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Cronache Economiche. N.344-345, Agosto - Settembre 1971

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CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA

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cronache

economiche

sommario

mensile della camera di commercio industria artigianato e

agricol-tura di torino

numero 344/5

agosto-settembre 1971

Corrispondenza, manoscritti, pubblicazioni deb-bono essere indirizzati alla Direzione della Ri-vista. L'accettazione degli articoli dipende dal giudizio insindacabile della Direzione. Gli scritti firmati o siglati rispecchiano soltanto il pen-siero dell'Autore e non impegnano la Direzione della Rivista né l'Amministrazione Camerale. Per le recensioni le pubblicazioni debbono es-sere inviate in duplice copia. È vietata la ri-produzione degli articoli e delle note senza l'autorizzazione della Direzione. I manoscritti, anche se non pubblicati, non si restituiscono.

L. M a l l è

3 I disegni di Juvarra per Stupinigi G. Biraghi

17 Un esperimento di misurazione rapida del reddito C. B e l t r a m e

25 I comprensori in Italia: esperienze e prospettive R. G a m b i n o

36 Prime considerazioni sulla nuova disciplina del commercio R. Villare

40 Una carta d'identità delle regioni italiane G. F a b b r i

43 Bilancio provvisorio dell'economia torinese: deboli speranze di fine estate

A. Ballando

48 Le organizzazioni internazionali: un servizio indispensabile per il mondo moderno

A . T r i n c h s r i

55 Oscillazione dei cambi e ruolo del dollaro E. B a t t i s t e l l i

58 La deruralizzazione nazionale P. C o n d u l m e r

65 Vie senza principio e senza fine U . Bardelli

77 Acque nuove del Piemonte G . L. P r a t

86 Gli impianti di affissione come strumento di pubblicità in un'area urbana

G. Lega

90 Note di documentazione tecnica 93 Tra i libri 101 Dalle riviste Direttore r e s p o n s a b i l e : Primiano Lasorsa V i c e d i r e t t o r e : Giancarlo Biraghi Direzione, redazione e a m m i n i s t r a z i o n e

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C A M E R A DI C O M M E R C I O

I N D U S T R I A ^ A R T I G I A N A T O E A G R I C O L T U R A

E U F F I C I O P R O V I NCI A L E Ì N D Ù S T R Ì À C O M M E R C I O E A R T I G I A N A T O

Sede: Palazzo Lascaris - Via Vittorio Alfieri, 15.

Corrispondenza: 10121 Torino - Via Vittorio Alfieri, 15 10100 Torino - Casella Postale 413.

Telegrammi: Camcomm.

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Telex: 21247 CCIAA Torino. C/c postale: 2/26170.

Servizio Cassa: Cassa di Risparmio di Torino - Sede Centrale - C/c 53.

B O R S A V A L O R I

10123 Torino - Via San Francesco^ Paola, 28.

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Telefoni: Uffici 54.77.04 - Comitato Borsa 54.77.43 -"ispettore Tesoro 54.77.03.

B O R S A M E R C I

10123 Torino - Via Andrea Doria, 15.]

Telegrammi: Borsa Merci - Via Andrea Doria, 15.

Telefoni: 55.31.21 (5 linee).

G A B I N E T T O C H I M I C O M E R C E O L O G I C O

(presso la Borsa Merci) - 10123 Torino - Via Andrea Doria, 15.

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I disegni di Juvarra per

Figura in copertina:

F. Juvarra - Palazzina di caccia di Stupinigi: schizzo prospettico

dall'alto (per cortese concessione della Tipografia Torinese). Luigi Mallè

Non solo arduo ma rischioso sarebbe, in base ai superstiti disegni juvarriani per Stupinigi, voler stabilire — se non per un tenue filo ipotetico —, attraverso un'analisi dall'interno, uno svi-luppo dell'ideazione, ravvisando un ordine di successione, mio snodarsi di stadi del processo da un iniziale pensiero inventivo, esternato in un primo « pensiero » (per usare il termine che Juvarra dava ai propri schizzi) grafica-mente risolto e già non più primissimo getto della mente, su fino alle formulazioni variamen-te revisionavariamen-te, mutavariamen-te, a volvariamen-te compenetrate, a volte completa-mente sostituenti o eliminanti o inerenti ex novo una soluzione.

Non molti sono, in tutto, i disegni rimasti, forse poco più d'una ventina, certo parte mi-nima d'un ricchissimo bagaglio di partenza, via via accumulato nelle progressive fasi di attua-zione. E poiché sappiamo che in ogni suo edificio l'architetto amava dare suggerimenti per ogni minimo particolare decorativo, che non era da lasciare ad altri se non per l'esecuzione, enorme dovette esser per Stupinigi la copia di a pensieri », oltre che per ogni parte dell' architettura, per ogni motivo di lesene, pi-lastri, capitelli, fregi, volute, mensole, balaustre, sviluppi di volte, inquadrature di finestre, nicchie, cornici, stucchi. E se quasi tutto ne è andato perduto e, in ogni caso, solo una parte delle realizzazioni segui gli orien-tamenti dell' architetto, mentre

l'altra parte, non solo per il ritardo nel completamento, ma per il rientrare in un ordine di

sviluppi da lui non previsti, non poteva che seguire orienta-menti da lui non dati, la

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AT

Filippo Juvarra - Palazzina di caccia di Stupinigi - Schizzo prospettico dall'alto del nucleo centrale con le quattro ali a croce di Sant'Andrea - Voi. I, disegno n. 15 - Torino, Museo Civico.

strazione ch'egli previde con estre-ma sollecitudine e capillarità al perfetto accordo anche dei mi-nimi nel tutto e alla assoluta originalità e qualità d'ogni det-taglio, è offerta, in quel gruppo sparuto ma per noi cosi prezioso

dei pensieri superstiti, dai di-segni che riguardano non solo pianerottoli e rampe di scale e scalette, o motivi di gradinate esterne, ma l'iniziale copertura della cupola centrale con un globo sormontato da un « agnus

dei » con croce e cartiglio svo-lazzante, invece del cervo poi realizzato, o le sculture-sovra-porte del salone centrale, a cervi o a putti con trofei di caccia, o i capitelli a teste di cervi o di cani e fogliami, o quei mirabili di-segni per strutture lignee che finora, se non vado errato, sono rimasti non identificati e che vanno posti in relazione con le stupende strutture lignee di co-pertura e ad un tempo di so-stegno, dal di sopra, della cupola del padiglione centrale, delle qua-li per la prima volta vengono pubblicate, in questa occasione, le fotografie sorprendenti, cui conferisce eccezionale interesse il rapporto con due disegni minuta-mente precisanti, conservati in uno degli album juvarriani del Museo Civico di Torino.

Tentia?no una rapida lettura dei vari disegni fortunatamente inclusi in questa raccolta. Ben noto, ma sempre fondamentale, a dire le meditazioni dell'archi-tetto, è il disegno n. 56 (voi. I ) (1), con tre schizzi: tutte meditazio-ni, in pianta, del nucleo cen-trale della palazzina, il più alto rivelando un pensiero per più versi complicato, poiché i bracci

(1) Riferimento relativo al I e II volu-me del Museo Civico di Torino, contando invece il III invenzioni per monumenti commemorativi, vasi, targhe, ecc.

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della croce, che vengono ad in-contrarsi ad angolo retto, si trovano però spostati, scalati nel loro incontro rispetto al centro del padiglione ; molto m arcato è il divergere d'aspetto e dimen-sione dei quattro bracci, gli an-teriori (di cui uno solo disegna-to) ridotti a due smilze gallerie e i due a tergo formanti due brevi e massicci padiglioni, fra i primi e i secondi incastran-dosi -— con serratissimo lega-mento, ma con tanto minore leg-gerezza e ariosità distributiva di quanto non risulti dalla mutata soluzione finale — gli scalon-cini ai piani superiori. Il di-segno, in verità, contempla due soluzioni dello sviluppo di fac-ciata, poiché, a destra, invece del braccio rettilineo di galleria, propone un andamento curvo di-rettamente raccordato agli sca-loncini, ciò che avrebbe dato un tutt'altro movimento al cor-tile d'onore, ma soprattutto avreb-be reso massiccio il blocco cen-trale, privandolo della compen-sazione visiva degli elementi an-teriori protesi. Ma è poi anche tutta Vinvenzione del padiglione a dimostrarsi, nella sua sapien-za, nel meditato e bloccato orga-narsi, diversissima dalla solu-zione poi prescelta, poiché qui il padiglione-salone è oblungo, fusione di rettangolo e di ovato, e costituisce, da un lato, zona di convergenza richiamante il tutto — proprio al contrario del suc-cessivo pensiero compenetrante convergenza e irradiazione — mentre, d'altro lato, quel con-centramento non si risolve in una emergenza trionfante del-l'elemento centrale, piuttosto com-presso, soffocato, tra le due sole visuali verso la città e verso il parco e, verso quest'ultimo, con l'inserto tra salone e gradinata lunata, d'un vestibolo parimenti oblungo, certo inteso con effetto di rilancio scenografico e tuttavia ulteriormente frammentante.

