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PANORAMA DEI TRANSITI PLUTONIANI TRADUZIONE DI ANGELA CASTELLO

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 101-112)

re il mondo alieno in cui si precipita durante le fasi di depressione, disillusione, dubbi esistenziali, o passaggi vitali importanti. Per gli astrologi ciò significa l’allargamento della nostra comprensione di Plutone ed il processo ciclico che avviene durante i transiti del dio.

Il destino di Ade

Dopo aver sconfitto i Titani, i tre fratelli Zeus, Poseidone ed Ade tirarono a sor-te per dividersi il mondo governato in precedenza dal loro padre titano, Satur-no. Non fu il caso ma la mano del destino che guidò la scelta delle rispettive sfere di dominio. Ce lo dice Poseidone parlando attraverso la voce del poeta Omero nell’Iliade:

“Quando i dadi furono lanciati, a me venne assegnato il mare grigio in cui vivere

per sempre; Ade ebbe in sorte le nebbie e l’oscurità, e Zeus il cielo immenso con le nuvole e l’aria brillante.

Ma la terra e l’alto Olimpo appartengono ad ognuno di noi”.5

La parte di Ade corrisponde al regno sotterraneo delle ombre e del buio. Come signore della morte e della rinascita, egli è il fratello invisibile che si al-lontana dalla famiglia olimpica e tuttavia la percepisce a livelli più profondi. Come guardiano delle ombre, Ade ha il ruolo di prendersi cura di tutto ciò che rimane represso sia nell’individuo sia nella famiglia: segreti, vergogna, passio-ni occulte, perdite e rimpianti inespressi, separaziopassio-ni, legami fipassio-niti o irrisolti, emozioni negative e velenose. È il custode di ciò che viene sepolto e che di-venta poi l’insieme dei complessi ereditati e dei modelli di comportamento per le generazioni future. Diversamente dai suoi fratelli, si accontenta di una sola partner e, con la benedizone del fratello Zeus, rapisce Kore6per condurla nella sua reggia sotterranea. E sebbene condivida con gli altri l’Olimpo vi si avven-tura soltanto una, o forse due volte, scegliendo di rimanere nell’Oltretomba.7

Ade era stato divorato da Crono ed aveva trascorso i suoi anni formativi nel “ventre” del suo terribile padre. Crono era consapevole del ciclo del desti-no e temeva di essere spodestato dalla sua progenie così come aveva fatto lui stesso con il padre Urano. Al contrario di Zeus che era sfuggito al destino di essere divorato, Ade si abituò a vivere nel grembo del padre, e si familiarizzò con la sensazione di essere invisibile e nascosto. I suoi mitici regni sono anche interiori e introversi; rimangono, infatti, poche immagini o altari per ricordarci l’importanza del suo culto. Non si ha notizia di templi eretti per lui né di sue rappresentazioni in sculture o vasi dipinti.8 Non divenne nemmeno padre di eroi come i suoi fratelli Zeus e Poseidone. Come dio che rappresenta anche un luogo Ade è stato sia ri-collocato sia dis-locato:9termini che costituiscono for-ti indizi di ciò che abbiamo fatto, culturalmente e psicologicamente, con il suo archetipo.

Il territorio di Ade si è allontanato dalla nostra consapevolezza sin dall’an-tichità. Dapprima, nelle società agricole, gli dei della terra e quelli degli inferi erano più vicini poiché condividevano la natura ciclica della vita e della morte.

Ma, ad iniziare dall’ 8° secolo A.C., gli inferi diventarono il luogo della dispera-zione, come attesta l’epica omerica. L’ombra di Achille lo conferma quando dice ad Odisseo che la vita di uno schiavo sulla terra è più desiderabile di quella di un re nell’Ade.10 Governare su tale immensa distesa non rappresen-tava certo un premio per un eroe omerico!

