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Academic year: 2021

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LINGUAGGIO ASTRALE

dal 1970

Pubblicazione Trimestrale del Centro Italiano di Astrologia

ANNO XXXIV n. 137

Inverno 2004

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SOMMARIO

101 Sul Congresso Faes del 6-7 novembre 2004 a Milano ... 3

1180 Massimo Fornicoli: Saturno ri-velato ... 7

190 Fulvio Mocco: L’astrologia di Giano Bifronte... 13

170 Maddalena Patti: Sei gradi di separazione: un film “Gemelli” ... 19

CASA QUARTA 410 Alessandro Guzzi: I ritorni solari ed i gradi zodiacali ... 26

455 Fabrizio Corrias: Tecniche didattiche e giochi per sviluppare l’atteggiamento interpretativo ... 37

CASA SESTA 612 Ivan Gatti: Prima della luce ... 54

645 Margherita Fiorello: I temperamenti, i quattro elementi e la carta di “decubito” ... 65

671 Nadia Paggiaro: I messaggi dell’acqua (l’elemento acqua e la salute) ... 70

CASA OTTAVA - SPECIALE PLUTONE 810 Orlando Miglionico: Plutone in Capricorno, l’anticamera della metamorfosi ... 82

810 Brian Clark: Plutone e… la mezza età ... 91

826 Brian Clark: Ade come luogo panorama dei transiti plutoniani ... 101

820 Carla Boccherini: Lo sposo infernale ... 112

850 Massimo Michelini: La storia siamo noi. Il ruolo di Plutone nel divenire della storia .. 141

890 Eleonor Buckwalter: Plutone Singleton ... 151

CASA NONA 912 Claudio Cannistrà: Un’astrologa per le nuove generazioni: ricordo di Germaine Holley (1904-1995)... 160

925 Patrizia Troni: …dal viaggio-studio in Tunisia ... 167

980 Stefano Vanni: Tre modalità per diventare Socio Certificato ... 169

990 Recensioni ... 173

980 Elenco dei Delegati e Corrispondenti CIDA ... 175

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Un’ampia parte di questo numero è dedicata a

PLUTONE

un omaggio a questo Dio degli Inferi (solitamente confuso con Pluto o Ploutos, il fratello cieco di Proserpina che distribuiva

a casaccio la ricchezza, attribuita a torto al Plutone “verace”)

Se Urano ha segnato la settecentesca epoca dei lumi, delle scoper- te scientifiche e delle rivoluzioni, così come Nettuno nell’ Ottocento la pienezza del romanticismo e la coscienza dei diritti delle folle, che cosa caratterizzò l’era plutoniana del secolo scorso?

Probabilmente sono due le principali componenti inedite:

– la trasmutazione atomica, che in senso esteso comprende anche l’arte di scandagliare l’infinitamente piccolo con strumentazioni d’avanguardia, le nanotecnologie, e

– la “scoperta” dell’inconscio, questo intruso sconosciuto che ci fa stupire per l’assurdità dei nostri comportamenti. Già i Greci ne avevano intuito l’esistenza quando ammonivano “conosci te stes- so”.

Siamo passati dalla schiavitù reale, saturnina del mondo esterno feudale, inquisitorio, condizionante, a quella – forse peggiore – del mondo interiore, del male oscuro, del magma profondo quiescente che erutta senza preavviso.

I sismologi sembrano di scarso aiuto per prevedere le “effusioni...

plutoniche”, forse noi potremmo essere più utili nel nostro campo per prevedere le “effusioni ... plutoniane”, i periodi a rischio.

Chissà che questa capacità previsionale non ci permetta di essere rivalutati, più che per acrobatiche previsioni grezze, in competizio- ne - per lo più perdenti - con altre forme mantiche.

(D.V.)

A partire da pagina 81

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L.A. 137-101

In questo Congresso sono state sperimentate delle novità rispetto agli stan- dard del mondo astrologico europeo e americano.

Anzitutto desideriamo segnalare l’efficienza e la cortesia della struttura ospitante, l’Hotel Michelangelo, che ci ha fatto rivivere la Milano di 50 anni fa, funzionale, sollecita e con un personale felice di fornire la migliore qualità del proprio lavoro, magari imponendoci soluzioni migliori di quelle da noi richie- ste.

Poi l’estremo rispetto degli orari delle conferenze, da parte di tutti i relatori, che hanno compresso in 30’ lavori assai corposi, contenuti per esteso negli Atti.

Vista la attuale recessione, le quote di iscrizione sono state particolarmente ridotte: per due giornate piene in una struttura elegante e funzionale da 4 stelle fino al 10 agosto per i Soci del nostro Meridione e per gli stranieri bastavano 45 Euro, e 65 Euro per gli altri Soci. In compenso è stata maggiorata la quota – facoltativa – degli Atti (48 Euro) in modo da privilegiare comunque la parte- cipazione al Congresso; peraltro gli Atti sono andati a ruba in breve tempo.

Con questa scelta il bilancio economico è risultato ampiamente positivo, che il CIDA utilizzerà per il potenziamento delle attività delle Delegazioni.

I duecentoventi partecipanti hanno ricevuto a domicilio la tessera con i re- lativi attestati di pagamento, nonchè le istruzioni per raggiungere la sede, per cui non si è verificato il consueto affollamento iniziale alla Segreteria.

CONTATTI COI RELATORI

Si è chiesto ai Relatori di restare a fine lavori di giornata (ore 16.30) a disposi- zione del pubblico per discussioni più “ravvicinate”, sincere e dettagliate.

TRADUZIONE

Erano presenti 4 relatori francesi e tre spagnoli, oltre allo svizzero Dieter Koch e all’olandese Erik Van Slooten (“italofoni”); gli iscritti francesi, spagnoli e svizzeri ammontavano a una trentina.

SUL CONGRESSO FAES

del 6-7 novembre 2004

Milano - Hotel Michelangelo

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Si è sperimentata una traduzione visiva, ossia si proiettava in contempora- nea su un maxischermo la traduzione nelle altre due lingue (es. italiano e fran- cese se il relatore era spagnolo) su due colonne affiancate (il testo era stato tradotto in precedenza).

È un esperimento nuovo, non soggetto alla fantasia dell’interprete simulta- neo – spesso inesperto di astrologia – e meno fugace della parola.

Unica eccezione l’amico Denis Labouré che ha desiderato parlare “a brac- cio”, ma abbiamo prontamente assunto come traduttrice (inedita) la nostra Delegata di Varese, Geneviève Jama, la prima a restare sorpresa ... della sua stessa bravura!

CONTENUTI

I titoli sono stati ampiamente riportati nei numeri precedenti. Data la varietà delle relazioni, da quelle elementari a quelle assai complesse è presumibile che ogni partecipante abbia trovato quelle consone ai propri gusti.

Sulla base dei nostri riscontri e delle richieste pervenute, è stato particolar- mente apprezzato il lavoro di Bezza, che ha mostrato quanto alcune intuizioni galileiane fossero già espresse dagli antichi; il lavoro di Verdù, che ha intravi- sto contenuti astrologici nei geroglifici dell’antico Egitto, l’astrogenealogia di Catherine Gestas e molti altri.

ESPOSIZIONI

Altra novità per i Congressi del Sud Europa : la presenza di inglesi e america- ni, in particolare delle due Riviste più prestigiose del mondo: l’Astrological As- sociation e il The Mountain Astrologer (di cui il lettore avrà apprezzato nume- rosi articoli tradotti su questa Rivista e cha ha ospitato la traduzione di un arti- colo di Fulvio Mocco).

Altrettanto quotate le Riviste spagnole Mercurio-3, gemellata con la nostra;

il Cyclos, nonchè particolarmente gradita la presenza del CEDRA francese del nostro caro amico Maurice Charvet di Lione, che ha dato ampio risalto al no- stro Congresso in Francia. In totale c’erano 13 espositori, fra cui alcune Dele- gazioni CIDA presenti “in proprio” (Toscana e Verona).

LIBRETTI

In occasione del Congresso il CIDA ha voluto allestire delle Edizioni speciali, rappruppando argomenti monotematici in volumetti appositi, fra cui:

– Le relazioni affettive di Stefano Vanni

– Raccolta di articoli di Mario Zoli comparsi sulla Rivista – Raccolta di articoli di Roberto Sicuteri

– L’astrologia karmica nuova edizione arricchita – Raccolta di articoli di Renzo Baldini

(tutti ancora disponibili in Segreteria)

È disponibile una nuova ristampa degli Atti (40 euro compresa spedizione).

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SERATA MUSICALE

Dedicata alla città di Milano, la serata di festa si è svolta il sabato con un rigo- roso rispetto dei tempi: per accelerare i tempi, a cinque minuti dall’ingresso dei 120 partecipanti il risotto alla milanese era già servito, seguìto da un menu sempre milanese (ossobuco e meneghina). Hanno aperto lo spettacolo tre giovani artisti con danze rinascimentali in costumi d’epoca (un omaggio alla fastosa corte leonardesca di Ludovico il Moro).

Vittoria Allegranza ha cantato una canzone in milanese, per far notare la somiglianza col francese (Lassa pur che el mund al disa… Laissez bien que ‘l monde dise… mais Milan est un grand Milan).

Una coppia di cantanti lirici ha ricordato la Scala e la scuola di canto di Mi- lano, ritenuta ancora la prima nel mondo. Monica Mariani in costumi da fla- menco e con tanto di nacchere ha cantato una zarzuela per gli amici spagnoli.