Il secondo pensiero, al di sotto, nel medesimo foglio, se pur non corrisponda esattamente

alla distribuzione juvarriana definitiva del corpo centrale, ne dà tuttavia già compiutamente la configurazione, come nucleo nato e sviluppato da una intui-zione balenante che di colpo sintetizza, coordina senza scom-pensi né subordinazioni né in-voluzioni, evidenzia ogni dato con uguale limpidezza e presenza immediata, semplifica discopren-do come un'esigenza vitale fluida e continua la funzione, la spec-chia e risolve su un piano di assoluta necessità e inscindibile unità, figurativamente individua-te nello schizzo preciso e leggero, dove il calcolo matematico messo nitidamente a nudo e la volata lirica fanno tutt'uno grazie al segno aereo, terso e insieme ner-voso, ora quasi incidente ora carico di atmosfera, addirittura di colore. L'incontro dei bracci avviene qui. a croce di S. Andrea, intercidendo un padiglione cen-trale ovale unico senza acces-sori, punto di connessione di quattro grandi direttrici pro-spettiche verso l'esterno, non più bloccate ai lati dagli scaloncini; gallerie antistanti e appartamenti retrostanti bilanciano masse leg-gere quasi equivalenti.

Al di sotto ancora, un minu-scolo schizzetto riassume lo

sche-ma completo, sempre in pianta, del cortile d'onore ottagonale, le cui braccia terminali interne vanno a incrociarsi, come era nel sovrastante « pensiero », a croce di S. Andrea; la somma-rietà della pianta, intesa ad un colpo d'occhio istantaneo, rinun-ziando — anche per le dimen-sioni minime •— ad ogni parti-colare, viene ad assumere una purezza ed insieme una pre-gnanza e, potenzialmente, un'in-tegralità sorprendenti.

Si può allora trascorrere ad un altro « pensiero » famoso, il disegno n. 75 (voi. I ) che dà una veduta completa, prospettica dal-l'alto, della palazzina col suo padiglione cilindrico trapassato dai quattro bracci della armo-niosissima e breve croce di S. An-drea, da questi dipartendosi, sul dinanzi, le grandi branche del cortile d'onore risolto in tagono (formando settimo e ot-tavo lato, rispettivamente, la fron-te del padiglione e la chiusura a cancellata verso la città, in-dietreggiata rispetto ai bracci terminali quasi formando un pre-cortile). Interessa, notare alle quattro intercisioni preminenti del cortile ottagono, le torrette-edicole di congiunzione, mentre al centro della palazzina il

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Filippo Juvarra - Palazzina di caccia di Stupinigi - Pensieri per il padiglione centrale con particolari - Voi. I, disegno n. 126 - Torino, Museo Civico.

diglione non è più l'ovato allun-gato, visto in precedenza, ma già il corpo cilindrico (appena ovalizzato in larghezza) della

realizzazione, sebbene la conclu-sione in altezza, all'esterno, sia poi in seguito soggetta dallo Ju-varra a revisioni. Questo «

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pro-Filippo Juvarra - Palazzina di caccia di Stupinigi - Pensieri per il salone - Voi. I, disegno n. 36 - Torino, Museo Civico.

cesso inventivo, ma per la stu-penda qualità del segno che, al di fuori dello scopo dimostrativo di visualizzazione di un progetto, vale come superba prova pitto-rica, nel tratto guizzante, allu-sivo, pregno di luce come pregno d'ombra, si che non solo emerge piena la qualità tipica dell'archi-tettura juvarriana che della luce, unificata all' atmosfera, fa ele-mento concreto costruttivo, ma emerge una capacità di carica poetica del segno, che è forse, in tali modi e con tale intensità, di non più che tre o quattro grandissimi artisti del '700 eu-ropeo: Watteau, Tiepolo, Guardi.

Il «pensiero » n. 15 (voi. I ) — disegno prospettico dall'al-to — si restringe a precisare il corpo centrale col padiglione, le quattro ali a croce di S. Andrea e due gallerie anteriori formanti le prime braccia protese del cor-tile. L'osservatore noterà che certi particolari, qui in ogni caso meglio definiti e dettagliati, com-parivano già nel disegno rias-suntivo n. 75 e cioè la

configu-razione delle « gallerie » antistan-ti, intese quasi come semplici porticati — che solo nel n. 15 incominciano a definire i para-menti frontali con divisioni di lesene e con partimenti minori tra arco e arco — mentre le braccia anteriori della croce, nella veduta generale delineate di volo con alternanza di ftnestroni e lesene (gli uni e le altre risolti con un semplice tratto sul solo braccio destro, mentre sul sinistro compaiono solo finestroni, pro-posti nella loro dimensione e con un coronamento ornamentale), nel « pensiero » n. 15 offrono una singolare distribuzione de-gli elementi. Anche qui, come è tanto spesso consueto agli archi-tetti e agli « ornemanistes » — di dare cioè tra parte destra e sini-stra di uno schizzo V alternativa di due soluzioni — troviamo due differenti tipi di partimento, a destra e a manca del padi-glione, sia per la diversa suc-cessione degli ordini, il diverso rapporto tra questi, la diversa (pur con analogie)

caratterizza-zione di finestre e di oculi. È da notare come un grande piano nobile si disponga al di sopra di u?i alto zoccolo, quasi un mas-siccio seminterrato, che conferi-sce ai bracci una maestà e un risalto più compatto di massa e che tuttavia non ha quella che sarà la mirabile qualità prima della realizzazione: l'immedia-tezza accostante dell'edificio col suo piano degli appartamenti a livello di chi appena salga lo slivello minimo delle gradinate, con l'impressione di familiarità campestre, di contatto e comu-nicazione diretta tra casa e cor-tile, casa e parco, senza toni di nobiltà aulica.

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spon-tane a soluzione del n. 75 con le sue gradinate leggere che condu-cono direttamente alle porte-fi-nestre degli arconi; o se invece il n. 15 non sia stato un prece-dente, parte magari d'un altro complesso di disegni, compren-dente esso pure una veduta pro-spettica d'insieme — perduta — più anticamente compiuta (il n. 15 ha qualcosa, direi, della convenzione di qualche sceno-grafia ancora bibienesca e sembra rievocare anche qualche parti-colare di scenografie juvarriane degli anni 1708-14 circa) cui abbia fatto seguito, in un ordine di idee più limpido e aereo, con riduzione di dati e di mezzi ed esclusione d'ogni maestà di strutture, la veduta n. 75.

Propenderemmo per la seconda soluzione, a ciò inducendoci an-che il fatto an-che nel « pensiero » n. 15 l'incontro delle ali centrali col padiglione è fortemente sceno-grafico, ma non del tutto cosi immediato: non una scalinata continua recinge come leggero « parterre » di pietra tutta la fac-ciata, ma uno scaloncino lunato getta la sua rampa verso il rial-zato salone-padiglione, forman-do terrazzino balaustrato davanti alla sua triplice apertura; e le ali anteriori vengono a incon-trarsi nel cilindro del padiglione con un andamento a unghia, ripiegando una paretina scom-partita a finestra e oculo, che induce un timbro aggraziato, vi-vace, teatrale, ma, vorremmo di-re, quasi più guariniano o, se mai, più tardi, vittoniano, che non juvarriano. E Juvarra pre-feri abbandonarlo, per la solu-zione del n. 75, tanto meno mossa e meno scenica, meno « capric-ciosa », ma tanto più netta, in-transigente, pura, assorbita in un ritmo d'insieme specchiato e scoc-cato con impeccabile getto.

Il lettore, intanto, avrà già osservato le diversità nel l'alzato del cilindrico padiglione: che nel disegno n. 15 sovrappone ai fincstrati del primo ordine un giro di oculi ovali subito sor-Filippo Juvarra - Pensiero per il salone della Palazzina di caccia di Stupinigi - Voi. il, disegno n. 8

Torino, Museo Civico.