L’Ade viene relegato ai margini della vita quotidiana e diventa la terra de-solata delle ombre, un asilo per le anime dei trapassati. Lo spostamento verso le polis,11 lontane dalla terra e dall’agricoltura, aveva contribuito alla perdita della conoscenza istintiva dell’alternarsi stagionale e della natura ciclica della nascita, morte e rinascita. Il passaggio dal pragmatismo terreno e sotterraneo alle altezze ispiratrici del cielo aveva lasciato isolato Ade (il dio più lontano da esso) nella sua oscura dimora. Non aveva più posto nell’Olimpo per ricordarci la sua presenza; né c’erano templi o culti che ci ricordassero il suo potere.12

Poiché Ade non aveva templi od altari, i suoi fedeli lo invocavano batten-do la terra con le mani, batten-dove si nascondeva. Infatti, man mano che veniva bandito dalla consapevolezza, diveniva sempre più segreto e meno affidabile. (Ironicamente, gli individui accentuatamente plutoniani spesso costellano forti emozioni nascoste di invidia, risentimenti o intimidazioni verso gli altri; eppu-re, nel loro intimo, essi sono persone fidate su cui si può contare in situazioni di vita-o-di morte.) Come reggente di questo luogo, un tempo oscuro ma ferti-le, Ade viene ora associato con una oscurità temibiferti-le, segreta, intoccabile. Simboleggia tutti le zone più buie della vita psichica, una volta accessibile an-che se nascosta, i cui aspetti sono perdita, rabbia, gelosia, dolore e morte.13

La cultura che nega Ade bandisce la morte, il buio, e le emozioni negative. Ma se apertamente identificate con l’ego queste emozioni represse emergono co-me disperazione, perdita di significato, instabilità, oppure sensazione di essere perduti o invisibili agli altri. È su questo terreno arcaico che discendiamo du-rante i transiti di Plutone.

Omero ha descritto Ade come “il più ripugnante” di tutti gli dei.14 Il suo viso ci appare adesso così terribile e spaventoso che abbiamo imparato a par-larne eufemisticamente. Come studenti di astrologia, tendiamo a ricordare la parola chiave “trasformazione” dimenticando la morte e tutte le negatività as-sociate a questo archetipo. Idealizzando le possibilità trasformatrici del dio cerchiamo di evitare o superare le sue caratteristiche invece di accettarle, ignorando volutamente il lato oscuro della vita. Nella nostra civiltà, il suo culto è straniero ed alieno, non più parte integrante dei misteri che ci sono stati in-segnati.

Ci sono diversi nomi associati con Ade. Spesso, non gli veniva dato alcun nome perché coloro che lo sentivano venivano colti da un grande terrore (il che avviene ancora adesso quando accenniamo ai transiti di Plutone). Tutta-via, come si è soliti fare quando si parla di entità terribili, si usavano general-mente degli epiteti più gradevoli per dissipare la paura ed alleviare l’ansietà dell’ignoto. I suoi diversi nomi aiutano a conoscerlo meglio e a riconsiderare la sua eredità astrologica, soprattutto in relazione ai transiti. Inoltre, essi servono a ricordarci il fruttuoso processo che si origina dall’incontro con il dio.

I nomi di Ade

Plutone, il più comune di questi nomi, deriva da Plutus, che significa “ricchez-za”.15 La denominazione di “ricco” o “agiato” allude ai tesori che si trovano sotto terra, un’analogia con il ricco mondo interiore. L’epiteto si rifà all’antico legame tra tra il mondo sotterraneo e gli dei agricoli suggerendo nuove possi-bilità nascoste sotto le esperienze consapevoli. Queste ricchezze si riferiscono anche all’enorme quantità di ombre e fantasmi che popolano il territorio di Ade. La soggettività è il regno di Plutone; quando viene accettato, la ricchezza del mondo psichico può essere richiamata attraverso i sogni, le immagini, e i simboli. I sogni appaiono durante l’immobilità del sonno quando il mondo esteriore diventa invisibile e la consapevolezza cede all’inconscio. Il mondo delle ombre e dei fantasmi così pieno di risorse rappresenta l’aspetto trasfor-mativo di Plutone dal punto di vista astrologico. Il trovarsi davanti a ciò che prima era invisibile ci permette di scoprire tutto quanto era sepolto o nascosto alla nostra coscienza. Far risorgere i valori nascosti riportandoli a livello co-sciente diventa parte dell’opera di un transito di Plutone.

Ais (o Aides) era uno dei nomi di Ade, che significa “l’invisibile” o “colui che non si vede.” Durante la guerra tra suo fratello Zeus e il padre Crono, i Ci-clopi gli avevano donato un casco che, se indossato, lo rendeva invisibile. Ciò gli aveva permesso di rubare a Saturno la sua arma senza essere scoperto. L’elmetto copre i pensieri, le idee e le intenzioni indebolendo le nostre strate-gie naturali.