Erik Van Slooten che parla un perfetto italiano, ci ha offerto uno spassosis- simo cabaret, in cui dopo le sue rimostranze per le sevizie storiche degli spa- gnoli e dei Farnese sugli olandesi, ha fatto la parodia delle manie di tanti astrologi, proponendo …la “rettifica del luogo di nascita” per far quadrare gli eventi ad ogni costo!… (sul sito Cida è riportato anche un piccolo video a pro- posito).

Come congedo per gli ospiti Vittoria e Geneviève hanno cantato in quattro lingue Tornerai - j’attendrai - komm zuruck - volveras!

Alle 23.30 tutti a riposare, per affrontare i densi lavori dell’indomani!

Oltre alle immagini a colori su questo numero, altre foto e video sono con- sultabili nel sito www.cida.net sotto le ultimissime.

Un ringraziamento particolare ai vari Collaboratori del Congresso; in parti- colare alla Sig.na Susan Briones. Inoltre allo staff di Segreteria diretto da Ste- fano Birion, a M.Grazia LaRosa e ad Ave Roman.

E inoltre allo staff dell’Hotel con Luigi, Marco, Laura, Monica, Ayla, Federi- co, Mauro che vi segnaliamo se doveste raccomandare questa struttura orga- nizzativa.

E infine tutti coloro numerosi – italiani e stranieri – che ci hanno inviato ca- lorosi apprezzamenti per l’atmosfera serena e accogliente del congresso.

Dante Valente

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L.A. 137-180

«Io non so come il mondo mi vedrà un giorno, disse [Newton] prima di morire, per quanto mi riguarda, mi sembra di essere un ragazzo che gioca sulla spiag- gia e trova di tanto in tanto una pietra o una conchiglia, più belli del solito, mentre il grande oceano della verità resta sconosciuto davanti a me».

Secondo il mito Saturno è un antichissimo dio italico, identificato erro- neamente, come cercherò di dimostrare, con Chronos/Tempo. In tempi anti- chissimi, allorché Zeus/Giove lo detronizzò e lo fece precipitare dall’Olimpo, era giunto dalla Grecia in Italia. Si stabilì sul Campidoglio dove fondò un vil- laggio fortificato che portava il nome di Saturnia tellus, espressione che fu poi usata per indicare tutta l’Italia. Si diceva che era stato accolto da un dio più antico ancora, Giano. Questo regno venne chiamato Latium perché il dio vi era nascosto, dal latino lateo, rifugiarsi, celarsi, non essere celebrato.

Presso i Latini era una divinità agraria, il cui nome era legato a sata, i campi arati e seminati proprio in autunno. Saturno proseguì l’opera civilizzatri- ce iniziata da Giano e dette le prime leggi (Bilancia) agli abitanti, ancora oggi la giustizia nei tribunali è raffigurata dalla Bilancia forse in ricordo di questa antica circostanza. Veniva rappresentato armato di falce e roncola e a quanto pare contribuì a diffondere la coltivazione e la potatura della vite (Nettuno in trasparenza in Bilancia).

Ma chi è veramente questo Saturno?

«Saturno – dice Jorge de Santillana – dà le misure essendo residente in Canopo». E ancora: «canopo – il peso – rappresenta il piombo all’estremità del filo con cui venivano misurate le profondità del mare. Va sottolineato come la riluttanza dei filologi a riconoscere il collegamento essenziale fra Chronos / Tempo e Kronos / Saturno poggi sulla convinzione rigorosa che il dio Saturno non abbia nulla a che vedere con il pianeta omonimo».

«Il piombo di Saturno – dice Hillman – è l’attrazione gravitazionale verso il basso e l’interiore, che porta entro la soggettività. (Non a caso Newton è un Capricorno asc. Bilancia) Lento, pesante, cronico, plumbeo: qualità, queste, che producono peso: La coscienza senex pondera, soppesa le cose, come fa- cevano le bilance nei templi romani dedicati a Saturno, e come testimonia la lunga storia dell’immagine della bilancia associata a Saturno e alla malinco-

Massimo Fornicoli

SATURNO RI-VELATO

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nia. La voce di questa coscienza ha il suo peso ed è talvolta sentita “pesante come il piombo”, troppo pessimista e arida, e assolutamente intempestiva, come se provenisse da una prospettiva antiquata e insieme profetica».

«Nelle raffigurazioni medievali e rinascimentali, all’immagine di Saturno venivano spesso associati gli strumenti della geometria e dell’astronomia.

Struttura e astrazione additano qualcosa di ancora più profondo: il principio stesso dell’ordine. Saturno, quale sovrano originario dell’universo, è il nous – concetto che può essere fatto risalire a Platone. (Le Leggi) Il Kronos di Esiodo regnava al principio di tutte le cose. Il Senex, come lo identifica Hillman, forni- sce l’ordine originale, la forma ideale, i fondamenti, i principi, e gli assiomi su cui uno stato si edifica. È lui che ne promulga le leggi e l’ordinamento. Lo sta- to e il suo governo sono anche lo stato del complesso e la fantasia dominante che lo governa».

Nell’Astronomica di Manilio, libro II, ho trovato dei versi interessantissimi (929 ssg.) che presagiscono già quello che Lisa è andata elaborando con gli altri Zodiaci: qui appare ancor più chiara l’importanza di Saturno come la stel- la dello Zodiaco B: «Ma, in quella parte del cielo, dal vertice capovolto, dove sono le fondamenta dell’Universo, che vede al di sopra di sé sospeso, e che giace nel mezzo della notte, là Saturno esercita la sua potenza, proprio lui che fu scacciato un tempo dall’impero dell’Universo e dal trono degli dei e come padre ha influsso sui destini dei padri e sulla sorte dei vecchi; una sola tutela è per due». (Liuzzi).

Saturno corrisponde all’etrusco Satre, come divinità della luce che an- nuncia il giorno. Il lucem facere nel rito celebrativo di Saturno, rappresentazio- ne del sole notturno; per arrivare a Saturno antichissimo re del Lazio e divini- tà, occorre partire dalla base corrispondente all’accadico sa-etru, sa-atru,

«quello che è preminente».

È chiaro come una errata interpretazione etimologica lo abbia associato a Chronos; nei Saturnalia di Microbio, come giustamente fa notare Ornella Fara- covi, si legge come con l’inizio del tempo dopo la castrazione di Urano sia na- ta questa falsa identificazione con Chronos / Tempo.

L’inizio del tempo non indica quello solare ma «un altro inizio… la possibi- lità alternativa di un altro tipo di vita», come fa notare Lisa Morpurgo: «un at- teggiamento esclusivamente “solare” avrebbe effetti disastrosi sulla specie umana, e Saturno ne rappresenta il salutare deterrente».

Le feste Cronie, come riporta Cattabiani, erano celebrate in Atene d’esta- te, per solennizzare la raccolta delle messi e quindi siamo nel segno solare del Leone.

I Saturnali invece cominciavano poco prima del solstizio invernale e dura- vano fino al 23 dicembre, proprio quando il giorno riprende ad allungarsi.

Queste feste erano caratterizzate dal capovolgimento delle classi sociali – gli schiavi comandavano i loro padroni – e rappresentavano un invito a iniziare un cammino spirituale di purificazione, di ritorno alle origini. Renato Del Ponte dice: «Soltanto coloro che riusciranno a recuperare dentro di sé il senso delle condizioni “anteriori all’inizio” potranno “tornare alle origini”, cioè riottenere lo

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stato di perfezione naturale che era proprio dell’umanità primordiale». È que- sto l’insegnamento del mito e della solennità di Saturno, in quelle occasioni il potere del Senex – ancora Hillman – veniva onorato con l’anarchia e propiziato per scongiurare l’irrigidimento nella sua tendenza dispotica. La struttura rigida del complesso curava se stessa, se così si può dire, creando le condizioni per la propria “destruzione”. Il suo ordine includeva l’anarchia; queste feste con- sentivano e favorivano una fantasia di ozio, di pace e liberalità. Noi non ricor- riamo più a questi rimedi omeopatici; ci sforziamo invece di abbattere il potere del Senex dall’esterno, introducendo la violenza per rovesciare la struttura.

«Questi attacchi che gli portiamo non fanno altro che rafforzare il complesso dominante, potenziando il rigore della legge e il vigore del suo ordine». Chiaro riferimento all’asse Ariete - Bilancia.

Il piombo a cui il pianeta viene associato era particolarmente importante nell’opera alchemica di “redenzione”. Ogni volta che facciamo ordine, ci am- monisce Hillman, invitiamo il Senex ad entrare. In omeopatia il rimedio Plum- bum metallicum, che si rifà più direttamente a Saturno, viene usato per l’atro- fia progressiva dei muscoli, paralisi a livello somatico, psichico per la depres- sione melanconica in cui il malato teme di essere avvelenato dalle persone che lo circondano. Sono presenti i tratti di rigidità e diffidenza propri del piane- ta.

«Sempre in Manilio si evidenzia come le proprietà astronomiche e fisiche di Saturno come corpo celeste, poterono essere condensate in tipi di natura e destino. La lentezza della sua rivoluzione conferiva ai nati sotto di lui il caratte- re dell’indolenza e faceva sì che lo si considerasse preposto al piombo (.)»

(Saxl).

Parlando delle funzioni planetarie e delle professioni ad esse legate, Bar- bault dice di Saturno che in situazione favorevole dà uomini di scienza e di studio in generale: filosofi matematici economisti teologi architetti ecc.In situa- zione mediocre, agricoltori monaci ed eremiti.