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Filippo Juvarra - Spaccato per il nuovo Duomo di Torino - Voi. I, disegno n. 52 - Torino, Museo Civico.

montati da una bassa cupola, cinta in fronte da un piccolo dia-dema ornativo, forse previsto in stucco o marmo e sormontato da un pinnacolo non bene iden-tificabile, forse un trofeo, un ca-po di cervo (ma il tema apparirà ripreso in altri schizzi che ana-lizzeremo). Nella veduta prospet-tica n. 75, invece, seppure non vi sia posto per dettagli d'ornato o di pura caratterizzazione parti-colare, il padiglione appare ela-borato in termini prossimi al reale: due ordini in dimensione degradante con giro di fincstrati, innalzarsi della copertura a for-mare un coronamento più evi-dente e meglio richiamante a sé le ali, anche se qui tale corona-mento, restringendosi a un certo punto il tetto in salita, viene ad assumere più la forma d'un ti-burio che d'una cupola. La co-pertura attuale viene pratica-mente a legare le differenti

solu-zioni dei due disegni, adottando la cupola, ma elevandola mag-giormente e conferendole un an-damento relativamente corretto in rapporto al puro modulo cupo-lare, cosi da consentire di rica-vare nel corpo della cupola un piano di mansarde a giro del grande ovato sagomato, si che l'esito è un caso singolarmente caratterizzato, inconsueto nei par-ticolari del risolvimento, anche se raccoglie più d'uno spunto lessicale o tipologico da coper-ture di castelli più nordici, dalla Francia all'Austria.

Tratteniamoci ancora un mo-mento a quella che nei disegni esposti è stata la meditazione sulla pianta del padiglione. No-teremo come quel partito d'assi incrociati sia stato un « leit-motiv » caro all' arch itetto fin da prove giovanili di progetti per parti centrali di castelli; ed esso matura arricchendosi di tutte le

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quei dati venivano a fondere con tutta una tradizione d'inven-zioni -prospettiche di scena, essa stessa da lui rinnovata; e la maturazione prosegue attraverso i progetti per la chiesa torinese dell'Angelo Raffaele e quelli mol-teplici per una risoluzione « cen-trale » del nuovo Duomo di To-rino, di cui qui almeno si vuol riprodurre un disegno — n. 59 (voi. I ) — a dimostrare, al di là d'una divergenza fondamentale di distribuzione, l'analogia d'or-ganamenti, la parentela di rap-porti tra le parti (se pur con diversa graduazione gerarchica nei due casi), la concatenazione delle risonanze, e la scenografia delle fughe.

È attraverso un cosi complesso sviluppo, trascorrendo dalle con-centrazioni più elementari (e pur già tanto ricche di vicende) di Superga — cosi come da quelle internamente più diramate e scompartite, alla Venaria —

alle concatenate moltiplicazioni di spazi affiancati e comuni-canti e comunque graduati, quali si verificano nel progetto citato (e in altri similari) per il Duomo di Torino, che Juvarra per-verrà passo passo alla luminosa sfociante compenetrazione di spa-zi raggianti, in cui la sempre più estesa dilatazione e riper-cussione viene sempre più stra-ordinariamente richiamata ad unità con un perfetto bilancia-mento degli opposti, cosi da realizzare con uguale valore la coesistenza d'accentramento e de-centramento di riduzione ad un ideale « perno » e liberazione ri-sospinta d'onde spaziali. Allora, quanto nel disegno per il Duomo appare ancora altissima cultura, si discioglie in un puro e sem-plice ritmato respiro, scompa-iono gli schemi — sia pur già tanto sovvertiti — sapientemente « composti », per dar vita ad un organismo naturale, originato da

e concluso in una pulsazione. La quale è cosi, essa stessa, spazio e luce e aria, da trovarsi appena più recinta, come sim-bolicamente, dalle superaci e vo-lumi delle strutture, nascenti essi medesimi dalla dinamica di pal-pito e diffusione di quella. Punto d'arrivo dell'ultimo Juvarra, che in Stupinigi ha il suo suggello, cosi come lo ha, con uguale evi-denza e immediata, elementare vitalità, anche in un altro edi-ficio non a pianta centrale, pres-soché contemporaneo, la chiesa d'impianto basilicale del Car-mine di Torino: che, tra l'altro, con le sue ingolf edure di luce, le sue dilatazioni velari di su-perfici, le sue gittate equivalenti al circoscriversi naturale d'un vuoto d'aria e non allo scatto del pensiero (tra filosofia e ma-tematica), le sue successioni f u-gate di masse d'aria-luce, costi-tuiva la base — superando le freddezze mentali guariniane spinte fino all' assurdità e al paradosso, che ne configurano l'altra componente — della poe-tica del Vittone, miracolosa fu-sione del respiro e del concetto, del gesto d'umana anche quando più librata misura e della pro-vocazione intellettuale.

E passiamo ad altro dei fogli d'album ( I I ) del Museo Civico di Torino, che contiene i disegni 71. 51 e 52, il secondo di nuovo un « pensiero », il primo invece disegno architettonico vero e pro-prio, eli precisa determinazione, disegno esecutivo insomma, di progettista. Non ne conosco una possibilità cl'identificazione, ma vorrei sottolineare come, nel tro-varsi sia pur casualmente ac-costato ad un « pensiero » per la terminazione del padiglione di Stupinigi, esso inviti a rile-vare la parentela d'ideazioni per quel proporre un edificio a pianta centrale aperto ai centri dei lati lunati, concavi, creando un'irrag-giata comunicazione con l'ester-no, mentre si pongono come su-bordinate e però anche come complementari le aperture sui

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/yl Filippo Juvarra - Spaccato del padiglione centrale della Palazzina di caccia di Stupinigi - Voi. I, disegno

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caccia di Stupinigi - Voi. I, disegno n. 107 - Torino, Museo Civico. vani in mezza luce dei corpi

cilindrici angolari: gioco sceno-grafico qui indubbiamente ancor legato alla sperimentazione d'una formula e però già tanto smosso e naturalizzato dal risentito rit-mo dei contrasti fra curve e im-puntature.

Il « pensiero » sottostante, nu-mero 52, è di nuovo certo per Stupinigi e propone un altro risolvimento dell'incontro fra i bracci della croce di S. Andrea e il cilindro del padiglione, non-ché del legamento tra questo, la cupola accennata e interrotta, il tamburo che vi si incastra, gli sproni angolari aerati da ar-concini e sormontati da grandi e un poco massicci ornati.

Le meditazioni sulla parte con-clusiva del padiglione erano pres-santi per lo Juvarra, insoddi-sfatto e alla ricerca ulteriore di proposte. Lo manifesta il foglio n. 126 (voi. I), che raccoglie più « pensieri » ed evidentemente riu-niva in origine maggior numero di schizzi cui si riferiva la scritta autografa in alto, cui gli schizzi suddetti non rispondono più pienamente. Al centro, la parte superiore del padiglione risalta sola, senza più attacco delle ali; s'è fatto più arioso il secondo ordine d'aperture del ci-lindro e diventa più organica la connessione dell'anello culare col tamburo, che meglio po-trebbe esser detto un attico a sproni angolari, rinserrante una seconda indipendente copertura dipolare. Sugli sproni, non più ornati massicci, ma semplici vasi, sulle fronti dell'attico, fron-toni ricurvi includenti lunghi oculi coricati; in cima alla cu-pola un trofeo, che è ora un capo di cervo sormontato da un intrec-cio di frecce e nell'angolo supe-riore destro si precisa, esattissimo ìlei particolari, il dettaglio iso-lato del medesimo, già con l'ele-ganza finita di motivi consìmili in schizzi per la decorazione del salone sottostante, mentre, nel-l'angolo inferiore sinistro, una ' variazione sul tema risolve il

pinnacolo terminale con due teste contrapposte di cerbiatto sotto le frecce incrociate.

