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I L PARADIGMA DI POLICY : L ’ ACQUA COME SERVIZIO PUBBLICO

I L GOVERNO DELLE ACQUE IN I TALIA

5. I L PARADIGMA DI POLICY : L ’ ACQUA COME SERVIZIO PUBBLICO

Nel secondo capitolo si è visto come, all‘interno di ogni paradigma di policy, siano individuabili dei valori di fondo, il ―nocciolo duro‖ del paradigma, e degli elementi

53 Estratti da un‘intervista al Presidente di Federutility (l‘associazione delle aziende che si occupano della gestione dei servizi idrici ed energetici) del 1 giugno 2005, cit. in Citroni 2006.

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cognitivi, che informano invece le strategie di policy e che, sottoposti a spinte esterne, possono modificarsi ed adattarsi. In questo paragrafo cercheremo di identificare entrambi gli elementi nel paradigma italiano delle acque.

I core value del settore delle acque sono essenzialmente tre: 1. la natura dell‘acqua come fonte rinnovabile;

2. la fiducia nella possibilità umana di controllare e gestire questa risorsa naturale; 3. la proprietà pubblica ed inalienabile della risorsa.

Come apparirà chiaro dalla discussione del capitolo secondo, si tratta di valori e credenze tipici della modernità industriale e del paradigma della ―missione idraulica‖. È anche chiaro che si tratta di credenze tra loro collegate e che rispondono ad una precisa ―visione del mondo‖. Il fatto che l‘acqua sia una risorsa rinnovabile ha permesso all‘uomo di sfruttarla per i propri fabbisogni, senza preoccuparsi del suo carattere ―finito‖. Di questo si comincia infatti a parlare solo in tempi più recenti, con l‘aggravarsi su scala mondiale dei fenomeni di siccità e desertificazione (Massarutto 2008). È un concetto che suona quasi come un ossimoro, quello di risorsa ―rinnovabile ma finita‖, poiché implica la comprensione dell‘importanza delle variabili spazio-temporali nella disponibilità d‘acqua per l‘utilizzo umano (cioè la disponibilità di acqua in un dato momento in un certo posto). Le possibilità di sviluppo offerte dall‘acqua, poiché la storica abbondante disponibilità mette a lungo in secondo piano il fatto che sia anche indispensabile alla vita umana, ne fanno poi una delle risorse strategiche a disposizione dello Stato, che infatti dichiara la pubblicità delle acque proprio in occasione della prima guerra mondiale, per consentire lo sfruttamento delle stesse da parte dell‘industria bellica (Isenburg 1986). La pubblicità della risorsa non è mai stata messa in discussione, ma è stata ribadita in tutti gli interventi legislativi successivi a quelli del 1933, ed è d‘altronde un tema particolarmente sentito, come la breve discussione sulla mobilitazione popolare ha messo in luce.

Da questi elementi valoriali di fondo discende un‘interpretazione dei rapporti di causa-effetto legati all‘acqua che costituisce il policy core della politica italiana delle acque fino al 1989. Questo si articola su cinque elementi fondamentali.

1. L‟intervento supply-side. Se il problema sono le possibilità di sfruttamento umano della risorsa, bisogna allora agire sul lato dell‘offerta, con soluzioni di tipo infrastrutturale, cioè interventi per l‘invaso, il trasporto, il trattamento ecc.55A

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questo tipo di scelta contribuisce la cultura scientifica e professionale di tipo ingegneristico-sanitario.

2. Il ruolo dell‟ingegneria idraulica. La cultura scientifica di riferimento è quella dell‘ingegneria idraulica (Massarutto 2008; Passino 2005), forte della tradizione di scuole ingegneristiche come quelle di Padova e Bologna, che risalgono agli inizi dell‘Ottocento, e dell‘istituto del Genio Civile.

3. La cultura della pianificazione territoriale. Gli interventi strutturali sono inseriti in disegni razionali, tecnocratici e gerarchici di trasformazione e regolazione del territorio, che vengono intesi ―non come processi interattivi e incrementali, ma bensì come processi a cascata riconducibili ai rigidi schemi di un piano struttura‖ (Borelli 1999, 52)

4. Un approccio basato sul “command and control”. L‘approccio basato sugli strumenti di questo tipo predomina in larga misura, sia nella difesa del suolo, che nel settore dei servizi idrici, che in quello della tutela delle acque dall‘inquinamento (Freddi 2000; Massarutto 1999).

5. La “sanitarizzazione” degli aspetti qualitativi. Come già osservato, i problemi di inquinamento sono stati a lungo interpretati come questioni essenzialmente sanitarie (Freddi 2000).

Questo paradigma si caratterizza come ―egemonico‖ (Howlett e Ramesh 1998), cioè come unico presente nel sottosistema di policy, almeno fino alla fine degli anni Settanta, come la ricostruzione dell‘evoluzione della politica nel primo paragrafo ha messo in luce. Il carattere egemonico non stupisce, se si considera che quello appena delineato è nient‘altro che la declinazione italiana del paradigma della missione idraulica. Alla fine degli anni Settanta, stando alla ricostruzione di Freddi (2000), le politiche ambientali cominciano a conoscere una prima istituzionalizzazione nel nostro paese. I caratteri fondamentali del paradigma, tuttavia, rimangono pressoché immutati, anzi costituiscono il framework attraverso cui anche i nuovi attori ―ambientali‖ partecipano al discorso di policy. Ed infatti gli approcci command and control, ad esempio, continuano fino a tempi recentissimi a restare l‘opzione di policy preferita da questi attori. È piuttosto con la riforma della legge Galli che il paradigma perde definitivamente il suo carattere egemonico. Non solo perché il settore privato entra nel sottosistema di policy, ma soprattutto perché, almeno in teoria, la legge Galli si fa portavoce di una nuova razionalità di tipo economico nella gestione delle risorse idriche.

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Di fronte alle pressioni della globalizzazione e all‘affermarsi dei principi del liberismo economico, il vecchio paradigma perde il suo carattere egemonico, ma rimane comunque dominante. Lo fa cambiando alcuni aspetti della sua cintura protettiva. Da un lato, introduce, con la legge 183, un concetto di difesa del suolo ―onnicomprensivo‖, dove il recupero e la prevenzione del dissesto idrogeologico dovrebbero diventare il presupposto per un recupero ambientale del territorio. Ma l‘approccio dominante continua, ad esempio, a preferire soluzioni strutturali (come arginature, bacini di invaso, casse di espansione) e ad agire attraverso strumenti regolativi e procedure di pianificazione pubblica. Dall‘altro, con la legge Galli, separa per la prima volta la proprietà della risorsa dalla sua gestione, con il primo tentativo di industrializzare il settore dei servizi idrici. Tuttavia il gestore rimane essenzialmente un monopolista naturale, non venendo introdotta alcuna forma di competizione per il mercato (Giannelli 2006). E infatti si nota, da un lato, il carattere di ―eccezionalità‖ con cui, almeno finora, si è fatto ricorso alla gara; dall‘altro, la scelta di strumenti ancora una volta regolativi nell‘allargare ―per decreto il bacino di utenza‖ (Massarutto 2000, 17) dei gestori, attraverso la determinazione ex ante degli Ambiti Territoriali Ottimali.

Se e come il vecchio paradigma sia ancora dominante a seguito dell‘attuazione della Direttiva Quadro sarà più chiaro dopo l‘analisi dei cambiamenti che hanno attraversato il settore dopo il 2000. A questo sarà pertanto dedicato il capitolo che segue.

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