Dal punto di vista caratterologico parla di «introversione e ristrettezza del campo delle coscienza» che mi sembra in contrasto con le professioni attribui- tegli.

Il mito di Crono che erroneamente si fa coincidere con Saturno, ci narra che egli evira suo padre Urano con un falcetto, a causa di una profezia che lo vuole detronizzato da uno dei suoi figli, li divora man mano che crescevano.

Sempre Barbault, aderendo alla “tradizione”, ci dice che la presenza di Satur- no in decima o in quarta casa non fa morire i figli, come avremmo dovuto aspettarci, ma li rende orfani di padre o di madre. Qui è testimoniata la vera funzione del pianeta, quella di rinuncia e privazione, e già si rileva un distinguo tra le due divinità allontanandoci anche dal mito di Crono/tempo.

Saturno, secondo Lisa Morpurgo, suggerisce una visione realistica delle cose: ad esso appartengono la razionalità e la logica. Nella sua esaltazione in Bilancia opponendosi all’Ariete pone dei limiti all’egopatia esclusivista in una sorta di bilanciamento da cui nasce il concetto di giustizia, affiancato da due pianeti femminili, Venere e X.

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In Capricorno associandosi con Marte assume la simbologia di potere in una struttura patriarcale, dove l’aggressività marziana si presta ad un uso ra- gionato diventando un’arma invincibile di ascesa. Infine solo in Aquario assu- me il suo carattere di anti-solarità contestando lucidamente il desiderio leoni- no-solare di riprodurre fedelmente la propria immagine, e affiancato da Nettu- no esaltato spinge verso una metamorfosi ragionata di una diversa possibilità di vita. Proprio rimanendo nel campo della funzione di riflessione e dell’evento che maggiormente scatena il pianeta vorrei offrirvi un identikit dei filosofi e pensatori e in generale coloro che sono più soggetti all’influenza di Saturno, il dio che mira a condurci attraverso il ripiegamento interiore al mondo della ve- rità.

Per chiarire ulteriormente la funzione di questo bistrattato pianeta, richia- merò in sintesi le case cosignificanti dei segni dove Saturno assume certe sue peculiarità.

In casa VII, casa della sua esaltazione, rappresenta un sovraccarico fre- nante per slanci passionali e induce nel soggetto una iper-valutazione degli Al- tri: ciò riesce a minare in qualche modo la sicurezza della I, che dipende so- prattutto da gratificazioni sul piano emozionale piuttosto che logico-razionale.

Può suggerire una scelta ragionata del coniuge dettata da circostanze di op- portunità e non certamente da attrazione sessuale o trasporto sentimentale, talvolta ci si sposa per avere una propria indipendenza, per uscire di casa. In una donna spesso suggerisce la ricerca di un uomo simile al padre che in qualche modo lo ricordi, e ispira un fondamentale rispetto per i diritti degli Al- tri. Questa posizione del pianeta è ottima per un diplomatico che debba valu- tare e soppesare le proprie mosse per avere dei vantaggi sul piano sociale.

In casa X, quella del domicilio primario, ha forse la migliore posizione: in- dice di stabilità della fortuna in ambito professionale, spesso poggia su sven- ture altrui, ignora qualsiasi emozione ed è intento a mantenere la propria indi- pendenza e autonomia; netto è il distacco dalla propria famiglia. Il successo è garantito soprattutto dalla scelta dei mezzi migliori per raggiungere il potere, quali sono la tenacia e la fiduciosa attesa su tempi lunghi. Anche la razionalità trova il suo impiego pratico in questo settore, come facoltà atta a far raggiun- gere al soggetto una propria autonomia. In un tema maschile può indicare una rivincita sul padre mentre in quello femminile la figura di un padre idealizzato.

In casa XI del domicilio notturno può indicare una rinuncia agli amici co- muni mentre è indice di amicizia con i potenti oppure, per l’opposizione alla V, rinuncia alla sessualità o ai figli; un distacco razionale che frena il calore eroti- co. Rafforzate appaiono le qualità diplomatiche del soggetto e l’insofferenza verso il potere, se non in senso mentale e intellettuale; qui la logica si manife- sta come negazione dei pregiudizi correnti e alimenta una sorta di credo vissu- to dal soggetto con grande rigore. Chiariti queste funzioni particolari passo agli effetti che può produrre.

Dalle biografie consultate di pensatori e filosofi e dagli appunti raccolti per la relazione di anni fa intitolata Dimmi cosa mangi ti dirò che pensi si evin- ce una chiara influenza del pianeta su questa categoria di persone. Sappiamo

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come chi è segnato dal pianeta della privazione affettiva possa rimanere orfa- no precocemente. Per farvi solo alcuni esempi: Platone e Sartre perdono il pa- dre in fasce, Rousseau perde la madre a 10 giorni, Cartesio a pochi mesi, Mar- c’Aurelio e Hume e Pascal a 3 anni, Nietzsche a 4 anni, Aristotele a 11, Kant e Hegel a 13, Agostino a 16, Leibniz perde il padre a 6 e la madre a 17 anni, Croce entrambi i genitori a 17 ecc.

Ho provato a vedere quali siano i segni più occupati da Saturno; ebbene, la distribuzione è abbastanza equa: su 45 filosofi le presenze si concentrano mediamente in Leone – la vitalità leonina si riduce sul ripensamento – seguito da Capricorno e Aquario che sono plausibili; molto rara la presenza in Gemelli e Sagittario, segni cosignificanti di case che riguardano la comunicazione che sarebbe stata penalizzata, escludendo del tutto l’aspetto filosofico dell’insegna- mento attraverso il dialogo (III-IX).

Meritano senz’altro un approfondimento le congiunzioni tra Saturno e i pianeti lenti.

Con Giove la congiunzione si verifica ogni 20 anni: è avvenuta nel 1901 in Capricorno, nel ’21 in Vergine nel ’40-41 in Toro, nel ’61 in Capricorno, nell’80-81 in Bilancia, ed infine nel 2000 in Toro. I due pianeti suggeriscono due opposte visioni della vita: l’uno ottimista spinge l’individuo verso un pen- siero concreto, l’altro induce a una mentalità severa, austera più che pessimi- sta, e alimenta un pensiero astratto; entrambi ci dicono che la durata e la sicu- rezza sono garantite dal possesso. Tendono a compensarsi limitandosi nelle loro rispettive funzioni: al godimento immediato si sostituisce una tendenza al- l’accumulo, oppure la smania di divorare tutto può essere esasperata sia in senso materiale che morale. Molto dipende dal segno in cui si verifica la con- giunzione: i segni di terra rafforzano la possessività mentre quelli d’aria tendo- no a una visione meno materialistica, pur tuttavia rimane come base un clima di lucida e razionale fiducia.

La congiunzione con Urano accade ogni 45 anni: dopo quella del 1942 in Toro, vi fu nel 1988 in Sagittario. Costituisce un nucleo di razionalità che con- sente di agire costruttivamente nella vita senza eccessivi slanci vitalistici.

Con Nettuno si ha la congiunzione ogni 35 anni. Dopo quella del 1917 in Leone, seguì nel 1952-53 in Bilancia e poi nel 1989 in Capricorno; qui ci tro- viamo dinnanzi ad un contrasto apparente tra la durata saturniana e la mute- volezza nettuniana, che trova in uno slogan la sua sintesi: “la durata è assicu- rata dal cambiamento”. Si esprime qui un adattamento estremo alle varie cir- costanze della vita che permette la sopravvivenza. Può essere senz’altro indice di un temperamento aquariano con Urano positivo nel tema, e indica una cer- ta stabilità emozionale limitando gli aspetti fantastici e il rigore di una ferrea logica.

Con Plutone si verifica ogni 33 anni circa la troviamo nel 1914-15 in Can- cro, poi nel 1947 in Leone e nel 1982 in Bilancia; esalta al massimo le carat- teristiche del segno in cui avviene: nel Cancro portò a livelli altissimi il culto della patria e agevolò la diffusione di idee conservatrici pronte a scattare sulla difensiva. In Leone il protagonismo plutonico venne molto ridimensionato dal-

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la saggezza saturniana, spesso è un aspetto tipico di persone frustrate che non si sentono soddisfatte della loro vita. In Bilancia, sede dell’esaltazione di Satur- no, ha scatenato una grande sete di giustizia e grazie a Plutone sono emersi scandali che si credevano del tutto sommersi.

“Convinti di avere un piano ben costruito, i due demiurghi si dedicarono a percorrere la Terra per parlare con gli uomini. Erano così pochi e così inclini all’imitazione che l’operazione fu rapida. Tutto lascia pensare che i demiurghi abbiano seminato più tipi di lingue, il che spiegherebbe le attuali differenze;

ma non è che un’ipotesi”. Queste parole, del fisico teorico Roland Omnès, si riallacciano al discorso di Lisa dei quattro Zodiaci con i loro due demiurghi, il Sole e Saturno.

Sintetizzerò in breve, ognuno di voi avrà letto il Convitato di pietra: lo Zo- diaco A, maschile e femminile, ha il Sole come stella e come satellite la Luna, quello B, femminile e maschile, ha Saturno come stella e come satellite Ura- no. Ogni segno ricorda l’altro pianeta che ivi era esaltato come in “trasparen- za” fornendo rispetto ai tre un quarto che ne completa il significato. Per chi fosse ancora digiuno di questa teoria, a cui io aderisco totalmente, sono: par- tendo dall’Ariete Y, Toro Saturno, Gemelli Urano, Cancro Mercurio, Leone X, Vergine Marte, Bilancia Nettuno, Scorpione Sole, Sagittario Luna, Capricorno Giove, Acquario Plutone, Pesci Venere. “Ho definito trasparenza la presenza occulta di questi luminari e pianeti che si piazzano dietro i nostri ben noti segni zodiacali e riescono ad agire su di essi, mescolando le loro influenze a quelle abituali, quasi per ricordarci che altri tre Zodiaci hanno collaborato alla forma- zione del nostro” (Morpurgo).