Il « pensiero » sul margine in-feriore del foglio riesamina la soluzione d'insieme del corpo centrale della palazzina; le ali sono appena accennate e cosi pure le testate, più alte, del corpo mediano, che, fra le quat-tro ali, intercide il cilindro; questo spicca, pittoricamente sot-tolineato dall' almo sfericità del segno ed include, questa volta, un mezzanino fra il primo e il secondo grande ordine, portato qui ad una equivalenza di dimen-sioni e di peso figurativo. Il secondo ordine, anzi, s'irrobu-stisce, accidentandosi d'un giro di colonnette aggettanti che com-mentano il cerchio di profilo ter-minale con le fratture delle loro trabeazioni. A mantenere a que-sta soluzione la sua efficacia, il tamburo a tenda si semplifica, inalzando la sua estrema pira-mide su un parallelepipedo che

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Filippo Juvarra Schizzo di capitello per lesena -Palazzina di caccia di Stupinigi - Voi. I, disegno

n. 143 - Torino, Museo Civico.

scansione dell' ambiente, un giro di colonne che non 'paiono tutta-via. cosi fitte né cosi incassate come nella piccola pianta. Quello schizzo in alto a destra prevede un'insistenza piuttosto program-matica di partimento in due or-dini e con battute di ritmi ver-ticali, secondo una trama molto netta e uniforme, le cui rias-sunzioni cicliche a livello di terra, di balconata, di giro del soffitto, assumono un sapore clas-sico e lasciano poca libertà di sfogo alla volta stessa, pura chiu-sura del moto circolare. Anche più rigoroso e più freddo, perfino purista, il « pensiero » sottostan-te, con la sua partizione in due ordini a più marcati incassi tra le colonne, formanti come due corridoi anulari ad ogni piano e con quasi polemico ri-fiuto della curva e d'una dina-mica propulsiva. Lo schizzo in alto a sinistra, invece, ripren-dendo il movimento aggirante e a ritmo slanciato e rimbalzante, lo sviluppa addirittura con compia-cenza di scenografìa, interciden-do lo spaccato peribolo antistante, cosi da creare una veduta tea-trale illusionistica. Ma ancor domina, tuttavia, al di là della suggestione — che è qui soprat-tutto di taglio nell'alzato — un certo rigore classicistico. Inoltre la soluzione dell'interno, appare, sebbene maggiormente aerata e

Filippo Juvarra - Schizzo di capitello per lesena - Palazzina di caccia di Stupinigi - Voi. Il, disegno

n. 33 - Torino, Museo Civico.

alleggerita negli elementi, ana-loga a quella del primo schizzo considerato in questo foglio; se il partimento si presenta sem-plificato e più chiaro, manca tuttavia il dato delle balaustre al secondo ordine, che, nella realiz-zazione definitiva, diverranno ele-mento continuo, ritmato e ondu-lato, trasmettente e accordante la varietà dei suoi moti agli svilup-pi di « cavata » spaziale delle volte.

Il « pensiero » centrale del fo-glio propone una meditazione ulteriormente maturata e arric-chita, in cui la più severa classi-cità dei tre altri studi è superata da una decisa intonazione ba-rocchetto. E tuttavia il grande vano mantiene ancora una ele-mentarità di invasatura, a con-duzione ovale lineare nell'ordine inferiore, e solo nel sovrastante accoglie, ma come valore piut-tosto ornamentale e additivo che non organicamente strutturante, fatto esso stesso struttura am-bientale, le balaustrate a S dei finestroni frontonali. C'è perfino ancora una reminiscenza di Su-perga. E lo sviluppo parietale interno segue regolarmente l'an-damento esterno del cilindro com-presso a pianta ovoidale. Anche ora la volta è concepita a mo-desta conca cupolata, puramente posata sul cornicione.

Sono i fogli 7 e 8 del voi. II a darci, per quanto con elementi

in parte assai diversi dalla rea-lizzazione, uno schema che e sostanzialmente quello adottato per l'esecuzione, in specie il foglio 7. Osserviamo dapprima il foglio 8, « pensiero » svolto maggiormente in larghezza. Il tratto vi è di stupenda ricchezza pittorica, d'allusività istantanea e quasi sprezzante. I quattro pilastri mediani, di spigolo, si ornano di grandi ovati, certo previsti in stucco, che ripropon-gono in primo piano il motivo delle nicchiette ovate delle pareti. Singolare è la connessione tra parete, pilastri e volta: la parete, salendo in curva, è rotta dalla prosecuzione a vela dei finestro-ni, che sopravanzano il tratto verticale del muro (come non sarà più nel foglio n. 7 e tor-nerà invece in parte nel salone realizzato) e l'ovale della volta viene a poggiare direttamente sui pilastroni in un modo che, piut-tosto che precisato, è celato dal disegno di stucchi attorno al-l'alto dei pennacchi.

Quanto nel foglio 8, però, pare affascinante libertà di scenografo che gioca anche di arbitrii e di paradossi, di « fantasie » da ri-solvere sul piano di un'unica ne-cessità poetica e illusionistica, è corretto dal foglio 7, che trova una conclusione più logica e organicamente meglio articolata del rapporto parete, pilastri, cu-pola. Non è più, come nel foglio 8, il costituirsi d'una zona anu-lare terminale appoggiata agli arconcini divisori, in profondità, della Galleria, su cui si posi, al limite anteriore dei pilastri, l'ovato appena sfondante della finta cupola e che gli stucchi, sca-pricciando, mascheravano quasi a voler nascondere l'elementa-rità d'incontro.

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centrale, che rimane organica-mente inserito nella trama dei rilanci dinamici di tutta la sala.

Questa, poi, nella realizzazione dell'architetto verrà ancora a subi-re una concentrazione, che darà prevalenza al vaso mediano, in-nalzandolo con maggior slancio, allungando la gittata dei quattro arcani centrali e insieme restrin-gendola, effettuando attraverso il gioco dei quattro finestroni del secondo ordine una « contami-nazione » dell' apertura nei li-miti dell'ordine, che è del foglio 7, con l'apertura a vela interta-gliante la volta anulare, che è del foglio 8. Più vasta, predo-minante, risulta la « cavata » delle quattro conche del salone; gli ovati dipinti inseriti nei pen-nacchi aumentano lo slancio ascensionale e contribuiscono a ridurre la zona della volta cen-trale, che viene a prendere

l'aspet-to, più propriamente, d'una volta « a fazzoletto », che poi l'inven-zione quadraturistica di Dome-nico Valeriani, sorretto da Ju-varra, conclusivamente restringe ancor più armonicamente e lega in unità d'organismo con la rit-mica di tutte le altre parti, archi-tettoniche e pittoriche, vere e finte dell' ambiente, scenografia nella scenografia.

Non possiamo non chiederci, sebbene queste soluzioni finali del salone siano di tanto poste-riori, se il loro maturare in tali termini non sia stato sollecitato e sostenuto da ripensamenti di invenzioni per la ricostruzione già citata del Duomo di Torino. Guardando il « pensiero » n. 52 (voi. 1), non si può non cogliere la, stretta parentela di spunti singoli e anche di alcuni rag-gruppamenti di soluzioni: dal vano circondato di peribolo, al

sistema del doppio ordine realiz-zante un giro di conche, alle voltine a vela sfondanti nella cupola, all' accenno di ornati so-pra gli arconi superiori, quasi a suggerire la possibilità di tra-sporti in balaustrate, ma soprat-tutto il principio irradiante e la ripercussione graduata degli spa-zi, che in Stupinigi, per la par-ticolare funzione dell'edificio, tro-va espressione completa ed estre-ma, dilatandosi in rapporto retto con l'esterno. Il salone di-venta, cosi, come il tempio d'un rito laico e mondano: la caccia.

Un disegno, il n. 142 (voi. I), finora non preso in particolare considerazione — per quanto mi risulta — dalla critica juvar-riana, mi pare di notevole im-portanza per quanto riguarda problemi costruttivi della parte centrale del padiglione di Stupi-nigi vista in spaccato. Esso si

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apparenta di nuovo con disegni relativi al progetto di ricostru-zione secondo piatita centrale del Duomo di Torino. Ma interessa specialmente lo studio insistente dell' architetto nell' articolare il si-stema di volte celato sotto la cupola in successione breve, a calotte sovrapposte fino alla co-pertura a tettuccio, che conclude la serie, inglobando le aperture ovali del penultimo sottotetto.

È questa una dimostrazione sintetica accennante solo alla successione d'involucri, ma altri due disegni: e questi certamente per Stupinigi, il n. 107 (voi. I ) e il n. 160 (voi. I ) specificano i dettagli delle strutture in legno completamente articolate — e in cui la genialità dell'invenzione si concreta attraverso la perizia d'una eccellente maestranza di carpentieri e minusieri — le quali,-sotto il tetto vero e proprio, attraverso una serrata concate-nazione, sorreggono le calotte della volta del salone centrale. Il n. 107 presenta la distribu-zione più chiara delle incastel-lature, che, occupando il giro del sottotetto, sviluppano le

con-troforze alla volta del salone appesa ad esse; ed il n. 160 ulteriormente precisa il congegno mediano, che con travi e tiranti in ferro costituiva il nodo delle forze portanti. Proprio questo disegno, di per sé eminentemente esplicativo ad uso di artigiani, risulta uno dei momenti più vividi e vibranti di Juvarra di-segnatore, trasfigurato com'è liri-camente dal segno, che scorre rapidissimo e morbido, ora graf-fiato lieve e clisperdentesi, ora rappreso in coagulo pittorico. E pare di ritrovarvi il guizzo lam-peggiante d'inventori del Rina-scimento tra fine '400 e primo '500, dove impennata fantastica e perizia meccanica si danno la mano.

