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Il parere della Conferenza unificata ed il ricorso della Regione Veneto

3. LA RIFORMA DELLA DIRIGENZA: LA LEGGE N 124/2015 E LO

3.7 Il parere della Conferenza unificata ed il ricorso della Regione Veneto

L’art. 11, c. 2, della legge n. 124/2015, recante la procedura per l’adozione del provvedimento legislativo sulla disciplina della dirigenza pubblica, prevede l’acquisizione dei pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti per materia, nonché quello della Conferenza unificata111.

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Secondo il giudice costituzionale, il sistema delle Conferenze Stato-Regioni e autonomie locali è “una delle sedi più qualificate per l’elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro della leale collaborazione”, cfr. Corte cost., sentenza n. 401 del 2007, punto 5.3 del Considerato in diritto.

Nella prassi recente, è stata evidenziata la tendenza ad un progressivo svilimento da parte del Governo dell’intervento delle Conferenze nel procedimento di formazione del decreto legislativo. Sul punto è intervenuto G. CARPANI, “La collaborazione strutturata tra Regioni e tra queste e lo Stato. Nuovi equilibri e linee evolutive dei raccordi ‘verticali’ ed ‘orizzontali’”, in www.federalismi.it.

La Conferenza unificata, sede congiunta della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, in data 3 novembre 2016 ha espresso parere favorevole sullo schema di decreto legislativo A.G. n. 328/2016, condizionato all’accoglimento di una serie di osservazioni ed emendamenti, contenuti in un documento che è stato consegnato al governo durante la Conferenza stessa.

La Conferenza unificata ha espresso condivisione - ad esclusione della regione Veneto, che ha promosso ricorso per illegittimità costituzionale della legge delega - per gli obiettivi, posti dal legislatore con la riforma, di revisione dei sistemi di reclutamento, formazione e valutazione della dirigenza, del conferimento degli incarichi, della mobilità e di una migliore definizione delle responsabilità e dei relativi trattamenti economici, nell’ottica di un riconoscimento del merito, delle capacità professionali e dei risultati effettivamente conseguiti, rispetto agli obiettivi assegnati dagli organi politici, da parte dei dirigenti.

Si evidenzia la valutazione positiva espressa in merito alle finalità perseguite dal legislatore nella direzione di “chiarire, ancora meglio rispetto all’ordinamento attuale, il rapporto fra politica e dirigenza e gli aspetti legati alla prevenzione della corruzione. La lettura del testo di decreto, sembra invece privilegiare altre finalità, non sempre coerenti, e talora contrastanti, con quelle positivamente condivise”.

La Conferenza ha tuttavia rilevato che la riforma della dirigenza pubblica, così come è stata elaborata e proposta nello schema di decreto legislativo A.G. n. 328/2016, potrebbe riflettersi sugli assetti e sulle potestà di enti costituzionalmente garantiti.

Il parere favorevole espresso sullo schema di decreto A.G. n. 328/2016 da parte delle autorità locali in Conferenza unificata è vincolato all’approvazione di alcuni emendamenti, che sono finalizzati anche all’inclusione degli enti regionali e locali nei processi di individuazione, ai vari livelli, della dirigenza pubblica.

In particolare, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e l’Anci hanno evidenziato che l’art. 123 della Costituzione prevede che lo Statuto delle regioni a statuto ordinario definisce la forma di governo ed i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento e che l’istituto dell’autonomia è soggetto al solo limite dell’ “armonia” con la Costituzione.

È stata inoltre rilevata la necessità di osservare il rispetto dell’art. 114, c. 2, della Carta costituzionale, che riconosce alle regioni ed agli enti locali autonomia organizzativa, legislativa, statutaria, la quale “è indispensabile per garantirne il corretto funzionamento in ordine al ruolo politico-istituzionale agli stessi Enti assegnato”.

Infine, le autorità locali hanno osservato che nel decreto legislativo non è previsto che il Dpcm da emanare, per omogeneizzare il trattamento economico

fondamentale ed accessorio del ruolo dei dirigenti regionali, sia adottato previa intesa in sede di Conferenza Stato–Regioni, intesa che è invece ritenuta necessaria ai sensi dell’art. 8 c. 6 della legge 5 giugno 2003 n. 131 (cosiddetta “intesa forte”).

Si evidenzia che nel parere reso dalla Conferenza unificata è riportata l’intenzione espressa dal Governo di condividere il percorso di attuazione del provvedimento legislativo; il Governo ha manifestato la disponibilità all’accoglimento delle proposte formulate dalle regioni e dagli enti locali112, proponendo di organizzare un incontro tecnico da tenere, dopo l’acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari e prima dell’approvazione definitiva da parte del Consiglio dei ministri, per definire il testo con le modifiche richieste in una formulazione condivisa.