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

 AVENIA., Conversando con i pianeti, Ed. Dedalo

 BARBAULTA., Trattato pratico di Astrologia, Ed. Morin

 BARBAULTA., Saturno e gli orfani, Linguaggio Astrale 114

 CATTABIANIA., Planetario, Ed. Mondadori.

 CATTABIANIA., Calendario, Ed. Rusconi

 DELPONTE R., La religione dei Romani, Milano

 DESANTILLANAJ., Il mulino di Amleto, Ed. Adelphi

 FARACOVIO., A proposito di Saturno, Linguaggio Astrale 115

 FRAZERJ. G., Il ramo d’oro, Ed. Newton Compton

 GRAVESR., I miti greci, Ed. Longanesi

 HILLMANJ., Trame perdute, Raffaello Cortina Editore

 MANILIOM., Astronomica, trad. Liuzzi D. Ed. Congedo

 MORPURGOL., Lezioni di Astrologia, I Manuali Longanesi

 QUINZIA., Saturno le immagini e le forme, Eco dei Feaci

 SEMERANO G., Le origini della cultura europea, Ed. Leo S. Olschki

 ZOLLAE., Archetipi, Ed. Marsilio

 Mitologia, Le Garzantine

 Antichità classica, Le Garzantine

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L.A. 137-190

Il dio Giano era definito Bifronte, perché aveva un volto che guardava il passa- to ed un altro rivolto al futuro. Strana immagine di una concezione mitica del tempo in cui il più remoto passato e il più lontano futuro sembrano confonder- si. Gli antichi erano sensibili alla sfera celeste ed ai suoi movimenti, ma senti- vano quelle forze sul piano sottile, senza bisogno di conoscerne le leggi fisi- che. Era come se vivessero in quel cielo, e non avevano nessun bisogno di di- mostrazioni pratiche, d’analisi statistiche, ma solo di sentirne la forza. L’uso del mito come forza, evita la necessità di parlare di funzioni psichiche. La veri- tà è espressa mediante storie senza tempo.

Sappiamo che il passaggio meta-storico da un’astrologia stellare e poli- teistica, apparentemente caotica, ad una solare e stagionale, che non tiene più conto della precessione degli equinozi, è racchiusa nel mito di Ercole. Fra le sue imprese, l’uccisione dell’Idra e il taglio delle sue sette teste, danno forma planetaria e gerarchica al cosmo, un universo reso più olimpico ed ordinato, dopo la codificazione nel pensiero greco.

Nell’oroscopo, il Sole si personifica nel padre o nel re, la Luna in un vaga- bondo, un poeta o un sognatore; immagini che “ci parlano”, indipendente- mente dalla gerarchia psichica in cui sono inserite. Naturalmente possiamo considerarli come concetti dinamici, per esempio come forza centripeta e cen- trifuga, ma ingabbiandoli in funzioni all’interno di qualche “sistema”. Bisogna evitare di diventare negromanti che cercano di resuscitare una scienza nata morta, dove i concetti non sono più mitici (in altre parole, validi sempre), ma solo all’interno del rigagnolo di discutibili se non fantasiose scuole e teorie, che descrivono la psiche in modo provvisorio e ipotetico. Del resto, all’astrolo- gia non può bastare l’approccio psicologico, visto che vuole occuparsi del fu- turo, vale a dire del tempo, e non può farlo che attraverso le forze dei miti, che riescono a rendere metaforicamente percorribile questa dimensione.

Parlare del passaggio da una astrologia siderale ad una solare e stagiona- le non ha comunque lo stesso impatto che narrare di come Ercole abbia sot- tratto la “cintura di luce stellare” alla regina delle Amazzoni, o quella zodiacale alla dea degli animali Artemide. Un curioso mito pelasgico, pre-ariano cioè, narra che Eurinome, dea oceanica uscita dal Caos, prima è fecondata dal ven- to del Nord, Borea, in forma di serpente, poi si trasforma in colomba per de-

Fulvio Mocco

L’ASTROLOGIA DI GIANO BIFRONTE

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porre l’uovo del mondo. Il serpente cova l’uovo con sette spire, ma alla schiu- sa rivendica il mondo come sua creazione. La dea, però, gli schiaccia il capo sotto i piedi, esiliandolo nel mondo sotterraneo. Possiamo affermare che il ser- pente rappresenta il tempo, mentre le sette spire sono le “virtù” planetarie tra- dizionali.

Possiamo richiamarci all’Apocalisse: anche qui la Donna vestita di sole schiaccia la testa al drago-serpente, ma così qualcosa della “favola” si stem- pera e va perduto. Istintivamente, troviamo delle soluzioni utilizzando cose af- fini, per esempio le gemme o i metalli corrispondenti a quelle sette spire e ai pianeti del mondo sotterraneo e minerale. Del resto, mettersi in tasca uno smeraldo grezzo, prima di un incontro galante, è una superstizione più grande che sbirciare le effemeridi per osservare in quale grado transiti Venere o in che fase si trovi la Luna? Possiamo chiamare scienza l’ultimo gesto e magia il pri- mo?

Questo è il mistero, quest’affinità irrazionale fra cielo e terra che non pos- siamo più decifrare, perché nata in un’epoca in cui l’armonia delle sfere celesti era avvertita istintivamente: un modo di vivere o di percepire più che un’inter- pretazione o una scienza. L’astrologia, infatti, è ferma al sistema Tolemaico, superstizione scientifica, che insiste nel porre la coscienza umana – opportu- namente – al centro dell’universo; per questo forse la terra prima era piatta ed ora rotonda: sono cambiate le cosmologie, o la coscienza e la percezione umana?

Insomma, spesso ci si scervella per capire l’azione dei pianeti, che non sembra basata sul principio di causa-effetto, e allora si evocano i pianeti inte- riori, di cui quelli nel cielo sarebbero solo un riflesso. Tra il pianeta che si muo- ve negli abissi siderali e quello che pulsa e irradia nei soffici labirinti del nostro io, ed il fenomeno o evento che si riflette sulla nostra vita, esiste dunque que- sta misteriosa “simpatia”. Molte strane relazioni sono accettate con altrettanta disinvoltura. Il cioccolato fa venire a molti le pustole. Allergia? Forse solo sen- so di colpa. Ancora una volta non c’è un rapporto di causa-effetto chiaro.

Quale oscura analogia o affinità lega cioccolato, epidermide, piacere, dovere, colpa, infanzia, tra loro o, in sostanza, anima e corpo?

Eraclito dice appunto che, come il ragno sulla sua tela quando vi cade una mosca, appena si riceve un’offesa, l’anima corre subito premurosa in quella parte del corpo... Non il cielo di nascita crea allora la nostra natura o anima, ma è proprio questa natura a dare forma e luogo alla nascita e alle sue condizioni presenti e future. Un concetto espresso notoriamente da Platone, parlando del destino come di un “daimon”.

Il “tutto” si manifesta quindi in infinite possibilità, di cui noi rappresentia- mo una cellula non clonabile (ci sono oroscopi uguali ma non due persone identiche), perché se mancasse anche solo uno di noi, ciò sminuirebbe le infi- nite possibilità della vita, della “Manifestazione” stessa.

La Tradizione Esoterica, ed anche il mondo ellenistico, attraverso Esiodo, hanno condensato le tappe dell’Umanità Zodiacale nel mito delle quattro età del mondo.

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L’ETÀ DELL’ORO (metallo solare) corrisponde ad uno stato paradisiaco originario, in cui Adamo ed Eva (o Lucifero e Lilith) vivevano forse in unico corpo angelico, l’androgino primordiale o monade platonica. Qui dominava il piano astrale o spirituale, la coscienza globale-solare.

L’ETÀ DELL’ARGENTO (metallo lunare) rappresenta la caduta nella ma- teria, con separazione del potere maschile da quello femminile nel mondo del- la dualità (essere o non essere). E’ una fase preistorica e matriarcale, definita anche atlantidea. Dominava la coscienza lunare, eterica o sottile.

L’ETÀ DEL BRONZO (metallo di Giove, re dell’Olimpo). Segna il prevale- re della coscienza individuale e fisica, anche attraverso le invasioni ariane

“storiche”. Il maschile è dapprima titanico, poi eroico. Nel femminile, Demetra diventa Amazzone, poi si trasforma in Afrodite. Nascono immagini antitetiche:

il dio della folgore e la regina delle acque; Ercole e le Amazzoni, la sacra colli- na Tum che sorge dall’abisso Nun; la dea del cielo stellato Nut che lascia spa- zio alla stella polare ed al sole come centro.

L’ETÀ DEL FERRO (metallo di Marte), la triste Età Nera od Oscura, in cui il piano fisico guida e intrappola gli altri che diventano invisibili o inconsci.

Un altro mito, in India, illustra questo processo nella famosa immagine della Vacca Celeste che perde una zampa ad ogni passaggio ad una nuova era. In ambito biblico o giudaico-cristiano è invece la statua nel sogno di Giu- seppe ad avere lo stesso significato.

