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I L SOTTOSISTEMA DI POLICY : DALLA COMUNITÀ EGEMONICA ALLA SFIDA DEI MOVIMENTI PER L ’ ACQUA PUBBLICA

I L GOVERNO DELLE ACQUE IN I TALIA

4. I L SOTTOSISTEMA DI POLICY : DALLA COMUNITÀ EGEMONICA ALLA SFIDA DEI MOVIMENTI PER L ’ ACQUA PUBBLICA

Come si è visto nel paragrafo precedente, il sottosistema di policy del settore delle acque si caratterizza per la grande presenza del settore pubblico, che non confina il suo ruolo

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alla sola attività di governo, ma si estende alla sfera della gestione, a quella delle scelte di allocazione della risorsa, e a quella finanziaria (Massarutto 1999).

Almeno fino al 1994, anno della riforma dei servizi idrici, è possibile identificare con chiarezza una policy community50 che, insieme agli attori istituzionali, include un ristretto numero di interessi ―forti‖ e una comunità epistemica (Haas 1992) altamente professionalizzata.

Per quanto riguarda i primi, si è già visto nel primo paragrafo che fino agli anni Sessanta gli interessi idroelettrici e quelli della grande agricoltura hanno rappresentato i principali stake-holders del settore (Isenburg 1986; Borelli 2008). In particolare gli industriali elettrici sono riusciti a modellare l‘(assenza di) elaborazione normativa e il flusso dei finanziamenti statali, essendo ―tecnicamente agguerriti – avevano a disposizione i principali politecnici – sindacalmente organizzati ad un alto livello di integrazione monopolistica, garantita dal peso crescente delle società più forti‖ (Isenburg 1986, 12). Da quest‘ultimo punto di vista, anche gli interessi irriguo-fondiari, attraverso i Consorzi di bonifica ed i principali sindacati agricoli (ConfAgricoltura, CIA, Coldiretti) hanno potuto contare su meccanismi forti e coesi di rappresentanza.

A questi due interessi, dominanti soprattutto fino al secondo dopoguerra, vanno ad aggiungersi a partire dagli anni Sessanta i grandi utilizzatori industriali e l‘industria edile, privilegiata dall‘approccio ―infrastrutturale‖ allo sviluppo del settore.

Infine, la water policy community include un ristrettissimo numero di professioni (essenzialmente ingegneri idraulici e geologi) che offrono soluzioni standardizzate e ―ipostatizzate‖ (Freddi 2000) ai problemi delle acque.

Due fattori spiegano la ―chiusura‖ di questa comunità di policy e la sua resistenza al cambiamento: la ―porosità‖ del processo decisionale rispetto ai soggetti utilizzatori e la natura dell‘acqua come merit good (Massarutto 1999). Del primo punto si è già detto; in un sistema frammentato come quello italiano, l‘asimmetria informativa propria di un settore altamente tecnico e professionalizzato rende privilegiato ed esclusivo il rapporto del decisore pubblico con i detentori delle informazioni, cioè i principali utilizzatori. La natura di acqua come merit good, d‘altro canto, implica che i ―diritti d‘uso‖ acquisiti nel passato diventano dei diritti acquisiti e si trasformano quindi in veto-points, che è di fatto impossibile revocare, anche qualora le condizioni previste dalla regolazione diventino più restrittive o subentrino nuove domande. La presenza di una comunità epistemica

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Intesa come insieme di attori che condividono uno stesso policy focus e, soprattutto, una stessa visione del problema (Howlett e Ramesh 1995; Rhodes e Marsh 1992).

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dominante e il pressoché totale accordo sui parametri della issue acqua fanno parlare in questo caso di ―comunità egemonica‖ (Howlett e Ramesh 1995).

Negli anni Novanta accadono due cose. Da un lato, si assiste alla definitiva istituzionalizzazione, anche grazie al Trattato di Maastricht, delle questioni ambientali nell‘agenda politica, e, più in generale, ad una crescita dell‘attenzione e della sensibilizzazione politica nei confronti di queste tematiche.

