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I L SOTTOSISTEMA DI POLICY E LA NUOVA COMUNITÀ EGEMONICA

I L GOVERNO DELLE ACQUE IN I NGHILTERRA

4. I L SOTTOSISTEMA DI POLICY E LA NUOVA COMUNITÀ EGEMONICA

La privatizzazione dei servizi idrici del 1989 è senza dubbio l‘evento che più di tutti ha esercitato un impatto sul sottosistema delle acque, rompendo dinamiche relazionali consolidate ed alterando il volto della policy community tradizionale (Dudley 1999). Prima di allora il sottosistema era caratterizzato in primo luogo dalla grande presenza del settore

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pubblico, attraverso il ruolo delle amministrazioni regionali e locali e gli organismi locali di gestione. Hassan nota come, quando le Regional Water Authorities furono create, nel 1973, queste erano guidate soprattutto dall‘etica propria dei servizi pubblici: ―per i primi otto o nove anni della loro esistenza, le RWA erano amministrate con un forte senso pubblico, animate dall‘interesse a fornire un servizio adeguato, presumibilmente con scarsa attenzione ai costi‖ (Hassan 1998, 155. trad.nostra).

Anche nel mondo anglosassone, come si è detto, la comunità epistemica e quella di policy erano accomunate dal ruolo dominante della disciplina ingegneristica. Le maggiori associazioni professionali, la Association of Waterworks Engineers, la British Waerworks Association e la Water Companies Association, intrattenevano stretti rapporti con i dipartimenti governativi. Poiché questi, e in particolare il Ministero della Sanità negli anni Cinquanta e Sessanta, facevano grande affidamento sulle tre associazioni come consulenti professionali, il loro ruolo nell‘influenzare le scelte di policy era considerevole; e tale rimase almeno fino agli anni Settanta, quando l‘emergere delle preoccupazioni ambientali relative ai grandi progetti ingegneristici pose un freno alla ―smania ingegneristica‖ (Kinnersely 1988).

La tradizione negoziativa e consensuale di cui si è detto nel precedente paragrafo giustificava poi l‘inclusione dei maggiori interessi in un sistema di relazioni istituzionalizzato: in primo luogo quelli dell‘industria idrica, in buona misura parte del settore pubblico, seguiti dagli interessi agricoli, particolarmente tenuti in considerazione dal Ministero dell‘Agricoltura. Insieme a questi interessi ―forti‖, la policy community includeva poi gli interessi legati al mantenimento del buono stato delle acque. Come si è già detto gli interessi ambientalisti in senso stretto hanno una lunga tradizione nel mondo anglosassone, legandosi ai movimenti ―conservazionisti‖ diffusisi dopo la rivoluzione industriale. Ma la protezione delle acque dall‘inquinamento era funzionale anche ad altri interessi meno ideologizzati, come quelli della pesca industriale e sportiva.

Anche in questo caso la chiusura della policy community può essere giustificata dagli stessi fattori già considerati per il caso italiano: la natura dell‘acqua come merit good, la conseguente resistenza al cambiamento degli interessi consolidati nel tempo (Hassan 1998); e la propensione degli attori governativi a negoziare le politiche con i maggiori interessi, dunque anche con quelli ambientali, stabilendo reti di relazioni istituzionalizzate nel tempo. La presenza di queste relazioni istituzionalizzate e la condivisione di un framework disciplinare condiviso consentono di parlare a pieno titolo di una policy community (Rhodes e Marsh 1992) ―in cui l‘expertise tecnica costituiva la base principale di un decision-making consensuale‖ (Richardson et al. 1992. trad.nostra).

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Gli anni che vanno dalla riforma del 1973 a quella del 1989 sono quelli in cui il sottosistema di policy viene destabilizzato. Le considerazioni ambientali ed economiche pongono infatti fine all‘egemonia della community tradizionale basata su una visione tecnocratica dell‘acqua e sull‘etica del servizio pubblico. Il Water Act del 1973 getta le basi per la trasformazione del sistema di gestione delle acque in senso commerciale (Richardson et al. 1992) e, con l‘avvento del governo conservatore, gli equilibri di potere si spostano definitivamente a favore di una visione dell‘acqua come bene di natura economica. L‘introduzione degli obiettivi di performance, l‘aumento dei tagli alla spesa e l‘enfasi rivolta all‘efficienza economica forzarono la transizione ―da una cultura tecnocratica ad una di efficienza aziendale‖ (Pritkethly 1990, 141. trad.nostra). L‘eclissi della cultura tradizionale dei servizi pubblici proseguì con l‘esclusione dei governi locali dai consigli di amministrazione delle Regional Water Authorities nel 1983; e si concluse con la decisione di privatizzare definitivamente l‘industria nel 1989.