Le quattro ere sono spesso sovrapposte alle razze umane dalla pelle di di- verso colore, o alle caste, presso i Veda. Probabilmente tutto è iniziato con una natura dello spirito differente che poi si è manifestata ANCHE in diversità ge- netiche, che hanno fatto nascere i ceppi razziali. Le attribuzioni potrebbero spiegarsi anche quali simboli dei quattro elementi, aria, fuoco, terra, acqua, spesso assimilati ai temperamenti rispettivi: il sanguigno, il bilioso, l’atrabile, il linfatico. Questi fluidi immaginali non sembrano corrispondere troppo ai colori della pelle e al temperamento razziale. I bianchi linfatici? I gialli biliosi e fega- tosi? I neri malinconici e nervosi? I rossi sanguigni?

Esistono molte altre curiose analogie di questo tipo; ad esempio con i co- lori dei quattro Cavalli dell’Apocalisse. C’è poi chi ha ipotizzato una Quinta Era, quella dei senza casta o Paria, che avrebbe il significato peggiore possibi- le ma ironicamente potrebbe anche avere il migliore: non è questo il senso della quintessenza che muove gli altri quattro elementi (caste/colori) al di fuori del divenire, della croce degli elementi e delle categorie?

Mitologicamente, per noi Latini, teorici eredi della civiltà di Roma, vedia- mo che Romolo era figlio del dio Marte e della sacerdotessa di Venere, Rea Sil- via. Enea, invece, della dea Venere e del suo sacerdote Anchise. Un incrocio perfetto. È il passaggio da Venere a Marte, ma in una sorta di compromesso metastorico, in cui il lupo iperboreo simbolo della luce polare diventa la lupa che allatta i due gemelli.

Gli ormai rozzi ma eroici e solari Achei dell’Età del Bronzo vincono la pia e lunare Troia, la cui guerra avviene in una sorta di terza o quarta dimensione storica, geograficamente poco collocabile, ma il risultato è, in Enea, una fusio-

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ne di Nordico e Mediterraneo, Orientale ed Occidentale, che darà luogo alla ci- viltà marziale ma anche spirituale di Roma.

Quegli Achei non erano più gli Iper-Borei (cioè oltre Borea, la nordica ter- ra del cinghiale poi soppiantata dall’orso) originali, e le loro caste erano forse una semplice barriera razziale già di tipo politico o burocratico, da qui il com- promesso con gli Asiatici, per cui il fuoco celeste (Beleno) si sovrappose a quello sotterraneo (Vesta-Vulcano).

Sul quaternario delle Ere e degli elementi, rotanti attraverso i tre mondi, si inseriranno le famose sfere planetarie dell’astrologia, riconsiderate secondo le varie correnti esoteriche, come centri, stati, mondi che sarebbe persino possi- bile visitare. Le scuole occultistiche, quelle di Levi, Papus, Steiner, Heindel, Bailey, Blavatsky, e così via, hanno tutte “lavorato” con l’astrologia, ma qui le fantasie personali spesso hanno bruciato ogni tipo di carburante, come sem- pre accade quando l’astrologo introduce le “sue” interpretazioni oroscopiche, perché l’universo che vediamo non può che essere il “nostro mondo”.

Sembra quindi che se si vuole dare un valore aggiunto all’astrologia, si debba prima di tutto scegliere l’etichetta in cui identificarci e in cui “credere”, data l’estrema varietà di spiegazioni anche contraddittorie. Rudolf Steiner, Sole Pesci e Luna Vergine, con Mercurio e Nettuno congiunti, è un mirabile esem- pio di misticismo criogenico. Ebbene, aveva dichiarato che se un astronauta avesse abbandonato il nostro mondo terrestre sarebbe stato istantaneamente distrutto. Dopo le passeggiate lunari è stato necessario, da parte dei seguaci, correggere il tiro: i cosmonauti hanno solo viaggiato dentro la propria coscien- za terrestre. Forse, ma mi chiedo se il “dottor Steiner” intendesse proprio que- sto. Ho citato il più fantasioso dei vari occultisti e i suoi epigoni, solo perché esemplificano come per molte persone ciò che conta non sia sempre la verità, ma rassicurarsi attraverso l’appartenenza ad una scuola, meglio se legata ad un “maestro” da cui ricevere, come la luna dal Sole, luce riflessa, e dove ope- rare quali vigili custodi dell’ortodossia e dell’infallibilità.

Chi vuole scoprire un’astrologia più occulta, nei termini descritti prima, si trova di fronte a queste complesse identificazioni. Viceversa, chi si rifiuta di farlo, resterà nel suo limitato orticello dei temi di personaggi, facendo il gioco delle tre carte fra i “mostri sacri” Hitler, Bush e Saddam, da buon “voyeur” in- formatizzato. Egli farà ancora viaggi astrali, ma nelle sfere sigillate della vita altrui: pianeta finanza, asteroide salute, stella fissa anima gemella, cometa guerra, e così via. Non così appoggiandoci alla Tradizione Esoterica. Certo, identificare la vera Tradizione non è sempre facile, dato che molti prodotti del- la New Age, ed anche antroposofia, spiritismo, meditazioni e terapie varie, sa- lutismo californiano, e la stessa astrologia di massa, quali panacee per il sotti- le “disagio della civiltà”, sono piene di melassosi sentimenti che però stridono col mondo che ci circonda.

Per certi versi, si può aggiungere alla schiera dei discutibili maestri, forse suo malgrado, persino Jung, che un anno dopo la scoperta di Plutone, ha defi- nito l’inconscio collettivo con immagini familiari agli astrologi, quando spec- chiano se stessi in una carta del cielo.

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“Se si potesse personificare l’inconscio, esso apparirebbe come un uomo collettivo, di là della giovinezza e della vecchiaia, della nascita e della morte:

con l’esperienza umana pressoché immortale di uno o due milioni d’anni.

Quell’uomo sarebbe senza dubbio superiore al mutare dei tempi. L’epoca at- tuale avrebbe per lui lo stesso significato di un tempo posto centomila anni pri- ma di Cristo ; egli sarebbe un sognatore di secoli e, sulla base della sua infinita esperienza, capace di previsioni incomparabili. Giacché egli avrebbe vissuto un numero infinito di volte la vita del singolo, della famiglia, della stirpe, del popo- lo, e possederebbe in un sentimento intimo e vivissimo, il ritmo del divenire, della nascita e della morte. Purtroppo, o forse per nostra fortuna, esso sogna ; perlomeno a noi sembra che quell’inconscio collettivo non racchiuda in sé una propria coscienza dei suoi contenuti, rispetto ai quali regna del resto per noi al- trettanta incertezza quanta di fronte agli istinti degli animali. Ci sembra anche che quell’uomo collettivo non sia propriamente una persona, ma piuttosto co- me una corrente infinita, o fors’anche un mare di figure e di forme che affiora- no talora alla nostra coscienza, nel sogno o negli stati psichici abnormi” (C.G.

Jung: “Realtà dell’anima”, Boringhieri, Torino 1963).

Jung si pone qui soprattutto sul piano della psiche, del mondo di mezzo, mentre con un piccolo sforzo poteva situarsi su quello spirituale. E’ sintomati- co che i titoli di due sue opere, “Realtà dell’anima” e “Simbolica dello spirito”, mostrino inconsapevolmente le caratteristiche dell’oscura era moderna, in cui lo spirito è solo più simbolico, mentre l’anima (in Greco: psiche) resta reale e se n’avverte acutamente la voce. Certo, Jung conosceva la differenza fra i due livelli, ma forse non intendeva urtare maggiormente il mondo accademico, che già lo accusava di misticismo, e d’aver inventato il “delirante” inconscio collettivo coi suoi archetipi.

Qui si parla dell’Uomo Assoluto o Zodiacale, in cui non l’inconscio, ma il suo Sé superiore sa tutto, mentre la coscienza normale “non sa di saperlo”.

Questa distinzione fra subconscio e stati superiori di coscienza, va fatta, mal- grado o forse proprio per l’eccessiva simpatia di Jung per astrologia e alchi- mia, che lo ha fatto spesso assumere quale stampella giustificativa d’ogni irra- zionalità. Jung, del resto, è sempre stato fenomeno ambiguo, ora accusato d’essere filo-nazista e ora filo-americano, religioso e laico, apollineo e dioni- siaco, classico e romantico, scienziato e mistico.

Nella sua peraltro interessante autobiografia, Jung consiglia di dedicare la seconda parte della propria vita allo spirito, in mezzo alla natura e in una casa di proprietà personale. Un suggerimento davvero molto, molto originale, tipico di una mentalità più borghese che aristocratica, con un Sole Leone ed una Lu- na Toro, ciò sia detto senza offesa per nessuno.

Anni fa, una sua frase, derivata vagamente da Plutarco, “gli dei sono di- ventati malattie” ha fatto gridare al miracolo gli junghiani, me compreso, ma a ben vedere, essa poteva anche solo significare che la psicoanalisi era in grado di sostituire la religione e che il medico è oggi il nuovo stregone della messa domenicale. Sono il primo a sostenere che ci sono parti di noi da accettare come tali, ma fare della malattia una divinità benefica è un’altra cosa, che po-

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trebbe piacere solo alle multinazionali farmaceutiche e ai loro esperimenti in quel laboratorio a cielo aperto che è l’Africa. Un elogio dell’ombra mi pare ec- cessivo, altrimenti si corre il rischio di giustificare ogni languore e piaga ro- mantica all’interno di un’Arcadia astrologica.