Una perspicuità pittorica, que-sta, non meno immediata e fe-conda di quella che appare in altri disegni — per stare a fogli che riguardino Stupinigi e che si rivolgano anch'essi ad elementi particolari — come quelli di capitelli decorativi intonati alla tematica venatoria della palaz-zina: il n. 143 (voi. I ) ad esem-pio, brillantissimo schizzo di

ca-pitello per lesena, ove da un accenno di fogliame corinzio ca-pricciosamente uncinato e mac-chiato, sbocciano, in miracolosa, nascita dal piano delicatamente scanalato, due testine contrap-poste di cervi, smagrite come teste di levrieri, collegati da sotti-lissimi palchi di corna e da ghir-lande di foglie: un capitello che pare risolversi in puro « ornato », ma dove l'ornato risulta dallo stesso prender forma aerea e lie-vitante di elementi strutturali lu-cidamente organati. E non saprei quali casi proporre di più avven-tante e scaltrita sopraffazione di moduli classici, nello stesso sfrut-tarli e, mantenendone sempre la chiarezza e la misura, nel di-struggerne le clausole. Più fe-dele — almeno come impianto — alla formula classica, per quel tipico continuo riaccostarsi (ma-gari fino al purismo) al dato classico e violentarlo, smagliarlo nel barocchetto, che è di Juvarra, per tutta la sua carriera, è il disegno n. 33 (voi. I I ) con capi-tello dal bel corpo cilindrico co-ronato d'un giro d'ovuli sotto l'abaco fioronato, raccordato al corpo da festoni, ghirlande e dalle corna di cervo slanciate come rami d'albero in un gioco decorativo, che in ugual misura fonde spontaneità di natura e artificio d'« ornemaniste ».

Nel disegno n. 9 (voi. I ) com-paiono due pulsanti « pensieri per finimento della parte del salone della Palazzina eli caccia di Stupinigi », dove nel vano catinaio semicircolare ad ovato del sovraporta, incassato in un alveo di paretina esedrata, si

Filippo Juvarra - Pensiero per gradinata d'accesso alla Palazzina di caccia di Stupinigi - Voi. I,

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dis-pongono coppie di cervi va-riamente disposte in gruppo em-blematico e fiorito con una grazia di rappresentazione da ninnolo o da ornato di cornice e insieme con una maestà d'atteggiamenti, una dinamica scattante, una pie-nezza vitale erompente, che di quegli schizzi fa spunti stupendi addirittura per la scultura monu-mentale; e del resto le sovraporte, cosi com'esse erano pensate origi-nariamente, dovevano essere rea-lizzate con quei gruppi di cervi in bronzo, giustamente ritenendo il Bernardi che per realizzarle plasticamente lo Juvarra avesse pensato a Francesco Ladatte. E aggiungiamo che se poi quelle sovraporte con gruppi plastici non furono eseguite, non dovette esser tanto perché tali parti cad-dero, come altre, fra quelle che per Vallontanarsi dello Juvarra da Inorino, morendo a Madrid, rimasero in sospeso per una, quasi due generazioni; ma piut-tosto perché il Ladatte, a T'orino nel '32 ed attivo — portando la sua eletta e modernissima cul-tura parigina — alla corte dove Juvarra soprintendeva ai lavori in ogni campo, dall' architettura al mobile, dalla pittura allo stucco, il Ladatte nel '34 se ne tornava a Parigi per un de-cennio; e chi, allora, restava allo Juvarra, a Torino, per tra-durgli senza traspome la volata inventiva e l'aereo gioco deco-rativo, quelle superbe idee? Non certo il Plura, pregevole e da Juvarra stesso stimato — che gli dava anzi disegni per scul-ture — ma comunque fatto per tutt'altra corposità di forme ed evidenze di sentimenti patetici e familiari; non il Baratta, che se n'era andato da un pezzo, né avrebbe avuto le necessarie abi-lità, agilità e freschezza; nep-pure il Martinez, peraltro alle prese con grazie « rocaille », un po' pesanti in verità; nessuno di essi d'altronde trovandosi in grado di tradurre i pensieri del-l'abate Juvarra nella materia ch'egli dovette intendere per quei

sovraporta e che pensiamo po-tesse esser solo o lo stucco o il bronzo; nel quale ultimo nessuno in Piemonte, e a quei giorni ben pochi a Parigi stessa, sapevano operare con la pulitezza, lo splen-dore, l'eleganza, la leggiadria del torinese Ladatte.

Il foglio 80 porta ancora due pensieri « per le porte del salone di Stupinigi », ulterior-mente sperimentando estrose va-riazioni « rocaille »: in uno con un gruppo di due putti appog-giati ad un bucranio con ghir-lande, che, assieme al movimento delle loro gambe, richiamano e rilanciano la ritmica a ondula-zioni impuntata della cornice di porta; nell'altro con un cervo in corsa, azzannato da cani e inalberatesi in un batter di fremiti pittorici e luminosi.

Ma altri ancora sono i pen-sieri per Stupinigi sui quali tut-tavia non potremo continuare a lungo l'indugio. Di nuovo il disegno n. 10 (voi. I ) studia in alzato e in pianta, finestroni per il salone, dal tipo più ricco a mostra mistilinea (con orec-chioni, timpano, culmine a busto classico) inclusa nell'apertura lu-nettata, a quello più semplice, ma tanto più dinamico e aereo, che, squarciando il fincstrato col

Filippo Juvarra - Due schizzi per soluzioni divers Stupinigi - Voi. I, disegno n.

suo cornicione mediano in pro-spettiva, lo rende immateriale e radioso, ne fa ad un tempo accenno spaziale e velario di luce.

Il foglietto n. 11 (voi. I), pic-colo schizzo in pianta delle gra-dinate di accesso, in fronte, al padiglione centrale, esula qui da necessità di commento, ma po-trà esser d'interesse vivo per chi volesse ripercorrere tutti gli stadi ricostruibili del pensiero juvarriano per le varie parti dell'edificio. Cosi potranno rive-stire particolare importanza due disegni del n. 81 (voi. I), che espongono due proposte per il salone centrale; lo schizzo a si-nistra prospettandolo ottagonale a lati rettilinei rigorosamente, in legamento lucido con i quattro bracci d'una croce di Sant'An-drea regolare e non scalena, con due vestiboli — anteriore e po-steriore — rinserranti il salone stesso, stringendo il tutto in un tracciato di più fredda e sim-metrica geometria, come in un gioco più astratto d'incasellature, rifiutato poi dalla realizzazione che volle, invece, la spontaneità e libertà d'un ritmo analogo ad un respiro — espansione e con-trazione •— condizionante le for-me. Lo schizzo a destra,

addi-ti 2 del salone centrale della Palazzina di caccia di

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-Filippo Juvarra - Pensieri per scale, in pianta e alzato per la Palazzina di caccia di Stupinigi - Voi. I, disegno n. 88 - Torino, Museo Civii

rittura passa a tutt'altra distri-buzione in pianta della palaz-zina, proponendo — in una trama ugualmente rigida, anzi più ancora (e senz'altro più con-venzionale e rpamm.atica) — l'ac-centramento del salone d'onore, dietro ad un vestibolo ovale, tra due ali rettilinee (di cui una solo tracciata) con regolare

distri-buzione di vani su due file. Al di sopra, il disegno 80 (voi. I) comprende due pensieri per « profilo delle scale di Stu-pinigi prospettate in termini molto diversi da quelli in cui furono realizzate le scale che dalle gallerie di levante e ponente,

al-l'incontro con i relativi vestiboli, portano al piano superiore. Più complesse nella distribuzione e sovrapposizione dei fornici, esse si sviluppano con andamenti più scenografici, anche se, data l'esi-guità del vano contenente e la destinazione stessa (che non era di scaloni spettacolari, ma di semplice raccordo del pianterreno rialzato, sede degli appartamenti regali, con un secondo minore piano destinato a servizi), pur sempre mantengono, nonostante il più libero prospettarsi delle varie ipotesi, una stringatezza e una semplicità direttamente legate alla particolare funzione.

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U n e s p e r i m e n t o di misurazione rapida

del reddito "

Giancarlo Biraghi

Il livello dei redditi non è certo il metro della felicità umana, e nemmeno del benessere individuale e sociale, forse non è neanche un indicatore del t u t t o appropriato del grado di sviluppo economico. Sotto questo profilo tut-tavia la determinazione del volume dei flussi annui di reddito serve abbastanza bene a col-locare i vari aggregati umani, distribuiti sul territorio, lungo una scala di valori. Si può quindi convenire che la misurazione del reddito prodotto, globale o prò capite, di una certa collettività costituisca una delle esigenze pri-mordiali di qualsiasi scelta di politica econo-mica.