Dall‘altro, la legge Galli permette l‘ingresso dei gestori privati nel servizio idrico, rompendo l‘―equilibrio‖ della policy community. Sono infatti i meccanismi di mercato e le ragioni dell‘economia, piuttosto che la sensibilità ambientale, che hanno la meglio sul grado di chiusura della comunità. A partire dalla fine degli anni Novanta, infatti, la community vede l‘ingresso delle grandi multinazionali, soprattutto le francesi Suez Environment e Veolia, delle banche e società di investimenti e delle ex-municipalizzate quotate in borsa, come Acea (Roma), Hera (Bologna) e Amga (Genova).

La resistenza, da parte dei vecchi gestori e degli enti locali in generale, ad aprire ai privati la possibilità di entrare nel network delle relazioni che sottende il sottosistema è indice del grado di chiusura della policy community. Questa resistenza è evidente, ad esempio, nelle strutture di controllo (Osservatori e Autorità) che le Regioni istituiscono anche in deroga alla legge Galli; ma soprattutto nelle forme della gestione, che vedono ancora la predominanza del settore pubblico.

È proprio la possibilità per gli enti locali di continuare, attraverso le società miste e la gestione in house, a gestire i servizi idrici, seppure in forme rinnovate, a consentire una sorta di riarticolazione degli interessi degli enti locali come ―azionisti‖ nelle nuove forme di gestione. Questo, oltre a fare delle Autorità d‘Ambito degli strumenti deboli, in quanto afflitte dall‘evidente conflitto di interessi degli enti locali, presenti nelle prime come regolatori e nelle società che gestiscono il servizio come azionisti regolati (CoViRI 2008), sviluppa una necessaria rete di relazioni privilegiate, ma non necessariamente consensuali, tra gli enti locali ed il settore privato.

A questo punto, la policy community originale ha perso il suo carattere egemonico, anche se mantiene il suo carattere dominante. Nel sottosistema è ora entrata l‘industria dell‘acqua, costruendo un‘advocacy coalition che da questo momento in poi impiegherà le sue molteplici risorse per influenzare il policy-making (Sabatier e Jenkins-Smith 1999). Nel frattempo si va anche consolidando il network degli attori ambientali. E infatti a partire dal 1994, con il Comitato di consultazione, Legambiente, LIPU e WWF Italia

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assumono un ruolo istituzionalmente riconosciuto, anche se tutto sommato molto debole nel processo decisionale (Borelli 2008), nel governo del bacino del Po. È grosso modo negli stessi anni, ad esempio, che inizia ad operare il Gruppo 183, un‘associazione variegata di ―esperti‖, ambientalisti, rappresentanti degli enti locali, delle Regioni e dei sindacati, particolarmente attiva nella diffusione della consapevolezza ambientale nel settore delle acque e nella ―promozione di politiche di sviluppo sostenibile‖51

. Questi attori continuano tuttavia a restare al margine della policy community, fino all‘inizio del nuovo millennio, quando due avvenimenti contribuiscono a rafforzare il loro peso. Da un lato, l‘approvazione della Direttiva Quadro sulle Acque, che, rispetto alla politica italiana delle acque fino a quel momento, ha un focus decisamente più ―ambientale‖. La stessa Direttiva inoltre fa della partecipazione pubblica uno dei suoi capisaldi, dotando così le associazioni ambientaliste con un canale di accesso esclusivo al processo decisionale. Dall‘altro lato, si assiste alla nascita del network internazionale del ―Contratto Mondiale per l‘Acqua‖.