Non che la conoscenza della psiche non sia utile, ma in quest’epoca cao- tica sarebbe preferibile una conoscenza spirituale. L’esoterico “camminare sul- le acque” significa saper cavalcare le passioni, le quali vanno e vengono, mentre ciò che abbiamo compreso intellettualmente lo sappiamo per sempre, e questo tesoro nessuno può portarcelo via. Forse non è proprio nient’altro il

“tesoro nascosto nel campo” di cui parla il Vangelo, e cui forse si riferisce l’enigmatico “a chi ha sarà dato, e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”: portiamo oltre la vita solo ciò che ci ha illuminato.

Naturalmente, anche se è meglio conoscere che credere, la fede non è inutile se è diretta verso un Centro o un valore più elevato che appartenga alla nostra vera natura spirituale, che non è sempre tutta visibile in un oroscopo.

Ho trovato una conferma che fede e speranza, raccattate dal fondo del vaso di Pandora, non sono vane, in questa diabolica parabola di Robert Shec- kley (da “What a man believes”, Ziff-Davis 1953) che condivido qui con voi.

Un tizio muore e va all’inferno. Qui i diavoli gli mostrano varie pene facol- tative, e lui sceglie di navigare per sempre su una barca alla deriva in un mare di tenebre. Si ritrova a fluttuare, a galleggiare in quel limbo angoscioso, per un tempo che gli pare davvero infinito. Dopo un’eternità, non ce la fa più ad aspettare non si sa cosa, e si getta in acqua. Fa appena in tempo ad intrave- dere una spiaggia lontana, che affonda. Naturalmente non può più morire, e cosa trova in fondo a quel mare oscuro? Il vero autentico inferno col fuoco e i tormenti.

Era un’ultima prova di fede… persino lì all’inferno.

Sembra inquietante voler conoscere ciò che forse è meglio ignorare, il fu- turo, o peggio, delegare all’astrologo il compito di guardarci dentro, quando nessuno meglio di noi può guardare nello “specchio delle nostre brame”. Solo chi sa riconoscere la saggezza del citato Giano Bifronte può evitare la scelta fra queste due facce della medaglia astrologica: la psicologica e la spirituale.

Certo, è meglio sbagliare che non scegliere per nulla, restando nel dantesco vestibolo o limbo delle anime afflitte dal “desio senza speme”. Una scelta chia- ra di livello va fatta, anche se, nonostante la speranza di conoscere e anticipa- re il futuro, pare che meno sappiamo e più viviamo sereni; ma quel cielo stel- lato è un invito irresistibile, e dopo il primo scalino bisogna pur continuare a salire, se non altro per coerenza.

A quanto pare, chiudere la porta delle effemeridi in faccia ai dubbi non ci basta, come le contraddizioni dei “maestri” che ho citato prima non sembrano arrestare la nostra speranza che l’antico sentiero sia ancora vagamente rin- tracciabile, nonostante tutte le ombre della dantesca selva oscura che ci cir- conda.

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L.A. 137-170

«Sei gradi di separazione», prima che titolo e tessuto tematico di un film, è una teoria espressa sulla base di calcoli matematici da uno psicologo americano, Stanley Milgram. Ogni essere umano è legato ad ogni altro essere umano (e quindi a tutti gli esseri umani) da una catena di sei persone. Trovare gli anelli giusti di questa catena significa, innanzi tutto, trovare un modo per esprimersi, trovare gli interlocutori giusti; significa poter modificare la propria storia en- trando in contatto (comunicando) con gli altri, e, inevitabilmente, modificare anche la storia degli altri (“Siamo tutti porte aperte su altre porte”). Nel bene o nel male.

È un film assolutamente inclassificabile dal punto di vista del genere; ha una sceneggiatura ricchissima, dal dialogo fitto, tuttavia contiene elementi simbolici (anche dal punto di vista iconografico) di portata tale da generare una sorta di sdoppiamento, o meglio di «raddoppiamento» di senso. Un dram- ma umano, il dramma umano della ricerca di sé e del proprio perché, travesti- to da commedia brillante.

Il clima è d’apparente frivolezza, la sceneggiatura è colta, brillante, diver- tente, tuttavia la parabola umana che viene tracciandosi è assolutamente drammatica, cioè le conseguenze delle azioni dei protagonisti sono radicali.

Il film è un «racconto nel racconto». I coniugi Kittredge, Stan e Ouiza, nar- rano, in occasioni più o meno mondane, la loro curiosa esperienza con un ra- gazzo di nome Paul.

Paul, fascinosissimo ragazzo di colore, una sera si presenta ferito nel lus- suoso appartamento newyorchese dei Kittredge, coppia (bianca) di mezza età, agiati e colti mercanti d’arte. Paul è ferito, apparentemente è stato assalito e derubato e bussa alla porta di costoro perché compagno d’università dei figli.

Il colpo di fulmine è immediato. Paul è educato, brillante, istruito, pieno di sa- voir faire e, come se non bastasse, è il figlio della più celebre star nera del ci- nema: Sydney Poitier. Nel corso della serata, letteralmente, incanta i propri ospiti esponendo i temi della sua bellissima tesi di laurea che ha per oggetto i temi della paralisi e del cambiamento.

L’impossibilità a cambiare (nella vita) sarebbe dovuta all’incapacità di usare l’immaginazione in senso attivo. L’immaginazione è, male del secolo,

Maddalena Patti

SEI GRADI DI SEPARAZIONE:

UN FILM «GEMELLI»

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imbrigliata, deviata, superficializzata (“Braciole di maiale con spicchi d’aran- cia, il Signore degli anelli con tutti quei nanetti, quanta immaginazione!”, dice con ironia Paul).

L’immaginazione, parafrasando Jung, non deve essere via di fuga, bensì chiave d’accesso alla realtà.

La simpatia tra Paul e i suoi ospiti è reciproca. I Kittredge, sedotti dall’in- telligenza di Paul, gli mostrano le opere d’arte che posseggono e che più ama- no (e che, aggiungo io, sono correlativo oggettivo delle linee tematiche del film), un dipinto di Cezanne e un Kandinskij dipinto sui due lati, da una parte geometrico e rigoroso, dall’altra astratto e caotico. Quest’ultimo dipinto, che viene fatto ruotare alternando «ordine e disordine», compare più volte nel cor- so del film.

I Kittredge invitano infine Paul a trascorrere la notte da loro, rassicurati dalle sue ottime maniere, ma soprattutto, affascinati dalla sua carica vitale e dalla sua intelligenza.

Salvo trovarlo la mattina seguente a letto con un uomo e quindi cacciarlo in malo modo da casa. E salvo poi, scoprire di non essere state nemmeno le uniche «vittime» di tale messa in scena. Apparentemente superflua e insensa- ta, dato che Paul non è un ladro e non ha avuto alcun tornaconto materiale.

A questo punto scatta il giallo. Chi è Paul? Da dove viene? Ma, soprattut- to, perché fa quello che fa? I protagonisti tentano appassionatamente di rico- struirne le mosse e l’identità, ma ricavano ben poco, se non scoprire che Paul viene letteralmente dal «nulla» e rimette a punto, di volta in volta, la propria identità e quella dei genitori.

Entrano in scena diversi altri personaggi, tutti coppie entro le quali Paul si è, più o meno insidiosamente, insinuato, inventandosi un’identità ogni volta di- versa pur di essere accettato. Tra costoro c’è anche una coppia giovane; Paul seduce il ragazzo il quale, in seguito, si suicida.

Al suicidio del giovane segue una denuncia. A questo punto Paul è brac- cato dalla polizia. Prima di essere arrestato c’è una lunga, bellissima scena, durante la quale il ragazzo parla al telefono con Ouiza Kittredge. Lei racconta della visita alla Cappella Sistina (nel ’93 in fase di restauro), lui, in un certo senso la prega di adottarlo, di prenderlo come «apprendista» insegnandogli i segreti del commercio e dell’Arte.

Tra i due, che pure si sono visti una sola volta, si è creato un filo rosso d’enorme empatia, con forti proiezioni filiali-genitoriali. Il momento clou di tale telefonata è rappresentato dalla rievocazione di lei della visita alla cappella Si- stina; Ouiza, in cima ad un’impalcatura, incitata da uno sfacciato operaio ita- liano a «dare uno schiaffo alla mano di Dio», a sporgersi per sfiorare con la propria mano l’affresco di Michelangelo, la Creazione di Adamo.

La telefonata s’interrompe e Paul viene arrestato. Di lui non sapremo più niente di sicuro.

I Kittredge terminano il loro racconto ad un pranzo di gala, ma le due ver- sioni iniziano a stridere. Il racconto del marito riduce la vicenda di Paul ad un aneddoto raccontato quasi a comando per divertire chi ascolta, la moglie, pro-

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fondamente e radicalmente toccata, ne ha fatto un’esperienza. Il divario tra i due è insanabile; Ouiza, improvvisamente, dà «uno schiaffo alla mano di Dio»

e lascia il marito e una vita di agi. Cammina sola lungo la Quinta, oppressa e triste, finché non rievoca l’immagine di Paul riflessa in una vetrina. La bellissi- ma voce del ragazzo le sussurra: «Ricorda, il Kandinskji è dipinto sui due lati».

Lei sorride e va incontro alla nuova vita.

Dunque..

Paul ha tutta la forza, l’irruenza e la carica eversiva di Plutone. Non è né buono né cattivo, semplicemente è. Istinto vitale, desiderio profondo, vita che per vivere inevitabilmente distrugge qualcos’altro (un matrimonio che non ha più senso, un giovane che non riesce a tollerare l’impatto con la propria ses- sualità).

