassa daziaria del 10%. I prodotti europei che si sono affermati negli Stati Uniti per la loro qualità o per la loro estetica non cessano del t u t t o di essere vendibili negli Stati Uniti anche con un aumento di prezzi del 10% e t a n t o me-glio se si riuscirà a ridurre in qualche misura i prezzi di listino. Invece un dollaro sensibilmente svalutato significa una accresciuta concorrenza dei prodotti americani non solo in E u r o p a ma in t u t t o il mondo.

E interesse di t u t t i che il dollaro riprenda forza. Ciò può avvenire con il concorso di provvedimenti interni e di misure esterne; limi-tiamoci a considerare queste ultime.

Se non è possibile ridurre le spese militari e gli aiuti ai paesi poveri, non c'è altra alter-nativa che ridurre gii investimenti industriali all'estero. Dal 1958 gli investimenti americani all'estero sono a n d a t i a u m e n t a n d o sino a toc-care nel 1970 i 12 miliardi di dollari. Il pro-blema non è soltanto monetario perché si t r a t t a di

un consumo mondiale di risorse che non può superare dati limiti se non si vuole l'impo-verimento universale e permanente, dato che gli investimenti si accompagnano a prolungati processi inflazionistici.

Per ciò che riguarda l'indebitamento degli Stati Uniti verso il resto del mondo, il medesimo

ammonta a 20 miliardi con le banche centrali e 41 miliardi con i privati. Ora gli Stati Uniti non hanno più la preoccupazione della conver-sione in oro, però resta il fatto di questa massa di liquidità che se non è a t t r a t t a da alti tassi d'interesse, preme sul mercato dell'oro o sulle monete forti.

La constatazione più certa di questi ultimi anni è che non è più possibile ad una sola mo-neta nazionale assolvere il ruolo di momo-neta in-ternazionale. Di questa realtà occorre tenere conto nel creare il nuovo sistema monetario internazionale.

I punti fondamentali che sembrano dover prevalere sono quattro:

1) ridimensionamento con opportuni con-trolli della funzione internazionale del dollaro;

2) revisione concordata delle parità delle monete ;

3) allargamento moderato dei margini di oscillazione dei cambi;

4) apprestamento di misure amministra-tive da applicare prontamente in caso di viru-lenza speculativa.

In una più lunga prospettiva (ma quando si arriverà nessuno può dirlo) l'evoluzione più logica del sistema monetario internazionale do-vrebbe essere orientata verso la creazione di una moneta convenzionale amministrata da apposita istituzione extra-nazionale e cioè con una gestione associata, non legata a preminenti interessi nazionali.

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Ormai, d a t a la profonda interdipendenza delle economie nazionali, i singoli governi non sono più in grado di guidare compiutamente e adeguatamente l'economia del proprio paese. Recentemente il governo svizzero ha acquisito con apposita legge maggiori poteri in campo economico, ma ciò non ostante non riesce a dominare soddisfacentemente i complessi eventi economici della nostra epoca. La stessa insuffi-cienza provano i governi dei principali paesi. Non si può dunque fare altro che introdurre un maggiore coordinamento tra le economie na-zionali e rafforzare i poteri degli organismi extranazionali.

L ' a m b i t o nazionale per la politica econo-mica e finanziaria è diventato ormai difficil-mente manovrabile date le profonde connes-sioni internazionali. Significativa è la recente esperienza della Germania: per combattere l'in-flazione è stata limitata la liquidità interna

(con l'accrescimento delle riserve obbligatorie delle banche) ma ciò ha stimolato l'afflusso di liquidità dall'esterno con gli alti tassi d'inte-resse e le possibilità d'investimento, oltre che per la speranza della rivalutazione del marco. Assistiamo ad una curiosa situazione: i po-teri interni non sono più sufficienti a guidare l'economia, mentre quelli sovranazionali sono ancora troppo limitati. È necessario come non mai il rafforzamento degli organismi interna-zionali.

Tutto quanto detto vale particolarmente per l'Europa che è sommamente interessata ad uscire fuori al più presto dall'attuale incerta e pericolosa situazione monetaria internazionale. A tal fine la necessaria posizione di forza per l'Europa deriva soprattutto dall'assunzione di una linea comune di condotta di fronte ai pro-blemi mondiali a continentali.

Per ciò che riguarda i rapporti tra le monete del Mercato Comune va faticosamente delinean-dosi una linea che si impegna sui seguenti punti:

1) sostegno delle parità mediante inter-venti delle banche centrali;

2) crediti reciproci tra i vari paesi; 3) fondo comune di riserve per sostenere le valute dei paesi che vengono a trovarsi in periodi di difficoltà;

4) convergenza delle politiche economico-finanziarie nazionali in funzione degli obiettivi unitari di t u t t a l'area europea.

Gli indicati orientamenti possono aiutare la forza monetaria del Mercato Comune e pre-parano il terreno per la f u t u r a unificazione monetaria ed economica.

L'attuale crisi monetaria internazionale ha acutizzato i problemi, ma ha dimostrato an-cora una volta la necessità dell'unione euro-pea. Auguriamoci che non manchi nei respon-sabili la volontà di fare e la capacità inven-tiva sempre indispensabile dinanzi agli ostacoli da superare.