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Durante l’istruttoria presso la Conferenza Unificata, Umberto Di Primio, in qualità di vicepresidente nazionale Anci, in data 28 settembre 2016 ha incontrato presso il Ministero della Funzione Pubblica il Ministro Madia, per discutere dello schema di decreto legislativo di riforma della dirigenza pubblica; il Governo ha precisato di avere valutato positivamente la proposta di una intesa “forte” ed ha chiesto un’ulteriore riflessione sulla proposta che la mobilità dei dirigenti, a livello nazionale, operi “prioritariamente” nell’ambito di ciascuno dei ruoli dirigenziali.

Fonte: http://www.comune.chieti.gov.it/index.php/5229-incontro-a-roma-fra-sindaco-di-primio-e- ministro-madia-il-governo-ha-accolto-le-istanze-dei-comuni-rinviando-la-trattazione-del-decreto- sulla-riforma-della-dirigenza-pubblica.html

Si riportano di seguito i principali “elementi di carattere generale” e le “osservazioni di compatibilità costituzionale” che la Conferenza unificata ha individuato:

- una forte attenzione all’omogeneità delle procedure e dei trattamenti; è stato evidenziato che il perseguimento dell’omogeneità può essere ricercato ed ottenuto a discapito della funzionalità e che la conseguenza potrebbe essere un neo-centralismo burocratico, in contrasto con i principi di autonomia organizzativa delle amministrazioni regionali e locali espressi dal quadro costituzionale;

- un sistema di reclutamento eccessivamente articolato; tale sistema non è ritenuto idoneo a riscontrare in tempi accettabili i fabbisogni nell’ambito della moderna pubblica amministrazione;

- la previsione di procedure di conferimento degli incarichi dirigenziali particolarmente attente a garantire la ridistribuzione di tutti gli attuali dirigenti in servizio; le novellate procedure non sembrano garantire l’esigenza delle pubbliche amministrazioni di incaricare i dirigenti più meritevoli e più adatti al perseguimento degli obiettivi di governo ed organizzazione delle diverse strutture pubbliche;

- la previsione dei criteri di composizione ed organizzazione dei costituendi organismi, quali le Commissioni per la dirigenza pubblica e la Scuola nazionale

dell’amministrazione; la Conferenza unificata ha osservato un’impronta fortemente statalista ed ha evidenziato il rischio di un sistema incentrato sulla nuova figura del dirigente della Repubblica che ricalca i caratteri della dirigenza statale, eludendo in questo modo l’obiettivo di rispondere alle differenziate esigenze professionali delle diversi amministrazioni pubbliche, statale, regionale, locale e settoriale;

- una non chiara definizione degli effetti che si produrranno a carico degli enti a seguito della decisione di non confermare nell’incarico i dirigenti; è stato fatto particolare riferimento alla copertura delle retribuzioni dei dirigenti privi di incarico.

La Conferenza unificata ha, inoltre, confermato e fatto proprie le principali osservazioni poste dal Consiglio di Stato nel parere al provvedimento legislativo in argomento, esprimendo, in particolare, la necessità di un’intesa forte sui punti centrali di applicazione della novellata disciplina per le regioni e per gli enti territoriali.

È stata, infine, richiesta la programmazione di una fase di graduale transizione al nuovo ordinamento, anche con riferimento al sistema di

conferimento degli incarichi dirigenziali al fine di evitare il sovrapporsi di norme e l’incertezza delle procedure113.

Al fine di una completezza di ragionamento, è opportuno rammentare il ricorso n. 94/2015 promosso dalla Regione Veneto per illegittimità costituzionale di alcuni articoli della legge delega n. 124/2015, per violazione degli artt. 5, 81, 117, cc. 2-3-4, 118 e 119 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Costituzione.

La regione Veneto ha impugnato le disposizioni contenute nella legge delega n. 124/2015 ritenute lesive delle attribuzioni regionali, sostenendo che i principi ed i criteri direttivi stabiliti dal legislatore incidono, direttamente, su profili del pubblico impiego rientranti nella materia di competenza residuale relativa all’organizzazione amministrativa regionale, concretando così una lesione attuale dell’autonomia regionale.

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Al termine della Conferenza unificata, il Ministro Madia ha affermato: “In questi mesi abbiamo fatto un lavoro importante con le Regioni e i Comuni. Lo sforzo che abbiamo voluto fare insieme è che questo decreto poi si attui e quindi vorrei aggiungere alla stesura definitiva del decreto un cronoprogramma per continuare un percorso con Regioni e Comuni e far sì che si arrivi in modo positivo alla dirigenza della Repubblica”.