Alla fine del film Paul probabilmente si suicida in carcere, ma Ouiza in un certo senso nasce, ricomincia da zero. La creatività insita in Paul è vivificante e mortifera, in ogni caso stimolante. La notte dopo l’incontro con lui Stan e Ouiza sognano intensamente.

Paul, inoltre, ha tutta la leggiadria e l’impalpabile grazia di Mercurio; è la- dro di suoni, di movenze, di nomi. Per arrivare alla creazione del personaggio Paul Poitier, vedremo, è andato «a scuola di buone maniere» da un ragazzo del- l’alta società, il quale, sostanzialmente, gli ha insegnato a pronunciare la lin- gua diversamente, gli ha insegnato che «i ricchi vanno pazzi per i vasetti di marmellata», in altre parole gli ha trasmesso rapidamente un codice compor- tamentale esclusivo quanto superficiale, che Paul ha imparato a mimare. E un po’ ladro Paul lo è davvero. È inoltre psicopompo, veicolatore di contenuti psi- chici. Si presenta nelle case dei ricchi sotto mentite spoglie, seducendo con la propria mente e con la propria parlantina, per il puro gusto di piacere. È veico- latore di messaggi divini, come Mercurio. Che cos’è altrimenti lo «schiaffo alla mano di Dio?», se non un momento di contatto profondo e inafferrabile con il tutto, con il senso misterioso della vita che fa sì che un incontro di una sera modifichi il corso di un’esistenza?

Inoltre, è grazie all’improvvisa irruzione di Paul a casa dei Kittredge, con l’atmosfera improvvisamente stimolante che provoca, che questi riescono a portare a termine la vendita di un quadro ad un loro ricco ospite, anch’esso af- fascinato spettatore del racconto di Paul. Quest’ultimo, come Mercurio, presie- de ad un prezioso commercio.

Anche i Kittredge non sono esenti da tematiche Gemelli. Sono una coppia di mercanti d’arte (e, sottolineano, «non vendiamo quarti di bue!»), divertenti, raffinati, snob e il tema della recitazione riguarda anche loro: è proprio attra- verso un lungo racconto, scandito tra mostre, pranzi e battesimi, racconto fat- to con profonda auto-ironia, che si snoda davanti ai nostri occhi la storia di Paul.

La mercurialità di Paul è a mio avviso anche concentrata nel suo impe- rante bisogno di essere «figlio», prima il figlio di Sydney Poitier (e in tal senso davvero figlio dell’opera al nero del Sogno Americano), poi quello elettivo di Stanley Kittredge, padre ideale, in quanto agiato, sapiente, un potenziale me-

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cenate. E in tal senso siamo sempre sull’asse dialettica Gemelli-Sagittario. Il fortissimo transfert-controtransfert che si crea tra la coppia e il giovane è, inoltre, improntato a tematiche fortemente gioviali /mercuriali. È vero che si crea, da ambo i lati, una fantasia di adozione, ma questa avviene principal- mente su basi di affinità elettive. Ouiza ama di certo i propri veri figli, per quanto questi siano viziatelli e un po’ corti di comprendonio, ma in fondo vede in Paul un figlio «elettivo», un possibile prolungamento intellettuale ricettivo e critico di sé stessa, e a maggior ragione Stanley, che però non è in grado di accogliere la carica innovativa auto-generatasi dall’incontro.

L’affabulazione di un’identità è nel film un tema assai complesso e delica- to.

L’affabulazione che Paul mette in atto è affabulazione di un’identità socia- le (sono il figlio di Sydney Poitier, vado ad Harvard con i vostri figli), perché l’identità che si viene creando tra il giovane di colore e la coppia è, in un certo senso reale, è identità di aspirazioni, di passioni. La conoscenza dell’arte di Paul è reale, come reale e originale è il materiale espresso nella sua tesi.

Quest’ultima è non solo pensata (quindi concepita), ma vive di vita propria. Il discorso che Paul fa durante la cena, avente per oggetto la tematica dell’uso dell’immaginazione come chiave di accesso alla realtà, è più che un’idea, già, di per sé, fatto. Di fatto, Paul si è inventato un personaggio so- cialmente accettabile e, grazie alla messa in scena di ques’ultimo, è entrato nella casa dei Kittredge. In inglese recitare è «to act», agire. L’incontro magico che avviene tra il ragazzo e la coppia è già, di per sé, immaginazione attiva.

L’esposizione della tesi di Paul è attuazione della tesi stessa, ma da spettatori lo vedremo in seguito. L’immaginazione attiva che nei Gemelli è, in primo luo- go, invenzione di sé, di un proprio personaggio che richiede la presenza degli altri che guardino, per infondere il soffio vitale della partecipazione, per rega- lare, di volta in volta, un motivo (cioè una spinta). In altre parole nessuna sto- ria ha senso senza qualcuno che la sappia ascoltare, senza qualcuno cui po- terla dire. E, soprattutto, ogni storia può essere modificata da un’altra storia.

E qui siamo ad un punto cruciale. La concezione-invenzione di un’identità diversa è un nodo assai pregnante del film, oltre che un nodo gemellare che andrebbe considerato in termini più profondi di quanto non venga general- mente fatto. La visione che abbiamo della storia, alla fine, è persistentemente ambigua. Il film non ha lasciato «messaggi», non ha espresso tesi. Abbiamo un finale doppio: una morte per suicidio e una vita che ricomincia da zero. La morte dovuta alla menzogna (le bugie di Paul gli permettono sì di aprire delle porte ma lo chiudono, letteralmente, dentro un carcere nel quale s’impicca).

D’altro canto non possiamo assolutamente ignorare il fatto che senza alcune di queste bugie Paul sarebbe senz’altro rimasto fuori dalla porta dei Kittredge.

Dunque vediamo che l’inventiva di Paul, effettivamente, gli è servita co- me «passaporto per accedere al reale», anche se poi, alla fine, vediamo che questa stessa scorciatoia, come nella favola di Cappuccetto Rosso, è stata in- sidiosa. In altre parole Paul non è stato in grado di creare una dialettica, una fusione tra l’ordine e il disordine (chaos-control nell’originale) e per questo

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non ce l’ha fatta. Si è cioè compulsivamente abbandonato al «disordine» (cioè alle proprie innate capacità creative, alla propria capacità di rompere uno sta- tus quo) senza però poterlo incanalare entro un «ordine». L’immaginazione è stata, esclusivamente, una chiave d’accesso. Però la provocazione è aperta, perché senza la sua capacità di reinventarsi e di contraffare tutte le proprie di- versità Paul non avrebbe mai vinto i pregiudizi della coppia borghese e, senza l’impatto devastante dell’incontro «rubato» di una sera, Ouiza sarebbe rimasta la stessa donna, prigioniera dei suoi rituali privi di senso, con occhi chiusi sul resto del mondo, sull’Altro da Sé.

Rispetto alla coppia «normale» (eterosessuale, bianca, ricca) Paul stigma- tizza tutto il «diverso», cioè l’altro da sé (omosessuale, nero, povero). Non pos- siamo ignorare e questo è spunto di riflessione parallelo a quello delle bugie, che solo fingendosi parte di una «casta», quella dei suoi ospiti, Paul ha messo piede nel loro appartamento.

In ultima analisi, il film ci lascia con una visione ambigua della storia; in un certo senso il ladro e bugiardo è stato punito, ma colei che ha saputo co- glierne il messaggio più vero e profondo, che ha ascoltato la voce del deside- rio (proprio e di Paul) a prescindere dalla maschera, vive. E vive con la bene- dizione e la maledizione di sapere che il «Kandinskij è dipinto sui due lati».

Ancora è poi Gemelli il divario, scatenatore di crisi, tra l’esperire e il rac- contare.

Tematica profondamente gemellare, acutamente sottolineata da Lisa Mor- purgo ne La Natura dei Segni. C’è una sorta di distacco schizofrenico nel Se- gno, che induce i nativi a prendere una distanza critica (che poi diviene emoti- va) rispetto a quanto succede loro: da qui la difficoltà a fare vera esperienza della vita e a tentare di riappropriarsi di un fantasma della stessa attraverso la messa in scena di un racconto frivolo e, in ogni caso, divertente. La crisi fina- le, repentina, che separa alla fine del film il marito dalla moglie, è proprio gio- cata su questo nodo; Stanley si fossilizza sul nodo-Gemelli superficiale che esorcizza la vita col filtro dell’umorismo, mentre Ouiza la quale ha elaborato (inconsciamente e dolorosamente) il senso dell’incontro con Paul ha fatto esperienza, cioè è stata toccata da un avvenimento della vita e, in tal senso, non è più in grado di fingersi la stessa donna di prima.

È, inoltre, giocata sull’asse Gemelli-Sagittario l’esplorazione eminente- mente sociale. È vero i Kittredge e Paul hanno anche la pelle di colori diversi, ma quello di cui Paul va in cerca è un gradino più alto della scala sociale.

La grande colonna portante tematica del film è senz’altro intessuta sulla dialettica paralisi-cambiamento. È sicuramente riduttivo attribuire il cambia- mento al segno dei Gemelli, in quanto, si sa, il segno stesso ha nei confronti della parola «cambiamento» un atteggiamento nevrotico compulsivo che è di per sé promessa di paralisi. Il cambiamento vero è solo quello che ha luogo nel profondo e che si cristallizza in evento solo in seguito ad una radicale tra- sformazione, possibilmente problematica, è, quindi, ai sensi di quello che il film trasmette, tematica ovviamente plutoniana. Affinché tale cambiamento sia possibile, bisogna prendere contatto con il proprio lato pulsionale più forte,

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bisogna avere la capacità di sentire un desiderio, di ascoltare una vocazione.