I metodi di calcolo oggi in uso si possono praticamente ridurre a tre: a) analitico; b) sin-tetico-proporzionale; c) funzionale.

La prima via è generalmente seguita dai grandi organismi statistici nazionali, ed in Italia è quella cui si attiene l'Istituto centrale di statistica nell'elaborazione dei conti econo-mici nazionali, mediante rilevazioni dirette sul valore aggiunto, sugli investimenti, sui con-sumi, sugli scambi con l'estero, ecc.

In linea di massima anche i conti economici territoriali, realizzati dall'IsTAT per le q u a t t r o grandi ripartizioni geografiche del Paese (Italia nord-occidentale, Italia nord-orientale, Italia centrale, Italia meridionale e insulare) sono ottenuti — specie per le valutazioni relative alla formazione del reddito — utilizzando le stesse fonti e gli stessi metodi seguiti per i corrispondenti aggregati dell'intero Paese (1). Altrettanto può dirsi, sia pure con qualche limitazione, per i conti economici regionali pre-disposti annualmente dall'Unione italiana delle Camere di commercio, in ordine ai quali consta che « in linea generale sono a d o t t a t e le stesse fonti utilizzate dall'IsTAT per la distribuzione dei dati dell'Italia tra le singole ripartizioni geografiche », pur riconoscendosi che « dove questo non è possibile, per mancanza di appo-site fonti concernenti i dati regionali, la riparti-zione viene effettuata facendo ricorso contem-poraneamente a più serie di indicatori » (2).

Criteri analoghi vengono a t t u a l m e n t e impie-gati nella elaborazione dei conti economici

provinciali dal Tagliacarne che, a partire dal 1966, ha abbandonato il precedente metodo del cosiddetto « indice composito provinciale » (for-mato dalla media semplice fra il complesso delle retribuzioni da un lato e l'insieme dei seguenti indicatori dall'altro: automezzi indu-striali, energia elettrica per usi diversi dall'illu-minazione, ricchezza mobile di eat. B e C/1, depositi e impieghi delle aziende di credito), dando origine a quella che potremmo designare, tanto per intenderci, come « seconda » o « nuova serie » dei conti economici provinciali.

Sono note le grandi difficoltà ed in ispecie l'ampio lasso di tempo che le procedure dirette richiedono per la determinazione territoriale del reddito. Soprattutto per esigenze pratiche, si è quindi suggerito, più che tentato, ripetutamente il ricorso a metodi sintetico-proporzionali, che consentano in via completamente indiretta di ripartire, a livello di minori circoscrizioni, i valori accertati in forma analitica per l'intero Paese o per le sue più grandi ripartizioni. Rientrano di f a t t o in questa linea i conti econo-mici provinciali del Tagliacarne « prima serie » che, per le attività industriali, commerciali, cre-ditizie, assicurative e di trasporto, si basavano sul menzionato indice composito. Ma seguono ancora questo indirizzo altri tentativi, effet-t u a effet-t i anche in effet-tempi più receneffet-ti, che per le operazioni di disaggregazione si servono di indi-catori persino più semplici di quelli inizialmente proposti dal Tagliacarne.

Il Momigliano ad esempio propose di fon-dare il calcolo sull'ipotesi seguente: il maggiore o minore reddito prò capite di un'area minore (sia essa provincia o zona di una provincia) rispetto al reddito medio prò capite di un'area maggiore (sia essa regione o provincia) è fun-zione della maggiore o minore densità di addetti all'industria, commercio e servizi sulla

popo-* Ringrazio vivamente la Direzione S.I.P. - I Zona e la R.A.I. per la cortesia con cui mi sono stati forniti i dati sta-tistici necessari alla presente ricerca.

(1) Cfr. ISTAT, I conti territoriali deWItalia, supplemento

al Bollettino mensile di statistica, n. 6, giugno 1906, Roma. (2) Unione italiana delle Camere di commercio, I conti

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lazione totale residente dell'area minore nei confronti della densità media dell'area maggiore. I n altri termini, le variazioni percentuali rispetto all'indice del reddito medio globale da area ad area sono funzione di un indice di intensità delle a t t i v i t à secondarie e terziarie (3).

Qualche anno addietro il Figà-Talamanca ha suggerito un metodo sintetico o delle « combi-nazioni settoriali », basato sull'impiego di quo-zienti o coefficienti di p r o d u t t i v i t à media setto-riale delle forze di lavoro. I n altri termini, conoscendo la distribuzione settoriale delle forze di lavoro nelle singole frazioni territoriali ed a t t r i b u e n d o ad ogni e n t i t à occupata la corri-spondente q u o t a media di reddito settoriale, si calcola subito il reddito p r o d o t t o localmente da ogni settore di a t t i v i t à ; la s o m m a dei redditi settoriali locali costituisce il reddito globale locale. I n questa impostazione è implicita l'ipo-tesi, di comodo, che il coefficiente di p r o d u t t i v i t à media del lavoro, pur variando da settore a settore, rimane costante, nel settore, su t u t t o il territorio nazionale (4).

U n procedimento molto simile è s t a t o appli-cato assai recentemente da u n giovane econo-metrico torinese per la determinazione del red-dito nella città di Torino, m e d i a n t e disaggre-gazione dei valori provinciali forniti dal Taglia-carne in proporzione agli a d d e t t i locali nei diversi settori di a t t i v i t à , sia pure a t t r i b u e n d o agli occupati nell'industria del capoluogo u n peso maggiore, in r a p p o r t o all'energia dispo-nibile per ogni a d d e t t o (il reddito dei fabbri-cati è s t a t o r i p a r t i t o in base al n u m e r o di abitazioni) (5).

Ma il criterio proporzionale, se risponde ad esigenze di notevole praticità, non è privo di inconvenienti, quali ad esempio il ricorso ad ipotesi eccessivamente semplificatrici e ad indi-catori non facilmente aggiornabili nel t e m p o .

I n sede internazionale, specie nel q u a d r o delle ricerche a v v i a t e dall'OcsE, si è i m b o c c a t a la s t r a d a delle relazioni funzionali, utilizzate per stabilire connessioni valide rispetto al red-dito o alla spesa totale o ad altri aggregati ausiliari di « indicatori non m o n e t a r i ». Gli studi promossi dall'OcsE m u o v o n o dall'esigenza di pervenire ad accettabili confronti internazionali nei livelli di reddito, eliminando l'influenza distorsiva delle diverse m o n e t e e dei relativi tassi ufficiali di cambio. Il m e t o d o funzionale dell'indicatore non m o n e t a r i o p r e s e n t a però u n estremo interesse anche se applicato n e l l ' a m b i t o di u n medesimo Paese, specie se inteso ad indi-v i d u a r e in m a n i e r a r a p i d a ed efficiente il indi- vo-lume di p r o d o t t o c a r a t t e r i z z a n t e le minori cir-coscrizioni territoriali, quelle comunali e addi-r i t t u addi-r a sub-comunali compaddi-rese.

Si deve ad uno studioso di Oxford, il^Bc-ckerman, la messa a p u n t o di questa tecnica, con la quale egli è pervenuto a interessanti comparazioni nel reddito reale prò capite fra una t r e n t i n a di Paesi, con risultati ben diversi da quelli meccanicamente desumibili dal sem-plice calcolo delle parità monetarie. Il problema fondamentale consiste nel reperimento di indi-catori idonei e nella scelta della « migliore rela-zione statistica » t r a essi indicatori e i grandi aggregati della contabilità nazionale (6).

Il metodo del Beckerman si basa su un'idea a b b a s t a n z a elementare, t a n t o che egli si di-chiara sorpreso che nessuno vi abbia pensato prima. Postula che sulla q u a n t i t à pressoché infinita di beni e servizi che sono s t r e t t a m e n t e legati al consumo totale o al reddito, e dei quali soltanto le difficoltà di classificazione limitano il numero, ve ne siano alcuni per i quali è ra-gionevole supporre che la relazione — cioè la curva di Engel — sia simile per u n a vasta g a m m a di Paesi e che essa sia più o meno insensibile agli scarti che separano i prezzi relativi del p r o d o t t o considerato da un Paese all'altro.

La principale ragione che ha condotto a t e n t a r e questo m e t o d o risiede nel f a t t o che è molto più facile procurarsi dati su determinati indicatori diretti che non sugli aggregati della contabilità nazionale e altresì nella possibilità, almeno a p p a r e n t e , di t r o v a r e correlazioni abba-stanza elevate t r a alcuni indicatori e certe stime indipendenti del consumo o del reddito reale per a b i t a n t e .