Quando Ade emerge dal suo regno è invisibile e quindi non è possibile ri-conoscerlo. In termini psicologici, questo significa assenza di persona; non c’è “niente” per sottrarsi a questo dio. Ade ci mette di fronte a quanto si trova die-tro la maschera della nostra personalità esterna e della nostra identità. Spes-so, durante un transito importante di Plutone, la maschera viene strappata e mostra ciò che si cela dietro di essa. Ade appare dalle ombre senza preavviso; perciò nessun meccanismo consapevole è in grado di reagire a ciò che svela. Le nostre difese sono impotenti di fronte a lui. Durante un suo transito, possia-mo anche sentirci invisibili e impotenti. Dopo aver dato una nuova direzione alle energie generalmente profuse nel mondo, siamo incapaci di avere un im-patto su di esso, e vaghiamo nella vita del tutto ignorati.

Un altro epiteto di Ade è Eubuleo,16 che significa “il buon consigliere” o “il benevolo consigliere” e si riferisce ai saggi consigli che emergono dalla pro-fondità della psiche attraverso immagini ed emozioni, sebbene possano essere etichettati come irrazionali. Nella mitologia greca, Eubuleo era anche un guar-diano di porci indovino, testimone del ratto di Persefone da parte del dio. Il re-gno di Ade è quello della perdita, specialmente il distacco dalle nostre dipen-denze. Quando appare nella nostra vita egli chiede un sacrificio, quello di la-sciare andare ciò che non è più destinato a far parte di noi. Il nome Eubuleo ci ricorda la saggezza istintiva verso la natura ciclica della vita, il senso della “conoscenza viscerale”, l’onestà aperta e senza compromessi: tutte qualità evocate da Plutone.

Talvolta, il dio degli inferi viene denominato Zeus Ctonio. Ctonio significa “nella terra” e, in questo caso, “Zeus del mondo inferiore.” Quando Zeus di-venne il fulgido dio dell’Olimpo, la sua parte oscura di-venne proiettata nell’Ade. Come fratelli, i due dei simboleggiano la polarità luce-buio: Zeus è trionfante e celeste; Ade è invisibile e sotterraneo. Questo nome ci ricorda che la saggezza (la sfera di Zeus e quella di Plutone) comprende entrambi i regni. Ade era sta-to divorasta-to dal padre Crono mentre Zeus no. Ognuno dei due fratelli accede a due modalità diverse di conoscenza. Zeus ha continuato l’eredità paterna in-ghiottendo Metis (la dea della saggezza e della comprensione istintiva); il suo modo di conoscere è conquistare e trionfare. Ade ha maggiore familiarità con il non conoscere essendo stato inghiottito nell’incertezza e nell’oscurità; l’intel-ligenza di Ade è istintiva e profondamente intuitiva.

Con l’epiteto Polidemone “colui che riceve molti ospiti”, Ade viene defini-to come il dio che riceve i suoi ospiti. Il rappordefini-to amichevole con gli ospiti era una tradizione importante nell’antica Grecia. (“Ghost/fantasma”, condivide una radice comune con “guest/ospite”,”host/anfitrione”, “hospitality”, e “ho-spice”). Ade, in qualità di Polidemone, ci invita ad offrire un rifugio sicuro ai fantasmi del nostro passato e alle ombre dell’al di là. Se i fantasmi vengono banditi si trasformano in aspetti dell’anima che ci perseguitano finché non li ri-conosciamo e ne prendiamo atto. Durante i transiti di Plutone è molto probabi-le che incontriamo fantasmi dissepolti. Questo è l’aspetto di Ade che vuoprobabi-le ri-ceverci e tuttavia chiede di conformarci alle regole del suo regno. Esso esige che ci togliamo la maschera e ci esponiamo interamente ai nostri impulsi più profondi. Se non lo facciamo corriamo il rischio di diventare l’ombra del no-stro precedente sé, perduto o imprigionato negli oscuri recessi degli inferi. Quando ci avviciniamo al regno di Ade dobbiamo essere preparati.