In tal senso non sono paradigmatici solo i destini di Paul e Ouiza, ma anche quelli di Stanley (rimane fossilizzato sulle proprie posizioni) e quello del giova- ne che muore suicida.

Il Kandinskij che ruota sui due lati, facendo vedere prima la faccia geo- metrica e poi quella caotica, è, per me, ancora una volta, paradigma della profonda ambiguità del reale, della difficoltà a capire come e soprattutto per- ché le cose sono successe in un determinato modo.

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LISA

in ricordo della indimenticata Lisa Morpurgo

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CASA QUARTA

Alessandro Guzzi

I ritorni solari ed i gradi zodiacali Fabrizio Corrias

Tecniche didattiche e giochi

per sviluppare l’atteggiamento

interpretativo

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L.A. 137-410

La dinamica dei gradi zodiacali

Più ci si addentra nell’osservazione della correlazione tra simbolismo astrologi- co ed effetti sul nostro piano terrestre, più ci si accorge che un elemento base di tale manifestazione è quello di esprimersi in un movimento continuo. La continuità non fa scattare in avanti le lancette dell’orologio cosmico neanche per tratti tanto piccoli da essere invisibili all’occhio umano, ma si dovrebbe immaginare il massimo dell’elasticità e della fluidità. Nella fluidità il viaggio della linea da A a B è omogeneo, puro movimento continuo. Pensiamo ad esempio al susseguirsi delle stagioni, che avviene con gradualità, e questa gradualità è caratterizzata in natura dal lento ritrarsi delle caratteristiche della stagione che va a finire, e contemporaneamente dal lento manifestarsi delle caratteristiche della stagione che sta subentrando.1

In questa luce anche l’istante del Ritorno Solare non va considerato come isolato, come una fatidica ora x che sposta in modo essenziale il tragitto ed il significato del prima e del dopo. L’istante del Ritorno solare è preceduto da tutta la storia della propria vita che si è dipanata fino a quel momento, ed è seguito da tutto ciò che vivremo successivamente. In esso sono iscritti l’esito e le conseguenze di scelte, vicissitudini ed eventi che si sono realizzati fino a quel momento.

L’eclittica è un cerchio attraverso il quale viaggia il nostro Sole apparente nell’anno ed è costituita da 360 Gradi. La simbologia di questi Gradi costitui- sce una storia che si dipana dal Primo di Ariete fino al Trentesimo di Pesci.

Anche i Gradi non vanno dunque pensati come entità tra loro distaccate ed in- dipendenti, ma come stazioni in cui ciò che precede è la premessa, e ciò che segue è la conseguenza di uno di essi.

Da questo punto di vista Rudhyar2volle applicare un ordine ai 360 Gradi dello Zodiaco, che potesse svelare il senso profondo del loro dipanarsi, del lo- ro succedersi. Per Rudhyar i 360 Gradi dello Zodiaco si suddividono in 72 se- quenze di 5 Gradi ciascuna. Il 5 è il numero che, precedendo il 6 che simboliz- za lo Spirito, attiene alla Mente ed alla sua attività, e si adatta alle condizioni generali della nostra società per come si è costituita in una storia millenaria. Il

Alessandro Guzzi

I RITORNI SOLARI

ED I GRADI ZODIACALI

Introduzione ai Ritorni Solari Simbolici

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numero 4 invece si riferisce allo stadio puramente materiale e corporeo della nostra presenza.

In queste sequenze pentaritmiche visionate da Rudhyar che in tutto sono 72,3ciascun primo, secondo, terzo, quarto e quinto Grado espletano una fun- zione sempre fondamentalmente identica, sebbene lo stadio di attività ed ener- gia che vengono implicati siano diversi a seconda del punto del cerchio da do- ve la singola sequenza prende inizio.

Il Primo Grado o Prima Fase di ciascuna sequenza “suggerisce un intento evolutivo, ovvero il carattere essenziale di una nuova fase di attività”.

Il Secondo Grado o Seconda Fase vede “germinare il seme divino interno (Il Mandala dell’io individuale). L’azione segue alla meditazione. L’energia che nel primo passo era orientata verso l’interno ora si dirige verso l’esterno. È questo il Principio del Contrasto”.

Il Terzo Grado o Terza Fase “si riferisce al bisogno di alimentare qualun- que attività germinativa. In un certo senso ciò significa riferire ciò che si è ini- ziato al suo ambiente, o a qualche più ampia struttura di riferimento. (…) In un altro senso esso suggerisce un qualche tipo di riconciliazione delle due prece- denti fasi contrastanti.”

Il Quarto grado o Quarta Fase “definisce sempre o per lo meno evoca un certo tipo di metodo, procedura o tecnica atti a far sì che il processo operi in modo efficace. (…) Ciò che è in azione in questa quarta fase della sequenza pentapartita è il Principio dell’Effettiva Espressione del Sè - ma qui per Sè si può intendere qualunque forma di integrazione, dall’io più possessivo al Sè universale.”

Il Quinto Grado o Quinta Fase “porta gli sviluppi relativi ai quattro stadi precedenti, ad una nuova dimensione, potenza o livello di coscienza. Esso di solito suggerisce l’operatività di un Principio di Trasformazione, e qui assistia- mo al preludio di un nuovo ciclo o livello di attività”.4

Come i Segni dello Zodiaco nella loro completezza rappresentano un inte- ro ciclo che è quello dell’anno astrologico, così all’interno di ciascun segno si dipana una storia che è la storia simbolica di quel segno, attraverso le energie di ciascuno dei 30 Gradi di quel segno, ma sembrerebbe evidente che tutti i Primi Gradi, tutti i Secondi e così via tutti i Ventisettesimi o tutti i Trentesimi abbiano qualcosa di importante in comune, proprio per il fatto di trovarsi in un’uguale posizione rispetto all’ordine interno di ciascun segno.

È illuminante la sequenza pentaritmica di Rudhyar, ma certamente se ne potrebbero trovare altre, che partendo dal fattore numerologico, scoprirebbero omogeneità e coerenza nella diacronia dei Gradi Zodiacali, ma anche il sem- plice singolo avanzare da uno all’altro ha molta importanza dal punto di vista dello studio dei Gradi e dunque dell’Eclittica nel suo insieme. Anche in questo caso il passaggio da un grado all’altro avviene non come uno scatto, ma in modo fluido: il “destino” di un certo Grado si compie e dal suo compiersi inizia il “destino” del Grado successivo, in un modo tale che necessariamente, nella diacronia, le azioni, le energie, i campi evolutivi e dunque le sfide del Grado precedente portano alla necessità della messa in azione di tutto quanto viene

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rappresentato dal Grado seguente, esattamente allo stesso modo in cui l’Arie- te alla fine dei suoi gradi prepara il Toro…

Ciascun Grado è collegato intimamente con ciascun altro che si trovi nel- la stessa posizione all’interno di un qualunque segno: ad esempio il settimo Grado di Capricorno è legato a tutti i settimi Gradi di ciascun segno. Nella se- quenza pentaritmica rudhyariana il settimo Grado appartiene al secondo sta- dio di una sequenza di cinque che inizia con il sesto, sequenza che Rudhyar definisce “emozionale-culturale”.5 Oltre al legame numerologico dovuto alle loro “settime” posizioni all’interno di ogni segno, tutti i settimi Gradi dello Zo- diaco sono collegati tra loro (come ciascun Grado con gli altri) da aspetti pla- netari, che sono, dalla Tradizione, chiamati maggiori o minori:

30 semisestile 60 sestile

90 quadrato

120 trigone 150 quinconce 180 opposizione

210 (ovvero 150) quinconce 240 (ovvero 120) trigone 270 (ovvero 90) quadrato 300 (ovvero 60) sestile 330 (ovvero 30) semisestile

Prendendo a schema base di riferimento il ciclo di lunazione, i primi aspetti fino all’opposizione sono “crescenti”, mentre dall’opposizione in poi so- no “calanti”.

Il ciclo dei Settimi Gradi

Voglio a questo punto percorrere a mo’ di esempio, tutti i settimi Gradi Zodia- cali, da Ariete a Pesci, e scelgo, per il nostro viaggio lungo l’Eclittica proprio i settimi Gradi perché su uno di loro ho buoni motivi di credere si trovi il mio Ascendente natale.6Evidentemente lo stesso lavoro potrebbe essere realizzato (e con quale profitto!) con tutti i Gradi dello Zodiaco, mettendo in relazione tutti i primi, tutti i secondi e così via.

È importantissimo studiare la progressione completa di un un certo Gra- do in tutte le stazioni zodiacali, sia per cercare di intravedere la funzione sim- bolica di base da esso intrinsecamente contenuta, come profondità ancora più profonda dell’immagine simbolica stessa, sia per vedere come questa radice o matrice riesca ad esprimersi nei vari segni, in modo evidentemente più o me- no consono alla manifestazione più naturale di quel Grado, ma sempre in mo- do necessario in relazione ai vari stadi di sviluppo. Ciò che avviene in Ariete è ben diverso da ciò che avviene in Acquario: la progressione evolutiva è co- munque molto importante da considerare.

Ricordo inoltre che il settimo Grado è il secondo della sequenza pentarit- mica di Rudhyar,7ovvero quello che, contrapponendosi al primo, vede la par-

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