In una dettagliata ricostruzione dei processi decisionali che condussero alla riforma del 1989, Richardson et al. (1992) notano che quest‘ultima rappresentò una rottura importante con il passato non solo perché alterò in maniera irreversibile la struttura del settore e le caratteristiche della policy community, ma anche perché la decisione ultima di privatizzare i servizi idrici non venne negoziata o sottoposta a consultazione, bensì fu il risultato di un policy-making internalizzato, seppure temporaneamente. Benché i recenti cambiamenti, infatti, avessero indebolito la comunità di policy tradizionale, e avessero spostato gradualmente gli equilibri in favore dei sostenitori della privatizzazione, la decisione non fu il frutto della posizione di forza di questi ultimi. La prima proposta di privatizzazione, infatti, nel 1986, aveva ricevuto forti critiche da molti membri della community: gli enti locali, il Ministero dell‘Agricoltura, i sindacati, la Confederation of British Industry, l‘Institute for Water and Environmental Management, il Council for the Protection of Rural England e la Country Landowners Association (ibid.). La decisione ultima, dunque, fu una decisione eminentemente politica (Hassan 1998; Richardson et al. 1992; Summerton 1998), non sottoposta a consultazione, e fortemente influenzata dalla capacità d‘iniziativa e dalla risolutezza del Segretario di Stato Nicholas Ridley, nominato nel maggio 1986.

Una volta che la decisione di privatizzare l‘industria e di creare la National Rivers Authority fu presa, una nuova policy community ―riformata‖ prendeva il posto di quella precedente, affermandosi in breve tempo come nuova comunità egemonica. Nell‘assetto riformato gli attori e gli interessi coinvolti non erano molto diversi da quelli del passato; a cambiare sono stati piuttosto gli equilibri e i rapporti di dipendenza (Dudley 1999). Per

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utilizzare l‘espressione di Baumgartner e Jones, quello che si verifica è un salto da un equilibrio parziale ad un altro, rompendo il monopolio di policy precedente e, ristabilendo rapidamente le pratiche consultive stabilite, creandone uno nuovo (ibid.).

In primo luogo, se l‘industria idrica in passato dipendeva dal governo, anche se in misura progressivamente minore, per le proprie risorse finanziarie, e il governo dipendeva dall‘industria per l‘expertise tecnica e finanziaria, dopo la privatizzazione queste relazioni vengono alterate. Da un lato si assiste al definitivo rafforzamento del ruolo e della posizione dell‘industria idrica, che ora rappresenta definitivamente un ―altro‖ rispetto al settore pubblico. Dall‘altro le capacità di controllo del governo sull‘industria vengono indebolite dalla frammentazione organizzativa e funzionale, con il fiorire negli anni Novanta e Duemila di quangos e agenzie semi-governative.

Tuttavia, è possibile sostenere che la rinnovata comunità di policy è forse più coesa ed omogenea della precedente, e che è riuscita a conquistare una posizione egemonica. In primo luogo perché gli interessi forti, che sono principalmente quelli dell‘industria idrica, vengono inclusi nel decision-making e grandemente favoriti, soprattutto nei primi anni dopo la privatizzazione. In secondo luogo perché anche gli interessi ambientali e quelli dei consumatori, a partire dalla metà degli anni Novanta, vengono in qualche modo ―inglobati‖ nella comunità. Nel 1995 nasce infatti l‘Environment Agency, con la mission specifica della protezione ambientale e dello sviluppo sostenibile; e nel 2006 nasce Natural England, un ―executive non-departmental public body‖ del DEFRA, creato nel 2006 con compiti di tutela e conservazione del paesaggio. Le modalità dell‘implementazione consentono poi di includere le principali organizzazioni non governative con interessi ambientali nel policy-making come co-implementatori: è il caso della Royal Society for the Protection of Birds e del Wildlife Trust. Allo stesso modo, il Consumer Council for Water è stato creato sotto l‘egida del regolatore economico. Questi attori vengono inoltre coinvolti nel policy making attraverso le consolidate pratiche di consultazione volte alla ricerca del consenso e della legittimazione delle politiche.

Gli attori che in un primo momento si erano opposti alla privatizzazione, come i sindacati ed alcune associazioni di consumatori, sono stati marginalizzati fin dal principio ed indeboliti in primo luogo dalla stessa privatizzazione, e in secondo luogo dall‘affermarsi di un nuovo paradigma dominante, quello del market environmentalism, e di una cultura scientifica basata sull‘economia e sulle scienze ambientali, condivise da tutti gli attori della community, incluse le associazioni ambientaliste e quelle di protezione dei consumatori.

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