Su questo a r g o m e n t o si è da noi ampia-m e n t e discusso nel secondo convegno di conta-bilità nazionale, svoltosi a R o m a nel marzo 1970, e c'è motivo di pensare che esso dovrebbe a t t i r a r e nel prossimo f u t u r o anche nel nostro Paese u n ' a t t e n z i o n e maggiore di q u a n t o finora non gli sia s t a t a accordata, t e n u t o conto della regionalizzazione r e c e n t e m e n t e a t t u a t a e delle esigenze della programmazione locale (regionale, provinciale, comprensoriale, comunale).

Poste queste premesse, è sembrato oppor-t u n o a chi scrive oppor-t e n oppor-t a r e in m a oppor-t e r i a qualche esperimento, riferito principalmente all'area pie-montese, nell'intento di saggiare l'agibilità del m e t o d o e l'affidabilità dei risultati.

( 3 ) F . M O M I G L I A N O , LO sviluppo economico in un'area

re-gionale: il 'Panorama' della provincia di Torino, in

«Passato e presente», n. 10, Torino, luglio-agosto 1939.

( 4 ) M . F I G À - T A L A M A N C A , Un metodo per la valutazione

del reddito prodotto nelle regioni, nelle province e nei comuni,

in « Studi statistici sulla finanza pubblica », Annali di sta-tistica, serie III, voi. 16, ISTAT, Roma, 1965.

( 5 ) P. T E K N A , Torino: dati 1955-1968, in «L'informazione

industriale», n. 16, Torino, 30 ottobre 1970.

( 6 ) W. B E C K E K M A N , Comparaison Internationale du revenu

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* * *

II primo problema che si pone nella costru-zione di una funcostru-zione di reddito sulla base di indicatori è la ricognizione di quelli disponibili a prefissati livelli circoscrizionali e la loro ca-ratterizzazione.

Questa è stata identificata, nelle ricerche O C S E ed in quelle che hanno precedute, nel-l'aspetto fisico e non monetario del fenomeno, che pur avendo particolare rilevanza in sede internazionale ove permette di aggirare la stretta delle parità ufficiali, sembra ajjpro-priato anche per un uso all'interno di aree aventi il medesimo segno monetario, poiché rimuove in partenza gli effetti dovuti unica-mente ai movimenti di prezzo.

Gli indicatori presi in esame dal Beckerman sono i seguenti (espressi in termini relativi prò capite, o in qualche caso per dieci e per cento abitanti): consumo annuale apparente di acciaio, produzione annua di cemento, numero annuo di lettere spedite all'interno, numero di apparecchi radio, numero di telefoni, numero di autoveicoli, consumo annuo di carne.

Per le nostre esigenze, che mirano soprat-t u soprat-t soprat-t o a darci informazioni a livello provinciale e sub-provinciale, alcuni di questi indicatori non possono ritenersi significativi, mentre altri non sono disponibili su base comunale. È stato dunque preso in esame in prima approssima-zione un ventaglio un po' più ampio e in parte diverso di fenomeni, che presentassero le note della reperibilità, significatività e aggiornabilità nell'ambito dei singoli Comuni (abbonamenti alle radio-diffusioni, alla televisione, consumo tabacchi, consumo energia elettrica, autovet-ture circolanti, apparecchi telefonici, volume di corrispondenza, vani costruiti, bestiame macel-lato, copie di « Selezione » vendute, ecc., nonché, a titolo di controllo, la spesa per spettacoli).

Il secondo problema da affrontare è la spe-cificazione della forma analitica della funzione che deve legare gli indicatori al reddito. Questo è stato assunto nella fattispecie di prodotto

netto interno prò capite al costo dei fattori,

se-condo le valutazioni effettuate nei conti econo-mici regionali dal gruppo Barberi-Tagliacame per incarico dell'Unione italiana delle Camere di commercio. Sono stati fatti vari tentativi con differenti tipi di funzioni (lineari, semi-logaritmiche, semi-logaritmiche, inverse logaritmi-che, ecc.) ed è risultato — in conformità alla esperienza del Beckerman — che la doppio-logaritmica risponde meglio di ogni altra alle esigenze di interpolazione, per un grado di acco-stamento ai dati osservati sistematicamente più elevato.

Si è quindi calcolata una successione di funzioni doppio-logaritmiche, ciascuna delle quali conbinava due a due gli indicatori che singolarmente avevano messo in luce un coef-ficiente di correlazione particolarmente alto ri-spetto al reddito. Si è t r a t t a t o in concreto di questi: consumo di energia elettrica per illumi-nazione, abbonamento alle radiodiffusioni, auto-vetture circolanti, spesa per spettacoli, appa-recchi telefonici installati. Non è parso neces-sario andare oltre due variabili esplicative nella ricerca della funzione di regressione multipla, attesa la confermata constatazione del Becker-man, secondo cui risultano generalmente suffi-cienti due variabili per arrivare a coeffisuffi-cienti di determinazione assai elevati (dell'ordine dello 0,90), coefficienti che non vengono d'altronde granché migliorati dall'aggiunta di indicatori supplementari.

La funzione di regressione a noi apparsa la migliore è quella che assume come variabili esplicative del reddito prò capite il numero di abbonamenti alle radiodiffusioni ed il numero di apparecchi telefonici installati: essa è carat-terizzata da un notevole coefficiente di deter-minazione multipla (corretto, per tenere conto dei gradi di libertà) e da modesti errori nei parametri. In particolare i valori della funzione, determinati mediante interpolazione su dati (stimati od osservati) relativi all'anno 1969, cosi si configurano: X% = 6,630551 + 0,664233 X2 + 0,313868 X3 (0,100394) (0,044548) £1,23 = 0,026236 ^1,23 = 0,964064 rÌ,2S = 0,929419 t2 = 6,616261 t3 = 7,045613 dove:

X-l = reddito netto interno prò capite al costo dei fattori a prezzi correnti;

X , = numero abbonamenti alle radiodif-fusioni (escluse le autoradio)

X3 = numero apparecchi telefonici

in-stallati.

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Sif-solo aggregati di serie temporali, piuttosto che dati sezionali com'è in questa circostanza. È ovvio infatti che i dati sezionali possono rife-rirsi oltre che a individui, famiglie, gruppi, settori produttivi, ecc., anche a regioni geo-grafiche.

U n altro problema di stima nasce da un'even-tuale multicollinearità, cioè da u n grado di cor-relazione cosi alto t r a le stesse variabili espli-cative tale da rendere molto difficile, se non impossibile, separare le loro singole influenze ed ottenere una stima ragionevolmente precisa dei loro effetti relativi. Ma anche questa diffi-coltà può ritenersi superata nel presente caso, ove si consideri che la multicollinearità non costituisce u n problema finché l'intercorrela-zione non diventa elevata rispetto al coefficiente di correlazione multipla di t u t t a l'equazione. Funzioni con coefficienti di correlazione multi-pla superiori a 0,95 possono essere ancora sti-m a t e in presenza di correlazioni t r a variabili in-dipendenti dell'ordine di 0,8 e 0,9. È a p p u n t o la situazione nostra, che di fronte a un coeffi-ciente di correlazione multipla superiore allo 0,96 denuncia un coefficiente di correlazione lineare t r a variabili esplicative dell'ordine del-l ' 8 1 % . D ' a del-l t r a p a r t e idel-l sintomo più sicuro dedel-l f a t t o che la multicollinearità sta assumendo proporzioni preoccupanti, è il valore molto alto dell'errore di c a m p i o n a m e n t o dei coeffi-cienti dell'equazione. Ciò non si verifica certa-m e n t e nella funzione qui a d o t t a t a , che presenta per i p a r a m e t r i valori di « t » oscillanti t r a 6 e 7 m e n t r e il valore critico, ad u n livello di significatività dell'I %, è situato intorno a 2,9. f a t t a constatazione è particolarmente

interes-sante, perché restringe l'area delle oscillazioni accidentali nell'utilizzazione pratica della fun-zione.

Qualche considerazione dobbiamo fare in margine alle specifiche variabili prescelte. I n primo luogo circa il reddito. Si fa riferimento al reddito prò capite piuttosto che a quello aggregato o globale per tenere nel d o v u t o conto i movimenti demografici e d ' a i t r a p a r t e quel valore è il più a d o t t a t o nei confronti sia spaziali sia temporali; in ogni caso la conver-sione è q u a n t o mai agevole. È stato scelto poi il reddito n e t t o anziché lordo, v a l u t a t o al costo dei f a t t o r i piuttosto che ai prezzi di mercato, in termini correnti anziché costanti, per ragioni eminentemente pratiche, vale a dire di omo-geneità con le stime provinciali del Tagliacarne.