Fonte: regioni.it http://www.regioni.it/riforme/2016/11/03/dlgs-dirigenti-madia-aggiungero- cronoprogramma-approvazione-entro-novembre-483970/

Nell’udienza del 19 ottobre 2016, la regione Veneto ha ribadito che la norma impugnata viola l’ambito di competenza delle regioni, i cui spazi di autonomia in tale materia sono illegittimamente compressi; in particolare ha evidenziato che:

- l’art.11, c. 1, lett. c) p.ti 1 e 2, prevede l’accesso alla dirigenza regionale nelle forme del corso-concorso e del concorso; peraltro l’art. 3 dello schema di decreto legislativo A.G. n. 328/2016 modifica l’art. 28 del D.lgs. n. 165/2001, prima riferito solo alle amministrazioni statali, estendendone la disciplina alle regioni. La regione Veneto ha ricordato che l’accesso al pubblico impiego regionale ed i relativi concorsi sono ricondotti da costante giurisprudenza nell’ambito dell’organizzazione amministrativa regionale (sentenze n. 235 del 2010, n. 95 del 2008, n. 380 del 2004).

- l’art. 11, c. 1, lett. e) prevede la definizione degli obblighi formativi annuali e delle modalità del relativo adempimento, il coinvolgimento dei dirigenti di ruolo nella formazione dei futuri dirigenti, nonché il loro obbligo di prestare gratuitamente la propria opera intellettuale per le attività di formazione; la norma impugnata esautora le regioni della loro potestà legislativa esclusiva nella materia indicata. La regione ha evidenziato che l’art. 3 dello schema di decreto legislativo aggiunge l’art. 28-quater al D.lgs. n. 165/2001, introducendo disposizioni di dettaglio sulla formazione dei dirigenti, con un’invasione della competenza

regionale in tale materia, posto che la formazione professionale è ascrivibile alla competenza regionale residuale.

- l’art. 11, c. 1, lett. g) ed h) introduce disposizioni che assegnano allo Stato la disciplina del conferimento e della durata degli incarichi dirigenziali, mentre, con riferimento ai dirigenti regionali, la materia è riconducibile alla competenza regionale residuale.

- l’art. 11, c. 1, lett. l) introduce una disciplina riguardante la valutazione dei risultati finalizzata al conferimento dei successivi incarichi dirigenziali, nonché la costruzione del percorso di carriera in funzione degli esiti di tale valutazione; la regione Veneto sostiene che la valutazione dei dirigenti regionali, essendo connessa con l’organizzazione amministrativa regionale, è ascrivibile alla

competenza esclusiva regionale, segnatamente all’organizzazione e

amministrazione regionale.

3.8 I pareri delle Commissioni parlamentari competenti

Le Commissioni Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni della Camera dei Deputati e Affari Costituzionali del Senato della Repubblica hanno espresso il loro parere, nelle sedute, rispettivamente, del 9 e del

10 novembre 2016, sullo schema di decreto legislativo recante “Disciplina della dirigenza della Repubblica”.

Dopo i pareri resi dal Consiglio di Stato in data 14 ottobre 2016 e dalla Conferenza unificata in data 3 novembre 2016, anche la Commissione Affari Costituzionali della Camera in data 9 novembre ha reso parere favorevole con condizioni ed osservazioni e la Commissione Affari Costituzionali del Senato si è espressa in data 10 novembre 2016 formulando parere favorevole condizionato (in analogia a quello della Camera).

Il parere delle commissioni parlamentari si fonda sugli assunti espressi dai pareri del Consiglio di Stato e della Conferenza unificata.

Il parere votato dalla commissione Affari Costituzionali della Camera prende inoltre atto sia dei rilievi espressi dalla Commissione Cultura sia del parere con osservazioni formulato in data 3 novembre 2016 dal Comitato per la legislazione: il parere è favorevole allo schema di decreto ma condizionato a ventuno “condizioni” di cui l’ultima, la ventunesima, è articolata in ventuno “osservazioni” meno vincolanti. Il parere differenzia condizioni e osservazioni: le condizioni sono vincolanti per l’acquisizione del parere favorevole in quanto lo stesso è condizionato al loro accoglimento; le osservazioni hanno un significato sollecitatorio ma non condizionano l’esito del parere.

Le condizioni poste dalle competenti Commissioni parlamentari si presentano numerose e rilevanti, tra le principali si citano quelle relative all’impatto economico ed ai tempi della riforma, alla composizione ed al funzionamento delle Commissioni, alla garanzia di spazi di autonomia alle regioni ed agli enti locali.

Secondo la procedura descritta nel paragrafo 3.3, le condizioni poste dalle Commissioni parlamentari, ai sensi dell’art. 11, c. 2, della L. n. 124/2015, dovranno essere tenute in considerazione dal Governo nella redazione definitiva del decreto legislativo.