Nato da un appello di diversi intellettuali e personalità politiche nel 1998 a Lisbona il movimento ha l‘obiettivo di opporsi alla privatizzazione e alla ―mercificazione‖ dell‘acqua e di diffondere, educare e sensibilizzare ad una cultura dell‘acqua come ―bene comune‖ (Molinari 2007). Nel 2000 si costituisce il Comitato italiano del Contratto, che sviluppa intense relazioni con le reti locali dei movimenti e dell‘associazionismo e con i sindacati nazionali della funzione pubblica52

(Attac Italia, Arci, Cobas, Fp Cgil), portando alla nascita del Forum Nazionale dei Movimenti per l‘Acqua. Le azioni di mobilitazione e lobbying del Forum crescono in maniera quasi proporzionale alle spinte legislative a favore dell‘apertura ai privati, a partire, quindi, soprattutto dal 2003 (Carrozza 2008).

Benché si tratti di un network distinto, almeno in via teorica, dai movimenti ambientalisti generalisti, avendo il Forum un focus preciso, in realtà, nelle logiche del sottosistema che stiamo qui esplorando, queste due ―anime‖ possono considerarsi parte di un‘unica ―coalizione di sostegno‖. Le posizioni del Forum in merito alla privatizzazione dei servizi idrici e alla necessità di ―ripubblicizzare‖ l‘acqua sono infatti ampiamente

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http://www.gruppo183.org/chi_siamo.asp

52 Intervista ad E.Molinari (presidente del Contratto italiano del Contratto Mondiale dell‘Acqua), ―Un contratto per l‘umanità‖, Una città, n. 146, marzo 2007. Online su:

http://www.unacitta.it/intervista.asp?testo=&anno=&person=molinari&argom=&id=1554. Accesso: dicembre 2008.

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condivise dalle maggiori associazioni ambientaliste (Legambiente 2009; WWF Italia 2009). Si può anzi sostenere che l‘ingresso nell‘arena del Forum abbia notevolmente accresciuto le risorse della ―coalizione ambientalista‖, anche se il suo impatto sul policy- making rimarrà poi limitato ad episodi isolati.

Diversi fattori spiegano l‘importanza del Forum. In primo luogo, la sua capacità di mobilitazione popolare, che fa leva su una diffusa ―cultura dell‘acqua come servizio pubblico a carattere sociale‖ (Barraqué 1995). In secondo luogo, la forza propositiva da policy entrepreneur ed il prestigio internazionale del primo presidente del Forum, Riccardo Petrella, già autore del Manifesto dell‘acqua (Comitato internazionale per il Contratto Mondiale sull‘Acqua 1998) e coordinatore del Comitato internazionale. Infine, la partecipazione diffusa di Sindaci ed enti locali, tradizionalmente usi ad ―una condizione oggettivamente di privilegio che non si vuole perdere‖, e timorosi di ―perdere il controllo sull‘acqua‖53

.

L‘influenza che il Forum esercita sul policy-making rimane discontinua, anche a causa dei cambiamenti di governo del periodo 2005-200954, ma conosce dei momenti salienti, anche se tutti di breve durata, che illustriamo brevemente. Nel giugno 2005, ad esempio, Petrella viene nominato a presiedere l‘acquedotto pugliese, il più grande d‘Europa per sviluppo della rete e numero di utenti serviti, da tempo al centro di grandi dibattiti e di numerosi interessi (Altamore 2006). Petrella lascia però l‘incarico già nel dicembre 2006, a causa dell‘incompatibilità della sua visione e delle sue proposte con la natura giuridica privata, in forma di S.p.A., dell‘AQP (Petrella 2006), scatenando peraltro una polemica all‘interno del movimento italiano per il Contratto mondiale (Molinari 2007). Lo stesso Petrella viene poi nominato membro del CoViRI nel marzo del 2007, sotto la nuova presidenza di Roberto Passino. Infine, nel 2006 il Forum riesce ad inserire, attraverso i partiti dei Verdi e di Rifondazione Comunista, la ― non privatizzazione‖ dell‘acqua nel programma elettorale dell‘Unione (Carrozza 2008), che si concretizza poi nelle disposizioni del ―decreto Lanzillotta‖ cui abbiamo in precedenza accennato.

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