La geografia dell’oltretomba

Le entrate nel regno sotterraneo sono costituite da caverne, voragini, pozze o sorgenti; fessure o spaccature sulla superficie terrestre da cui scorrono sor-genti di acqua calda o vapori velenosi; o anche da laghi sotterranei. Queste entrate, alcune sacre, altre proibite, si trovavano generalmente in zone remote e selvagge. L’eroe poteva incominciare la sua discesa agli inferi da una di esse oltrepassando il cancello sorvegliato dal mostruoso cane tricefalo, Cerbero.17

La separazione tra il mondo inferiore e quello superiore era costituita da fiumi spesso tossici e tumultuosi. Le anime che lasciavano le loro spoglie mor-tali dovevano attraversare lo Stige, il fiume più velenoso e terribile, aiutati dal nocchiero Caronte. Tuttavia, prima che l’anima fosse in grado di attraversare il fiume, il corpo doveva essere sepolto. Senza la cerimonia della sepoltura le anime erano condannate a girovagare senza scopo lungo le rive dello Stige, senza poter raggiungere la loro sede finale. Psicologicamente, qualsiasi cosa non sia stata completata ci ossessiona come un’ombra insepolta. Astrologica-mente, durante i transiti di Plutone noi siamo soggetti ad incontrare le ombre di ciò che abbiamo emotivamente tagliato fuori dalla nostra consapevolezza.

Metaforicamente, possiamo essere spinti nell’Ade attraverso le caverne e i vuoti formati dalla nostra depressione o disperazione. Anche il dolore e la perdita di significato della vita possono proiettarci in questo luogo. Oppure il vortice aperto dall’eruzione vulcanica di emozioni profonde. Una catarsi emo-tiva può lasciare un buco nero attraverso cui siamo costretti ad entrare nel mondo sotterraneo per incontrare l’anima, come sperimentò Jung. Durante i passaggi critici della vita, quando abbiamo bisogno di abbandonare il livello raggiunto per entrare in un altro, ci troviamo spesso di fronte ad una delle por-te di Ade. Come, per esempio, quando ci troviamo sulla soglia della “mezza età.” Attualmente, la generazione di Plutone in Vergine, sta per entrare in que-sta fase durante il quadrato crescente del Plutone di transito sulla sua posizio-ne natale.

Secondo la tradizione, Ade si divide in tre parti. Il Tartaro costituisce la zona inferiore, dove sono eternamente puniti coloro che hanno gravemente peccato. Erebo rappresenta la zona di mezzo dove si aggirano le ombre dei di-partiti. (Spesso, l’Ade viene chiamato Tartaro o Erebo) La terza zona, infine, è chiamata Eliso, o Campi Elisi, ed è riservata agli eroi scelti dagli dei.18

Il Tartaro è la parte più oscura dell’Ade. Qui sono puniti i crimini più gravi, quelli contro gli dei: tradimento, inganno, arroganza o inflazione dell’ego -attraverso l’autoidentificazione con un dio. Il Tartaro (nella sua polarità con l’Olimpo/Cielo) è popolato da coloro che hanno osato entrare nel regno degli dei o paragonarsi ad essi oppure sfidarli. Qui la vita è un’infinita ripetizione di futili compiti, un ciclo senza senso di lavori senza scopo, dove tutto si riduce in depressione, sofferenza contorta, comportamenti compulsivi, perdita di me-moria, disperazione, e mancanza di significato. Intrappolate in questa zona ci sono spesso le ombre familiari ed ancestrali, che cercano la redenzione attra-verso di noi.

Questo è il luogo che raccoglie i sedimenti e le emozioni non filtrate. Mol-to al di sotMol-to della consapevolezza, muraMol-to e sterile, si trova il deposiMol-to dei no-stri più oscuri turbamenti, l’archetipo del tormento e dell’impotenza. Qui po-tremmo ritrovarci avvolti dalle nebbie del dolore e della perdita, magari duran-te un episodio depressivo quando la vita perde di significato e noi perdiamo la fede. Questo è il luogo della totale resa agli dei. Durante i transiti di Plutone siamo spesso spinti nel Tartaro per tornare in contatto con emozioni torturanti ed arcaiche. Tuttavia, come l’eroico Enea, possiamo oltrepassare questo luo-go sfuggendo alla palude delle ombre ancestrali e, per la prima volta, differen-ziarle da quelle personali. Enea sente le grida disperate e i lamenti pietosi de-gli abitanti mentre viaggia per ritrovare suo padre nei Campi Elisi ma viene opportunamente guidato per sfuggire alla deviazione che lo porterebbe nel Tartaro.