Si evidenzia che il Ministro Madia in data 17 novembre 2016 in Senato, durante le interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell’articolo 151-bis del Regolamento, sulla ripresa della contrattazione nel pubblico impiego e sulla riforma della disciplina della dirigenza pubblica, in merito al secondo argomento ha comunicato che il Governo “farà tesoro” dei pareri parlamentari per l'approvazione definitiva del testo in Consiglio dei ministri114.

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Già durante il convegno organizzato dall’Unione Nazionale Segretari Comunali e Provinciali a Torino in data 11 novembre 2016, il segretario nazionale Unscp Ricciardi, commentando i pareri delle commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato, ha riferito che l’orientamento del Governo sembra essere quello di tener in considerazione i pareri delle commissioni parlamentari. Fonte: http://segretaridellazio.blogspot.it/2016/11/il-convegno-di-torino-organizzato.html

Durante la seduta, il Ministro Madia ha ricordato che il decreto legislativo in argomento ha l’obiettivo di istituire i ruoli unici della dirigenza e, conseguentemente, di superare l'appartenenza del dirigente alla propria amministrazione115.

Si riporta parte della risposta:

“Perché questa necessità di maggiore mobilità e fungibilità dei dirigenti e del conferimento degli incarichi tra amministrazioni e anche tra livelli istituzionali? Io penso - non sono l'unica a crederlo - che un male cronico dell'amministrazione sia oggi costituito dal fatto che ogni singola amministrazione lavora come se fosse sola, all'interno di un recinto, con la conseguenza che le amministrazioni lavorano a compartimenti stagni e si parlano poco. Tutto questo, alla fine, crea un danno al servizio che arriva ai cittadini.

Per questo motivo, credo sia importante riuscire ad attuare un maggior interscambio tra i dirigenti delle amministrazioni, valorizzando esperienze di

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Uno degli obiettivi più innovativi della riforma, come ha sottolineato anche il Consiglio di Stato nel parere riportato nel paragrafo 3.5 di questo capitolo, è quello di superare il perimetro della singola amministrazione e di creare un più ampio “mercato della dirigenza” coincidente con il territorio nazionale, che favorisca la mobilità sia orizzontale sia verticale, incentivando un sistema potenzialmente virtuoso nel quale la domanda dell’amministrazione e l’offerta della figura dirigenziale possano incontrarsi e trovare reciproco soddisfacimento.

dirigenti di enti territoriali nelle amministrazioni centrali e, viceversa, quelle di dirigenti che hanno svolto incarichi anche di responsabilità nelle amministrazioni centrali negli enti territoriali.

Peraltro, anche in altri Paesi, dove c'è una buona dirigenza pubblica, si può verificare che gli incarichi di maggiore responsabilità di solito sono ricoperti da chi ha già svolto incarichi in amministrazioni diverse e non in una singola amministrazione”116.

Il Ministro ha affermato che il testo normativo prevede non solo una “ribadita”, ma anche una “rafforzata” separazione tra politica e amministrazione, prima di tutto perché - ha osservato la Madia - si continuerà ad essere dirigenti attraverso un reclutamento, che avviene per concorso pubblico, come è costituzionalmente sancito.

Sul tema del pericolo di precarizzazione dell’incarico dirigenziale, il Ministro ha ribadito:

“[…] con il decreto non introduciamo le norme che oggi riguardano il licenziamento dei dirigenti privati, non equipariamo il licenziamento dei dirigenti pubblici a quello dei dirigenti privati. Da dirigenti pubblici si può essere

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Fonte: Senato, Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 727 del 17/11/2016, in http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=17&id=995135

licenziati per ragioni disciplinari, come accade già oggi, oppure, come previsto nel nostro decreto, per ragioni legate ad una valutazione negativa, che implichino la revoca del dirigente dall'incarico e dopo due anni in cui il dirigente revocato non abbia conseguito nessun altro conferimento di incarico. Il punto non è la precarizzazione ma è - ed è questa l'innovazione del decreto - la contendibilità vera degli incarichi, cioè il fatto che anche gli incarichi di responsabilità e di maggiore prestigio siano contendibili e quindi che la carriera dei dirigenti possa essere una carriera mobile, proprio perché più legata alle valutazioni oggettive avute nei diversi incarichi ricoperti”.

Questa risposta è una replica anche a chi ha sostenuto che la fattispecie giuridica creata dalla norma con l’art. 2 dello schema di decreto legislativo, che sostituisce l’art. 13 del D.Lgs 165/2001, è fuori dai canoni delle norme che regolano gli istituti ivi previsti117.

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CAPITOLO 4