Quanto alle variabili esplicative, esse sono e n t r a m b e riferite a cento a b i t a n t i ; gli a b b o n a -menti alle radiodiffusioni non includono le auto-radio; gli apparecchi telefonici installati sono comprensivi sia dei collegamenti principali (cor-rispondenti al n u m e r o di a b b o n a t i ) sia degli addizionali e r i g u a r d a n o t u t t e le cinque cate-gorie in cui è suddivisa l'utenza telefonica (l'enucleazione di categorie singole come la q u a r t a , corrispondente alle private abitazioni, e la limitazione a l t e r n a t i v a ai soli collegamenti principali o ai soli addizionali non h a n n o d a t o risultati apprezzabilmente diversi).

L a stima dei p a r a m e t r i di una funzione come quella qui proposta non è c e r t a m e n t e al riparo da difficoltà di ordine statistico, sulle quali è necessario fermarsi brevemente.

I n n a n z i t u t t o la possibilità di errori

siste-matici, connessa all'accettabilità o meno

del-l'ipotesi che le variabili esplicative siano stati-sticamente indipendenti dal t e r m i n e di errore casuale. Tale ipotesi si identifica, come è noto, con la condizione di causalità unidirezionale, in difetto della quale si u r t a contro il cosiddetto principio di H a a v e l m o (« il m e t o d o statistico usato deve discendere da u n modello che spe-cifichi le relazioni t r a le variabili m u t u a m e n t e dipendenti »), con la probabile conseguenza di u n a s o t t o s t i m a per l ' i n t e r c e t t a della funzione e di u n a sopravvalutazione degli altri p a r a m e t r i (rotazione in senso antiorario della curva inter-polante). Ma a nostro avviso vale nel caso spe-cifico l'osservazione del Klein, secondo il quale l'esistenza di un'influenza unidirezionale del reddito familiare su ciascuna voce di spesa è un'ipotesi b a s a t a sulla s t r u t t u r a istituzionale della società (7). Ne segue che la correlazione t r a spesa e reddito su campioni stratificati a i u t a a evitare l'ostacolo degli errori sistematici nelle stime, c e r t a m e n t e presenti se si usassero

* * *

Qualche considerazione ora sul significato della funzione accolta. Si è già d e t t o che si t r a t t a di funzione doppio-logaritmica, per cui i p a r a m e t r i delle variabili esplicative esprimono valori di elasticità. Quello che si legge imme-d i a t a m e n t e è però il graimme-do imme-di flessibilità o

sen-sibilità o più semplicemente variabilità del

red-dito prò capite rispetto ai due tipi di consumi o servizi prescelti. I n pratica ne consegue che una fluttuazione del 1 0 % negli a b b o n a m e n t i alle radiodiffusioni manifesta u n a corrispondente variazione, ogni altro f a t t o r e t e n u t o costante, del 6 , 6 % nel reddito prò capite; similmente u n a escursione del 1 0 % nel n u m e r o di apparecchi telefonici segnala u n a variazione, sempre a p a r i t à di t u t t e le altre condizioni, del 3 , 1 % nel reddito prò capite.

( 7 ) L. R. IVLEIN, Introduzione all'econometria, Milano.

(23)

Tabella 1 REDDITO NETTO INTERNO PRO CAPITE AL COSTO DEI FATTORI IN LIRE CORRENTI (ANNO 1969) DELLE REGIONI ITALIANE

R E G I O N I Piemonte Valle d'Aosta . . . Liguria Lombardia Trentino-Alto Adige. Veneto Friuli-Venezia Giulia Emilia-Romagna . . Marche Toscana Umbria Lazio Campania Abruzzi Molise Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna

R E D D I T O PRO CAPITE ORDINE DI GRADUATORIA ( D e c r e s c . )

STIMA U N I O N E IT STIMA NOSTRA D I F F E R E N Z A C . C . 1. A . A . STIMA NOSTRA a —b b a b a b 9 5 9 . 8 7 0 9 5 5 . 4 9 4 - 4 . 3 7 6 3 3 9 5 3 . 5 4 1 8 5 9 . 1 5 8 - 9 4 . 3 8 3 4 6 1 . 0 0 5 . 5 8 0 1 . 0 6 5 . 9 8 9 + 6 0 . 4 0 9 2 1 1 . 0 4 4 . 4 0 3 9 6 7 . 8 1 4 - 7 6 . 5 8 9 1 2 7 3 3 . 1 3 9 7 4 7 . 8 0 0 + 1 4 . 6 6 1 1 0 9 7 6 4 . 8 1 5 7 3 3 . 0 3 1 - 3 1 . 7 8 4 9 1 0 8 0 5 . 8 9 5 8 8 6 . 2 5 3 + 8 0 . 3 5 8 8 5 9 0 5 . 5 1 6 8 4 1 . 1 7 5 - 6 4 . 3 4 1 5 8 6 6 3 . 6 3 9 6 8 1 . 3 5 9 + 1 7 . 7 2 0 1 2 1 2 8 3 8 . 6 6 9 8 4 7 . 8 6 3 + 9 . 1 9 4 7 7 6 7 8 . 7 5 9 6 8 7 . 2 6 5 + 8 . 5 0 6 1 1 1 1 8 4 6 . 9 7 2 9 0 1 . 9 3 0 + 5 4 . 9 5 8 6 4 5 0 9 . 2 2 3 5 2 5 . 4 0 5 + 1 6 . 1 8 2 1 7 1 5 5 5 1 . 9 8 4 5 7 9 . 2 7 3 + 2 7 . 2 8 9 1 4 1 3 4 3 5 . 1 9 6 4 7 0 . 7 9 6 + 3 5 . 6 0 0 1 9 1 8 5 4 4 . 4 1 3 5 2 3 . 8 1 5 - 2 0 . 5 9 8 1 5 1 6 4 6 0 . 2 2 9 4 3 4 . 0 4 2 - 2 6 . 1 8 7 1 8 1 9 4 0 8 . 2 5 5 4 1 2 . 0 4 9 + 3 . 7 9 4 2 0 2 0 5 2 6 . 6 6 3 5 1 4 . 1 9 1 - 1 2 . 4 7 2 1 6 1 7 5 5 4 . 6 7 0 5 3 7 . 6 5 5 - 1 7 . 0 1 5 1 3 1 4

I reciproci dei parametri in esame ci offrono invece le elasticità di questi tipi di spesa ri-spetto al reddito prò capite. Appare dunque che la elasticità degli abbonamenti alle radio-diffusioni in rapporto al reddito è uguale a 1,5, mentre quella dell'installazione di appa-recchi telefonici raggiunge all'incirca il 3,2. Ciò significa che ogni incremento percentuale di reddito prò capite si riflette normalmente in un aumento più che proporzionale degli abbona-menti radio e telefonici, secondo un ordine di grandezza che è una volta e mezzo per i primi e di oltre tre volte per gli altri. Si t r a t t a di domande certamente elastiche, graduate però in maniera diversa, come intuitivamente del resto si doveva supporre.

A questo punto non resta che applicare la funzione e porre sotto osservazione i risultati che essa è in grado di produrre.

Incominciamo col ricalcolare i valori regio-nali del reddito netto interno prò capite, per confrontarli con quelli da cui siamo partiti dei « conti economici regionali » (tabella 1). A prima vista può sembrare un circolo vizioso (dai conti regionali analitici alla funzione di regressione e da questa di nuovo ai conti regionali), ma lo scopo dell'operazione è soltanto di consta-tare se il metodo funzionale tende ad allonta-narci oppure ci avvicina ad altre grandezze che sono espressione diretta dell'andamento del reddito. Scelto quale termine di confronto il gettito dell'imposta complementare, si constata

con soddisfazione che il coefficente di cogra-duazione fra le stime regionali del reddito ed il gettito dell'imposta complementare migliora passando dai valori accertati per via analitica a quelli conseguiti per via funzionale (il coef-ficiente di Spearman sale da 0,95 a 0,97 e quello di Kendall da 0,84 a 0,86). Oltre questo rilievo di carattere generale, si può aggiungere che le «rettifiche», per cosi dire, si distribui-scono territorialmente in maniera apparente-mente del t u t t o casuale, segnando diminuzioni più o meno consistenti per Piemonte, Sicilia, Sardegna, Puglia, Basilicata, Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia, Valle d'Aosta, ed au-menti per Calabria, Umbria, Toscana, Campa-nia, Trentino-Alto Adige, Marche, Abruzzi, Mo-lise, Lazio, Liguria e Friuli-Venezia Giulia.

Analogo ricalcolo, sempre relativamente al 1969, è stato fatto per le province piemontesi, con i risultati, comparati con le cifre di « Mo-neta e credito », riportati nella tabella 2.

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