Erebo è la sezione attraverso cui le anime dei morti passano per raggiun-gere il luogo del loro riposo. Qui le anime disincarnate assomigliano a ombre o immagini di sogno e sono impalpabili. Sono i fantasmi di se stessi, vivendo a spese del sangue e della forza vitale degli altri. Erebo è l’immagine della si-tuazione psicologica in cui ciò ch’è morto si trova in fase di transizione oppure

non è stato ancora consapevolmente liberato. Le persone che continuano a negare che qualcosa sia morto vagano senza scopo attraverso questa terra di ombre, attingendo la forza vitale da coloro che sono più vicini; Erebo è la fase in cui entriamo nei periodi di incredulità e diniego circa le nostre perdite - un luogo in cui inaspettatamente ci identifichiamo coi morti. Durante i transiti di Plutone spesso ci sentiamo come nel limbo, disorientati, incapaci di lasciar andare il superfluo e di abbracciare una nuova forma esistenziale.

L’Eliso – o la magica Isola dei Beati – è riservata a coloro che hanno compiaciuto gli dei durante la vita. Vi sono destinati, in genere, gli eroi e gli iniziati ai Misteri eleusini (i riti che onoravano la morte). Questa parte dell’al di là è idillica e i suoi abitanti vivono l’altra vita benedetti dagli dei. In contrasto con il Tartaro e l’Erebo, l’Eliso rappresenta il risultato di un rapporto più con-sapevole con Ade e la morte.

I cinque fiumi che scorrono negli inferi simboleggiano la vita emotiva. Es-si sono nascosti al di sotto della superficie del mondo viEs-sibile e trasportano i sentimenti inconsci. I fiumi sono o tossici, inquinati da emozioni represse inca-paci di scorrere liberamente, o turbolenti, carichi della possente forza di conte-nuti repressi.

Lo Stige è il fiume “dell’odio”, il confine più esterno dell’Ade. È la soglia che le anime adeguatamente sepolte attraversano per giungere al riposo fina-le. È un fiume sacro anche agli dei, che giurano su di esso. Un dio che infran-ge tale giuramento viene messo all’ostracismo dal consesso degli dei.

L’Ache-ronte è il fiume della “tristezza”, che contiene le sensazioni di dolore,

depres-sione, e disperazione. Il Cocito è il fiume “che piange”, pieno dei suoni e della sofferenza provati per la perdita, la separazione, il cambiamento, o la morte. Il

Flegetonte è il fiume “che brucia”, il fuoco che divora le scorie e i sedimenti

delle emozioni represse liberando frutrazioni, passioni e desideri. Il poter espri-mere i nostri desideri e le nostre passioni apertamente diventa un processo catartico che brucia i sentimenti repressi. Il Lete è il fiume “dell’oblio”; l’anima lo attraversa quando entra e quando lascia l’oltretomba dimenticando le espe-rienze precedenti, come è successo a Semele, Persefone, Orfeo, Psiche Il di-menticare traccia una potente linea di demarcazione tra i due mondi e forma un importante aspetto dei transiti plutoniani. I transiti di Plutone ci incoraggia-no a liberarci del passato e a quanto incoraggia-non ci serve più, a lasciar perdere gli strati inutili del sé e a procedere senza le ossessionanti memorie di qualcosa di incompiuto. La dimenticanza implica che il sé consapevole è pronto ad andare avanti, non più oppresso dall’oscurità.

La discesa agli Inferi

Nella mitologia greca vi sono molte ragioni per discendere agli inferi: liberare una persona morta, conquistare l’immortalità personale, attingere informazio-ni, ricevere aiuto, riunirsi con una persona amata, o persino cercare di conqui-stare tale regno.19Anche oggi abbiamo motivi simili: la discesa nell’altro mon-do costituito dalla psiche è necessaria per riunirci con gli aspetti smembrati

del nostro sé. Tuttavia, intraprendere questo viaggio pericoloso ha sempre ri-chiesto una guida e delle istruzioni precise.

Due guide divine, Atena ed Ermes, hanno facilitato il viaggio di Ercole negli inferi.20 Nell’Eneide, Enea viene istruito dal padre e guidato dalla profe-tessa di Apollo, Sibilla. Questa lo informa su ciò che deve fare e gli ricorda quanto sia facile la discesa ma come sia ingannevole e irta di pericoli la via del ritorno, sottolineando la necessità di una guida ispirata e di un atteggia-mento rispettoso nell’avvicinarsi al mondo sotterraneo. La Sibilla placa, inol-tre, gli spiriti i cui lamenti potrebbero distrarre Enea dal suo obiettivo; egli de-ve concentrarsi sul suo cammino e non essere sviato dall’assistenza de-verso le

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